Renato Giulietti e (in secondo piano) Jack Arbib durante la presentazione nel 2014,
al teatro di Monte San Savino, di uno dei vari lavori da loro condotti sull'antica comunità ebraica savinese.
Le vicende dell’ex sinagoga di Monte San Savino
dal 1869 al 1924
di Renato Giulietti
(articolo già pubblicato in Estate Savinese 2005, Monte San Savino, Grafiche Francini, 2005)
Le conseguenze dei moti reazionari sanfedisti del "Viva Maria" provocarono a Monte San Savino l'allontanamento nel 1799 della comunità ebraica locale il cui insediamento in paese era stato autorizzato nell'anno 1627 dal marchese Bertoldo Orsini. Cominciò allora il lungo abbandono dei luoghi simbolo della "nazione" ebraica savinese: la sinagoga e il cimitero. Anche se fin dal 1815 abbiamo segnali di un precoce stato di precarietà dell'edificio della sinagoga, solo dal 1869 i documenti ci consentono di seguire le articolate quanto sofferte vicende del "tempio israelitico" - che condizioneranno severamente i rapporti tra Monte San Savino e l'Università (comunità) israelitica di Siena - sino al definitivo, e forzato, acquisto che il Comune di Monte San Savino ne fece nel 1924.
Il 4 ottobre 1869 l'allora sindaco di Monte San Savino Oreste Morfini si sentì costretto a scrivere al commissario straordinario dell'Università Israelitica di Siena Cesare Sadun - "perché per consuetudine la Università Israelitica più vicina è erede connaturale di quella soppressa" - chiedendo lumi circa il da farsi per ovviare a una incresciosa situazione venuta a crearsi nel Borgo Nuovo (così fin da epoca napoleonica era stato reintitolato il borgo del Ghetto) i cui abitanti protestavano per il grave pregiudizio che recavano all'ambiente circostante i poco salubri materiali - pelli fresche, "sevi", ossi, ecc. - che, depositati all'interno dell'edificio dell'ex sinagoga, emanavano mefitiche esalazioni. Dal carteggio tra il Morfini - che intanto aveva fatto rimuovere quei depositi immondi servendosi dell'autorità dei carabinieri - e il Sadun, che con beneficio di legge e di inventario accetta l'eredità del cimitero e della sinagoga, questi fondi risultano a quel tempo esenti da reddito imponibile e quindi dalle imposte. In particolare, l'avv. Giuseppe Baldi aveva allora la custodia dello stabile della sinagoga - "che in qualche parte si trova in tale stato da minacciare rovina" - e ne aveva le chiavi già tenute da suo padre, il dott. Agostino Baldi, che le aveva a sua volta avute in consegna da un tal presidente o rabbino della Università di Firenze in tempo molto lontano. Il cimitero risulta non essere mai stato destinato ad usi speciali, "ma siccome è senza padrone è servito e serve di pascolo abusivo degli animali".
Con deliberazioni consiliari n. 129/29.11.1869 e n. 65/19.05.1870 il Comune propone all'Università israelitica che essa gli ceda la proprietà dello "stabile denominato Scuola Israelitica coi suoi annessi attualmente in stato di assoluto deperimento" impegnandosi, come controparte, nella manutenzione del sepolcreto cingendolo "con un muro a secco a due facce dalla parte della strada e di curare che sia sorvegliato". Fino al giugno 1870 nessuna risposta giunge da Siena sicché il sindaco sollecita quella comunità dichiarando che lo stabile è intanto ridivenuto deposito di insalubri immondizie. Replicando infine, a firma del nuovo segretario Raffaello Cabibbe, la comunità senese si dichiara favorevole di massima alle proposte del Comune relativamente all'acquisizione da parte sua dei due stabili - intanto "accesi al campione in conto di questa Università Israelitica e per essa del sig. Elia Giuseppe di David Usigli" - sollevando tuttavia alcune eccezioni sul testo deliberativo concernente il posizionamento del muro e delle siepi del cimitero. Riuscito a dirimere prontamente tali eccezioni, il sindaco di Monte San Savino - a seguito della deliberazione consiliare n. 94/29.07.1870 con la quale si ribadiva ancora la volontà di acquistare il fabbricato della sinagoga - veniva autorizzato alla firma del contratto, la cui minuta tuttavia il presidente del Consiglio israelitico di Siena, Giuseppe Bemporad, chiede che gli venga trasmessa dal Comune per sottoporla preventivamente a quel Consiglio.
