Espansione dello stato fiorentino
I parte
Espansione dello stato fiorentino II parte
Vorrei parlare delle " Cariche estrinseche " cosi erano chiamate le cariche di governo esterne ma nello stesso tempo vorrei dare l'idea dell'espandersi dei territori sottoposti al controllo della Repubblica fiorentina
Quindi introdurro' le varie citta' nell'ordine in cui caddero sotto il controllo fiorentino
Con l’ingresso in Toscana di Federico Barbarossa e di suo figlio Enrico VI nel 1185, l’espansionismo in contado segnò una brusca battuta d’arresto. Se è vero che i fiorentini, con l’aiuto delle truppe imperiali poterono infliggere un’altra sconfitta ai loro eterni rivali, i senesi, nel 1186 , è altrettanto vero che il riconoscimento imperiale dell’egemonia fiorentina su una parte del contado (diploma di Enrico VI del 1187), segnava un forte arretramento rispetto ai confini verso cui tendevano le ambizioni dei cittadini . I limiti della giurisdizione concessa eccedevano di poco lo spazio circoscritto dalle mura: di un miglio verso Fiesole, a nord, di tre verso Campi e Settimo, rispettivamente a nord - ovest ed a sud - ovest, di dieci miglia nelle altre direzioni, "excepto et salvo iure nobilium et militum, a quibus etiam volumus ut Florentini nichil exigant".
Il diploma del 24 giugno 1187 è pubblicato in Documenti, p. XXXVII. Santini Pietro Documenti dell'antica costituzione del Comune di Firenze
Impruneta
I
mmersa in un paesaggio segnato da colline dolci, coltivate per la prevalenza ad oliveti e vigneti, Impruneta conserva moltissime testimonianze del suo passato ricco di arte e storia, segni della presenza umana armoniosamente integrati con la maestria della natura. Già insediamento etrusco, Impruneta fu feudo dei Buondelmonti nel Medioevo, fino al 1135, quando dovette piegarsi al domino fiorentino.
Montelupo fiorentino
PONTASSIEVE
I primi dominatori del territorio furono i nobili da Quona, la cui signoria è documentata fin dall’XI secolo. Questi, un ramo dei quali assunse più tardi anche il nome di Filicaia, si inurbarono in Firenze alla fine del XII secolo e nel 1207 vendettero al vescovado fiorentino gran parte del territorio di loro giurisdizione.
Nel 1375 Firenze decretava l’edificazione di un castello per uso essenzialmente strategico nella terra di Pontassieve, che avrebbe avuto il nome di Castel Sant’Angelo; nel 1399, per aumentare l’importanza del nuovo insediamento, viene concesso ai terrazzani un mercato settimanale.
Col trascorrere degli anni sul nome di Castel Sant’Angelo prese il sopravvento quello di Ponte a Sieve, grazie all’importanza del ponte che da tempo immemorabile, più volte caduto e sempre ricostruito, serviva di passaggio per l’antica via che collegava Firenze al Mugello, al Casentino e ad Arezzo. Intorno al ponte erano sorte spontaneamente le prime case, che si erano poi sviluppate divenendo un borgo che si situava in basso rispetto al castello edificato dai fiorentini.
Il paese non ebbe grandi occasioni di sviluppo fino alla fine del XVIII secolo, quando per iniziativa granducale vennero aperte la nuova strada per il Casentino attraverso la Consuma e, successivamente, quella per la Romagna attraverso San Godenzo: fu allora che Pontassieve si accrebbe in breve tempo, e nuovo impulso ricevette nel 1859 con la costruzione della ferrovia Firenze-Roma. Durante l’ultima guerra Pontassieve, per l’importanza del suo nodo ferroviario, subì ingenti danni, rimanendo distrutta quasi interamente cosicché l’aspetto attuale è dovuto in gran parte alla ricostruzione post-bellica.
San Casciano
Il territorio di S.Casciano risulta abitato già in epoca etrusca come dimostrano i ritrovamenti di Montefiridolfi (Tomba dell'Arciere) e Valigondoli (scavi di Poggio La Croce). In epoca romana era una stazione di posta (mansio)al decimo miglio da Florentia. Il toponimo Decimo è rimasto alla vicina pieve di Santa Cecilia citata già nel 1043.
Nel XIV secolo S.Casciano fu occupata in ordine da: Arrigo VII imperatore dal novembre 1312 al gennaio 1313,da Castruccio Castacani nel febbraio 1325 e nel luglio del 1343 da Fra Moriale.A seguito di questi fatti la repubblica fiorentina decise nel 1354 di fortificare il borgo con mura e un cassero,in parte tuttora esistenti.
Nel 1494 Carlo VIII re di Francia si accampò in prossimità del paese.Nel 1512 presso L'albergaccio iniziò l'esilio di Nicolò Machiavelli e fu in quel periodo che potè scrivere le sue opere più note come Il Principe e La Mandragola.Con la nascità dello Stato Mediceo cessò la sua funzione militare e la storia seguì quella della Toscana.Il 26 luglio 1944 San Casciano subì un devastante bombardamento alleato che unito alle mine tedesche ridussero il paese quasi in macerie.Lenta e non molto rigorosa fu la ricostruzione.
Sul punto più elevato dei poggi che separano la Val di Pesa dalla Val di Greve, lungo la via Cassia, sorge, in una incantevole posizione, San Casciano .
Dista da Firenze solo 15 Km ed è facilmente raggiungibile dalla città transitando sulla via Cassia o per mezzo della superstrada Firenze-Siena .
EMPOLI
Da alcuni scavi archeologici, risulta che il centro storico di Empoli fu abitato fin dalla prima età imperiale e continuò ad esserlo in modo continuativo fino al IV sec. d. C; le eccedenze agricole dettero vita in questa fase ad una forma di commercio fluviale, a cui si accompagnava la produzione locale di anfore.
Va fatta inoltre risalire ai Romani la bonifica della piana di Empoli che è ancora riconoscibile in alcuni particolari della disposizione delle strade vicinali e dei fossi della zona.
Nella Tabula Peutingeriana, del IV secolo d.c., Empoli è indicata con il nome In Portu come porto fluviale lungo la via Quinctia che da Fiesole e Firenze portava a Pisa. Ad Empoli si incrociava infatti anche la via Salaiola, che proveniva da Volterra ed era utilizzata per il trasporto del sale proveniente da quella città.
Dal VIII secolo d.c. va costituendosi come cittadina intorno al castello al tempo era nota con il nome di Emporium o Empolis. Divenne parte dei possedimenti dei conti Guidi nel 1119. Nel 1182 entra a far parte dei domini del comune di Firenze. Nel 1260 il trionfo del partito ghibellino a Firenze e in Toscana grazie alla battaglia di Montaperti porta al famoso congresso di Empoli nel quale Farinata degli Uberti si oppose alla distruzione di Firenze e alla disperzione dei suoi abitanti nella piana di Empoli.(Dante, inf,X).
Divenuta Empoli una importane fortezza fu saccheggiata ripetutamente nel 1530 con il saccheggio da parte delle truppe imperiali fu praticamente decisa la sorte della Repubblica fiorentina.
Castelfiorentino
Il territorio comunale si estende su un'area, sulle colline al centro della Val d'Elsa, che fu popolata in età romana: nell' XI secolo un castello sorse a guardia di Timignano, borgo sulla riva destra dell'Elsa, al crocevia fra la strada per Volterra e la via Francigena, percorsa dai pellegrini romei, quando questa abbandonò il tracciato collinare, sulla riva sinistra, per il fondovalle. Anche nei secoli successivi la posizione di confine tra Firenze, Pisa e Siena ne ha determinato l'importanza politica, economica ed artistica.
L'appellativo "Castelfiorentino" è documentato nel 1149, quando il castello è sotto la giurisdizione del vescovo di Firenze: l'enfasi sulla fiorentinità si deve alla posizione di frontiera. Invano le pretese feudali dei conti Alberti furono avallate dal Barbarossa (1164) e da Ottone IV (1210): a Castelfiorentino, nel 1197, si dettero convegno nella pieve di Sant'Ippolito i guelfi di Firenze, Lucca, Siena, San Miniato e Volterra per contrastare la minaccia sveva. La comunità ambiva all'autonomia: i presuli fiorentini arrivarono sino alla scomunica, nel 1218, Piazzama Castelfiorentino ebbe il proprio podestà nel 1252. Coinvolta nello scontro fra Firenze e Siena, culminato nella disfatta guelfa a Montaperti (1260), vi fu ratificata la pace fra Firenze e Siena. Verso la metà del XIII secolo il castello si pose sotto la tutela di Firenze, e fu sede dell'incontro fra Carlo VIII d'Angiò e Savonarola. A causa del legame con Firenze, il borgo fu oggetto di scorrerie: si ricordano i passaggi degli spagnoli (1529-1531) e le traversie al tempo della guerra di Siena (1555-57), nonchè, oltre due secoli dopo, le violenze delle truppe della Repubblica Cisalpina (1799).
Certaldo
Il nome di Certaldo deriva o dal latino Cerrus Altus o dal germanico Cerrus Aldo. In entrambi i casi significa altura ricoperta di cerri.
La nascita del Castello di Certaldo fu favorita dall'avere intorno zone fertili e dal trovarsi sul tracciato della via Francigena nuova. Gli scavi archeologici hanno dimostrato la sua importanza nel periodo etrusco-ellenistico ed alto-medievale.
Nel lontano 1164 Federico Barbarossa concesse ai Conti Alberti il territorio di Certaldo. Nel 1184 i fiorentini, spinti dalla loro tendenza egemonica, imprigionarono Alberto degli Alberti e la sua famiglia nel Castello di Bargazza.
Il Conte fu costretto a giurare fedeltà a Firenze ed a far abbattere le torri di Certaldo. Queste torri, oltre ad essere un mezzo di difesa, erano il simbolo della nobiltà e della grandezza della famiglia.
Nel 1198 Firenze sottomise definitivamente Certaldo, che nel 1260 prese parte alla battaglia di Montaperti insieme alle forze guelfe fiorentine
. In seguito, i vittoriosi ghibellini danneggiarono buona parte del Castello, a cui, nel 1293, i Priori di Firenze imposero anche delle tasse.Morì così l'autonomia di Certaldo, che d'ora innanzi vivrà nel riflesso le vicende di Firenze.
Nel 1415 Certaldo ottenne una notevole importanza politica, giudiziaria e amministrativa, divenne infatti sede del Vicariato che comprendeva le Podesterie di molti paesi vicini.
Durante il periodo Repubblicano e Mediceo, fu il centro politico e giudiziario più importante della Valdelsa.
L'economia prosperava: ricche famiglie fiorentine investirono notevoli capitali per migliorare le colture e per costruire grandiosi edifici. Si affermarono la mezzadria e la villa-fattoria.
Nel 1479 Certaldo fu assaltata e saccheggiata dalle truppe del Papa e del Re di Napoli che, insieme a Siena, erano in guerra con Firenze.
Tra il 1553 e 1555 furono causati ulteriori danni durante la guerra in cui Firenze riuscì ad assoggettare Siena.
Nel 1737 i Lorena subentrarono alla dinastia dei Medici. Il Vicariato di Certaldo perse alcune podesterie e, conseguentemente, diminuì la sua importanza.
Nel 1784 venne soppresso il Vicariato, e Certaldo fu aggregata alla podesteria di Castelfiorentino, che dipendeva dal Tribunale di San Miniato.
La storia di Certaldo è documenta dal 1164 quando Federico il Barbarossa concesse il territorio ai Conti Alberti che vi esercitarono il dominio fino alla fine del 1200. Assoggetto alla Repubblica di Firenze, Certaldo divenne
dal 1415 sede del Vicariato, tanto che anche nel periodo Mediceo fu il centro politico e giudiziario più importante della Valdesa. La facciata, come l’atrio e il cortile del Palazzo Pretorio, reca le insegne dei diversi Vicari fra cui i bellissimi stemmi in terracotta invetriata della bottega dei Della Robbia.
VINCI
La complessa storia amministrativa della Comunità di Vinci, strettamente legata alle vicende di Cerreto Guidi ma anche a quelle di tutte le altre Comunità del territorio circostante da Empoli a San Miniato sino a Fucecchio, è la dimostrazione della multiforme gestione politico - amministrativa del contado fiorentino durante il granducato mediceo - lorenese che prevedeva delle commistioni e delle ingerenze tra giurisdizioni che adesso ci appaiono così nettamente separate (ad es. la provincia di Pisa dalla provincia di Firenze), regalandoci una visione più unitaria del territorio. Ma soprattutto è in questa complessa gestione del territorio che si radicano le ragioni storiche della tortuosa storia dell’archivio vinciano che ci ha portato alla conservazione nella sezione pre-unitaria di unità archivistiche per la maggior parte appartenenti al periodo ottocentesco essendo stati dispersi o custoditi in altri archivi i documenti risalenti ai secoli precedenti. Nasce da qui l’esigenza di una futura ricomposizione virtuale del patrimonio documentario riguardante la Comunità di Vinci che andrà ricercato appunto negli archivi delle Comunità limitrofe, partendo da uno studio della storia dell’Ente:
Comune dalla metà del ‘200 ( i suoi primi Statuti risalgono al 1382),
Vinci divenne sede di podesteria negli anni ’70 del ‘300. Nel 1424 le due podesterie di Vinci e Cerreto Guidi vennero unite in una unica podesteria. Il territorio della Podesteria comprendeva, oltre le Comunità di Cerreto e di Vinci (Parrocchie o popoli di S. Croce a Vinci, S. Pantaleo, S. Amato, S. Maria a Orbignano, S. Maria a Faltognano, S. Lucia a Paterno. S. Donato in Greti, A. Bartolommeo a Streda), le parrocchie o popoli della Lega di Colle alla Pietra (S. Leonardo a Cerreto, S. Stefano a Corliano, S. Maria a Bassa, S. Bartolomeo a Gavena, S. Leonardo a Ripoli) e della Lega di Collegonzi (S. Maria a Collegonzi, S. Ansano, S. Maria a Petroio, S. Bartolommeo a Sovigliana, S. Maria a Spicchio), ed il Popolo di S. Pietro a Vitolini. La giurisdizione civile venne allora esercitata in Cerreto e Vinci da un podestà locale valido per entrambe le comunità: Vinci fu eletta a sede principale mentre Cerreto fu declassata a sola sede di banco attuario. Dal 1475, a fronte della protesta dei rappresentanti della popolazione di Cerreto che si lamentavano di una cattiva amministrazione della giustizia civile all’interno del loro territorio, i podestà della podesteria di Cerreto Guidi e Vinci risiederono alternativamente un semestre a Cerreto e un semestre a Vinci. La residenza alternata durerà sino alla riforma dei tribunali provinciali del 1772. L’unione delle due podesterie aveva all’inizio creato non poche difficoltà per quanto riguardava la scelta dell’autorità pertinente all’esercizio della giurisdizione criminale. Vinci apparteneva infatti al Vicariato della Valdelsa, ovvero al Vicariato di Certaldo, istituito nel 1415, mentre Cerreto faceva parte del Vicariato del Valdarno inferiore, ossia di San Miniato, istituito nel 1370. Dopo un primo periodo passato sotto il Vicariato della Valdelsa, nel 1462 Cerreto e Vinci andarono a far parte del Vicariato di San Miniato.La legge per il nuovo compartimento dei Tribunali di Giustizia dello Stato Fiorentino del 30 settembre 1772 conservò in Cerreto la Podesteria (comprendendola fra le minori). In tale occasione si abolì la duplice residenza del Podestà in Cerreto e a Vinci, prescrivendo che egli dimorasse sempre a Cerreto, recandosi a Vinci per il banco giudiziario ogni martedì. La giurisdizione criminale in Cerreto e Vinci passò al Vicariato di Empoli.
