NOTE ALLA PAGINA 26

 

 

 

Nel 1541-1542 Cosimo promuove la trasformazione dell’Accademia degli Umidi ,

sorta come aggregazione spontanea e ristretta di dotti letterati fiorentini, in organo ufficiale

del regime, posto direttamente sotto la sua protezione. Nasce così l’Accademia

fiorentina la cui attività è finalizzata a compiti di rilevanza politica, quali la diffusione

della lingua toscana, la fondazione di una storiografia ducale, le discussioni politiche e la

panegiristica. Nel 1546-1547 l’Accademia è riformata in senso oligarchico e con regole

rigide: i lavori si svolgano sotto il controllo dei vertici graditi al Duca. Questi trattiene

presso di se gli uomini di lettere della città: Benedetto Varchi, il Carnesecchi, il

Domenichi, il Giambullari e il Segni. Nel 1549 Carlo V commissiona a questa Accademia

la traduzione della consolazione di Boezio e ne sono incaricati dal Duca il Varchi e il

Domenichi.

 

 

 

 

 

Il conclave si conclude il 7 gennaio 1566 ed è eletto al soglio pontificio

Antonio Ghislieri, noto per l’opera svolta come fra Michele nel tribunale dell’Inquisizione

sotto Paolo IV.

Subito Cosimo inizia verso il nuovo papa una politica di concessioni e arrendevolezza;

ne è esempio il sacrificio di Pietro Carnesecchi condannato davanti all’Inquisizione, ma

stimato per la sua cultura e l’intelligenza dal Duca, imprigionato a Roma e condannato il

21 settembre 1567 nonostante Cosimo abbia provato ad implorare la clemenza del

pontefice per salvargli la vita anche attraverso l’opera del Serristori, ambasciatore a

Roma

 

. Il tradimento del Carnesecchi è sicuramente uno degli atti più meditati di Cosimo

e mira a gettare la base di una forte alleanza con il papa. Da questa occasione prende avvio

un rapporto di stretta intesa tra Cosimo e Pio V che culmina con l’invio di un contingente

di truppe medicee a partecipare a una spedizione militare organizzata dal papa contro gli

Ugonotti in Francia. Il pontefice è sempre più legato a Cosimo e lo tiene in conto come il

più amato dei figli. In questo clima matura il compimento dell’iniziativa già presa da Pio

IV per l’innalzamento della Toscana a granducato. Lo spunto lo offre l’imperatore che

evoca a sé la vertenza delle precedenze fra Medici ed Estensi e mostra una netta parzialità

per i secondi, tardando a pronunciare una decisione definitiva. Pio V, stimolato dall’inviato

mediceo, che gli ricorda l’antichità della competenza papale in materia di conferimento di

titoli di sovranità fin dai tempi di Carlo Magno, e il consenso di massima già dato sulla

questione specifica da Massimiliano II, il 27 agosto 1569 conferisce a Cosimo il titolo di

Granduca di Toscana

 

.

 

 

 

 

 

 

 AL CRISTIANISSIMO SIRE

Due corone ornano la serenità de la singula Caterina (per divina providenzia anima e corpo del corpo e de l'anima del magnanimo re Enrigo), due corone dico: quella del regno e quella del nome.

A l'una per isplendere di qualunche gemma ci nasca non convengan più gioie; a l'altra sì, imperoché non da le minere che producano le naturali, ma da le vene che partoriscano le divine bisogna ritrarle. Per la qual sorte di cosa, quelle tali che in vertù de la propria natura ho saputo con l'ingegno raccòrre, per parermi convenienti al diadema de la fama de sì felice reina, a la Maestade vostra, senza parlar del prezzo, le mando. Con ciò sia che, nel giudizio de la profusa liberalità sua la stima di così fatte pietre rimetto. Intanto il ginocchio sacro con la bocca le bascio de l'animo.

Di Vinezia

Inutile servo Pietro Aretino

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TERNALI IN GLORIA DE LA REINA DI FRANCIA

Mentre con umiltà guardo e contemplole grazie infuse in l'alma CATERINA, d'umanità miracoloso esemplo,

la veggo in ogni parte sì divina ch'io dico: "Dimmi o provida Natura, è opra tua l'altissima regina?

Quando che lei di te non sia fattura, chi ha composto quel tranquillo fronte, u' spazia casta l'onestade pura?

Chi sotto poi con sotigliezze contel'ha inarcate le serene ciglia,che fan corona a le sue luci pronte?

Chi formò gli occhi da i quali il sol piglia norma e veder, per che non miran cosa che in sé grado non tenga o maraviglia?