Ma c'è un altro problema: il dott. Francesco Lanzi, legale rappresentante del Comune, comunica che occorre una formale autorizzazione del tribunale perché il sig. Bemporad possa, al seguito di una formale deliberazione della scuola, procedere alla proposta cessione. Ma non basta: da Siena si propone ancora di cambiare in alcuni punti lo schema del contratto, ad esempio: che a spese del Comune si faccia apporre al sepolcreto una lapide sul muro a secco da costruirsi, con la quale si indichi che quel terreno deve in perpetuo rimanere qual è per essere destinato ad uso di sepolcreto in conformità delle cose che si vanno a stabilire nel contratto; che sia in facoltà della Università Israelitica di Siena di accendere un'ipoteca legale per somma da convenirsi onde far rispettare le obbligazioni nascenti dal contratto. Troppo per il Comune che, con deliberazione n. 134/10.11.1871, non accetta tali modifiche. Ma le trattative riprendono e ancora, a firma del cancelliere Cesare Sadun, giunge al nuovo sindaco di Monte San Savino, Jacopo Casini, un'altra lettera ove l'Università israelitica si dice disposta a rinunziare alla già richiesta ipoteca speciale ed avanza altre specifiche richieste, fra cui una abbastanza singolare, quella di sostituire nella minuta contrattuale la locuzione "scuola israelitica" con quella "tempio israelitico". Il Comune può quindi ritornare a deliberare in Consiglio (n. 229/24.05.1872) e ancora una volta dichiararsi pronto alla sottoscrizione del contratto per l'acquisizione dell'immobile.
Gli eredi Baldi, tuttavia, protestano frattanto contro la cessione. Il sindaco scrive infatti l'8 novembre 1872 alla comunità senese per informarla di sospendere l'affare visto che "gli eredi Baldi del fu dott. Agostino Baldi si asseriscono proprietari dello stabile ... siccome venne lasciato al prefato Agostino Baldi dal rabbino Levi di Firenze in compenso di scudi 200 di cui lo stesso Baldi amministratore era in credito per spese di mantenimento dello stabile anzidetto da circa quarant'anni a questa parte". Cesare Sadun risponde asserendo che la presunta obbligazione del rabbino Levi non avrebbe validità giuridica "poiché il rabbino in affari amministrativi delle comunità israelitiche non ha mai avuto né può avere rappresentanza", mentre si impegna ad emettere energica protesta presso i Baldi rigettandone le pretese tramite usciere di pretura con la speranza che il Comune voglia riprendere quindi le trattative. Segue nuova deliberazione consiliare (n. 299/15.11.1872) in cui si dà mandato al sindaco di farsi immettere nel possesso dei due stabili una volta risolta la questione degli eredi Baldi (Carlo e Luigi Baldi, ambedue di Agostino, e Irene Conti vedova del fu Giuseppe Baldi).
Mentre andava appianandosi tale questione, un'altra difficoltà, o meglio sciagura, intervenne a complicare le cose. La purtroppo famosa grandinata abbattutasi sul Monte la sera del 1° agosto 1872 - che vide "il piombar fragoroso di grossi pezzi di ghiaccio di tal peso e volume da scioncar piante ed abbatterle" – danneggiò bensì anche il fabbricato della sinagoga scoperchiandone il tetto. Al sindaco che ne chiede alla comunità ebraica un pronto restauro quale legittima proprietaria dell'immobile, questa replica "non solersi occupare di tutto questo perché essa ha ceduto tutto al Comune e, in forza delle deliberazioni già accettate, riguarda come irretrattabile il concordato già passato con il Comune". Quest'ultimo però obietta a sua volta di sentirsi svincolato dal contratto - peraltro non ancora sottoscritto - né vuole impegnarsi per le spese necessarie per i restauri avanzando la revocabilità delle deliberazioni già fatte in mancanza dell'autorizzazione prefettizia non ancora pervenuta al Comune; ed infine si dichiara disponibile a perfezionare la cessione dell'immobile a patto che l'Università lo ceda nelle condizioni in cui si trovava prima della grandinata. Risultato: il Comune con deliberazione consiliare n. 332/01.05.1873 dichiara lo scioglimento da ogni e qualunque impegno per l'acquisto dello stabile annullando il mandato conferito al sindaco in proposito. Comunicata tale risoluzione all'Università Israelitica il 24 giugno 1873, venne così troncata ogni corrispondenza ed ogni ulteriore trattativa in proposito.