Il 23 maggio 1774 Il Comune di Vinci fu soppresso e riunito, assieme ai popoli della Lega di Collegonzi (S. Maria a Collegonzi, S. Ansano, S. Maria a Petroio, S. Bartolomeo a Sovigliana, S. Maria a Spicchio), della Lega di Colle alla pietra e di Vitolini, alla nuova Comunità di Cerreto Guidi.Da quel momento in poi (anni 1775-1808) gli atti riferibili a quello che un tempo era il territorio della Comunità di Vinci vennero fusi con quelli della Comunità di Cerreto. Gli antichi atti del Comune di Vinci(assieme a quelli del Comune di Vitolini e della Lega di Collegonzi) furono trasportati nella Cancelleria comunitativa di Empoli, dove vennero dispersi.
La giustizia civile e criminale continuò ad essere esercita nell’ex territorio della Comunità di Vinci rispettivamente dal Podestà di Cerreto e dai Vicari di Empoli (dal 1774 al 1782) e di Fucecchio (dal 1782 sino alla rivoluzione francese).
Sotto il governo francese fu soppressa la Podesteria di Cerreto. L’archivio del Podestà di Cerreto (1484-1808) fu interamente portato ad Empoli, dove tutt’ora viene conservato.
Sempre durante il periodo francese, grazie alla riorganizzazione delle comunità rurali dei dipartimenti della Toscana, con
Cerreto Guidi
La denominazione Cerreto in Greti restò in uso fino al 1079 quando subentrò quella originata dal dominio dei Conti Guidi, antichi signori feudali che vi avevano edificato un castello non lontano dal percorso della via francigena, la via dei pellegrini e dei mercanti.
Dal 1085 il loro potere divenne puramente nominale a favore della Repubblica Fiorentina.
Formalmente la fine dell'epoca feudale e la cessione completa di Cerreto ai fiorentini avvenne nel 1273. Da quel momento in poi le vicende di Cerreto si legheranno indissolubilmente a quelle di Firenze. Centrale per la storia di Cerreto, in quanto ne condizionerà profondamente il futuro, è il secolo XVI durante il quale il nome della città si legò a quello dei Medici. Da "territorio di frontiera" Cerreto divenne luogo di delizie e di cacce della corte medicea. Non lontano dal Padule di Fucecchio e dalla rinomata tenuta del "Barco reale mediceo", nel Cinquecento Cosimo I de' Medici scelse di farvi erigere una splendida villa, in posizione preminente sulle colline e e le valli.
Le prime testimonianze storiche relative a Cerreto risalgono al 780.
La denominazione Cerreto in Gretì restò in uso fino al 1079 quando subentrò quella originata dal dominio dei Conti Guidi. Formalmente la fine dell'epoca feudale e la cessione completa di Cerreto ai Fiorentini avvenne nel 1273. Centrale per la storia di Cerreto, in quanto ne condizionerà profondamente il futuro, è comunque il secolo XVI, durante il quale il nome della città si legò a quello dei Medici.
Il Complesso Mediceo, attestazione del dominio della famiglia sul borgo, sorge in posizione centrale. E costituito dal Museo Villa Medicea, dalla fattoria, separata dall'edificio padronale dalla Pieve di San Leonardo, e dalle quattro rampe di accesso al piazzale antistante la villa nota come ponti medicei.
Il luogo era evidentemente così gradito a Cosimo che, sulla sommità del colle dove il castello ormai fatiscente dei Guidi ne testimoniava l'antico possesso volle costruire una splendida dimora.
Con lettera del 1564 il Granduca dette inizio ai lavori. In un documento del 1575 si attesta la presenza a Cerreto dell'architetto mediceo Bernardo Ruontalenti a cui è verosimile attribuire l'opera.
La facciata della Villa è austera.
Fanno da contrappeso l'imponente e decisa colorazione delle rampe di accesso al piazzale, i cosiddetti ponti, di grande risalto cromatico, realizzati in mattoni a vista e pietra.
L'interno è estremamente rigoroso, impreziosito da decorazioni pittoriche che risalgono al XIX sec. Sede del Museo Villa Medicea, ospita al momento una raccolta iconografica medicea.
Di origini sconosciute, anche per la scarsa documentazione, la Pieve di San Leonardo
Figline
Il castello di <Fegghine> è citato per la prima volta in un documento del 1008. A sinistra dell'Arno, su un colle dominante il fiume (nella zona delI'attuale San Romolo), fu dominato e forse fondato dalla famiglia feudale degli Ubertini, potenti e al riparo del loro poderoso castello di Gaville. Nel 1109 vengono menzionate varie chiese (fra cui quella di Santa Maria, ubicata sul colle)nel territorio di < Fighine >. Forse già prima del 1109 gli abitanti del borgo collinare intorno al castello erano scesi ad una piaggia sul fondovalle, stabilendovi un luogo di scambio e di mercato dei prodotti del suolo, del bosco, della pastorizia: il < grande forum > di Figline (già citato nel 1210), una piazza mercatale, da cui le merci venivano smistate a dorso di mulo o per via fluviale (sull'Arno, navigabile da secoli lungo tutto il suo corso, sarebbe presto arrivato il legname delle foreste del Casentino fino a Firenze e Pisa). Un "mercatale", dunque, sovrastato da fortilizi (delle famiglie degli Azzi, Guineldi, Benzi) e sul cui perimetro nascevano case e portici per le merci.
Intorno al 1167 si registra il tentativo di Fiesole di trasferire la sua sede vescovile nel castello di Fegghine, per collocarsi al centro della propria diocesi, verso Arezzo, in un luogo fortificato più lontano da Firenze: che proprio in questo periodo, e nella sua rivalità con Fiesole, cerca di allargare il proprio dominio al territorio circostante. E proprio nel 1167 i Fiorentini distruggono castello e chiese, affermando così l'importanza strategica di Fegghine nel loro sistema di difesa e d'espansione verso sud.
Nel 1198, al formarsi della Lega Tuscia, in funzione antiimperiale, il castello di Fegghine giura obbedienza e sottomissione alla città di Firenze. Ma intorno al 1215 s'accende in Firenze la cruenta divisione interna fra Ghibellini e Guelfi (che sposano, questi ultimi, la causa delle autonomie locali alla politica del Papato, contro i signori feudali e le fortune dell'Impero). Gli Ubertini di Gaville, ghibellini, fomentano un focolaio antifiorentino nel castello di Fegghine, che già intorno al 1223 appare decisamente sotto l'influenza d'Arezzo e orientato a favore della causa ghibellina. Così, dopo una sanguinosa irruzione nel castello (1250), I'esercito della Repubblica Fiorentina nell'agosto 1252 lo espugna e lo rade al suolo cancellandone le tracce, obbligando la popolazione ad abbandonarlo per sempre. Gli abitanti più influenti vengono convogliati in Firenze, gli altri costretti a scendere intorno al mercatale (indennizzati e anche agevolati per rimanervi). Nel 1259 il Comune fiorentino invia i suoi mensuratores a ridisegnare il "grande forum". I Fiorentini tracciano successivamente tre vie parallele, poi intersecate ortogonalmente (secondo il classico schema a scacchiera diorigine romana), dove si allineano strette e alte case a schiera. Nel 1353, dopo ripetuti attacchi dei nemici ghibellini, Firenze deli-bera la costruzione di un imponente anello di mura intorno a Figline, che, iniziata nel 1356, sarà completata intorno al 1363-1375. Prima d'allora Figline, difesa solo da un fossato e forse da una palizzata, costituì un caso anomalo: << terra più di mercato di grano, o di biada che terra nel contado di Firenze ) il borgo di Fegghine suscitava la meraviglia dell'imperatore Arrigo VII, nel 1312, per essere, "un buono luogo senza muri ".
Ma intorno al 1250 Firenze aveva iniziato la propria espansione, contro le famiglie feudali, in varie direzioni del contado. Di essa l'aspetto più appariscente sarà, nel XIV secolo, la fondazione delle " Terre nuove ", terre murate (nel contado fiorentino verso sud San Giovanni, Terranuova, Castelfranco di Sopra). Di tale espansione gli obbiettivi principali erano uno di politica annonaria (approvvigionamento della città), uno di controllo della viabilità. Il problema che si poneva era il destino delle popolazioni: per legarle stabilmente al destino della città attraverso un controllo politico, Firenze doveva garantire loro una sicurezza difensiva. E Figline, appunto, si proponeva, già dalla metà del XIII secolo, nelle sue caratteristiche fondamentali. La fertilità "pliocenica" della sua terra (ora la larga pianura dell'Ar-no non era più paludosa) ricca di frumento vigneti, oliveti, allevamenti di bestiame, ne faceva un granaio, un centro agricolo in gra-do di raccogliere la produzione della campagna circostante e convogliarla verso Firenze. La sua posizione centrale in una zona di passaggio obbligato, in prossimità della strada per Arezzo e del fiume, faceva poi di Figline il cardine naturale del sistema di sicurezza fiorentino nel Valdarno Superiore. Perciò Firenze s'impadronì di Figline e dovette assicurarsene la piena fedeltà (vacillante invece in passato) prima di costruirvi intorno un'imponente cinta di mura: con esse finisce "l'anomalia" di Figline e una storia autonoma di questo borgo del contado fiorentino, che stabilmente entra nella storia della grande città vicina. Ma se finisce qui il frammento di storia che interessava anche soltanto evocare, pure ci sono alcuni fatti posteriori di cui non si dovrebbe perdere il ricordo.
Dopo il profondo travaglio del secolo XIV (peste, tumulti, distruzioni), il Quattrocento è fecondato da una ventata di nuova cultura umanistica che vide protagonisti uomini provenienti proprio da terre valdarnesi, come il grande Marsilio Ficino (nato a Figline nel 1433), Poggio Bracciolini (nato a Terranuova nel 1459) e nel '500 Benedetto Varchi, nativo di Montevarchi. E nel Quattrocento, incentrato sulle città e in particolare su Firenze, nasce Masaccio a San Giovanni Valdarno (1401) e rinnova la pittura dando inizio al " Rinascimento " fiorentino con il suo capolavoro giovanile del 1422, il Trittico di San Giovenale. Poco lontano, a Borgo San Sepolcro, nasce nel 1406 Piero della Francesca, che lascerà fra la Val Tiberina, il Montefeltro ed Arezzo tanti capolavori. Forse non è un caso; di certo dal microcosmo del Valdarno è possibile una visione storica efficace dei momenti più significativi della storia dell'arte fiorentina oltre che delle vicende della storia civile e culturale italiana ed europea.
RUFFINA
Facendo riferimento alle più antiche circoscrizioni ecclesiastiche (le pievi), si osserva che l'attuale territorio comunale comprende l'intera area del plebato di Castiglioni, buona parte di quello di Pomino, e porzioni dei plebati di Diacceto (popolo di Falgano) e della Rata (limitatamente al popolo di Turicchi: la chiesa plebana di S. Maria si trova infatti nell'odierno territorio comunale di Londa).
In età feudale la giurisdizione sopra il territorio del comune di Rufina era divisa tra il vescovado di Fiesole (con la "contea" di Turicchi, comprendente la villa omonima, e i castelli di Castiglione e Agna) e i conti Guidi (Poggio Castello -sopra Pomino- e Falgano).
Il castello di Rufina (antenato dell'odierno capoluogo che, come agglomerato di una certa importanza, non è anteriore alla metà del XVIII secolo) fu invece un "condominio" tra le due signorie, ma solo fino al XIII secolo, quando il potere vescovile prese il sopravvento .
I più antichi documenti che provano il dominio temporale del vescovo di Fiesole sono due bolle pontificie, l'una del 1103 e l'altra del 1134.
La signoria della dinastia comitale dei Guidi è documentata a partire dall'XI secolo (1068,1099,1164, 1191, 1220: le ultime tre date si riferiscono a diplomi imperiali) fino all'incirca al primo quarto del XIII secolo.
Con la conquista fiorentina del contado, il territorio di Rufina fu compreso nella lega di Diacceto (1311);
nel 1376 si sovrappose l'ordinamento podestarile cosicché dall'unione della lega di Diacceto con quelle di Monteloro e Rignano, nacque la Podesteria di Diacceto, detta poi del Ponte a Sieve.Continuò a fare eccezione Turicchi che, pur legata da un patto di accomandigia a Firenze fin dal 1398, mantenne una formale dipendenza dal vescovo di Fiesole e una certa forma di autonomia fino al 13 dicembre 1775.
Con la cosiddetta riforma delle comunità di epoca lorenese (1774), la lega di Diacceto fu unita con quella di Monteloro per comporre la nuova comunità del Ponte a Sieve.
Da quest'ultima realtà amministrativa fu staccato in epoca napoleonica (1809) il territorio dell'antica lega di Diacceto: nacque così la nuova comunità di Pelago, in cui rimase compreso anche l'attuale territorio di Rufina.
Infine con decreto luogotenenziale del 2 dicembre 1915 , mediante la separazione dal comune di Pelago dei popoli di Rufina, Casi, Falgano, Castiglione, Petrognano, Pinzano, Agna, Cigliano, Pomino e Turicchi, nonché di una porzione dell'antico popolo di Vico (Selvapiana) e di quello di Tosina, venne decretata la nascita di un'autonoma comunità: l'odierno comune di Rufina.
Tavernelle
Il capoluogo prende nome da tabernulae, cioè dalle antiche taverne che erano posto di tappa sulla via Cassia per chi intraprendeva il viaggio da Firenze a Siena. Sul territorio nel Medioevo, signoreggiavano alcune grandi famiglie, quali gli Alberti e i Buondelmonti; pervenuto nella prima metà del XIII secolo sotto il dominio di Firenze, questa non giudicò mai necessario cingere il borgo di mura, potendo contare per il sistema difensivo della zona sui vicini castelli di San Donato e di Barberino.