Chi questa e quella guancia preziosa stampò con arte e impresse a caso? Ch'il mento, c'ora è un pomo, or una rosa?

Chi relevò sì delicato naso,che i sacri incensi gli sono alimento, né mai lascivo odor entra in tal vaso?

Chi le intagliò, e con quale istrumento, la bocca sobria e i bei denti le diede, e i labri scelti in foggia d'ornamento?

Chi la lingua scolpì, la qual procede col tacer saggio ne i modesti affarie fa udir quel che il dover richiede?

Chi esplicò gli orecchi sempre avariin ascoltar ciò ch'è biasmo deriso,tutta via larghi a i candidi parlari?

Chi nel dolce aere del ridente visoha una di quelle indole conversa,c'han nel volto i beati in paradiso?

Chi la soave isvelta gola (aspersadi lattee perle) e tante gioie belleporge in colonna immaculata e tersa?

Chi coniò le sacre sue mammelleche sembran fisse ne lo eburneo petto,del cielo uman duo notritive stelle?

Chi espresse in tenace ordin perfettole nivee braccia, dì e notte apertedal proprio suo misericorde affetto?

Elleno son di tal clemenza inferte, che a i perversati da i casi villani vengano incontra et han se stesse offerte.

Chi le dita aricchì quelle mani,che in la bellezza e ne la cortesia fanno istupire i prossimi e i lontani?

Con esse premia dovunque si sia l'auree vertù, per esser l'aiutrice non punto men che fortunata, pia.

Chi offerse in tal fertil genitrice(puro olocausto di sacrario attivo,e minera alma di prole felice)

lo spazio intatto in l'alvo sensitivo,che i re predestinati e i duci elettiserba innocente sino al dì nativo?

Chi la capacità et i recettidentro ci confermò, perch'ivi poigisser crescendo i principi concetti?

Chi distese le gambe e sculse in doile sommesse ginocchia, u' a tempo stassiCristo adorando e i veri santi suoi?

Chi a i piedi fece i fondamenti bassi?Chi fa parer ch'ogni giglio, ogni fioregermogli u' move i graziosi passi?

Chi fu lo esperto mastro, ch'il fattoreche in forma di piramide ridusseil suo sincero e mansueto core?

Chi l'egregie eccellenze in lui produsse?Chi a non capir dove cape il costrinse?Chi volse che visibile ogni or fusse?

Chi le viscere intorno gli destinse,e con sì sviscerata affezzionedi tenero fervor calde l'avinse?

Chi nel bel corpo con salda ragionee in ciascun membro è andato osservandola venustà de la proporzione?

Chi è suto l'architetto venerandode la machina in muscoli viventi?Chi un picol mondo in lei va figurando?

Chi tutte le prefate opre esistentiin materia sì vaga e mesurata,ne i destri ufficii lor fe' diferenti?

Chi unì con la ragion l'anima innata?Chi l'anima in lo spirto essenzialetiene essenzialmente consertata?

Chi diè lo spirto a l'esser corporaleche ne i capi, ne i mezi e ne le prodesostiene il moto del peso carnale?

Chi 'l genio salutifero in custodeci consegnò, acciò che le succedaciascuna occasione in grado e in lode?

Benché a la sua prudenzia avien che cedaangelo tale, e in tutte le manierele potenze di lui dansele in preda".

Ale richieste de le mie preghierepar che in suon di pioventi acque rispondail motor de i pianeti e de le sfere:

"Per ordin mio la Natura fecondaè gita distinguendo opre cotantein CATERINA a null'altra seconda.

Ella con iscienze sacrosante,oltra quel ch'ode, vede, gusta, odora,e tocca e parla con grazia prestante,

oltre il lineamento entro e di fora,per compiacermi d'ogni circostanzal'organizò in guisa d'Aurora.

E però i costumi e la creanzasplendano in lei con sì supremi gestic'oggi le dee, non pur le donne, avanza.

Ma quasi nulla son tutti i celestistrumenti suoi - par che sogiunga Iddio -,ancor che sien del mio voler contesti.

Son nulla in quanto a la mente che iole ho in don concessa, onde continuo pensacol tesor del ben far pagarmi il fio.

Ella i pensieri sublimi dispensain preclari negozii e gli consegnadove il fine d'onor la ricompensa.

Largito ha in lei, tre volte inclita e degnasopra ogni dote, la mia providenza,uno animo che pate e non si sdegna.

Fede può di ciò far la pazienza,che se vidde e conobbe alor che parseche steril fusse a la real semenza.