Una lettera scritta da Siena il 18 settembre 1873 da parte del Lanzi al sig. Costantino Ficai - che ha già sporto reclamo all'Università senese asserendo come il ritardo nel riparare quei tetti minaccia gravemente i muri di un contiguo fabbricato di sua spettanza - merita di essere riprodotta integralmente se non altro per i toni usati verso l'Università ebraica, esageratamente ostili: "Con questi giudei non ho potuto venire ad alcuna trattativa. Sciolta la convenzione e trattativa con il Comune non vogliono sentire a parlare della loro Sinagoga in cotesto luogo, e dicono esser contenti che quella rovini, e se ne lavano le mani. L'unico mezzo a mio credere per incuterli un poco di timore sarebbe un'intimazione del sindaco che, per ragioni di sicurezza pubblica, li costringesse in un termine più o meno lungo a fare i lavori occorrenti, con la comminazione che, in caso diverso, saranno fatti dal Comune a tutte spese dell'Università Israelitica. Per ogni altra via credo inutili passi ulteriori, e in via giudiciale non saprei consigliare a far nulla perché son capaci a dire che la Sinagoga non li appartiene, e vederne renunziare la proprietà". Il 18 ottobre segue l'intimazione all'Università israelitica da parte del Comune a riparare entro 20 giorni il fabbricato di sua proprietà diffidandola che, in caso di non ottemperanza, il Comune farà i lavori d'ufficio a tutto carico di essa. Trascorso il tempo, il sindaco, a tutela della pubblica sicurezza e nella sua veste di ufficiale di governo, ordinò i lavori le cui spese - come da nota a firma dell'assistente comunale Scaletto Gaci Scaletti - ammontarono a £. 476,23 (deliberazione Giunta comunale n. 422/03.12.1873). L'8 dicembre 1873 il sindaco manda alla Prefettura di Arezzo la nota delle spese perché sia resa esecutiva.
Allorché la Prefettura di Arezzo (per organo della Prefettura di Siena) intima all'Università israelitica di farsi carico delle spese sostenute dal Comune rimborsandone quest'ultimo, il segretario consigliere dell'Università, Cesare Sadun, "sorpreso assai di un procedere inqualificabile di detto Comune", dichiara recisamente di disconoscere ogni spesa; riferisce inoltre che il Comune fin dal 1869 era entrato in rapporti con la comunità israelitica di Siena "imperrocché quella di Firenze non aveva creduto d'occuparsene ... Il Comune si divertì a mandare atti su atti come se in testa di quest'Università fosse l'antico oratorio e fece spese esorbitanti pretendendo il rimborso. Il silenzio dignitoso fu l'unica risposta della rappresentanza di questa Università ...". Stigmatizzando le poco benevole espressioni contenute in detta lettera, il sindaco replica tenendo ben disgiunti da una parte gli atti puramente amministrativi del Comune e dall'altra il suo provvedimento preso in veste di ufficiale di governo per comandare d'ufficio i restauri nell'esclusivo interesse della pubblica sicurezza.
Ma nel novembre del 1874 il Casini è ancora a sollecitare la Prefettura perché sia resa esecutiva la nota delle spese. Relativamente a questa, il Prefetto aveva già richiesto un pronunciamento del Consiglio comunale il quale però mostra di non volersi ingerire in un affare che rientra nelle sole competenze del sindaco come ufficiale di governo (la deliberazione 534/14.01.1875 ribadirà questa posizione del Consiglio), per cui al Casini non resta che rimettersi alla clemenza del Prefetto raccomandandogli "di prendere quel provvedimento che nella Sua alta saviezza e giustizia crederà del caso". Ma, come vedremo, quest'ultimo giungerà ben più in là nel tempo. Per qualche mese le trattative restano sospese.