Lo sviluppo e l'importanza di Tavarnelle è comunque recente: più importanti per la loro storia sono sicuramente le frazioni di San Donato e della Badia di Passignano. San Donato in Poggio, ancor oggi cinto di mura, fu sede per due volte, nel 1176 e nel 1255, della stipulazione di trattati di pace fra Firenze e Siena e presso la sua pieve si riuni nel 1260 l'esercito fiorentino che si accingeva alla battaglia di Montaperti; fu capoluogo di comunità fino al 1774. La Badia di Passignano, sorta su un terreno che era stato insediamento etrusco e romano, secondo la leggenda fu fondata da san Zanobi nel 395; ma per attenerci alla storia va detto che essa, divenuta vallombrosana fin dal X secolo, fu una delle residenze predilette da san Giovanni Gualberto, che qui mori nel 1073. Nel 1485 il monastero, ricco di beni e di privilegi, fu occupato manu militari da Lorenzo il Magnifico, che l'aveva ottenuto in commenda per il proprio figlio Giovanni, cacciandone i monaci. Giovanni, divenuto papa Leone X, lo restituì ai vallombrosani nel 1499 e ad essi rimase fino al 1810, quando con la riforma napoleonica il convento fu soppresso e la proprietà venduta a privati.
Greve
Il territorio del comune di Greve si estende per 169,04 kmq per lo più in media e alta collina, nella valle omonima, tra la Val d'Ema, la Val di Pesa e i Monti del Chianti. Sede podestarile, fu eretta in comunità nel 1773 e ad essa venne aggregata anche quella parte di territorio prima appartenente alla lega di Cintoia.
Greve andò sviluppandosi nei secoli del basso Medioevo come "mercatale" di Monteficalle e degli altri limitrofi castelli. Piccolo agglomerato - fino alla metà del Quattrocento non era ancora sede parrocchiale e nel censimento del 1551 il villaggio contava solo 92 abitanti - conobbe una rapida crescita a partire dalla seconda metà del XVI secolo, certo favorito dalla sua posizione geografica, trovandosi all'incrocio della strada che da Firenze conduceva al Chianti con quella che dalla Valdipesa portava a Figline, e dalla conseguente vivacità del suo mercato settimanale, che si svolgeva nella caratteristica piazza ancor oggi cuore del paese. Divenuto dunque capoluogo della lega di Val di Greve e sede podestarile, in epoca moderna era già centro di discreta importanza ("Il luogo è grande e pulito", scrisse Pietro Leopoldo nel 1773) e proseguì poi nella sua crescita arrivando a raddoppiare i propri abitanti nel corso dell'Ottocento. Ricchi di storia sono i molti castelli del suo territorio, antichi possessi di famiglie eminenti in Firenze; oltre al già citato Monteficalle (oggi Montefioralle), vanno ricordati almeno Panzano, la cui prima notizia documentaria è del 1041 e che fu a lungo il più popoloso centro della Val di Greve; Lamole e Uzzano, due tra i più muniti castelli della zona; Cintoia, oggi village déserté,ma importante insediamento probabilmente fin dall'epoca longobarda. Tra i figli illustri del comune vi furono l'uomo politico Niccolò da Uzzano (1359-1431) e il navigatore Giovanni da Verrazzano (1485-1528).
STEMMA. Spaccato, d'azzurro e d'oro; l'azzurro caricato da un agnello pasquale passante d'argento.
L'oro e l'azzurro, colori dell'antica casata degli Adimari, signori del castello di Cintoia in Val d'Ema, dividono in due parti lo stemma del comune di Greve in Chianti. Sull'azzurro della parte superiore emerge la bianca figura dell’Agnus Dei, antico simbolo del Cristo.
REGGELLO
L'attuale Reggello è, probabilmente, quello che anticamente era chiamato Castenuovo della pieve di Cascia, come risulta da due bolle papali del 1103 e del 1134, e che si distingueva dal Castelvecchio di Cascia, di proprietà dei conti Guidi, dove trovarono rifugio nel 1248 alcuni guelfi fiorentini cacciati dalla fazione ghibellina allora dominante in Firenze.
Passato sotto il dominio della Repubblica fiorentina tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo, il castello di Cascia fu fortificato nel 1385, con una spesa di 2000 libre stanziate dal capoluogo toscano.
La denominazione Reggello, intesa a significare il capoluogo di comunità, risale alla legge del granduca Pietro Leopoldo del 1773.
Nel Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana, Emanuele Repetti scrive:
"La vicinanza del paesetto di Reggello alla pieve di Cascia potrebbe forse far nascere il dubbio che in Reggello fosse stato il Castelnuovo di Cascia rammentato nelle bolle de' Pont. Pasquale II (anno 1103) e Innocenzo II (anno 1134) ai vescovi di Fiesole, cui fu confermata anche la pieve S. Petri sitam Cascia cum curte et parte Castelli quod vocatur Novum. Il qual Castello fu detto nuovo a differenza del Castelvecchio di Cascia ch'ebbero i Conti Guidi a Ostina, dove si refugiarono nel 1248 e quindi assaliti si difesero molti Guelfi cacciati da Firenze dai soldati di Federigo II."
La storia del contado s'intreccia con quella delle città vicine e viceversa, così gli insediamenti religiosi in questo territorio erano sotto la diocesi di Fiesole e le fortificazioni realizzate con i contributi finanziari di Firenze.
Il nome antico "Castelnuovo della Pieve di Cascia" fu mutato sotto i Lorena, all'epoca di Pietro Leopoldo, in "Reggello", che trae origine dal diminutivo "rege", termine con il quale si indicavano le antiche proprietà dei Longobardi. La sfera caricata dalla croce rossa indica la dipendenza dal popolo di Firenze e l'albero rappresenta il borgo di Leccio.
Vallombrosa
Nel territorio di Reggello ha storia più antica il monastero di Vallombrosa, fondato da San Giovanni Gualberto de' Visdomini e basilica madre dell'ordine vallombrosano. L'importanza del piccolo romitorio costituitosi nella prima metà del Mille crebbe rapidamente per le numerose donazioni di terre circostanti; gli abati ebbero il titolo di conti di Magnale conferitogli già da Matilde di Canossa e, nel XV secolo, di marchesi di Canneto e Monteverdi. Ricostruito nella seconda metà del Quattrocento e poi di nuovo a metà del XVI secolo, dopo che nel 1519 le milizie di Carlo V lo avevano gravemente danneggiato, il monastero fu soppresso dalle leggi napoleoniche nel 1808. Ricostruito nel 1817, fu soppresso ancora dal governo italiano nel 1866. È dal 1963 che la congregazione è tornata a disporne totalmente.
San Giovanni Valdarno (Arezzo )
La decisione di fondare San Giovanni e Castelfranco risale, secondo lo storico Giovanni Villani al 1296. La provvisione del 26 gennaio 1299 prevede la costruzione ex novo, accanto a San Giovanni e a Castelfranco, di Terranuova. La popolazione di Castel San Giovanni confluisce dai piccoli centri abitati e dai castelli dei dintorni già possesso di potenti feudatari locali. La provvisione del 1299 stabilisce che nessun nobile possa risiedere nelle terre murate di recente fondazione. I coloni sono attratti nei centri di recente fondazione da esenzioni fiscali ma sono gravati da diversi obblighi: devono realizzare le opere di fortificazione, delle quali Firenze si assume l'onere finanziario, e devono costruire a proprie spese le nuove abitazioni.
La lentezza con la quale si realizzano le opere di fortificazione dei nuovi centri del Valdarno li espone, impreparati, ad attacchi esterni. I frequenti assalti subiti indeboliscono le incomplete strutture difensive di San Giovanni che nel 1352 risultano in pessime condizioni. Fra il 1356 e il 1363 la cinta difensiva viene ristrutturata e rafforzata portando a ventiquattro il numero delle torri delle mura. Dopo la sottomissione di Arezzo la minaccia più grave per lo stato fiorentino viene dalla politica espansionistica dei Visconti. San Giovanni mantiene così la sua funzione di importante presidio militare.
Al periodo di continue lotte segue, fra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo, un ventennio di relativa tranquillità e di sviluppo del centro.
Il Palazzo Pretorio che fino al 1401 era stato sede del solo Podestà di San Giovanni accoglie, agli inizi del XV secolo, i Vicari del Valdarno Superiore.
I Vicari di San Giovanni hanno giurisdizione sui territori di Greve, Pontassieve, Incisa, Figline, Cascia di Reggello, Castelfranco di Sopra, Terranuova, Montevarchi, Bucine, Laterina.
Nel 1431 diversi centri del Valdarno sono colti, ancora una volta, impreparati dai temuti attacchi dei Visconti. Nel 1478 é la volta delle truppe di Sisto IV che invadono il Valdarno e conquistano San Giovanni e Montevarchi. L'anno successivo San Giovanni é devastata dalla peste che causa la morte di quasi due terzi della popolazione. All'avvenimento é legata la costruzione dell'Oratorio della Madonna delle Grazie, in ricordo del "miracolo del latte".
La città perde progressivamente il carattere originario di avamposto, venendo meno la funzione militare del centro valdarnese in seguito all'instaurarsi di uno stabile equilibrio di forze nel contado fiorentino. Tra l'altro, la politica di investimenti a prevalente carattere immobiliare che la borghesia fiorentina, dal XVI secolo in avanti, attua a discapito di più dinamiche imprese commerciali ridimensiona il ruolo economico del centro. Così le mura di San Giovanni, seriamente danneggiate nei primi anni del Cinquecento da una delle frequenti piene dell'Arno, sono interessate da semplici lavori di manutenzione ordinaria
http://www.comune.san-giovanni-valdarno.ar.it/storia.html
Palazzo Pretorio, meglio noto come Palazzo d'Arnolfo, dal nome dell'architetto Arnolfo di Cambio che ha progettato l'intero castello duecentesco e, probabilmente, per notizia di Giorgio Vasari, anche questo palazzo. E' situato esattamente nel centro, tra le due piazze principali, Cavour e Masaccio, affacciandosi sulla via principale del centro, Corso Italia. L'impianto medievale è stato rimaneggiato già nel quattrocento; nel corso degli anni ottanta il palazzo ha goduto di lavori di restauro. E' sede di alcuni uffici comunali e di mostre d'arte. Il piano terreno è recintato su tutti i lati da un ampio porticato, con quattro arcate sulle facciate e sei sui fianchi, scandite da pilastri ottagonali ornati da stemmi della città dominante (il giglio fiorentino) e dalla parte guelfa (l'aquila quelfa). Nell'atrio è conservato l'originale del Marzocco, la statua su alto piedistallo in pietra che rappresenta il dominio fiorentino: un leone seduto che regge con la zampa lo scudo gigliato. Originariamente posto in piazza Cavour; di fronte al palazzo, è ora sostituito da una copia e custodito all'interno del Palazzo Pretorio.
Alle pareti dell'atrio affreschi e stemmi dipinti del Quattrocento. Il primo piano presenta sulle facciate due loggiati su colonne e capitelli di gusto rinascimentale. Una torre emerge dal centro della parete posteriore, con duplice ordine di finestre e coronamento merlato. Palazzo d'Arnolfo ha una bellezza eccentrica per le abitudini costruttive toscane, rifacendosi più a modelli settentrionali che del centro Italia; il suo fascino è indubbiamente aumentato dai numerosissimi stemmi di vicariato che costellano la facciata principale: duecentocinquanta quelli rimasti, dal più antico del 1410 al più recente del 1772, in pietra, ceramica, taluni scolpiti nelle colonne e nei pilastri, altri dipinti. Su piazza Masaccio si affacciano la Basilica di Santa Maria delle Grazie, la chiesa di San Lorenzo ed il Palazzaccio. Quest'ultimo, detto anche Palazzo Salviati, è di origine trecentesca con successive rielaborazioni. La facciata ricorda modelli dell'architettura toscana tardo-rinascimentale nella triplice sovrapposizione di loggiati ed archi ribassati nei primi due ordini, e architravato a guisa di terrazza terminale il terzo.
http://www.comune.san-giovanni-valdarno.ar.it/arnolfo.html
Scarperia nel Mugello
Ci sono vicari dei Carnesecchi anche a Scarperia non ne possiedo l'elenco
Su Scarperia il libro :
Romby, Giuseppina Carla - Diana, Ester
Una terra nuova nel Mugello : Scarperia : popolazione, insediamenti, ambiente, XIV-XVI secolo / Giuseppina Carla Romby, Ester Diana. Comune di Scarperia, 1985.
Fucecchio 1328--1330
CROCE di VAL D'ARNO 1328--1330
COLLE ( COLLE Val d'ELSA )
1333
Colle era conteso fra le due Repubbliche di Firenze e Siena e si offrì di diventare provincia fiorentina in cambio della protezione dell'economia colligiana. Da quest'unione il Comune ricavò molti vantaggi: si sviluppò l'economia e ci fu più sicurezza dal punto di vista militare. Lo svantaggio maggiore fu che Siena, gelosa, distrusse, con lunghe guerriglie, le attività economiche del Comune.
Il comune colligiano combatté molte guerre a fianco di Firenze: venne devastata nel 1260 dai senesi, vincitori su Firenze a Montaperti ma, dopo alterne vicende, nel 1269 ritornò di nuovo con i fiorentini.
Il comune di Colle Val d’Elsa sorge nel cuore della Toscana, poco lontano dalle città di Siena, Firenze e Volterra. Antico insediamento etrusco-romano, Colle diventò rapidamente un centro importante per l’intera area. Diventata libero comune, Colle instaurò rapidamente stretti rapporti di collaborazione con le città di Firenze e Siena, diventando,
nel 1500, "municipio fiorentino".
alle città di Siena, Firenze e Volterra, sul percorso della via Francigena, l'autostrada medioevale dei grandi pellegrinaggi dal nord Europa verso Roma.
L’abitato si è sviluppato originariamente in tre borghi autonomi, distinti per strutture e configurazione planimetrica: il Borgo di Santa Caterina, il Castello di Piticciano e il Piano.
I primi due insediamenti sono i più antichi, sedi privilegiate dei gruppi egemoni cittadini, e sono posti su uno stesso crinale collinare nella direzione Est-Ovest e separati da un ampio vallone, dominano la zona del fondovalle dove sorge il terzo "borgo", quello del Piano, più recente per diffusione urbana e da sempre adibito alle attività produttive.
Colle di Val d’Elsa è situata nel cuore della Toscana, in una posizione strategicamente favorevole, vicino alle città di Siena, Firenze e Volterra, sul percorso della via Francigena, l'autostrada medioevale dei grandi pellegrinaggi dal nord Europa verso Roma. Pur presentando il territorio di Colle grandi ritrovamenti archeologici, risalenti addirittura al IV millennio avanti Cristo, i primi documenti, dove si nomina Colle di Val d'Elsa, risalgono al X secolo, ma è dalla fine del XII secolo che la cittadina acquistò progressivamente autonomia e identità politica: i primi statuti comunali documentati risalgono al 1307.
Il tessuto urbano occupava, già nel Medioevo, un’area molto ampia che comprendeva, oltre alla parte alta, il Piano disposto lungo il tracciato delle antiche gore.
Quest'ultime sono le canalizzazioni artificiali del fiume Elsa, costruite nel corso dei secoli a partire dai primi del 200, con la presenza di numerosi edifici andanti ad acqua, come mulini, cartiere e gualchiere.