Tal che il livore al Ciel volle elevarse,ma cadde poi che i privilegi mieila ferno in plenitudine mutarse.

In somma un tabernacolo è costei,e le reliquie che dentro ci serboson le virtù e le bontà di lei".

Così del grande Iddio mi pare il verboin suo idioma, che in letizia menaquanto si possa mai sentir d'acerbo.

Certo che lei, di santimonia piena,è soprumana e sopranaturale,et erra chi la tien cosa terrena.

L'altezza sua è prescritta immortale,non perché sia di qualitade eternama perch'ell'è composizion fatale.

Per la qual cosa ogni luce supernadi sì splendente clarità l'infoca,che a Gallia è lampa, a Italia lucerna.

Sì che chi l'ama, l'adora e l'invoca,porge il suo dritto a l'umile osservanzache a inchinarla ogni nazion provoca.

Ora chi vol suscitare la speranza,desunta in aspettar quel tardo puntoche di mai non venire ha per usanza,

di collocarla in lei prenda l'assuntoe vedrà che in adempiere il suo voto,a onta de lo indugio, è il termin giunto.

S'altri brama far sé celebre e noto,e la reputazion restare amico,se l'offerisca in servo e per divoto.

Ella, che un tempio del petto pudicoha fatto e consacrataci l'immago del magno, sommo e glorioso ENRICO,

merta che il secol del suo ben presagoconverta il giorno che nacque in festivo, e sia solenne a l'Arno, al Reno e al Tago.

Tizian perpetuo e Michelagnol divo, in cotal mezo con pennello argutorasemplinla in color c'abbia del vivo.

Il Buonoaruoti e il Sansovin saputotolghinla in marmi da la propria idea,in metalli Lione e Benvenuto.

Istampinla Gianiacopo et Eneacon la medesma acutezza discreta ch'usan d'imprimer Pallade et Astrea.

O Vasaro, o Salviati, o Sermoneta,propizia la farete a chi la vededipingendola in grembo al suo pianeta.

Giuseppe e Andrea ritraran la Fede,la Temperanza con la Continenza,lei retraendo a sedere et in piede.

Valerio e tu Francesco l'Innocenzaa procreare in musaico venite,nel tòr la copia de la sua presenza.

In uno le tre Grazie insieme uniteimprontarà il da bene Anichino,recandola in corgnuole e in margarite.

Principia i suoi simulacri Baccino;fanne, Danese, esemplari virili;tu Meo, tu Rafaello e tu Bro<n>zino.

Minia, don Iulio, in ritondi profilii vezzi che da lei Grazia impara,perché angelicamente son gentili.

Sola tra ogni imperatrice rara,Bernieri, è tale; però miniandole sue florenti leggiadrie dechiara.

Nel Genga, in San Michel vassi aspettando,nel Serlio, nel Ruscone, in questi e in quelli;ciò che in suo onor vadin tra lor pensando.

Essi, Vitruvii in gli edifizii belli, perché a i di lei teatri si dia opracomincino le bozze et i modelli.

Medoro, in tal mestier fà che ti scopra,et abbi in ciò le tue vigilie spesepoi che t'è simil don dato di sopra.

La caterva di tanti in tali imprese,nel superar l'un l'altro mostri come la invidia è gloria in le degne contese.

Fila d'oro non ha tante in le chiome,quante rime conteste in versi eroicelebraranno a CATERINA il nome.

Con il chiaro Alamanno, i Speron, voi,voi Dolce, voi Venier, voi Muzio, ormaicantate a gara i santi effetti suoi.

Del saper vostro, Carnesecchi, i raile sien gemme al diadema, poscia ch'ellarende il niente de i dotti in assai.

Mirabil Caro, CATERINA è quella che, sempre mai che al SIRE suo si mostra, in pro de i buoni intelletti favella.

Tasso e Capello sien materia vostra,qual de i Candolfi le grandezze umaneche umili esaltan l'avocata nostra.

Sì che unico Ruscelli, amabil Zane,grave Molino, illustre Bentivogli,Coccio erudito, culto Frangipane,

aciò la Fama del tutto s'invoglide le sue maraviglie, itene empiendol'ample facciate de i perpetui fogli.

Ecco il Cesano, giudizio stupendo,et il Brucioli, e il Doni, e il Varchi, e il Nardi,che la vanno altamente descrivendo.

Ma quel che tanto importa, è che non tardia dir di lei quelle ammirande coseche intende e sa l'orator Lionardi.

Parlo de l'uomo al qual non sono ascosede i cieli le vertù non che il decoro,del quale Iddio tal madama compose.