Nuove complicazioni s'affacciano intanto all'orizzonte. Nel marzo del 1875 l'Agenzia delle tasse dirette di Lucignano scrive infatti al sindaco di Monte San Savino chiedendo notizie circa l'eventualità di nuovi proprietari della sinagoga e del cimitero "interessando eseguirne le volture dei medesimi e per procedere all'accertamento del fabbricato che sembra sfuggito all'imposta". A quella data, infatti, nel campione del catasto del Comune di Monte San Savino al n. 1270 risulta impostata la Sinagoga degli Ebrei e per essa Usigli Elia Giuseppe di David con i seguenti beni: un terreno a pastura di braccia 8470 (Sez. C, part. 275 e 276, art. di stima 183) nonché una casa in Monte San Savino (Sez. M, part. 113, art. di stima 98) ambedue senza rendita. Nella sollecita risposta resa all'Agenzia di Lucignano dal sindaco, questi ne conferma l'appartenenza all'Università Israelitica di Siena riferendo come allora l'uno fosse "un terreno sodivo e sempre rispettato stante l'uso a cui fu destinato", e l'altro un fabbricato "in parte disabitato e parte appigionato al macellaio Roncucci Marco che se ne serve per il prosciugamento di pelli, deposito di sevi, ossa ecc.". Appena 11 giorni dopo questa informativa, il 27 marzo 1875 è già eseguito un regolare assoggettamento del fabbricato all'imposta presso l'Agenzia.
Trascorso poco più di un anno, in Consiglio comunale (deliberazione n. 673/18.05.1876) il consigliere Ulderigo Caratelli mostra - non sappiamo su quali basi di avere buoni motivi per preoccuparsi della morosità nel pagamento della tassa sui fabbricati relativamente allo stabile della sinagoga e, temendo l'eventualità di vederlo esposto in vendita ad istanza dell'Esattore, chiede che, anche con ipoteca occorrendo, venga assicurato il rimborso della somma di £. 459,48 anticipata dal Comune, come sappiamo, per i restauri del '73. Ma il Consiglio a tal punto era stanco del protrarsi della vertenza con l'Università Israelitica che - dopo il palese timore espresso dal consigliere on. G. Battista Bucci-Mattei che si vedessero riattivate le trattative con l'Università sulla cessione dello stabile - fu deciso in quella seduta di sospendere ogni deliberazione in merito alla proposta Caratelli. Fu però inviata dal Bucci-Mattei all'Università israelitica la cartella delle tasse, ricevuta con grande sorpresa del commissario Raffaello Cabibbe che, facendosi portavoce della volontà del presidente del Consiglio amministrativo dell'Università Giuseppe Bemporad, riferisce essere quest'ultimo disponibile a riprendere le trattative purché sulla base della deliberazione comunale del luglio 1870 ovverossia quella presa "ante-grandine". Speranzoso, il Comune delibera (n. 735/23.12.1876) di incaricare la Giunta di riattivare le pratiche relative tenendo tuttavia in evidenza le spese sostenute e la condizione che l'Università immetta eventualmente il Comune nel possesso dello stabile con la preventiva espulsione degli inquilini che lo abitano. Dopo un'estenuante trattativa, si arriverà alla stesura da parte degli ebrei senesi di una minuta di contratto - concordata dal Bucci-Mattei con l'Università semplicemente ad referendum - che però verrà sonoramente bocciata nella seduta consiliare n. 822/13.12.1877, sostanzialmente perché in essa non si parla affatto delle spese sostenute dal Comune né dell'espulsione degli inquilini a tutto carico dell'Università. Il Consiglio delibera perciò di revocare il mandato dato alla Giunta nella precedente deliberazione e di comunicare all'Università che, non ritenendo conveniente l'acquisto alle condizioni proposte nella minuta di contratto, si intende sciolto da ogni impegno per l'acquisto in parola.