Le gore in questo senso furono quindi un fattore decisivo per l’economica della città, favorendo lo sviluppo delle attività industriali.
Nella sua storia Colle di Val d’Elsa fu teatro di frequenti episodi bellici.
Tra i più famosi ricordiamo la battaglia del 1269 tra guelfi e ghibellini, che ebbe notevoli ripercussioni sull’assetto politico della Toscana e l’assedio delle truppe del Duca di Calabria subìto nel 1479 a difesa del territorio fiorentino, che portò prima a gravi distruzioni, poi a nuovi potenziamenti del sistema delle fortificazioni.
Nel corso del Cinquecento, Colle di Val d’Elsa gravita ancora nell’orbita fiorentina, acquistando potere progressivo, soprattutto grazie alla famiglia dei Medici ed agli illustri colligiani che curarono l’amministrazione del Principe.
Dopo la guerra di Siena e la costituzione del Granducato di Toscana, nel 1592 con la Bolla di Clemente VIII, Colle divenne la sede di una nuova diocesi.
Nel XVI secolo con la famiglia Usimbardi si apre il nuovo capitolo della storia moderna di Colle di Val d’Elsa.
Alle porte dell’era contemporanea la produzione cartaria fu soppiantata dalle nuove industrie del ferro e del vetro.
Sarà soprattutto la produzione del vetro prima e del cristallo poi, a caratterizzare l’attività industriale di Colle di Val d’Elsa che già dall’Ottocento fu definita "la Boemia d’Italia", mentre oggi è diventata vera "Città del Cristallo" con il 15% di tutta la produzione mondiale ed oltre il 95% di quella italiana.
PESCIA 1339
SAN GIMIGNANO 1348--1354
VOLTERRA 1361
PRATO
Nel 1328 i pratesi, avendo per capitani Chiolo Guazzalotti e Guido del Cinque, passarono anzi all'offensiva sul Montalbano, vincendo a Carmignano le truppe dell'Antelminelli. Allontanato infine il comune pericolo, tornò ad acuirsi il contrasto che già da tempo opponeva Prato a Firenze ed aveva alle sue origini gratuita animosità reciproca, rivalità economiche, conflitti di giurisdizione. L'enorme disparità di forze non poteva lasciare dubbi sull'esito finale del confronto: pure i pratesi resistettero a lungo con abilità e fierezza, alternando concessioni e rappresaglie. Dopo varie vicende politiche e militari si giunse alla guerra del 1350 e Prato, accusata di aver tentato di far ribellare Colle Val d'Elsa a Firenze, venne assediata dall'esercito fiorentino. Stremata da un'epidemia e agitata dalle fazioni contrarie ai Guazzalotti, la città dovette cedere alla forza del numero e patteggiò una resa onorevole. L'anno successivo, per 17.500 fiorini d'oro Firenze comprava dalla regina Giovanna di Napoli, testimone del contratto Giovanni Boccaccio, quei diritti su Prato che da tempo gli Angioini non erano più in grado di esercitare. Nel 1328 i pratesi, avendo per capitani Chiolo Guazzalotti e Guido del Cinque, passarono anzi all'offensiva sul Montalbano, vincendo a Carmignano le truppe dell'Antelminelli. Allontanato infine il comune pericolo, tornò ad acuirsi il contrasto che già da tempo opponeva Prato a Firenze ed aveva alle sue origini gratuita animosità reciproca, rivalità economiche, conflitti di giurisdizione. L'enorme disparità di forze non poteva lasciare dubbi sull'esito finale del confronto: pure i pratesi resistettero a lungo con abilità e fierezza, alternando concessioni e rappresaglie. Dopo varie vicende politiche e militari si giunse alla guerra del 1350 e Prato, accusata di aver tentato di far ribellare Colle Val d'Elsa a Firenze, venne assediata dall'esercito fiorentino. Stremata da un'epidemia e agitata dalle fazioni contrarie ai Guazzalotti, la città dovette cedere alla forza del numero e patteggiò una resa onorevole. L'anno successivo, per 17.500 fiorini d'oro Firenze comprava dalla regina Giovanna di Napoli, testimone del contratto Giovanni Boccaccio, quei diritti su Prato che da tempo gli Angioini non erano più in grado di esercitare.
Prato mantenne comunque l'autonomia, e in forza dei patti del 1350 si assicurò statuti, leggi e magistrature proprie; soprattutto mantenne la sua individualità e la sua ragione d'essere. Non mancarono tentativi di recuperare la completa indipendenza. Congiure, tumulti, insurrezioni si susseguirono dal 1351 al 1353, quando Jacopo di Zarino Guazzalotti invase da nord con le sue masnade la Val di Bisenzio, e si ripeterono poi alla fine del '300 ed ancora nel secolo seguente. Per decenni un gruppo di fuorusciti pratesi sostenne la causa della libertà, combattendo contro Firenze e intessendo una rete d'intrighi che giunse ad interessare anche i Visconti duchi di Milano; proprio in questo ambiente di esuli iniziava la sua carriera Bartolommeo Gherardacci detto il Boccanera, il celebre capitano di ventura pratese che divenne consigliere del reame di Napoli e signore di San Felice e Ruvo di Puglia. I Guazzalotti, perduta la signoria e allontanati dalla città dove le loro dimore venivano atterrate, furono i maggiori protagonisti della resistenza. Ma ancor più dell'amore di patria era in loro vigoroso l'interesse di parte: gli esuli che volevano riportare Prato all'indipendenza erano perciò temuti dagli antichi rivali che ne avevano preso il posto e primeggiavano nella città. Pronti ad opporsi con le armi ai liberatori, essi ne resero vano ogni tentativo; fattisi per calcolo fautori di Firenze, ricevevano da questa onori, prebende e cariche, favorendo il formarsi di uno spirito pubblico che vedeva Prato rispetto a Firenze non come una rivale tenuta con la forza, ma piuttosto come amica ed alleata, partecipe di eguali fortune. Cavalieri e balestrieri pratesi, con le insegne del loro Comune, combatterono così a fianco dei fiorentini; Prato eleggeva fra i suoi cittadini il connestabile di Castiglion Fiorentino e i castellani delle rocche di Barga. D'altronde Firenze era ben conscia di non avere a che fare con un comunello rurale e cercava di blandire l'irrequieta vicina (essendo anche "[...] i Pratesi più ringhiosi che non fosse lor possa" come scriveva nel '400 l'Anonimo fiorentino commentatore di Dante): così si occupava di farla "città di vescovado", con una diocesi che si sarebbe estesa da Montemurlo a Carmignano, da Gricigliana in Val di Bisenzio ad Artimino; ma la morte di Papa Alessandro V (1410) impedì la firma del decreto istitutivo. Comunque la "vocazione" territoriale di Prato venne ribadita istituendovi nel '400 una "podesteria maggiore" la cui giurisdizione comprendeva le Podesterie di Prato (con Vaiano), di Carmignano (con Poggio a Caiano) e di Campi (Bisenzio) col Comune di Montemurlo. Ma la città appariva tuttavia in declino, per la perdita della completa indipendenza e per la pressione fiscale, con la popolazione urbana ridotta a meno di 4.000 anime;
San Miniato ( al Tedesco )
San Miniato è terra di insediamento etrusco e poi romano, come testimoniano gli scavi di una necropoli del III secolo a.C. in località Fontevivo e quelli di una villa romana in località Antonini, i cui reperti sono visibili al Museo archeologico di Firenze e in piccola parte nel Museo Civico.
reperti della necropoli di Fontevivo, le lapidi, le sculture di marmo, i bronzi e i mosaici ritrovati dagli scavi in varie località tra le quali, Montecalenne e Motappio testimoniano le origini di San Miniato nell'epoca etrusco-romana. Dapprima fu colonizzata dai legionari di Augusto, poi stazione militare col nome di "Quarto", ma solo in seguito all'invasione dei Longobardi, divenne un borgo e nel 783, vi costruirono una Chiesa dedicata al martire San Miniato, dal quale prese poi il nome la città.
Il nucleo originario della Città risale all’VIII secolo, quando diciassette longobardi, secondo il documento originale del 713 conservato all’Archivio Arcivescovile di Lucca, edificarono una chiesa dedicata al martire Miniato.
Nel Medio Evo sarà conosciuta come San Miniato al Tedesco.
San Miniato, la Città delle XX miglia.
San Miniato è situato lungo la Via Franchigena, che collegava nel Medio Evo l'Europa settentrionale a Roma, flusso ininterrotto di uomini, eserciti, traffici, idee e culture. Su questa direttrice, San Miniato era all'incrocio, nel cuore della Valle dell'Arno, delle strade fra Firenze e Pisa, Lucca e Siena. Ed entro le venti miglia si collocavano anche Pistoia e San Gimignano, Volterra e Vinci
Nel 962 l'Imperatore Ottone I° fece costruire il castello, e vi costituì la sede dei Vicari Imperiali, con giurisdizione su tutta la Toscana. Fu anche residenza di Bonifacio, marchese e vicario dell'imperatore, nonché padre della contessa Matilde, nata a San Miniato, presumibilmente nel 1046 . Vari imperatori germanici visitarono la città e vi si trattennero, dimorando nell'Imperiale Paòlagio(oggi vescovado): Federigo Barbarossa nel 1167 e 1178; Enrico IV nel 1184, 1186 e 1194; Ottone IV nel 1209. Oltre agli imperatori, San Miniato ha ospitato anche tre sommi Pontefici e vale a dire Gregorio V nel 996, Eugenio IV nel 1434 e Clemente VII nel 1523. Nel 1211 giunse sul colle sanminiatese San Francesco d'Assisi, di ritorno da Pisa, e vi fondò lo storico e monumentale convento.
Durante l'epoca comunale, il borgo, di corrente ghibellina, ottenne consistenti privilegi dall'imperatore Federico II, che intorno al 1236 fece costruire opere di difesa militare tra le quali, la Rocca dove, secondo gli storici, fu improgionato e morì Pier delle Vigne cancelliere di Federico. destinandola alla raccolta dei tributi per l’Italia centrale.
San Miniato, al declinare della potenza sveva, diviene libero comune. Dal secolo XII°, San Miniato cominciò a reggersi con propri magistrati e fu coinvolta nelle lotte scoppiate tra le città vicine.
La città si estende con grandi conventi, scuole, istituzioni e ospedali.
Gli Statuti comunali, conservati nell’archivio storico, ne testimoniano l’indipendenza e la fortuna.
In seguito al crollo della potenza di Pisa ghibellina (1284), alla quale la città si era appoggiata, i sanminiatesi furono poi sottomessi da Carlo d'Angiò, al cui dominio si ribellarono per costituirsi in libero comune. Nel 1291 entrò a far parte della lega guelfa fino a che non furono assimilati dalla Repubblica Fiorentina.
Solo alla fine del XIV secolo San Miniato dovrà sottomettersi alla nascente Signoria fiorentina.
Si ribellarono però anche a questa nel 1370 e nel 1396. La città subì due assedi dei Fiorentini e un terzo, nel 1530, da parte degli spagnoli di Carlo V, comandato dal duca d'Amalfi. Essi occuparono la città il 1° Febbraio 1530, ma ne furono ricacciati il 1° Novembre dello stesso anno da Francesco Ferrucci, e che inalberò di nuovo sulla torre la bandiera gigliata della Repubblica Fiorentina. Quando, sotto Carlo V la Città del Giglio cadde, San Miniato fu sottomessa al Duca Alessandro dei Medici ed entrò in seguito a far parte del Governo Granducale. Sotto i granduchi, con la potente famiglia dei Grifoni, divenne una delle più importanti città della Toscana Medicea.
Sarà di nuovo una tedesca, Maria Maddalena d’Austria, moglie di Cosimo dei Medici a privilegiare San Miniato, facendone sede vescovile nel 1622.
Nel 1622 Maria Maddalena d'Austria, moglie di Cosimo II, chiese ed ottenne dal marito il benestare acciocché San Miniato fosse chiamata Città e ottenne dal Papa Gregorio XV l'autorizzazione affinché la città diventasse sede vescovile.
Il 28 Giugno 1797 Napoleone I° venne a visitare in San Miniato e qui tenne un consiglio di guerra presso la casa di suo zio canonico Filippo. Dopo aver dato il suo aiuto alla prima guerra d'indipendenza, nel 1860 San Miniato entrò a far parte del Regno di Sardegna
Montale
Non ho informazioni specifiche su Montale
PISTOIA
Palazzo Pretorio di Pistoia
Arezzo
Poco dopo il Mille anche in Arezzo cominciarono a istituirsi e a prender via via sempre maggior vigore quegli ordinamenti democratici, quelle organizzazioni artigiane, che porteranno alla costituzione del libero Comune. Tuttavia la vita della popolazione e la floridezza cittadina erano basate sull'agricoltura; perciò i nobili feudatari e prima di tutti il vescovo-conte, i quali possedevano quasi tutte le terre del contado, conservarono sempre un posto preminente ed una grande autorità nella politica del Comune. Nel frattempo Firenze si era andata ingrandendo ed aveva potuto sviluppare un fiorente artigianato e varie industrie; mirava quindi ad espandere la sua sfera d'influenza politica e ad acquisire nuovi mercati per lo smercio dei suoi prodotti. Nella seconda metà del secolo XIII Arezzo lottò a lungo contro Firenze e gli altri comuni guelfi di Toscana. Nel I287 Fiorentini e Senesi alleati assediarono Arezzo, strenuamente difesa dal popolo guidato dal suo vescovo Guglielmino Ubertini, ma fallirono e si allontanarono. Ma gli Aretini li inseguirono e sconfissero decisamente i Senesi a Pieve del Toppo (1288); sul campo di battaglia rimase ucciso anche Lano da Siena, come ricorda l'Alighieri (Inferno XIII v. 120). L'anno seguente però tutti i guelfi di Toscana si coalizzarono contro Arezzo e gli altri Comuni ghibellini e nella famosa battaglia di Campaldino, l'11 giugno 1289, li batterono rovinosamente. In questo periodo, pur tanto burrascoso e non sempre fortunato, che va dall'inizio del secolo XIII alla morte di Guido dei Tarlati (1327), Arezzo conseguì una magnificenza ed una floridezza non mai prima e non più dopo godute: vi convenivano i migliori artisti dell'epoca, chiamati a costruire nuove chiese e nuovi palazzi o a decorare quelli già esistenti; fioriva I'università, dalla quale uscivano eccelsi teologi e rinomati giuristi. Ma dopo la morte del grande Vescovo e Signore cominciò la decadenza, e dieci anni più tardi la città fu ceduta alla rivale Firenze, perdendo così definitivamente la sua libertà.