Di lei scrivi, Esculapio Fracastoro,Casa, d'Apollo amfiteatro e mole,sia ne i vostri registri in note d'oro.

Iovio, da poi che le perite scolene l'istorie vi cedano, explicatein chiaro annal le sue venture sole.

Picolomini, il calamo pigliatecol Platon Susio, e per le solite ormein commendarla a pien l'exercitate.

Il Tolomei a Omero conforme(anzi è maggior per che il poeta invittoqualche volta dormì, ei mai non dorme),

intitoli et indrizzi ogni suo scritto,così lo Spino, il Brembato e 'l Contile,al refugio del merto derelitto.

Volga il Manuzio e l'Amalteo lo stile,e il Verità a l'idolo ch'è soloperché nessuno esser gli può simile.

Gran Giovan de la Rovere col volo,nei suoi pregi studiando, passarestel'artico perno e l'antartico polo;

benché ciò fate voi, signor c'avestequante i libri han dottrine in ascendente,e perché più vivesser ci nasceste.

Cornar Benetto, Anton Corso eccellente,Parabosco, Rosel, Pace, Pompeo,datela in l'opre a l'universa gente.

Il possente tuo pletro, Aurialo Orfeo,dedica a l'alta Donna, poi che agiungicon esso a i merti d'ogni semideo.

Cerruto, Orazio a te riman di lungise in ciascuna oda sue grandezze canti,e col fine del mondo ti congiungi.

Tiepolo, Magi e Brusantino, i vantiche poetando posson dar le cartenel dir di lei vi apariran davanti.

Poi ch'ogni musa in la natura e in l'artecol fiato vostro, Beccatel, respira,le di voi penne abbin sue laudi sparte.

Barbaro Daniel, Fortunio Spira,per decantarne in voi temprando gite l'eccelsa cetra e la superna lira.

Del ciò che sète il bel volume aprite Vendermino, Domenichi, Bettussi,e in lei le vostre lettre conferite.

Gallo urbinate, s'io Pietro non fussite Antonio esser vorrei; sì mi compiaccio nel legger quel che a te dettan gli influssi.

E però pon da canto ogni altro impaccio,e 'l tuo furor poetico diserra in suggetto sì alter, come anch'io faccio.

Cornelio, Ottavian, Sisto, Volterra,suso i pulpiti aperti predicatila sua religion di terra in terra.

Padri che in gli ermi solitari orate,vergini ancille del rito cristiano, che sempre viva il Redemptor pregate.

Intanto in musical coro, Adrianonel silenzio de l'organo exponete armonizando il suo valor soprano.

Benché o voi che nominanza avetene gli eventi e nei garbi de i disegni, dal ciò che più vi par non vi togliete.

Dite academie a i laureati ingegni,di quei s'intende in vertù più securi,che non sono i tesor, gli imperi e i regni,

che attendino a gli studi lor maturi, e ancor che in voce d'inchiostro gli chiamo del mio persuader nessun si curi.

Ma tacin di costei ch'io adoro et amo, col bramar l'ombra di quella bontadene la qual par che non peccasse Adamo.

Però ch'essendo la sua Maestade oggidì squilla de la propria gloria,ne gli anni ancor d'ogni posteritade

di se stessa sarà tromba e memoria. 

 

 

 

Caponetto Salvatore

 

La riforma protestante nell'Italia del Cinquecento
Torino: Claudiana, 1997, 526 p., 62 ill., In-8°, ISBN 88-7016-153-6, Sec. ed. riveduta e aggiornata, ITA
Résumé L'Italia non ha avuto la Riforma perché gli italiani erano refrattari alle dottrine protestanti o perché la situazione politica e la reazione inquisitoriale non lo hanno consentito? Le grandi linee di una diffusa adesione alla Riforma, in quasi tutte le regioni italiane e in ogni ceto sociale: un movimento che ebbe l'apporto di grosse personalità e diede migliaia di martiri consapevoli del valore della loro testimonianza. n'opera di riferimento fondamentale, frutto di una vita di ricerche, dalla quale non si potrà prescindere (l'editore).
Patronymes Aldiverti; Arnolfini; Bembo; Bogini; Brucioli; Bucero; Burlamacchi; Calandrini; Callegaro; Calvin; Canal; Caracciolo; Carli; Carnesecchi; Castelvetro; Centanni; Clement VII; Contarini; Cosme I; Curione; Deodati; Domenichi; Donzellino; Fieschi; Flaminio; François I; Gonzague; Guicciardi; Guidiccioni; Guinigi; Luther; de Medicis; Melantone; Morone; Negri; Ochino; Pasini; Roncadello; Rondinini; Sforza; Spannocchi; Thiene; Trissino; Tronchin; Tronconi; Turrettini; Valier; Vermigli; Zwingli
Mots-clés Protestant; Vaudois; Inquisition; 16è siècle
Aires
géographiques
Italia; Italie; Piemonte; TO; Torino; Lombardia; MI; Milano; Toscana; FI; Firenze; Veneto; VI; Bassano del Grappa; Francia; France; Rhône-Alpes; 69; Lyon; Alsace; 68; Strasbourg; Svizzera; Suisse; Genève; Bâle; Istria; Istrie; Capodistria; Germania; Allemagne
Localisation Ancêtres Italiens/Bibliothèque, Paris : 8° ITA 211