Il Comune non desiste però dall'intendimento di recuperare i propri soldi e nel giugno del 1879 invia una nuova lettera alla Prefettura di Arezzo perché renda esecutiva la notula delle spese anticipate dal Comune dietro il provvedimento d'urgenza dal sindaco per i restauri fatti nel '73. Ma ancora una volta gli viene risposto dalla comunità israelitica, per il tramite delle prefetture di Siena e di Arezzo, che quello che è successo "non fu per colpa della nostra università, ma per quella dell'indicato Comune, in quanto che vennero rifiutate le convenzioni ufficiosamente stabilite, resultanti da schemi di contratto" aggiungendo curiosamente che "la proprietà tanto dell'antico Tempio, come del cimitero israelitico in Monte San Savino non ha riguardato mai né poteva riguardare la nostra Università Israelitica, la quale non ne ha mai usufruito la benché minima rendita, né pagato imposta, né sopportato alcun aggravio di sorta, e se fu richiesta dal Comune di Monte S. Savino intervenne soltanto per riguardi religiosi e morali, ma non diretti a conseguire il benché minimo utile, né a sopportare il più piccolo aggravio" e che "non sarà mai alcuna spesa a riconoscere se non sia dipendente da questa amministrazione". Lo scrivente riferisce tuttavia che l'Università si rende disponibile a riprendere le trattative per la cessione "purché non si tratti di gravarla di un centesimo di spese che non vorrebbe per giustizia sopportare e che non potrebbe, essendo note di già alla Prefettura di Siena le nostre tristi condizioni finanziarie". Al Comune altro non resta da fare che prendere atto di tutto ciò, pur non desistendo dal richiedere ancora l'esecutività della notula-spese che finalmente arriva dalla Prefettura di Arezzo con provvedimento 22 ottobre 1879, così che il Comune può accendere al dazzaiolo 1879 una partita di rimborso in £. 476,23.
Ma poiché per l'intanto nessuno aveva provveduto a pagare il dazio cui la sinagoga era stata assoggettata - e perciò il 23 maggio 1878 con verbale del pretore locale, dichiarato deserto il terzo incanto, il fabbricato era stato espropriato alla comunità israelitica senese e devoluto al Demanio dello Stato per il credito dell'esattore - il Comune, "vista la lunga serie di atti e pratiche intercedute fra l'Amministrazione comunale e i rappresentanti delle Università israelitiche di Siena e Firenze senza che colle medesime siasi potuto conoscere il vero proprietario dello stabile" ..., "credé provvido sospendere qualunque atto coercitivo contro chi non era altrimenti proprietario dello stabile, ritenendo in certo modo tenuto il Regio Demanio al rimborso della surriferita somma di £. 476,23" (deliberazione Giunta n. 574/23.04.1880). Scrive perciò (9 giugno 1880) all'Intendenza di Finanza di Arezzo esponendo a questa come sarebbe disposto a sistemare la vertenza in via amministrativa proponendo di ricevere lo stabile dal Demanio come rimborso della somma spesa per le riparazioni fatte sul medesimo: al demanio quello stabile sarebbe stato infatti solo di peso comportandogli tra l'altro il pagamento dell'imposta sui fabbricati.
Quando il 13 luglio 1881 il Ricevitore del Registro del distretto di Monte San Savino a mezzo dell'usciere della Pretura prende pieno possesso dello stabile, il Comune torna a scrivere all'Intendenza di Finanza la quale finalmente nel settembre dell'81 comunica come il Ministero del Tesoro (Direzione Generale del Demanio) non sia alieno dal consentire la cessione al Comune purché questo si accolli la spesa di £. 343,91 (pari all'ammontare delle imposte rimborsate dal Demanio all'Esattore) e in più le spese sostenute in dipendenza della devoluzione dell'edificio e poi ancora le eventuali spese contrattuali. Passata in Consiglio (n. 245/10.11.1881), la proposta non viene accettata, ma il Comune rilancia l'offerta di ricevere la proprietà dello stabile pagandone solo le spese contrattuali. Ciò sembra avere un positivo seguito se in una successiva deliberazione consiliare (n. 5/23.11.1882) il Comune approva un compromesso fatto il 21 ottobre tra l'ing. dirigente dell'Ufficio Tecnico di Finanza di Arezzo e il sindaco Norberto Coradeschi, per cui quest'ultimo, per il Comune, si impegna a pagare per lo stabile £. 30,00 (spese presunte di contratto e registro) purché il reddito del fabbricato venga ridotto a £. 26,25, valutatone il precario stato e considerata la necessità di spendervi all'incirca £. 3000,00 per il restauro. Ma un pronunciamento in negativo della stessa S. E. il Ministro del Tesoro troncherà ogni corso ulteriore dell'affare.