Firenze acquista il contado e la citta' di Arezzo nel 1337 , ma deve attendere il 1384 perche' una nuova cessione per una buona cifra faccia cadere in suo potere e non senza resistenza , la citta' con la zona del Casentino ,l'Appennino costiero e , a sud gli accessi alla val di Chiana e all'Umbria
È vero che gli Aretini non subirono tale perdita rimanendo passivi; al contrario, tra la fine del XIV e I'inizio del XVI secolo più volte insorsero tentando riconquistare l'indipendenza , ma dopo I'avvento della Signoria medicea gli Aretini abbandonarono I'idea di ribellarsi, e la formazione del Ducato di Toscana (divenuto poi Granducato) deferito ancora dai Medici riportò la tranquillità in tutta la regione: Arezzo entrò a farne parte insieme con Firenze e con tutte le altre città della Toscana
PISA
Lari in provincia di Pisa
Lari |
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San Pietro in Belvedere (Pisa) |
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Lorenzana (Pisa) |
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Gello ( Pisa) |
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Vicarello (Livorno) |
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Collesalvetti ( Livorno) |
135 metri sul livello del mare, 8092 abitanti, Toscana, provincia di Pisa. Sull'intersezione di tre crinali delle colline pisane superiori sorge l'abitato di Lari, piccolo borgo abitato fin da epoca etrusca. Al centro del paese si erge la massiccia sagoma del castello, già documentato nell'alto Medio Evo, anche se la struttura attuale è della prima metà del '600. Grazie alla sua posizione dominante su tutto il valdarno (dalle sue mura la vista spazia libera dai monti pisani alle balze di Volterra, dalla costa livornese fin oltre Peccioli) è stato un importante presidio militare della Repubblica Pisana fino a che questa non venne conquistata da Firenze, nell'ottobre del 1406.
Posta al centro delle dolci colline pisane, la cittadina di Lari vanta una sicura origine etrusca. Abitato anche in epoca romana e in alto medioevo, il centro assume notevole importanza a partire dagli inizi del secondo millennio. Documentato nell' XI secolo l'attuale Castello, da cui è possibile dominare una ampia distesa di territorio, diventa ben presto oggetto delle lotte tra Pisa e Lucca. Dal XII secolo di proprietà degli Arcivescovi di Pisa, il Castello divenne nel 1230 dimora della potente famiglia pisana degli Upezzinghi. Divenuto a partire dal 1289 importante roccaforte di confine della Repubblica di Pisa è più volte assediato alle truppe della Repubblica di Firenze. Nel 1406 Firenze conquistò Pisa e con essa Lari, che elevò a capoluogo delle colline pisane. Il Castello divenne così dimora dei Vicari, governatori fiorentini e membri delle più nobili famiglie cittadine (Medici, Pitti, Peruzzi, Strozzi, Degl'Albizzi,...), che lo trasformarono nei secoli in una lussuosa residenza, atta ad ospitare i regnanti di Toscana (da Cosimo I Medici a Leopoldo II Asburgo).
Il Vicario larigiano estendeva il suo potere su un territorio molto vasto, che andava dalla costa tirrenica (da Vada, a sud, fino a toccare Livorno, a nord), alle podesterie di Palaia e Peccioli, ad est, mentre verso sud raggiungeva Riparbella ed a nord Pontedera. Per tutto il XV secolo, ogni volta che Pisa si ribellò a Firenze, Lari partecipò attivamente ai tentativi di ristabilire l'autonomia da Firenze. Per questo fu ripetutamente assediato, ma invano: quello di Lari mantenne fama di castello inespugnabile. Con il XVI secolo la cittadina è definitivamente nelle mani dei fiorentini, che provvedono a rafforzare ed abbellire il Castello. Grandi opere -tutt'ora esistenti- vennero intraprese tra '400 e '500: Francesco da San Gallo nel 1530 e David Fortini nel 1559 restaurarono le fortificazioni; le facciate sul cortile interno vennero decorate con stemmi commissionati ad Andrea (1435-1525), Andrea il giovane (1475-1548) e Giovanni della Robbia (1469-1529/30), Benedetto (1461-1521) e Santi Buglione (1494-1576).
All'interno furono realizzati numerosi affreschi (per i quali si fanno i nomi di Andrea da Pisa, di fine '400 e di frà Bartolomeo della Porta o.p.), le architravi furono pregevolmente ornate, una Madonna con Bambino venne realizzata da Andrea della Robbia su modello di Luca della Robbia per adornare la camera da letto del Vicario Alessandro Segni. Gli ampi locali del Castello furono abitazione dei Vicari fino al 1848, anno in cui questa carica fu abolita e rimpiazzata dal pretore. Il Castello fu quindi trasformato in Palazzo Pretorio, funzione che ha svolto fino al 1962.
Livorno
1421
Firenze acquista Livorno dai genovesi per 100.000 fiorini d’oro.
1423
Durante la signoria di Cosimo il vecchio de’ Medici, viene costruita di fronte a Livorno la Torre del Marzocco, dal nome Martocus, statua del dio Marte che si trovava su Ponte Vecchio a Firenze.
1458
Viene innalzata una seconda cinta di mura intorno al villaggio. Per Livorno comincia un periodo di prosperità.
1495
Assedio di Livorno da parte dei nemici di Firenze: un’alleanza formata da Pisa, Siena, Genova, Venezia, Milano e l’Imperatore d’Austria Massimiliano I. I livornesi innalzano un bastione e dopo una dura battaglia riescono a sconfiggere gli assedianti. I fiorentini riconoscenti costruiscono la Fonte del Villano, un monumento alla fedeltà e al coraggio dei livornesi, e donano loro uno stendardo bianco con la scritta "Fides". Lo stendardo verrà inserito nello stemma di Livorno.
1543
Cosimo I "il Grande"fa costruire a Livorno una nuova dogana, una fabbrica di ancore ed un arsenale marittimo. Il villaggio si popola di marinai, soldati e mercanti.
1550
Sull’area dell’antico villaggio, Cosimo I fa costruire la Fortezza "vecchia", che incorpora il Mastio e la Quadratura dei Pisani. La Fortezza ha quattro bastioni: uno è lo stesso Mastio, gli altri vengono chiamati Canaviglia, Ampolletta e Capitana. Inoltre Cosimo fa scavare il Canale dei Navicelli che collega Livorno a Pisa, ormai conquistata da Firenze e sostituita da Livorno come sbocco al mare del Ducato mediceo.
E’ ancora Cosimo I de’ Medici, Duca di Firenze e vero fondatore di Livorno, a far scavare intorno alla Fortezza il Fosso Reale, collegato con il Canale dei Navicelli, per scopi militari e commerciali. Viene eretta in questo periodo la Torre di Calafuria.
1562
Cosimo I istituisce l’Ordine di Marina Militare dei Cavalieri di Santo Stefano, per difendere le coste toscane dai pirati turchi, con base operativa nel porto di Livorno.
1571
Cosimo I, diventato Gran Duca, fa costruire un nuovo Porto di Livorno, creando un bacino fra la terraferma, il Fanale e la Fortezza vecchia.
1577
Il Granduca Francesco I, succeduto al padre Cosimo I, fa edificare all’artista Buontalenti la nuova città a pianta pentagonale, con appunto cinque bastioni difensivi, circondata dai Fossi e da mura cinque volte più grandi rispetto a quelle di Pisa. Inoltre fa costruire la Fortezza nuova e la piazza d’Arme (oggi piazza Grande).
1593
Ferdinando I, succeduto al fratello Francesco, emana la Costituzione Livornina: si tratta di bandi che concedono garanzie e privilegi fiscali a tutti i mercanti che si vogliono stabilire a Livorno con i loro capitali e le loro capacità.
1595
Viene realizzato il Duomo.
1603
Ferdinando I istituisce tre ordini di cittadini, Gonfalonieri, Anziani e Huomini, che a turno costituivano la magistratura civica livornese. Il Granduca fa costruire la via Ferdinanda (oggi via Grande), numerose chiese e le sei porte della Città. Viene costruito il Palazzo Granducale (oggi sede della Provincia).
1606
Livorno viene intitolata "Città", con a capo un Primo gonfaloniere nella persona di Bernardetto Borromei. Livorno estende il suo territorio ai comuni vicini: Rosignano, Vicarello, Lorenzana, Nugola e altri. Vincolo sui terreni di Livorno: l’acquisto è subordinato alla residenza in Città.
1610
Il figlio di Ferdinando, Cosimo II, fa erigere dal Bandini una statua del padre, in divisa di Gran Maestro dei Cavalieri di Santo Stefano, per celebrare le vittoriose lotte contro i barbareschi, nemici dei cristiani. I quattro mori in bronzo incatenati sotto la statua di Ferdinando I sono del Tacca. Cosimo II fa costruire anche il Molo Cosimo. Livorno ospita un’intera flotta di galee di Santo Stefano ed ha una propria moneta locale granducale, con il porto impresso su una facciata.
1618
Per volontà di Cosimo II, Livorno è porto franco: lo scalo è esente da tasse e gabelle, le merci depositate hanno una franchigia completa. La popolazione raddoppia e raggiunge le 9.500 unità.
1629
Ferdinando II, figlio di Cosimo II, fa costruire il nuovo quartiere "Venezia", detto Isola Ferdinanda, reclutando maestranze veneziane che collegano con vari ponti i 23 isolotti al di là del Fosso. Inoltre fa edificare il nuovo quartiere San Marco.
1643
La Città ha il suo stemma: un castello che sorge dal mare, sormontato dallo stendardo con la scritta "fides".
1647
Ferdinando II fa erigere il Forte San Pietro, tra la Fortezza vecchia e quella nuova, per difendere il quartiere Venezia.
1670
Cosimo III, successore di Ferdinando II, fa costruire la Porta San Marco e il Palazzo della Dogana (oggi sede della Camera di Commercio).
1700
Viene innalzato il Palazzo del Picchetto, sede del Reggimento Toscano.
1703
Cosimo III fa costruire, a picco sulla scogliera di Calafuria, il Castello del Romito (oggi detto Castel Sonnino).
1720
Viene realizzato il Palazzo Municipale (oggi sede del Comune).
1737
Muore senza eredi il figlio di Cosimo III, Giangastone. Con lui finisce la Dinastia dei Medici, che in 204 anni di governo ha trasformato Livorno da villaggio di pescatori in una splendida città rinascimentale con uno dei porti più importanti del Mediterraneo.
Cortona e il suo contado 1411
Romagna fiorentina
Montepulciano
Catasto 1427
LA BATTAGLIA DI ANGHIARI
POPPI nel Casentino
L’antica "Pupium", ricordata fin dal 1166, fu una delle sedi principali dei conti Guidi, feudatari del Casentino, di parte del Mugello e della Romagna.
Poppi e il suo castello
Versilia
SIENA
POGGIBONSI
Posto in una terra di antico insediamento al centro della Val d' Elsa e quasi baricentro della Toscana, Poggibonsi, nonostante vicende talora assai negative, è stato sempre avvantaggiato dalla sua felice posizione di nodo stradale. Il suo antenato medievale, Poggiobonizzo, che Giovanni Villiani nella sua cronica descrive come ".... uno dei più forti castelli d' Italia con belle mura e torri, con molte belle chiese e pieve e ricca badia e con bellissime fontane di marmo e accasato e abitato da genti, come una buona città ...", era allora sulla sommità del colle dove ora sono i resti della fortezza di Poggio Imperiale.
L' origine dell' insediamento va ricercata quel "Saint Michel Castellum" ricordato dall' itinerario percorso da Filippo II Augusto per tornare in Francia dalla terza Crociata nel 1191, cioè quel castello di Podium Marturi formatosi presso l' abbazia di San Michele Arcangelo (oggi al suo posto è un castello neogotico), riccamente dotata dal marchese Ugo nel 998. Ai piedi del colle era sorta la pieve di Santa Maria (di cui resta il campanile presso l' attuale Collegiata), attorno alla quale crebbe il borgo di Marturi, che sarà invece il nucleo rigeneratore dell' attuale Poggibonsi.
Il castello di Marturi, sul quale avevano signoria i conti Guidi, per esser divenuto un importante nodo stradale sul ramo nuovo della via Francigena, suscitò il risentimento di Firenze che, nel 1115 , lo assalì e lo distrusse. Qualche decennio dopo i conti Guidi, con l' aiuto dei Senesi, ricostruirono un nuovo castello sul Podium Bonizi, ma la sconfitta dello schieramento imperiale nella metà del XII sec. portava Firenze ad avere sul castello gli stessi privilegi di Siena. Nonostante dovesse giurare fedeltà ad entrambe le città, il nuovo castello , sfruttando abilmente la rivalità che costantemente le opponeva e raggiunto un accordo con gli altri importanti centri della Val d' Elsa organizzati in comune (Colle e
L’attuale centro storico di Poggibonsi corrisponde all’antico assetto urbanistico di Borgo Marturi, appartenente all’Abbazia e al Castello omonimi che lo sovrastano. Un borgo che, già ai primi del XII secolo, era divenuto un insostituibile "carrefour", viario sul più antico tracciato della Francigena, punto di passaggio obbligato ai confini fra gli stati di Siena, Volterra e Firenze e alla confluenza dei torrenti Staggia e Foci con il fiume Elsa. Tanto importante questa collocazione da provocare, nel corso dei secoli e a più riprese, distruzioni, rivolgimenti e disastri che hanno accompagnato a lungo la storia di questa città. Già nel 1115 l’esercito fiorentino occupò e distrusse il castello sovrastante costringendo i suoi abitanti ad emigrare nel borgo ai suoi piedi.. Una delle ragioni, questa, per la quale Guido Guerra dei Conti Guidi dette inizio, nel 1155, d’accordo con i senesi, ai quali riservava un ottavo dell’insediamento, alla costruzione di una nuova città sul poggio di Bonizio, di connotazione politica ghibellina, cioè opposta alla guelfa Firenze. La qual cosa non poteva lasciare indifferenti i fiorentini che, nel 1270, nel momento cioè di massima affermazione della nuova città, la distrussero, imponendo il divieto assoluto a reinsediarvisi. Nel 1313 l’imperatore Arrigo VII riaccese le speranze dei poggibonsesi, nel frattempo ritornati nel loro antico borgo, al quale avevano dato il nome di Poggiobonizio, dando inizio alla ricostruzione della città sul colle che, grazie a lui, si chiamerà Poggio Imperiale. |
Continuarono ancora a lungo le controversie con Firenze, conseguenti alla forte e pressante ingerenza dei senesi nelle loro cose di confine, sottolineate sempre da distruzioni, da abbattimenti di mura e fortificazioni anche nel nuovo, cioè ripristinato, insediamento del Piano, dove la comunità, dopo le tremende esperienze delle pestilenze che avevano ovunque decimato la popolazione, i nuclei familiari avevano ripreso ad espandersi.
Nel periodo che va dal 1340 al 1360 prendono vigore le istituzioni comunali attraverso gli statuti, così come avviene per gli altri Comuni limitrofi. Tuttavia con l’affermarsi della Signoria dei Medici a Firenze, anche Poggibonsi ne subisce pesantemente gli effetti, soprattutto in ragione delle sue rinnovate intese e ripristinati accordi con Siena e i Senesi; effetti che si concretizzano in demolizioni delle mura e delle fortificazioni (esercito di Papa Clemente VII nel 1529) e avranno termine con la definitiva sottomissione di Siena a Firenze.
Una sottomissione che aveva tuttavia convinto Lorenzo de’ Medici dell’opportunità di far costruire dal Sangallo la grande Fortezza di Poggio Imperiale, la cui inutilizzazione per altro sembrò aprire le porte a speranze di pace di più a lungo periodo. Iniziava così la cosiddetta Era moderna... Ma né la dominazione spagnola del Seicento né il consolidarsi del regno dei Lorena nel secolo successivo portarono a Poggibonsi granchè di nuovo se non gli echi delle prime esperienze industriali in Toscana. Un buon quarto dell’Ottocento poggibonsese è caratterizzato poi dall’occupazione francese, dal lento diffondersi delle idee della Rivoluzione, e in qualche misura, dalla attesa della nostra unificazione politica, che produrrà qualche favorevole effetto sociale ed economico con Firenze Capitale.
Ma è il Novecento, il secolo che sta per concludersi, che ha fatto registrare i più profondi cambiamenti della città degli ultimi seicento anni: un più moderno assetto urbanistico dei primi anni, con il libero accesso al centro, sottratto al vincolo delle mura di cinta e delle porte; la nascita di una intensa attività commerciale e industriale con l’esportazione del Vino Chianti e con la conseguente intensa produzione Vetraria, la distruzione pressoché totale della città sotto oltre 50 bombardamento aerei, con rovine e morte, dal dicembre '43 all’aprile '44; la ricostruzione un po' caotica della città, sotto la sferza dell’emergenza, la nascita e la prodigiosa affermazione di uno dei poli industriali più importanti della regione; il miracolo economico degli anni Cinquanta e Sessanta, con il conseguente massiccio fenomeno dell’inurbamento, che trasformò socialmente e strutturalmente la città.
Nata come "Podium Bonitii", in un territorio appartenuto all’Abbazia e al Castello omonimi che la sovrastano, l’odierna Poggibonsi è una cittadina del senese che vanta una popolazione di 27 mila abitanti in continua crescita. Situata lungo la Via Francigena, luogo di confluenza tra gli stati di Firenze, Volterra e Siena, ed i fiumi Staggia, Foci ed Elsa, Poggibonsi è stata sin dal Medioevo un importantissimo "emporio", tanto che ancora oggi il commercio rappresenta di gran lunga l’attività economica prevalente. L’odierno centro storico sorge sui resti di quello che un tempo era Borgo Marturi, luogo di tante aspre battaglie e di continue distruzioni, a cominciare da quella del 1115; in quest’epoca l’esercito fiorentino diede assalto al Castello, costringendo gli abitanti alla fuga verso il borgo sottostante.
Nel tentativo di mettere fine ai continui disfacimenti, il Conte Guido Guerra della famiglia dei Guidi stipulò un accordo con Siena ghibellina, che s’impegnò a costruire una nuova città sul poggio di Bonizio. Gli accordi intercorsi tra le due città provocarono la reazione della guelfa Firenze che, nel 1270, rase al suolo il nuovo centro, impedendone la ricostruzione. Gli abitanti, trasferitisi nell’antico borgo grazie all’intervento dell’Imperatore Arrigo VII, diedero nuovamente inizio alla costruzione di quella che sarà poi chiamata Poggio Imperiale.
Con l’affermarsi dei primi comuni, anche Poggibonsi cominciò ad usufruire di un proprio statuto; ciò non impedì a Firenze, rinvigorita dall’ascesa al potere della famiglia dei Medici, di cercare di assoggettare al proprio controllo la città che, ancora una volta, si era alleata con Siena. L’azione fiorentina si concretizzò nuovamente con atti vandalici che portarono alla distruzione delle mura cittadine, atti che cessarono solo alla definitiva sottomissione di Siena a Firenze.
Il XVII secolo fu caratterizzato dalla dominazione francese e dalla diffusione delle idee rivoluzionarie, ma la vera evoluzione per Poggibonsi avvenne nel corso del 1900, un secolo caratterizzato da profondi mutamenti nell’ambito dell’urbanistica e da una notevole svolta nel settore commerciale; quest’ultimo continuò ad essere una delle maggiori fonti di ricchezza, grazie anche all’esportazione vinicola del Chianti ed alla produzione e vendita del vetro. Durante la Seconda Guerra Mondiale Poggibonsi fu teatro di massicci bombardamenti che portarono alla completa distruzione del paese, seguita da una rapida e caotica ricostruzione e, nel corso degli anni ’50 e ’60, dalla rinascita dell’economia e dal conseguente ripopolamento del centro urbano.
Il gran numero di aziende dislocate nel territorio (oltre 3.000 unità locali, oltre 2.600 piccole e medie imprese, più di 900 aziende artigiane) fanno di Poggibonsi una meta importante per chi è in cerca di un’occupazione. I maggior guadagni vengono dall’industria meccanica (specializzata nella fabbricazione di macchinari per la lavorazione del legno), dall’elettronica (legata alla produzione di componentistica utilizzata poi nelle missioni spaziali) e dalle aziende artigiane (che tuttora si occupano prevalentemente della confezione di oggetti in vetro). A completamento di questa florida realtà economica è funzionante anche il Centro di Formazione Nuove Tecnologie, che fornisce alla regione Toscana e all’intero paese tecnici specializzati nel settore dell’artigianato. Negli ultimi anni Poggibonsi si è riscoperta città turistica, ospitando annualmente numerosi visitatori che vanno ad accrescere i profitti delle molte aziende agrituristiche locali.
CERTALDO
Palazzo Pretorio di Certaldo (FI)
Interno del Palazzo Pretorio
Le notizie relative ai Vicari , la bellissima fotografia dello stemma di Bernardo di Francesco e le notizie relative mi sono state fornite dal dottore architetto
Filippo Gianchecchi( autore di una tesi di laurea legata al Palazzo dei Vicari )
La tesi di laurea è dell'Università di Firenze, facoltà di architettura, dipartimento di restauro e conservazione dei beni architettonici.
Il titolo è "Il palazzo Vicariale di Certaldo: un edificio pubblico attraverso modifiche, trasformazioni e restauri" dott. arch. Filippo Gianchecchi,
Relatrice Prof. Arch. Daniela Lamberini
la fotografia dello stemma proviene ovviamente dal Palazzo Vicariale di Certaldo (FI)
Per Certaldo è stato pubblicato l'elenco dei Vicari nella Miscellanea Storica della Valdelsa. Dovrebbe essere :
Cioni, Michele, Ricordi del Vicariato di Certaldo / M. Cioni. - Castelfiorentino : Società Storica della Valdelsa, 1906.
Tra i Vicari due Carnesecchi :
Bernardo di Francesco Carnesecchi fu Vicario della Val d'Elsa e della Val di Pesa per conto della Repubblica Fiorentina a Certaldo nel 1501
Giovanni di Mariotto Carnesecchi fu Vicario della Val d'Elsa e della Val di Pesa per conto della Repubblica Fiorentina a Certaldo nel 1505
Di Bernardo di Francesco Carnesecchi rimane l'affresco dello stemma di Giovanni di Mariotto no
Importanti le imprese nell'inquartatura dello sfondo circolare : nei cartigli si leggono le frasi mutile: "SVPRIS DEV[...]S[...]T" e nel secondo: "[...]PRIS [...]S RES[...]T
Questo stemma presenta la stranezza delle bande argentate anziche' dorate |
Forumista IAGI pseudonimo Fra Eusanio : L'accuratezza del manufatto induce ad escludere l'errore dell'artefice.
Dr. arch. Filippo Gianchecchi : Sicuramente almeno uno di cui sono a conoscenza e molto recente (2002) e molto pesante, tanto più che nella foto di prima dei restauri non si legge affatto nemmeno la scritta circolare dello stemma) delle due parti, tanto che il rocco (su cui tre anni fa si vedevano ancora tracce di oro) è stato ricolorato d'oro; mentre le bande (totalmente acrome) sono state lasciate bianche e quindi appaiono d'argento .
|
Bernardo di Francesco di Berto Carnesecchi ( era figlio di un Gonfaloniere di Giustizia ) fu :
1495 Priore veduto ma non seduto
1499 Priore
1495 Gonfaloniere di compagnia veduto ma non seduto
1510 gonfaloniere di compagnia
1497 Buonuomo
Giovanni di Mariotto Carnesecchi per cio' che io so non occupo' alcuna carica nei tre maggiori
SAN GIOVANNI VALDARNO
Tra i Vicari due Carnesecchi :
l'informazione e' stata tratta da il libro del Prof. Luigi Borgia "Gli stemmi del Palazzo di Arnolfo'",.
E segnalata dal moderatore del Forum di araldica dello IAGI "fra Eusanio da Ocre"
Ho notizia di un altro Carnesecchi
3) Giovan Battista di Zanobi Carnesecchi Vicario
(1628 ago. 20 - 1629 feb. 19)
PESCIA
Egregio signor direttore Archivio di Stasto di Pescia dr Vivoli
Ho bisogno del suo aiuto …………………………
Le ho scritto per chiederLe
1 se esiste un elenco dei Vicari fiorentini di Pescia e se Lei puo' fornirmelo ?
2 Se possiede notizie sui Carnesecchi nel suo Archivio
Con riferimento alla Sua richiesta Le comunico che nella pubblicazione curata da M. Cecchi e E. Coturri, "Pescia e il suo territorio" (Pistoia, Tip. Pistoiese, 1961) è riportato un elenco dei vicari e dei podestà, da cui risulta appunto
Zenobio di Berto Carnesecchi vicario nel 1402, ma anche Zanobi Carnesecchi (forse lo stesso) podestà nel 1384, Piero di Simone Carnesecchi vicario nel 1473 e almeno altri quattro Carnesecchi vicari a Pescia tra il 1509 e il 1528, per non andare oltre. Per uno di questi ultimi quattro, gli unici dei quali è ancora conservata la documentazione nella Sezione di Archivio di Stato di Pescia, dal momento che la più antica è andata distrutta nel corso dell'Ottocento, e per l'esattezza per Bernardo di Francesco Carnesecchi del 1509, c'è una filza degli Atti con lo stemma sulla coperta, sugli stemmi dei vicari pesciatini è in corso di pubblicazione uno studio di Vanessa Gabelli che dovrebbe essere pubblicato nel bollettino "Valdinievole-Studi storici" pubblicato dall'Istituto Storico Lucchese, sezione Valdinievole. Per quanto riguarda i vicari del XIV e XV secolo, dei quali non è come detto conservata la documentazione, forse potrebbe esserci qualche citazione nelle Deliberazioni dell'Archivio del Comune per le quali andrebbe fatta una ricerca specifica in loco. La Sezione di Archivio di Stato di Pescia è aperta tutti i giorni dalle ore 8.45 alle ore 13.45, il mercoledì fino alle ore 18.45 cfr. http://archivi.beniculturali.it/SASPESCICordiali saluti
Il Direttore
Dr. Carlo Vivoli
Archivio di Stato 51100 PISTOIA
La cortesia non e' una virtu' che s'incontra facilmente , su dieci e mail che spedisco a meno della meta' ricevo risposta .
Ringrazio il dr Carlo Vivoli e i suoi collaboratori
Dalla lettura del libro "Pescia e il suo territorio"
Ricavo i seguenti dati : fino al 1424 vi sono due cariche distinte Podesta' e Vicario. Dal 1425 la carica di Podesta' viene riunita con quella di Vicario.
Fino al giugno del 1606 la carica di Vicario e' semestrale dal Luglio 1606 la carica diventa annuale.
I Carnesecchi in carica
1384 |
Zanobi Carnesecchi |
Podesta' |
1402 |
Zenobio di Berto Carnesecchi |
Vicario |
1473 |
Piero di Simone Carnesecchi |
Podesta' e Vicario |
1509 |
Bernardo di Francesco Carnesecchi |
Podesta' e Vicario |
1520 |
Simone di Pietro Carnesecchi |
Podesta' e Vicario |
1521 |
Bernardo di Andrea Carnesecchi |
Podesta' e Vicario |
1528 |
Bartolomeo di Piero Carnesecchi |
Podesta' e Vicario |
1613 |
Pierfrancesco del sen Cristoforo Carnesecchi |
Podesta' e Vicario |
1630 |
Giovanni Battista di Zanobi Carnesecchi |
Podesta' e Vicario |
|
|
|
Mi lascia fortemente perplesso quel Zanobi Carnesecchi Podesta' nel 1384 , che stante le mie genealogie e' il medesimo individuo di Zenobio di Berto Carnesecchi del 1402 ( vedi lettera Datini )
Non mi risulta che gia' dal 1384 i Carnesecchi fossero cosi cognominati
Ritengo possa trattarsi di un attribuzione di cognome cioe' di un individuazione a posteriori dove ad una persona non ancora cognominata viene assegnato un cognome che assumera' solo molto tempo dopo o che addirittura assumeranno i suoi discendenti
Non ho per il momento modo di consultare il libro per vedere se esistono elementi chiarificatori
E' un libro del 1961 per cui non posso nemmeno tentare il contatto con gli autori
Certo che se fosse vero che gia' dal 1384 i Grazini si fossero cognominati Carnesecchi ……………………………………….
Giustamente il dr Vivoli suggerisce :
Come Le scrivevo le notizie sono ricavate dal libro in questione e dalle ricerche effettuate dagli autori, peraltro non sempre documentate chiaramente, tuttavia un ulteriore strumento di prova per confermare la veridicità dell'elenco
può essere rappresentato dai registri degli "ufficiali estrinseci" dell'Archivio delle Tratte, conservato presso l'Archivio di Stato di Firenze
Vicari di nome Carnesecchi a San Miniato
1491-01-09 / 1491-07-08
1565-04-21 / 1565-10-20
http://www.archiviosanminiato.org/archivio/inve/Vicariato/crim1.html
http://www.archiviosanminiato.org/archivio/inve/Vicariato/civili1.html
A proposito dei Carnesecchi fiorentini ricevo dall'amico Roberto Segnini :
Dal libro di
MARIA PIA MANNINI, Gli stemmi dei Podestà e commissari di Prato-Museo civico di Prato-Quaderni di Storia e Arte n.2, Comune di Prato, Pacini editore, 1989.
Bibliografia di riferimento:
G. GUASTI,"Serie di alcuni Podestà, Capitani di Giustizia,Commissari e Vicari regi risieduti in Prato dal 1240 al 1800.
A.S.P miscellanee. Memorie di Notai, Podestà, e Vicari regi di Prato, cart.2 fasc. 1, cc. 129-155 (Misc).
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Anno 1412 Marco di Jacopo Ghinetti (misc. c. 134 - Guasti p. 46)
Cristofano di Berto Carnesecchi ( misc. c. 134 ; Guasti p. 46)
Frammenti di arme dipinta con scritta:
<<XPOFORI – BTI >> (CARNESECCHI)
Arme: troncato; nel primo bandato d’oro e d’azzurro nel secondo d’azzurro ad un rocco d’oro (riferibile a Carnesecchi Cristoforo di Berto, eletto nel 1412).
Lo stemma si vede malissimo.
PISTOIA
Palazzo Pretorio di Pistoia
Sulla facciata del palazzo pretorio di Pistoia figurano , riferibili ai Carnesecchi
uno stemma ( sotto il quale vi e' una lapide attribuibile alla famiglia Sacchetti )
una lapide del
senatore Francesco di Bartolomeo Carnesecchi che fu commissario generale nel 1667-1668 penso si tratti in realta' del senatore Francesco di Giovanbattista di Zanobi Carnesecchi
Queste informazioni le debbo a Stefano Mari che le ha tratte dal libro
Dario C.Berni
Gli stemmi del Palazzo Pretrorio di Pistoia
Gli Ori Storia.
Francesco di Giovanbattista di Zanobi Carnesecchi |
(1617 1691) |
Senatore eletto nel 1663 |
MONTALE
Conosco solo :
Anno 1500 Mariotto Carnesecchi podesta' di Montale
Unusual crest, from the Palazzo Pretorio, Arezzo. Arms of Carnesecchi (dry meat!): Azure a rook or and a chief bendy or and of the field (1482).
http://www.heraldica.org/topics/national/italy/touring2.htm
Vicari fiorentini divisi per famiglie :
Alberti 1 Aldobrandini 1 Alessandri 1 Altoviti 2 Ambrogi 1 Ammannati 1 Anselmi 1 Arrighetti 2 Arrighi 1 Arrigucci 2 Baldi 1 Balduccio 1 Banchi 1 Barbadori 1 Barghini 1 Baroncini 2 Bartoli 4 Bati 1 Belcari 1 Benci 3 Benizi 1 Benozzi 1 Bernardi 1 Biliotti 2 Bonci 1 Boninsegni 1 Bonsi 3 Bonvanni 1 Borgognoni 1 Borsi 1 Brancacci 1 Bruni 1 Bucelli 1 Busini 2 Caccini 1 Caffarelli 2 Canigiani 3 Capponi 4 Carducci 1 Carnesecchi 4 Casini 1 Castellani 1 Cavalcanti 1 Ceffi 1 Ceffini 1 Centellini 1 Cerretani 1 Cherichini 1 Chiari 1 Ciacchi 2 Ciachi 1 Ciai 1 Ciampelli 1 Cicciaporci 1 Corbinelli 2 Corsini 2 Cortigiani 2 Cresci 1 da Filicaia 2 da Verrazzano 2 de Nobili 2 de' Pazzi 1 degli Albizi 3 del Benino 1 del Bugliaffo 1 del Forese 1 del Soldato 1 del Tovaglia 1 del Zacheria 1 della Badessa 1 della Rena 1 della Stufa 1 della Tosa 1 dello Scelto 1 Deti 2 Dietisalvi 1 Dini 1 Donati 2 Duranti 1 Fagioli 1 Falconi 2 Federighi 1 Fronti 1 Gianfigliazzi 1 Giani 1 Gianni 2 Ginori 1 Giugni 2 Gualterotti 1 Guidetti 1 Guidotti 2 Guiducci 1 Iacopi 1 Lapaccini 1 Lippi 1 Lotti 1 Macchiavelli 1 Malegonnelle 1 Martelli 1 Masi 1 Mazzinghi 1 Medici 1 Michelozzi 1 Michi 1 Migliorotti 1 Minaiti 1 Minerbetti 1 Monti 2 Morelli 1 Mori 1 Muzi 1 Nardi 2 Nerini 1 Oricellai 1 Orlandi 1 Orlandini 1 Ottavanti 1 Pagnini 1 Parenti 1 Pepi 2 Peri 1 Pieri 1 Pitti 3 Popoleschi 2 Portinari 1 Pucci 2 Puccini 1 Quaratesi 1 Raugi 1 Redditi 1 Ricci 3 Riccialbani 1 Ridolfi 6 Rinaldi 1 Risaliti 1 Rucellai 2 Sacchetti 2 Salomei 1 Salviati 3 Salvucci 1 Sapiti 1 Sassolini 1 Scarfa 1 Scarlatti 1 Scarlattini 1 Scodellari 1 Segni 2 Serragli 1 Serristori 1 Signorini 1 Spinelli 3 Strada 1 Stradi 1 Strozzi 6 Tagliamchi 1 Tei 1 Tucci 2 Ubaldini 1 Ubertini 1 Unganelli 1 Valori 1 Vecchietti 1 Vespucci 1 Vettori 3 Vezzano 1 Villani 2 Zati 2
Sono 4 i Carnesecchi :
Manetto di Zanobi Carnesecchi, 1443
Francesco di Berto di Zanobi Carnesecchi, 1461
Giuliano di Simone Carnesecchi, 1481
Antonio di Paolo di Antonio Carnesecchi, 1523
Fatto salva la presenza di Matteo di Manetto Di Zanobi nel 1482
Elenchi per anno :
Iacopo di Geri Risaliti, 1386 |
Francesco di Giorgio Canigiani, 1401 Bartolomeo di Lorenzo di Totto Gualterotti, 1443 Piero di ser Andrea di Guiglielmino de' Pazzi, 1444 Bartolomeo di Giovanni Giani linaiolo, 1444 Zenobi di Piero di Zenobi Marignolli, 1445 Niccolò di Francesco Busini, 1445 Mariano di Stefano di Neri Duranti forbiciaio, 1446 Scolao di Tommaso di Scolao Ciachi, 1446 Alessandro di Filippo Macchiavelli, 1447 Agabito di Ardingo di Ugocciozzo Ricci, 1447 Geri di Maso di Geri della Rena, 1448 Benci di Niccolò di Paolo Benci, 1448 Filippo di Brancaccio Rucellai, 1449 Zenobi di Clemente Guidotti, 1449 Iacopo di Giovanni di messer Forese Salvtiati, 1450 Rosso di Matteo di Niccolò Cerretani, 1450 |
Bartolomeo di Buonsignore Spinelli, 1451 Bartolomeo di Giovanni di Piero di Bartolomeo Scodellari, 1462 Antonio di Bernardo di Miniato Dini, 1462 Larione di Iacopo di Bartolo Ciacchi, 1463 Cece di Fruosino di Cece da Verrazzano, 1463 Marsilio di Bernardo di Vanni Vecchietti, 1464 Piero di Niccolò di Piero Popoleschi, 1464 Stagio di Lorenzo di Stagio di Barduccio Ottavanti, 1465 Antonio di Simone di Antonio Canigiani, 1465 Marco di Iacopo di Iacopo del Zacheria coltriciaio, 1466 Simone di Amerigo di Bartolo Zati, 1466 Simone di Filippo di Simone Lippi, 1466 Piero di Mariotto di Francesco Segni, 1467 Andrea di Francesco di ser Andrea corazzaio, 1468 Bartolomeo di Filippo di Bartolomeo Valori, 1468 Tommaso di Simone di Francesco Guiducci, 1469 Lorenzo di Bernardo di messer Lorenzo Ridolfi, 1469 Apollonio di Biagio di Niccolò Monti, 1470 Zaccheria di Giovanni di Zaccheria Iacopi, 1470 Niccolò di messer Donato di Niccolò di Cocco Donati, 1471 Francesco di Roberto di Bonacorso Pitti, 1471 Malatesta di Antonio di Silvestro Serristori, 1472 Lodovico di Antonio di ser Tommaso Masi, 1472 Girolamo di Antonio di Niccolò Martelli, 1473 Francesco di Schiatta di Umberto Ridolfi, 1473 Piero di Tommaso di Domenico Fagioli, 1474 Geri di Maso di Geri della Rena, 1474 Bindaccio di Domenico Boninsegni, 1475 Luigi di Bonacorso di Neri Pitti, 1475 Francesco di Piero di Bencivenne Scarfa, 1476 Nicola di Piero di Bartolomeo Capponi, 1476 Alberto di Iacopo di Giovanni Villani, 1477 Tommaso di Marco di Tommaso Bartoli, 1477 Corso di Maso di Geri della Rena, 1478 Giovanni di Francesco di Lorenzo Spinelli, 1478 Niccolò di Andrea Giugni, 1479 Carlo di Niccolò di Guccio de Nobili, 1479 Mariano di ser Antonio di Mariano Muzi, 1480 Niccolò di Piero di Silvestro Nardi, 1480 Coppo di Guido Caffarelli, 1481 Giuliano di Simone Carnesecchi, 1481 Francesco di Giuliano di Giovenco Medici, 1482 Francesco di Giovanni di Arrigo Arrigucci, 1482 Neri di Gino di Neri di Gino Capponi, 1483 Niccolò di Paolo di Niccolò di Paolo Bonci, 1483 Piero di Carlo di messer Ristoro Canigiani, 1484 Roberto di Giovanni di Federigo Ricci, 1484 Nicola di Bernardo di Piero Vespucci, 1485 Lorenzo di Giovanni di Iacopo Villani, 1485 Niccolò di Matteo di Niccolò Sacchetti, 1486 Andrea di Gamberino di Andrea del Soldato, 1486 Piero di Giovanni di messer Bartolomeo Orlandini, 1487 Bernardo di Matteo di Marco Bartoli, 1488 Giovanni di Lorenzo di Giovanni Centellini, 1488 Giovanni di Roberto di Giovanni degli Albizi, 1489 Alessandro di Piero di Niccolò da Filicaia, 1489 Rinaldo di Borgo Rinaldi, 1490 Iacopo di Francesco di Iacopo Monti, 1490 Puccio di Francesco di Puccio Pucci, 1491 Carlo di Cece di Fruosino da Verrazzano, 1491 Lorenzo di Giovanni di Silvestro Popoleschi, 1492 Tommaso di Iacopo di Guidetto Guidetti, 1492 Filippo di Francesco di Giannozzo Alberti, 1493 Schiatta di Niccolò di Schiatta Ridolfi, 1493 Andrea di Lorenzo di Ceffo di Masino Ceffi, 1494 Francesco di Giovanni di Baroncino Baroncini, 1494 Iacopo di Neri di Niccolò del Benino, 1495 Lodovico di messer Tommaso di Guidone Deti, 1495 Cherichino di Matteo di Giovanni di Barduccio Cherichini, 1496 Lorenzo di Luca di Lorenzo Salvucci, 1496 Girolamo di Marco di Luigi Bartoli, 1497 Carlo di Geri di Iacopo Bartoli, 1497 Francesco di Giovanni di Aderardo Portinari, 1497 Giovanfrancesco di Benedetto di Benedetto Lapaccini, 1498 Migliorotto di Manetto Migliorotti, 1498 Niccolò di Feduccio di Niccolò Falconi, 1499 Giovanni di Luigi Vettori, 1499 Giovanni di Bernardo di Paolo Lotti, 1500 Bartolomeo di Lapo di Piero del Tovaglia, 1500 |
Carlo di Giovanni di Bartolo Stradi, 1501 Giovanni di Alessandro Falconi, 1523 Leonardo di Francesco di Niccolò Benci, 1524 Giovanni di Antonio di Domenico Giugni, 1524 Lorenzo di Angelo di Lorenzo Carducci, 1525 Marco di Pietro di Marco Parenti, 1525 Giovambattista di Simone di Antonio Benozzi, 1526 Niccolò di Bernardo di Niccolò Ciampelli, 1526 Bartolomeo di Berto di Francesco da Filicaia, 1527 Lorenzo di Iacopo di Lorenzo Aldobrandini, 1527 Raffaele di Gentile di Oddo Altoviti, 1528 Antonio di Bernardo di Antonio Sapiti, 1528 |
L'elenco e' tratto da " Names from Arezzo, Italy, 1386-1528" by Sara L. Friedemann (Aryanhwy merch Catmael) che non sono riuscito a contattare
L'elenco credo vada ricontrollato !!!
Mariano di Stefano di Neri va corretto come sappiamo in Mariano di Stefano di Nese di Durante
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Commissario: Cristoforo Carnesecchi. 161. [ 287 ]. 1592 set. - 1593 ago. ...
Commissario: Cristoforo Carnesecchi. 167. [ 293 ]. 1597 set. - 1598 ago. ...
Commissario: Francesco Carnesecchi.
Carnesecchi Vicari e Podestà di Lari
anno |
semestre |
carica |
nome |
cognome |
note |
1455 |
primo |
vicario |
Simone di Paolo |
Carnesecchi |
- |
1478 |
secondo |
Potesta' |
Paolo di Antonio |
Carnesecchi |
|
1549 |
secondo |
vicario |
Simone d' Andrea |
de' Carnesecchi |
- |
1586 |
secondo |
vicario |
Cavaliere Raffaello di Leonardo |
Carnesecchi |
- |
1618 |
primo |
vicario |
Giovanni di Giovanni |
Carnesecchi |
- |
L'elenco dei vicari è tratto dal libro "Lari Vicariato e Podesteria delle Colline Pisane" trascrizione a cura di Benozzo Gianetti dell'"Odeporico o sia itinerario per le colline pisane" di Giovanni Mariti, edito da CLD
Stemma di Simone di Andrea Carnesecchi Vicario di Lari nel 1549
( debbo questa illustrazione al sig Giovanni Bacci dell'associazione culturale " Il Castello " )
Stemma di Giovanni di Giovanni Carnesecchi Vicario di Lari nel 1618
( debbo questa illustrazione al sig Giovanni Bacci dell'associazione culturale " Il Castello " )
Giovanni Bacci
Tutte le notizie su Lari , il castello , i Vicari sono tratte dal sito http://www.castellodilari.it/italiano/castello.shtml
Vedi nelle note in fondo alla pagina alcuni cenni all' Associazione culturale Il Castello
Ricevo dall'Archivio di Stato di Livorno :
Volendo quindi individuare tracce dell’insediamento di una determinata famiglia, si cercano vie traverse in altri fondi documentari da valutare caso per caso.
Nel corso della ricerca sui Carnesecchi, per esempio, si è consultato il "repertorio antico" dei possessori di decima (Decima n.42, 1646-1772)e ultimamente anche il "Catalogo dei cittadini livornesi decorati con pubbliche dignità e gradi e degli ammessi alla semplice cittadinanza" (Comune preunitario n.1684…),
con esito negativo.Noi non conserviamo documentazione anagrafica (eccetto copie dello Stato Civile dal 1866 che per il momento sono inaccessibili in quanto inscatolate e conservate in un magazzino a Perugia) per cui in genere si indirizzano i richiedenti presso la Curia Vescovile e presso il Comune di Livorno (segnalazioni@comune.livorno,it) per il periodo successivo al 1866; questa potrebbe essere una via per verificare se c’è stato un insediamento dei Carnesecchi nel periodo che le interessa.
Nella precedente risposta non avevamo indicato il capitano fiorentino, in quanto a seguito delle sue richieste ci eravamo orientati nel senso della verifica circa una presenza stabile e non episodica di famiglie Carnesecchi nel tessuto cittadino.