 

 

 

 

TESTI - Bernardo Navagero, Dispacci da Roma al Senato (1557-1558)

 

42. Roma, 5 marzo 1558

Serenissimo principe.

Se ben io son certo che vostra serenità dalli diligentissimi soi ministri intende le cose delle sorti del re christianissimo et catholico, pur non voglio restar di scriverli alle volte alcuni particulari che mi sono fatti saper da persone che ne sono ben et fidelmente avisati, perché, se non per altro, serviranno per un rincontro. Qui le più fresche lettere dalla corte del re Filippo sono di 13, avvisano la gionta del vescovo di Terracina la matina. Et chi è solito communicar fidelmente ogni cosa al mio secretario et che ha li boni avisi le ha detto che è stato vero quel che s’intese già alcuni giorni che tra’l cardinal Caraffa et duca d’Alva era stato qualche contentione, et la causa era perché sua signoria reverendissima negava di haver promesso a sua eccellentia alcune cose, come saria il far ritornar li beni al signor Ascanio della Cornia, conte di Bagno et simili, che il duca ha voluto ceder ben con dir che ad ogni modo il mondo sarà chiaro che li era stato promesso. Et dice questo tal che crede sia vero che’l cardinal habbi promesso, perché si sa quello che promisse et messe in scrittura a Porto, come io scrissi et poi lo negò, che disse poi non l’haver fatto, soggiongendo questo tal: "io so che’l duca d’Alva, conclusa la pace, non volea venir a Roma, dicendo che non sapea a che fine, non havendo speranza di poter giovar alli servitori del re suo. Andorono poi a Genazano et fu’l cardinal Caraffa con esso duca, lo fece venir a Roma, et in quel viaggio le promisse che si accommoderiano le cose de questi fuoriusciti. Ha detto di più chi ha communicato il resto che’l conseglio del re Filippo havea opinione che sua maestà facesse mercede all’illustrissimo Caraffa di 12 mila scudi di pension sopra l’arcivescovato di Toledo delli 16 mila reservati in bianco (come scrissi) et al duca di Paliano altri 12 mila d’entrata sopra tanti stati nel regno di Napoli, et era difficultà se sopra il stato di Bari o altrove, perché’l cardinal ristava de Bari, perché’l vescovo di Terracina, secondo quello che porta, potria far alterar ogni deliberation che questo animo de consiglio qui non si sapea da alcuno, né dal papa né dal Turco, perché non hanno lettere se non più vecchie del cardinal Caraffa. Ha detto appresso che’l duca d’Alva è in molto credito alla corte del re cattolico et che presto serà espedito per Italia con maggior autorità che mai.

Qui si ragiona che l’accordo tra il duca di Ferrara et quel di Parma sia molto avanti co’l mezo del duca di Fiorenza. Li ambasciatori di questi duchi dicono non ne saper cosa alcuna certa, ma ben non ne esser fuor de speranza, poi che intendeno il Fiaschino, così intimo et caro del duca di Ferrara, esser stato a quel di Fiorenza, l’ambasciator del quale dice che’l suo duca farà ogni cosa per accommodar quei altri, perché non potria far cosa più utile a sé et più gloriosa, et che già crede che ne habbi espedito al re Filippo, havendoli scritto il Concino, primo secretario di sua eccellentia, che è stato in negotij di molta importantia, come presto sua signoria intenderà, dicendo questo ambasciator: "se’l mio duca tira a questa posta di accommodar le cose di Ferrara et Parma, venirà a stabilir le cose sue di Siena et le piazze de francesi li caderanno da perse nelle mano et il papa, del qual nessun si pò fidar, potrà poi girandolar a suo modo et far chimere, perché non li riuscirà alcun pensiero et li bisognerà per forza quietar et stimar più li principi di quello che fa.