Cominciano quindi una serie di passaggi di proprietà dell'immobile. In virtù del contratto a trattativa privata del 9 giugno 1883, viene ceduto dal Demanio a Luigi di Niccola Palazzini fornaciaio in Monte San Savino al prezzo di £. 25,00 lo "stabile espropriato per debito d'imposta alla Università Israelitica o Sinagoga degli Ebrei di Siena, cioè una casa posta in Monte S. Savino in luogo detto Borgo Nuovo avente il civico n. 251 rappresentato al Catasto in sez. M dalla part. n. 113 art. di stima 98 con rendita imponibile di £. 26,25". Tutto sembra essersi appianato, il Palazzini "gode" della sua proprietà, quando il 2 ottobre 1888 il commissario pro tempore dell'Università israelitica, quasi ignorasse molte delle peripezie sopportate dalla sua comunità e da quella savinese per la sinagoga e il cimitero ebraici e soprattutto l'avvenuto passaggio di proprietà della sinagoga a privati, scrive al sindaco del Monte chiedendo lo stato delle cose. Gli viene risposto con malcelata enfasi che "per nulla approderebbe a riassumere le lunghe trattative intervenute tra questo municipio e codesta università circa la cessione dell'antico tempio" e perciò si limita a fornire le notizie richieste. Circa tre anni più tardi l'edificio viene alienato dal Palazzini (contratto rogato in Monte San Savino il 28.07.1891 dal notaio Luigi Niccolai) ai fratelli Adriano e Geremia di Girolamo Gentili di Anghiari: esso è esplicitamente descritto nel contratto come "posto in via Salomon Fiorentino ... in deplorevole condizione ... di piani tre e vani dieci ... civico 249 ... a cui confinano via Salomon Fiorentino, Ariosti ved. Ficai, Mezzetti, Roncucci" (invariati sez., part., art. di stima e rendita).
Sette anni più tardi, Adriano Gentili, comproprietario insieme al fratello Geremia, vende (probabilmente solo la sua parte dell'immobile, "diruto ed inabitabile") per £. 1500 a Francesca di Giuseppe Donati, possidente di Anghiari e residente a Città di Castello (contratto rogato nel 1898 dal notaio Lorentino Guerrini, trascr. 8 ott. 1898; sez., part. e art. di stima invariati, rendita imponibile £. 101,2). Ma poco tempo dopo la Donati in un contratto di permuta (rogato in Arezzo il 7 febbraio 1901 dal notaio E. Merelli) cede la sua proprietà dell'immobile a Maddalena Gherardi (stessi dati catastali).
Poi è la volta di Giuseppe di Geremia Gentili che vende la sua parte di proprietà a Probo Catacchini, un muratore di Anghiari (contratto rogato il 17 marzo 1915 dal notaio Bartolomei di Anghiari), così descritta: "una casa detta il ghetto o sinagoga, segnata di civico 249, via Salomon Fiorentino ... situata in Monte San Savino al cui catasto rustico resulta occupare una superficie di braccia quadre quattrocentosettantadue, pari a metri quadri centosessanta ed è rappresentata in sez. M dal numero particellare 113, art. di stima 98 senza rendita imponibile per essere inabitabile ed in completa rovina" con l'aggiunta che "il suddetto stabile si intende alienato per un sacco d'ossa, cioè per quello che è senza nessuna garanzia rispetto alla sua stabilità, abitabilità e consistenza".
Lo stato precario del fabbricato ne causò il 18 gennaio 1922 un'improvvisa rovina che rese necessario, per evitare il pericolo e i danni alle case sovrastanti, un immediato puntellamento delle strutture rimaste in piedi, fatto eseguire dal Comune con la spesa di £. 585,00. Di quest'ultima viene chiesto il rimborso alla Gherardi, la quale autorizza a demolire il fabbricato e a porlo in vendita compensando quelle spese con il ricavato. Ma la compensazione della spesa per il Comune non era pensabile poiché nessuno era disposto ad acquistare lo stabile.
L'amministrazione stava per iniziare gli atti coercitivi onde rimborsarsi quando a fine febbraio 1923 avvenne un altro improvviso crollo dei muri interni che mise tutto il fabbricato in condizioni di imminente pericolo onde si rese necessario l'intervento, comandato dalla Prefettura, del Genio Civile che impose la demolizione del tetto e dei muri di perimetro sbassandoli di almeno 4 m. Erano rimasti in piedi solo parte del muro frontale per un’altezza di circa m 9 e tre muri divisori interni due dei quali con un’altezza di m 5,50 e uno di m 2. Emessa relativa ordinanza ed eseguiti, per evitare la rovina generale, i lavori indispensabili (affidati all'imprenditore Antonio Rossi, furono terminati il 1° aprile e comportarono la spesa, sostenuta dal Comune, di £. 3824,00), il Comune, benché autorizzato dalla Gherardi già dal gennaio '22 a demolire e spendere, avvertì nuovamente la proprietaria rilevando più che altro che occorreva la cessione dell'immobile senza la quale il Comune non avrebbe eseguito altre opere. La Gherardi si dichiara pronta alla vendita per £. 500 e il Consiglio comunale (deliberazione n. 88/09.05.1923) autorizza il sindaco a stipulare l'atto di acquisto per £. 500 e decide di porre mano ai lavori di completo riattamento ordinando di iscrivere la spesa, preventivata in £. 5161,45, nel bilancio 1923.
