Allegato a " Origini e vicende dei Piccardi di Pian di Sco "

 

 

EPISTOLE AMOROSE di FRANCESCO PICCARDI

A cura del dr. PAOLO PICCARDI

 

 

 

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Ci occupiamo adesso del prossimo manoscritto, ( Bibl. Riccardiana 1542 ) che si distacca nettamente dai precedenti e getta uno squarcio di luce per illuminare, finalmente, il carattere di Francesco, di cui abbiamo potuto finora conoscere solo le vicende economiche e giudiziarie. E’ l’ unico che non si limita alla mera trascrizione di un testo, ma contiene anche composizioni originali di Francesco. A dir la verità, non è neppure interamente un manoscritto di Francesco, ma si tratta di un volume che gli era stato consegnato per essere copiato e che presentava, alla fine, alcune pagine bianche.

Francesco, per fare cosa gradita al committente, decise di riempirle con propri componimenti. Il suo linguaggio, per la prima volta, ci manifesta la sua personalità e, potremmo dire, il suo stile di vita.

La prima pagina di sguardia del libro è piena di prove di penne d'un principiante, che ripete varie volte il proverbio:

 

"Odi bene e tien a mente: chi non à denari non à amici nè parenti".

 

Nelle prime 42 pagine contiene le Epistole di Ovidio e nelle 27 pagine successive un "formulario di epistole amorose" che inizia così: "Qui chominciano moltissime pistole mandate a più persone, giovane, maritate, fanciulle, monache, e molti altri, chome lettore legiera’ .

 

Al termine, nelle pagine ancora bianche, Francesco scrisse:

 

 

"Carissimo a me quanto fratello. Avendo io questo tuo amoroso e vago libro copiato, assai chiaro prossumo, che già fosti, e forse innamorato se’, per la qual cosa piglio sichurtà, si perch’io credo piacerti e ssi per adornare il detto, no mmi parrà faticha iscriverci sue due mie pistole, le quali mediante l’umanità tua, so che dirai che tti piacciono, e io di ciò son contento"

 

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Seguono le due epistole composte da Francesco:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa è la trascrizione:

 

 

Pistola mandata per un prudente

giovane come per essa comprender

puoi a una bella giovane di

ciendole quanto amor le porta.

Quantunque mangnianima

e graziosa giovane i abbi auto

insino a qui grandissima pazienza

pure sperando di dì in dì chellatua

nobiltà conoscha qual sia stata

la mia sinciera fede e le mie conti

novi tormenti e i lunghi marti

ri e le perpetue lagrime niente di

meno non potendo più sostenere

dette passioni ho diliberato man

darvi questa mia lettera più ban

gniata di lagrime che d'inchiostro

tinta mendiante la quale potrai

comprendere qual sia la mia dolen

te vita e tra quanti gravosi afa

nni mi truovo io tuo fedelissimo

sevo sol per bene sperando che quando

questa mia lettera nelle tue graziose

mani perverrà e dalla somma tua

bellezza e da gli occhi tuoi risguarda

ta e letta beatissima si potrà ripu

tare sperando di ciò in me nascie

re tal disio ch'alleviando la mia

pena mi darà speranza d' essere dalla

tua singnioria exaudito della

mia giusta dimanda la quale ni

un altra cosa ciercha che solo ave

r di me te quando tenpo ti pare el dove

r sia ascoltato parechi parole et

vedrai che niuna persona oppare

ntado di sangue o per amicizia con

giunta t'ami come so io e perchè

per altra mezzanità che per lettera non

veggio ciò possa essere a mantene

rllo sagreto dove tu già l'avrà el

modo non mi mostrasse son ricorso

a questa e mandotela per persona fida

ta e pertanto se miei prieghi in te

alcuna cosa possono ti priego ti

piaccia esser contenta dengnare

farmi risposta di tua mano o a

boccha dove o quando inascoso luo

go presentar mi possa inanzi

alla tua mangnificienza per tuo

servidore come sono e da te sempre

ascoltarmi Rendomi cierto che

quando le tue orechia sentiranno

le mie passionate voci a piatà ver

so me t' inducieranno e dove insi

no ad ora in aspro foco son dimora

to per l'avenire sper esser sopr'ogni

altro felicissimo. Io in più parole

mi distenderei credendo bisongnia

sse e d'altra parte per non tediartti,

La qual cosa non è mia intenzia anzi

in tutte cose piacierti perchè farò del

mio dire fine racomandandomi

a te quanto più posso pregandoti

che per tuo charo mi tenga e non ti ma

rabigliare se non mi ti professo èer

rò chi so che tu sai che a chi si conciede

la persona maggiormente se gli da la ro

ba che iddio ti conservi bella e grazio

sa e di te tuo servo ricordevole e a que

sta fare risposta e a me accieda gra

zia far cosa che senpre grata e in

piacier ti sia.

Pistola mandata per un giovanetto

a una fanciulla itane di poco ten

po a marito. I quali nella loro pue

rilità per insino a questo dì moltisi

me volte presono i piacieri d'amore

Avenne che la mala lingua mossa

danvidia di tanto amore in modo

ch'ella non volea vedere dov'egli si

mosse a scriverle questa lettera e di

subito tornò in maggiore amore che mai.

Mangnifica e graziosa giovane

i' non so da qual lato dar principio

al mio lagrimabile scrivere dov' io

senpre chiebi notizia dalla pru

dente vostra virtù ella dimesti

cheza achonpangniata co' commi

piacieri e diletti di voi mi parea

avere ricchezza grande e poi agiu

nto al singulare amore el quale

per tutti e giesti mi dimostravate

contento e allegro siano di voi co

me di mio grandissimo capitale

or pare che la fortuna mi voglia

in tutto perseguitare di tormenti la

qual cosa mi parrebbe maggior perdita

che s'io perdessi la mia propia vita e non

so conosciere la chagione se non quan

to m'è stato detto per boccha di donna

la qual cosa giammai per me fu con

cietta né pensata e quando lacre

mente vostra virtù volessi dengni

are vedermi vi direi a boccha quello

non è onesto colla penna scrivere

e quando m'arete udito sarò contento

da voi ricievere ongni vendetta

suplicio e male quanto vedrete la

graveza del non commesso dilitto

Rendomi sichuro al vostro maturo

senno vorrete avere avertenza

a quello può succiedere di questa ma

teria volendola mettere inanzi

e però chara speranza mia voglia

tevi ricordare della nostra dime

sticheza vogliatevi ricordare de

lla nostra data fede vogliatevi ri

cordare della mia tenera etade la

quale con ferventissimo amore insino

a qui sopr'ogni altro a fedele amante

chiamare mi potete e così mentre

viverò insin che l' alma del corpo

si partirà senpre il nome vostro

sarà damme invochato per mia chara

e amantissima singnora vinchavi

la piatosa vostra virtu ogni rigida

volontà dimme dimme ove la fede

giurata addio e addio obrigati e oferti

sotto il presepio enorme di mantener

trannoi chastità e fede per dio non

vogliate essere cagione della rovi

na e conprisione della mia misera

e tapina e afritta anima per ddio

vinchami la discreta e buona ra

gione della giovane savia s'aspetta

considerare il fine della cosa però

chel senno dassezo poco vale el do

lore mi stringnie e non posso dire

quante l'affetto del mio passionato

core Se non ch'io conchiudo e giuro

per la fede ch'io vi diedi inanzi a nostra

donna che quando volessi vedere

di mia persona il fine non più ch'a me

sia credenza che grata vi sia colle

mie propie mani dinanzi agli occhi

vostri con presteza il farò sperando

amme essere somma vita e però in

voi mi dispongo in voi mi rimetto

ove voi mi volete quivi vogliesse

e dove sarò vostro sarò e vostro mi

riputerò fedelissimo servidore in primo

che di voi mai altro che costumata

mente non parlai né parlerò voi

sete stato sete e sarete mio bene

fattore aiutatore e soccorso mio

e rifuggio mio e pertanto piacciavi

amme manifestare la vostra cle

mente virtù ad acciettarmi per

vostro buon servidore come già mi

riputasti che oggi son più che mai fosse

So che v'è noto che l'amico perfetto

ama a ongni tenpo e non si perde

mai e nella perfezione della singu

lare amicizia vostra ho fede e spera

nza molte assai cose addire mi re

sta le quali farò fine pregando iddio

che tutte quelle cose che impiaciere ti so

no t' adenpia e con sanità ti mante

ngha e amme accieda grazia di fare

cosa che senpre grata e in piaciere

ti sia .

 

 

Termina con queste parole:

 

 

 

Scritte queste ultime due pistole

per me franciescho di pagolo piccardi

questo di 28 d' aprile 1473 le quali

priego te ... padrone di detto

libro che mi perdoni che affine di bene

e con utile di te l' ho fatto e no me

paruto faticha e così in ogni altra

cosa possa o sappi sono a benipiaciti

tuoi che X° da male ti guardi.

deo grazias amen

 

 

 

Non possiamo affermare che si tratti di un luminoso esempio di "dolce stil novo", ma prima di sorridere dei patetici e ingenui tentativi di Francesco, cerchiamo di inquadrare la sua prosa nel contesto dell’ epoca e della società in cui viveva, magari leggendo i versi con i quali Lorenzo il Magnifico terminava una delle sue "stanze":

 

 

S'io non posso, madonna, quel ch'io voglio

Dirti, perchè 'l parlar teco m'è tolto,

Leggi l'aspro martir ond'io mi doglio

In versi, e vedi l'oscurato volto.

Vanne via, sconsolato e molle foglio,

Carco di pianti e in triste cure involto.

Quando dinanzi alla mia donna sei,

Dille modestamente ami ancor lei.

 

 ( Oxford Codici canoniciani man. 99 )

 

 

 

 

Le "pistole" scritte da Francesco sono l’unico esempio di componimento originale partorito dalla sua mente, ci consentono di conoscerlo meglio e magari anche di capire perché il notaio Mora di Bartolo Mannozzi lo appellò "Franceschino", ossia un individuo leggero e irresponsabile. Nonostante tutte le disgrazie che gli erano capitate e l’aver interamente dilapidato il patrimonio ereditato, il suo frivolo temperamento continuava ad avere il sopravvento e ancora, quasi settantenne e novello sposo per la terza volta, si dilettava di quel genere di composizioni.

 

E chi sarà mai stato il proprietario del volume, conderato "Carissimo a me quanto fratello" sulle cui ultime pagine bianche Francesco si cimentò in composizioni amorose? Il nome fu abraso (succedeva spesso che il nuovo proprietario cancellasse il nome del precedente), ma la cancellazione non fu perfetta e risparmiò parzialmente la lettera iniziale, ossia una "I" maiuscola, che possiamo confrontare con altra scritta precedentemente:, che presenta il medesimo taglietto orizzontale.

 

 

 

Partendo da questa iniziale, e cercando di individuare un personaggio, che amasse tale genere di componimenti, che potesse essere conosciuto da Francesco e che disponesse di libri da far copiare, il pensiero va a Jacopo, il figlio di Poggio Bracciolini nato nel 1440, che non aveva seguito la carriera ecclesiastica, come i suoi fratelli, ma aveva coltivato gli studi umanistici del padre, frequentando la corte di Lorenzo il Magnifico e scrivendo testi apprezzati dai contemporanei.

 

I due dovevano trovarsi affini come indole, se dobbiamo prestar fede alla descrizione che ci fa di Jacopo il Poliziano:

"Per aver molte storie nella testa, ed essere insieme il gran parlatore, n’andava egli superbissimo, ne’ circoli e nelle conversazioni raccontandole sempre da stancar chi l’udiva. In pochissimi anni dette fondo a un patrimonio ricchissimo che redato aveva dal padre; il perché dal bisogno fattosi ligio del Salviati e de’ Pazzi, a chiunque sel voleva comprare, vendevasi"

 

Agnolo Poliziano, Congiura de’ Pazzi, Firenze 1856 pag. 41

 

 

I due avrebbero potuto certamente andare d’accordo, dato che questo ritratto potrebbe attagliarsi perfettamente anche a Francesco e dobbiamo considerare anche che Jacopo possedeva i libri da far copiare a Francesco per rivenderli.

Come accenna il Poliziano, Jacopo fece una brutta fine perché il 26 Aprile 1478 fu convinto dal cardinale Riario a partecipare alla congiura de’ Pazzi e fu fra i primi ad essere impiccato.

 

 

Alte curiosità sono contenute in questo manoscritto: un capitolo

"Detto di Ghualtieri d’amore il quale è molto utile agli amanti a ssapere se ll’uno ama l’altro" , un’ "Arte di negromanzia a ffare una femina chi tu amassi ti fusse rechata da que’ tali chome in essa chontiene dovunche a tte piacesse; la quale arte è(t) di gran pericholo a chi nolla fa chautamente" , una "Reghola utilissima agli amanti sapere per quale chagone menoma l’amore l’uno dell’ altro amante" e una "Ricietta a scrivere lettere d’oro" .

 

 

 

Trovate il tutto in allegato, ma non faccio seguire la trascrizione, affinchè a nessuno venga uin mente di mettere in pratica le stregonerie, dato che anche l’autore le considera pericolose per gli incauti negromanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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