Fu ditto che l’ambasciator di Fiorenza non potea haver audientia dal pontifice perché sua santità era mal satisfatta del suo duca, sendoli pervenuto all’orecchie che havea scritto al re Filippo che intertenisse alla corte più che potea il cardinal Caraffa, perché non tornasse qui a voltar un’altra volta ogni cosa sotto sopra. Pur hebbe audientia sabbato passato, et di tre cose che dimandò, una dispensa di matrimonio, una essentione per certo hospitale et dilation di dui mesi per il Carnesecchi, chiamato dall’Inquisitione, non ha ottenuto cosa alcuna, anzi giobbia nella congregation dell’Inquisitione sua santità commandò al reverendissimo Alessandrino che procedesse contra esso Carnesecchi.

Un cardinal che si trovò nella congregation fatta sabbato in casa del reverendissimo decano sopra il caso di Isabella de Luna (come scrissi) ha ditto che’l commissario general è stato causa de farli dar quel carico, perché si trovano haver fatto una leggierezza a retenir quelle meretrici et poi ad intestar il papa de cose d’importantia contra grandi. Et hora esso commissario non si trova sufficiente a rimover il pontifice dalla prima impressione, ha persuaso che si faccia veder il processo a’ cardinali delli primi, acciò che con l’autorità loro possano mover sua santità a farli creder che non vi sia cosa di momento. Sono d’opinione essi cardinali che queste meretrici siano scacciate di Roma et che si ponga silenzio al tutto per diversi rispetti.

Martedì fu Signatura, nella qual sendo proposta una supplicatione de defectu natalium, sua santità non solamente non la signò, ma strettamente commandò che non fussero nell’advenir questi tali dispensati a qual si voglia beneficio o curato o senza cura, se non per qualche rispetto importante.

Don Francesco da Este luni di notte fu udito dal pontifice ma non espedito, havendoli detto sua santità che volea esser con lui un’altra volta, et però il suspetto si fa ogni dì maggior che oltra li danari esso don Francesco espetti risposta di Franza.

Heri fu fatto intender all’illustrissimo et reverendissimo Carpi per nome di sua santità che lo havea eletto protettor delli reverendi padri d’i crosechieri in loco del reverendissimo Durante.

Continuandomi la doglia nelli piedi con qualche alteration di febre appresso talmente che non posso uscir dal letto, mandai il secretario a communicar li avvisi d’Andrinopoli di 18 genaro mandatimi in lettere di vostra serenità con l’eccellentissimo Senato de 26 del passato al signor duca di Paliano. Disse che li faria intender al pontifice et di poi si è veduto che hanno mandato il signor Gioan Antonio Toraldo per proveder come meglio potrà alle cose d’Ancona. Ho fatto anco sollicitar il negotio della tratta di Romagna appresso il sopradetto signor duca, il qual ha detto che parlò al commissario, il qual li rispose cosa poco a proposito secondo il suo solito, che havea dato ordine che da quella provincia ne fussero condutte 10 mila some in Ancona da esser tenute lì per ogni rispetto et che, se ne sarà d’avantaggio, si potrà satisfar vostra serenità. Al che dice sua eccellentia haver risposto che questo era un dir di non voler che sia concessa la tratta, perché si sa certo che in quella provincia non sono 10 mila some d’avantaggio et che le ragioni che Roma non si possa valer di quel giorno non haveano punto mosso esso commissario, perché si trova confuso et non ha modo di uscir dall’impresa che ha pigliato di nutrir questa città et haveria caro che il papa over sua eccellentia senza suo consenso dessero via qualche quantità de grano per poter poi escusarsi et dir che, se mancherà, non sarà per suo difetto, soggiongendo il duca: "questo tristo si trova haver consumati tutti li danari che in grossa summa ha havuti per tal conto et di più haver fatto debito de forsi 96 mila scudi, la maggior parte senza frutto spesi in carizi et ministri, che quando sarà a render conto non so quello che farà. Vedemo che ha fatto condur in Roma tutto il grano vicino, che il lontano non pò esser a tempo, che ha spogliato le case d’ogn’uno, et con tutto ciò li manca, onde sta disperato et, non sapendo ove dar del capo, dice le piazze. Io non so più che far se non tornar a parlar al papa, con dir a sua santità che non bisogna guardar al commissario chi vol servir la signoria illustrissima, ma deliberar da sé di dar la tratta, perché ad ogni modo quel grano non pò servir a Roma, et se’l pontifice si rimettesse a me, io faria quanto il signor Ascanio volesse, ma, se sua santità si ferma in volerne information dal commissario, non vedo quello che se ne possa sperar". Il secretario ringratiò sua eccellentia del bon animo, le disse che vostra serenità reconosceria questo servitio da lei et lo pregò ad haverlo a memoria. Rispose che con la prima occasione ne parlaria al pontifice in quella meglior forma che sapesse.