Rodolfo Carnesecchi di Firenze
e' nel 1551 1552 Capitano e commissario della terra e del porto di Livorno e sara' l'unico di questa famiglia
Ricevo dall'Archivio di stato di Livorno questo prezioso materiale che penso possa essere utile anche ad altri
Io voglio ringraziare in modo particolare il Direttore dell'Archivio dottoressa SERAFINA BUETI
Perche' mi ha sempre mostrato in maniera tangibile una grande disponibilita'
ed inoltre ha dato risposta ai miei quesiti con estrema serieta' e competenza
Io voglio attraverso , l'unico strumento che , queste poche righe , ringraziarla e con Lei tutti i suoi collaboratori
A seguito della sua richiesta del 14 aprile 2005 le inviamo la Lista dei Capitano poi Governatore poi Auditore Vicario:
Lodovico di Castello Corsini di Firenze, capitano 1550
Capitano e commissario:
Rodolfo Carnesecchi di Firenze, 1551-1552
Francesco di Luca di Francesco degli Albizi di Firenze, 1552
Ridolfo di Giov Francesco Ridolfi, 1553
Lorenzo di Piero Davanzati, 1554-1555
Antonio di Conte de’ Mozzi, 1556-1557
Francesco di Leonardo Boninsegni, 1557-1558
Iacopo di Pietro de’ Nerli di Firenze, 1559-1560
Antonio Corbinelli, 1560-1561
Girolamo di Taddeo de’ Lucci 1561-1562
Giovan Battista Canigiani 1562-1563
Bartolomeo Ugolini di Firenze 1563-1565
Bernardo Baroncelli 1565-1566
Giovanni Compagni 1566-1567
Francesco Pitti 1567-1568
Andrea di Tommaso Minerbetti 1568-1569
Filippo di Antonio Corbizi 1569-1570
Giuliano Giocondi del Giocondo 1570-1571
Carlo Bonaccorsi 1571-1572
Bernardo Baroncelli 1572-1573
Bernardo di Lutozo Nasi 1573-1574
Pietro Salvetti 1574-1575
Lanfredino Lanfredini 1577-1578
Giovanni Dini 1578-1579
Lelio Bonzi 1580-1581
Ramonino Manelli 1581-1582
Leone de’ Medici 1582-1583
Bernardo Rabatti 1583-1584
Bastia Borgianni 1583-1585
Bartolomeo Bandinelli 1587-1588
Pietro di Tommaso Salvetti 1588-1589
Lelio Bonsi 1589-1590
Ilarione Buonguglielmi 1590-1591
Ottaviano Conti 1591-1592
Rinieri Soderini 1592-1593
Donato di Donato Rondinelli 1593-1594
Antonio Martelli 1594-1602
Dal 1595 il capitano giusdicente fu sostituito da un governatore civile e militare, che dal 1634 si avvalse della collaborazione di un auditore di governo che dalla seconda metà del Settecento rimase l’unico amministratore della giustizia con il titolo di auditore vicario. (in fotocopia a parte la lista dei governatori)
Segue la lista degli Auditori:
Bartolommeo Martini 1781-1789
Bernardo Lessi 1790-1791
Angiolo Felici 1792-1795
Leonardo Frullani 1796-1798
Giovanni Alliata 1799-1801
Ranieri Benvenuti 1801
Michele Niccolini 1802-1806
Pietro Mazzini 1806-1808
Di tutti questi personaggi noi conserviamo gli atti civili, che costituiscono una serie dell’archivio del Capitano poi governatore poi auditore vicario, in queste carte non si trovano indicazioni relative alla persona e alla famiglia.
Mi e' stata anche inviata dall'Archivio di Stato di Livorno la lista dei Governatori di Livorno che inserisco nelle note di questa pagina
Castello di Lamole
"Voliamo che subito, alla hauta della presente, si mandi Jacopo Carnesecchi colla sua compagnia di fanti al Castello di Lamole per guardia di quello luogo"
29 luglio 1478
La lista dei Vicari fiorentini a Poppi e' consultabile sul lavoro del dr .Bicchierai
Dr Marco
Bicchierai…………….Poppi dalla signoria dei conti Guidi al vicariato del Casentino (1360-1480)http://www.storia.unifi.it/dotmed/ricerche/tesi/Bicchierai.htm
DR MARCO BICCHIERAI :
A quanto ne so non ci sono liste edite affidabili complete dei vicari del Casentino. Per il mio lavoro ho dapprima visto gli appunti dell'abate Goretti Miniati del secolo scorso (conservati alla Biblioteca Rilliana di Poppi) a sua volta presi da eruditi seicenteschi. Ma ho ritenuto poi opportuno confrontarli e correggerli con quanto emergeva dal fondo delle Tratte dell'Archivio di Stato di Firenze (dove sono indicati i sorteggiati a ricoprire ogni ufficio interno o esterno della Repubblica fiorentina). La lista di lavoro che ne ho ricavata arriva fino al 1500, ed è il file che le allego. I nomi sono mantenuti nella forma latina della fonte. M.B.
DR MARCO BICCHIERAI :
La mia tesi dovrebbe essere finalmente pubblicata da Olschki a settembre (settembre 2005 )
Dalla lista fornitami dal dr Bicchierai risultani i seguenti vicari dei Carnesecchi :
Amerigus Simonis Pauli Becti Carnesecchi 6 dec. 1476- 5 iunii 1477
Paulus Simonis Pauli de Carnesecchi 1 mar.1482
Stemma segnalato da Stefano Mari
Matteus Manetti Zenobii de Carnesecchis
23 nov 1499- 22 mai 1500
Andrea Carnesecchi 1530
Stemma segnalato da Stefano Mari
Giovanni di Luca Carnesecchi 1568
stemma segnalato da Stefano Mari
Per darti una notizia in breve nel comune di Poppi all'interno del castello e precisamente nella sala del consiglio e' presente lo stemma dei Carnesecchi,
( Ilio Carnesecchi )
Fotografia fornita da Ilio Carnesecchi
ASF, Tratte, 984, cc. 32- ; 985, c. 25
Vicarii Casentini et Puppii cum uno milite socio notario, uno alio notario, quattuor domicellis, otto famulis, tribus equis, cum salario libr. Mille quadrigentis f.p. solvedarum per dictum vicariatum primi ordinis
Dominicus Francisci de Sapitis 21 apr. 1441
Laurentius Lapi Nicholini 21 ott. 1441
Franciscus Niccolai Andree del Benino 21 apr. 1442
Johannes domini Foresis Salviati 21 ott. 1442
Gentile magistri Tomasi del Garbo 21 apr. 1443
Leonardus Francisci Ventura 21 ott. 1443
Loysius Pieri domini Loysii Guicciardini 21 apr. 1444
Dominicus Leonardi Boninsegne 21 ott. 1444
Rubertus Bonacursii Nerii Pitti 21 apr. 1445
Antonius domini Andree Guglielmini de Pazzis 21ott. 1445 (annullata il 3 novembre)
Laurentius Andree domini Ugonis de Stufa 8 dec 1445
dominus Pierus Leonardi Bechanugi 8 iunii 1446
Johannes Antoni Filippi Lorini 8 dec. 1446
Orlandus Ghucci de Medicis 8 iunii 1447
Lottus domini Foresis Salviati 8 dec. 1447
Nicolaus Laurentii domini Tomasii de Soderinis 8 iunii 1448
Iohannes Marchionnis Giani Torrigiani 8 dec. 1448
Robertus Mancini Sostegni 8 iunii 1449
Johanni Filippi Johannis de Carduccis 8 dec. 1449
Vierius Johannis Vieris Altoviti 8 iunii 1450
Franciscus Dominici Mattei Caccini 6 dec. 1450
Chiricus Johannis Francischini Pepi 6 iunii 1451
Bartolomeus Monsignori Spinelli 9 dec. 1451
Vannes Pauli Vannis Rucellai 6 iunii 1452
Jacobus Johannis Jacobi Ludoçi Nasii 6 dec. 1452
Benedictus Johannis Paçini Cicciaporci 6 iunii 1453
Antonius Leonardi Francisci Ferrucci 6 dec. 1453
Franciscus Nicolai Francisci Sachetti 6 iunii 1454
Filippus Brancatii Rucellai 6 dec. 1454
Johannis Lapi Johannis Nicholini 6 dec. 1455
Franciscus Antonii Francisci Giraldi 6 dec 1455
Ormannozzus Guidonis Tomasi Deti 6 iunii 1456
Ridolfus Jacobi ser Francisci Ciai 6 dic 1456 ◄
Giovencus Laurenti Andreae de Ugonis de Stufa 6 iunii 1457 (Tratte 985 c.25)
Zanobius Pieri domini Zanobi de Meçola 6 dec 1457
Iohannes Antonini Jacobi Canigiani 6 iunii 1458
Nicolaus Nerii Zanobi Macigni 6 dec. 1458
Petrus Gregorii Andreae del Benino 6 iunii 1459
Nicola Johannis Stefani Corsini 6 dec. 1459
Andreas Filippi Johannis Carducci 6 iunii 1460
Franciscus Laurentii Antonii Spinelli 6 dec. 1460
Antonius Laurentii domini Andreae de Montebuoni 6 iunii 1461
Pierus Lutoçi Jacobi Nasi 6 dec.1461
Donatus Neri domini Donati Acciaiuoli 6 iunii 1462
Jacobus Nicolai Cocchi Donati 6 dec.1462
Bocchaccius Silvestri domini Filippi Alamanneschi 6 iunii 1463
Marchus Salvatoris Thomasii del Caccia 6 dec.1463
Antonius ser Thomasii Masi 6 iunii 1464
Niccholaus Matthei Niccholai Cerretani 6 dec. 1464
Andreas Guidonis Giuntini 6 iunii 1465
Antonius domini Alexandri Ugonis de Alexandris 6 dec. 1465
Saracinus Antonii Puccii 6 iunii 1466
Alexander Antonii Luce Manetti da Filicaia 6 dec. 1466
Guglielmus Cardinalis Rucellai 6 iunii 1467
Pierus Nicolai Andreae del Benino 6 dec. 1467
Filippus Leonardi Marci Bartoli 6 iunii 1468
Franciscus Pieri Joannis Dini 6 dec. 1468
Pagnoçus Pagnoçi Ridolfi 6 iunii 1469
Loisius Joannis Stefani Corsini 6 dec. 1469
Angelus Neri domini Andree de Vettoris 6 iunii 1470
Recchus Uguccionis Recchi Capponi 6 dec. 1470
Andreas Niccholai Andreae Giugni 6 iunii 1471
Johannes Giani Bonannis Berardi 6 dec. 1471
Pierus Mariotti Pieri d’Amorotto 6 iunii 1472
Antonius Puccii Antonii Puccii 6 dec. 1472
Migliore Laurentii Cresci 6 iunii 1473
Nicolaus Tomasii Nicolai Buoni Busini 6 dec. 1473
Loisius Pieri domini Loisi Guicciardini 6 iunii 1474
Laurentius Amphicionis Laurentii Lenzi 6 dec. 1474
Jeronimus Pagnoçi Ridolfi 6 iunii 1475
Tomasius Johannis ser Luce Franceschi 6 dec. 1475
Antonius Simonis Antonii Canigiani 6 iunii 1476
Amerigus Simonis Pauli Becti Carnesecche 6 dec. 1476
Benedictus Bartolomei Ugonis de Alexandris 6 iunii 1477
Bartolus Bartoli Iohannis Mori 6 dec. 1477
Bonus Niccolai Lodovici Rinucci 6 iunii 1478
Tommaso d’Antonio di Tommaso Martini 6 dec. 1478
Silvester Johannis Gentilis de Albiçis 6 iunii 1479
Pierus Bertoldi Gherardi Corsini 1 mar. 1480 (1479 stile fiorentino)
Pierus Bartolomei Laurentii Gualterotti 1 sett. 1480
Roggerius Tomasii Andree Minerbetti 1 mar. 1481
Antonius Pieri Nicolai Malegonnelle 1 sett. 1481
Paulus Simonis Pauli de Janneschi 1 mar.1482
Paulus Johannis Laurentii Machiavelli 1 sett. 1482
Tomas Johannis Tomasi Lapi 1 mar. 1483
Carolus Bernardi Pieri Rucellai 1 sett. 1483
Gioampaolus Pauli Ridolfi Lotti 1 mar. 1484
Paulus Antonius domini Tomasi Soderini 1 sett. 1484
Andreas Gagliardi Caroli Bonciani 1 mar. 1485
Tomas Andree Tomasii Minerbetti 1 sett. 1485
Pierus Iuliani Niccholai Antonii Ridolfi 1 mar. 1486
Iohannes Francisci Laurentii Spinelli 1 sett. 1486
Migliore Laurentii Cresci 1 mar. 1487
Laurentius Federici Nicolai Gori 1 sett. 1487
Attavianus Cesari domini Tani Petrucci 1 mar. 1488
Julianus Pieri Simonis Mariotti Orlandini 1 sett. 1488
Franciscus Orlandi Bartolomei Gherardi 1 mar. 1489
Preticinus Iuliani Preticini de Preticiniis 1 ott. 1489
Matteus Filippi Simonis Lippi 1 apr. 1490
Antonius Jacobi Orsini Lanfredini 1 ott. 1490
Iulianus Nicolai domini Juliani Davanzati 1 apr. 1491
Pierus Simi Francisci Ginori 1 ott. 1491 ◄
Guidantonius Johannis Simonis Vespucci 1 apr.1492
Bernardus Johannis domini Bartolomei Orlandini 1 ott. 1492
Pierus Niccolai Pieri (….) 1 apr. 1493
Franciscus Bernardi domini Naldi della Casa 1 ott. 1493
Nicolaus Tomasi Bernardi Antinori 1 apr. 1494
Bernardus Averardi Bernardi de Medicis 1 ott. 1494
Simon Johannis Simonis de Filicaia 1 apr. 1495
Accursio Folchi Portinari 1 ott. 1495
Lucas Antonii Luce domini Masi de Albizi 1 apr. 1496
Johannis Nicolai Mattei Cerretani 1 ott. 1496
Larione Bartolomei Nicolai Martelli 1 apr. 1497
Pierus Silvestri Micaellis Lapi 1 ott. 1497
Franciscus Nicolai Ugonis de Alexandris 1 mai 1498
Johannes Bartoli de Mozis 1 nov. 1498
Napoleone ser Georgii de Aldobrandinis 1 mai 1499
Matteus Manetti Zenobii de Carnesecchis 23 nov 1499
Donatus Johannis Donati de Bonsis 23 mai 1500
Giovanni Carnesecchi Commissario di Pietrasanta (1566)
1565 July 7 Da Cosimo I a Giovanni Carnesecchi [...] denari per fornire la torre e per le spese del giardino del Casino di Seravezza [...]
Cosimo I authorizes payments for the tower and garden of the Casino at Seravezza.
Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato Volume No: 225 Folio No: 4 Entry No: 1205 |
http://www.medici.org/hum/topics/topicreports/Fortifications_1Page90.html
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