Ma nel preparare l'atto di cessione fu rilevato - cosa che sino a quel momento il Comune ignorava - che la Gherardi era comproprietaria dell'edificio con il sig. Probo Catacchini di Anghiari, e che sull'edificio gravava una iscrizione ipotecaria per garantire £. 178 a favore dell'Intendenza di Finanza di Arezzo. Furono quindi estesi gli atti coercitivi anche al Catacchini, ma, essendo i due proprietari nullatenenti, fu prima deciso dal Consiglio (n. 144/09.12.1923) di liberare lo stabile dal gravame ipotecario e poi (n. 154/30.01.1924) di addivenire all'acquisto dell'edificio dai due proprietari, consenzienti.
Arrivò quindi il sospirato giorno in cui il dott. Alberigo Tiezzi nella sua veste di sindaco del Comune, e per esso, acquistò l'edificio per £. 500,00 dagli allora comproprietari Maddalena Gherardi vedova Lombardi e Probo Catacchini (il contratto, rogato E. Merelli, è sottoscritto dalle parti il 9 giugno 1924). Fu quindi dato seguito agli ulteriori lavori, così come periziati dall'Ufficio Tecnico comunale, i quali, eseguiti dall'imprenditore Amedeo Magi, costarono £. 5161,45, cui s'aggiunsero £. 7146,00 per opere complementari (ivi compreso un nuovo affisso all'ingresso) dovute a ragioni tecniche e di stabilità per l'edificio e per i fabbricati soprastanti. Aggiungendo a questi importi quelli delle spese sopra ricordate di £. 3824 (pagate alla ditta Antonio Rossi) e di £. 500,00 (acquisto dello stabile) si giunse a un totale di £. 16.631,45 (deliberazione del Consiglio n. 286/21.01.1925).
Per quanto riguarda il cimitero, rientrando - a norma del R. Decreto n. 1731/1930 "Normativa sulle comunità israelitiche e sull'unione delle comunità" e relative tabelle delle circoscrizioni - il territorio di Monte San Savino nella giurisdizione della Comunità Israelitica di Firenze, quest'ultima deliberò il 31 marzo 1937 di far eseguire per suo conto dal Comune di Monte San Savino dei lavori di manutenzione. Fu così ricostruito il muro nei tratti franati, recintata l'area "con 4 ordini di filo spinoso sostenuto con colonnette di legno di castagno di cm 10 messe alla distanza di m 3" e inserito un piccolo cancello di legno, il tutto con una spesa di £. 2025,35.
Fonti: oltre alle deliberazioni di CC e GC citate nel testo, cfr.: APOSTM, Carteggio a. 1870, cat. 28; Carteggio a. 1875, cat. 28; Carteggio a. 1876, cat. 28; Carteggio a. 1882, cat. 28; Carteggio a. 1888, cat. 28; Carteggio a. 1924; Carteggio a. 1925; Carteggio a. 1937, IV, 6.
APPENDICE
LA BUFERA DEL 1872
Mentre andava appianandosi tale questione, un'altra difficoltà, o meglio sciagura, intervenne a complicare le cose. La purtroppo famosa grandinata abbattutasi sul Monte la sera del 1° agosto 1872 - che vide "il piombar fragoroso di grossi pezzi di ghiaccio di tal peso e volume da scioncar piante ed abbatterle" – danneggiò bensì anche il fabbricato della sinagoga scoperchiandone il tetto. ...............
A questo proposito vale la pena di riprodurre qui un documento che dà atto nel modo in cui fu tempestivamente affrontata quell'emergenza: :
Scegli la pagina …VAI ALLA PAGINA DI RENATO GIULIETTI |