La lettera di vostra serenità de 19 del passato per l’indulgentia alla Chiesa di Santa Maria Nuova per il giorno della annonciatione essequirò insieme con le altre commission sue quando prima possi sostentarmi in piedi et che habbia audientia dal pontifice, et veramente che il non vi poter adoperar in questa mia partita in servitio di vostra serenità mi accresce la doglia et la indispositione.

Gratie etc.

Di Roma, alli 5 marzo 1558.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 2880**.

GERI e ALESSANDRO BOCCHINERI a [GALILEO in Arcetri].

Firenze, 16 febbraio 1634.

Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. X, car. 111. – Le lin. 1-15 [Edizione Nazionale], fino alla parola "chiesteci" sono di mano di Geri, il resto è di mano di Alessandro Bocchineri.

S.r mio,

Io penso che V. S. resterà servita di havere il vino a fiaschi a commodo et a elettione sua([113]); ma non mi è ancora riuscito di fare abboccare in presenza mia il Maestro di casa([114]) di S. A. col canovaio per darne l'ordine, con tutto che io habbia parlato all'uno et all'altro separatamente et habbia anche procurato questo abboccamento: et mi pare che questo S.r Maestro di casa non sia stato in questo negozio così pronto come harei voluto.

Per il S.r Vincenzio([115]), Alessandro ha parlato al S.r Luca degli Albizi et agli altri ministri de' Nove, ma senza frutto, perchè, come negozio aggiustato, non lo vogliono alterare, et massime aggiustato (in supplimento del S.r Luca) dal S.r Antonio Carnesecchi; et si vede che quel ministro, che si tiene mal trattato dal S.r Vincenzio, ha voluto rendergli la pariglia. Per gli altri libri che restano, il S.r Vincenzio o sfugga di fargli, o si dichiari anticipatamente di non li poter far per questo prezzo.

Le mandiamo le lib. 6 di tartufi chiesteci, ma per ancora non gli si può avvisare il prezzo, perchè lo spenditore del S.r Cardinale([116]), che gli ha provvisti, non lo ha mandato a dire; ma credo che batterà a 4 giuli la lib.: et V. S. gli conti perchè hanno da essere 32.

Spero che V. S. ricevessi hieri un mio piego, entrovi una lettera del S.r Lagi([117]), et havrei caro che ella mi avvisassi quello devo rispondere a detto S.r Lagi. Et le faccio reverenza.

Da Firenze, 16 Febb.o 1633([118]).

Di V. S. molto Ill.re

Devot.mo Ser.re e Parente

Aless.ro Bocchineri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Casini Bruno 1920-1999

 

I "Cittadinari" del Comune di Pisa: sec. 16-19
Massa: Centro culturale apuano, 1986, 231 p., ill., tav., 24 cm (Biblioteca di Le Apuane; 5), Note. Indice, ITA
Sommaire Prefazioni
Introduzione
Tabella dei cittadini pisani fatti nei vari periodi storici
Diplomi di cittadinanza

Elenco delle famiglie create cittadine pisane
Elenco dei cittadini da giustificarsi
Nota dei cittadini mandata alla Pratica Segreta di Firenze

Descrizione delle cappelle di Pisa nel secolo XV, reperibili nella pianta della città edita nel secolo XVII da A. Messerini

Indice:
Antroponimi
Toponimi
Professioni e cose notevoli.
Patronymes Abbati; Acciaioli; Acciardi; Acconci; Angeli; Angioli; Anichini; Ansaldi; Anselmi; Antonelli; Antoni; Antonii; Apolloni; Aquilani; Arnaldi; Baccati; Baccetti; Bacci; Bacciomei; Bacucchi; Badaracco; Badia; Bagnoni; Balbani; Baldini; Baldinotti; Baldovinetti; Baldovini; Balducci; Bandinelli; Bandini; Banti; Barachini; Baragalli; Barasaglia; Barbarecina; Barbetti; Barbiere; Barbieri; Bardi; Bargiachi; Baroncini; di Barone; Baroni; Barontini; barsanti; Barsuglia; Bartalassi; Bartalena; Bartalini; Bartelloni; Bartolelli; Bartoli; Bartolini; Bartolomeo da Bergamo; Bartolomeo di Antonio; Bartolomeo di Ceseri; Bartolomeo di Cristofano; Bartolomeo di Francesco; Bartolomeo di Giovanni; Bartolomeo di Giovan Battista; Bartolomeo di Mariano; Bartolomeo di Tommaso; Bartorelli; Baruffa; Barzanti; Bassi; Bastiano di Antonio; Bastiano di Arrigo; Bastiano di Bartolomeo; Bastiano di Domoci; Bastiano di faloppo; Bastiano di Luca; Batacchi; Batino; Batistini; del Battaglia; Battaglini; Batti; Battista da Olivola; battista di Giovanni; Bazzichi; Becaroni; Beccai; Becci; Bechi; Bellani; Bellavita; Bellebuono; Bellosi; Bellucci; Beltrami; Bendinelli; del Bene; Benedetti; Benedettini; Benedetto; benettini; Bensi; Bentivogli; Benvenuti; Bernazzini; Bergi; Berlinghieri; Berna; Bernabà; Bernardeschi; Bernardi; Bernardino; Bernardo; Bernazini; Bernazzini; Berni; Berretti; Bertacchi; Berti; Besi; Bettini; Bettocci; Bettoni; Bezzicaluva; Biadaiolo; Biagi; Biagio; bianchi; Bianco; Bianconi; Bicchierai; Bicci; Bichi; Bientina; Bigazzi; Bigioni; Bigiotti; Bigongini; Bilanci; Bilancini; Biliotti; Biondi; Bisdomini; Bizaro; Bizzarri; Blasini; Boccacci; Boccella; Bocchebelle; Bocci; Bocciantini; Boezi; Boldrini; Bolognini; Bolviti; Bombardieri; Bonagli; Boncetani; boncini; Bonconti; Bondo di Tomeo; Bonetti; Bongiunti; Bonini; Bonsi; Borbolani; Borboni; Borgana; Borghetti; borghi; Borghigelli; Borghigiani; Borghini; Borgi; Borromei; Borsoni; Boscaini; boschi; Boschini; Bossi; Bossoli; Botteghesi; Bottoni; Bozzoni; Braccardo; Braccelli; Bracci; Bracciesi; Braccini; Bracciolini; Brancadori; Brandi; Brandini; di Brando; Brinati; Broccardo; Brogi; Bronchelli; Brucianese; Brugiotti; Brunacchi; Brunacci; Brunelli; Brunetti; Bruni; Brunotti; Bruschi; Bruschini; Bucchi; Bucci; Bucchianti; buffini; Buonacorsi; Buonafe; Buonamente; Buonanni; Buonavoglia; Buoncristiani; Buofigli; del Buono; Buonraccetti; Buonsignori; Buonsisti; Buontempi; Buonvicini; Buristi; Bursatti; busoni; bussagli; Bussoni; del Caccia; Cadoret; Caffini; Caiozzi; Calafati; Calefati; Calippi; Calligares; Cambi; Cambini; camillo; Camosci; Campana; Campiglia; Cancellotti; Canci; Canigiani; Canovesi; Cantieri; Cappella; Cappellina; Capponi; Cappucci; Capretti; Caprili; Caramelli; Carboni; Cardini; Carli; Carlo; Carmignoli; Carminati; Carnasciali; Carnesecchi; Carotti; Carrari; Carrassali; del Carretta; Cartabruna; cartei; Cartoni; Casa Vecchia; Casali; Casanuova Cornetta; Casiai; Casciana; Cascina; Caselli; Casentini; Casini; Castagnini; Castagnola; Castrocari; Castrucci; Catani; Catanti; Catellani; Catena; Cateni; Catignani; Catignano; Catrani; Cattani; Cavalcani; Cavaniglia; Ceccacci; Cecco di Giovanni; Cecconi; Cedri; Ceffini; Cei; Celandroni; Celli; Cellino; Cenna; Cenami; Cenciati; di Cento; Centofanti; centurelli; Cepparelli; Certaldo; Cerrini; Cesare di Francesco; Cesari; Ceseri; Checcacci; Checchini; Checcotti; Checcucci; Chelini; del Cherico; Chesi; Chiacchini; Chiapponi; Chiccheri; Chigler; Chiocchini; della Chiostra; Ciabatti; Ciacci; Ciampuli; Cianchi; Ciancini; Cianfi; Ciapellon; Ciardelli; Cicala; Cicci; Cimaleschi; Cimadore; Cimarrosto; Cini; Cinquini; Cioli; Cione; Cioni; Cipriani; cires; