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Una serie di garbati racconti conservano per noi tutti il ricordo di una vita che non esiste piu' . La vita di quando eravamo tutti piu' poveri ma meno complicati e in definitiva probabilmente piu’ felici e piu’ utili gli uni agli altri.

 

 

OTTAVIO CARNESECCHI

 

 

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Gente di Montepescali :

 

OTTAVIO LO SPAZZINO

 

 

Autore : Bruno Ciarpaglini

 

 

 

Qui giacciono le ossa di

Carnesecchi Ottavio

che non ebbero né fine né principio
perché non fece mai la spia al Municipio

 

 

 

 

 

Tu tu… tu… tu… Con la trombetta legata al collo, a cui dava fiato suonandola per richiamare l’attenzione delle donne affinchè andassero a vuotare la cassetta della spazzatura dentro il carretto, e tenendo il somaro per la cavezza perché stesse fermo, Ottavio spazzava le strade di Montepescali mattino e pomeriggio, tenendole pulite in maniera encomiabile, così come era impeccabile l’ordine nel cimitero, nei lavatoi, etc..
Allora lo spazzino non veniva ancora chiamato con i termini moderni e sofisticati quali netturbino, operatore ecologico, operatore generico e chi più ne ha più ne metta.
Lo spazzino era lo spazzino e Ottavio era appunto lo spazzino, una istituzione che si è estinta con lui. Durante il percorso per le vie del paese c’erano le soste obbligatorie dal Mirolli, da Zita, dal Marcacci, all’appalto ed infine al dopolavoro a vuotare un bicchierotto per togliersi, diceva, la polvere dalla gola e risciacquarsi la bocca, ed anche qualche fermata sussidiaria davanti a casa di amici (e Ottavio di amici ne aveva tanti) che lo aspettavano con il fiasco in una mano e un bicchiere nell’altra.
Il giro del pomeriggio (una ripassata) era più corto e veloce di quello del mattino; qualche volta ad Ottavio capitava di alzare un po’ il gomito ed allora si dilettava a cantare un motivetto che i ragazzi ripetevano in coro al seguito del carretto:


"e con un barattatì
e con un barattatà
e con un pi con un ci con un a
più la gnacchera non toccà"


che non si è mai capito bene cosa volesse dire di preciso, ma qualcosa doveva pur dire, dal momento che la diceva; oppure leggeva la mano, pronosticando invariabilmente, a chi se la faceva leggere: "te vincerai tanti soldi e diventerai ricco, e camperai centocinquant’anni e poi morirai se ti pare".
Il sabato e la domenica pomeriggio erano dedicati alla ricreazione, cioè alla irrinunciabile partita a carte con gli amici.
E per amici si deve intendere quelli che giocavano e quelli che facevano corona intorno, partecipando però tutti alle bevute.
Tra questi, non certo catalogabili nella categoria degli estimatori di acqua, c’erano Mente, Drea, il Meo, Ostilio, Schizzo, Torello, il Nappa, Venturino, il Belli, il Papa, Savino, il Riccio, il Gallo, Titteri, Boghe, Memmo, Calisseno, che producevano un’ammucchiata di "scheletri" di fiaschi portati a più riprese da Amalia o da Fulvia.
Verso l’ora di cena, con l’aria di essere capitata lì per caso, arrivava Tilde con i ferri della calza sottobraccio e il gomitolo della lana in tasca; Ottavio, prima di farsi trascinare verso casa, gli cantava:
"bella m’innamorai del tuo giardino dentro c’era una bella peschiera
pescai tanto di quel pesce sopraffino
presi una triglia mi fa male ancora".
Infine, Ottavio, sempre quando era sotto pressione, aveva espresso più di una volta, un desiderio che però è rimasto insoddisfatto: voleva che sulla lapide della sua tomba, al cimitero, vi fosse la scritta:
qui giacciono le ossa
di Carnesecchi Ottavio
che non ebbero né fine né principio
perché non fece mai la spia al Municipio".
Gran bella figura di montepescalese autentico, quella di Ottavio, che si ricorda con profonda nostalgia e simpatia.

 

 

 

 

 

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gente di montepescali

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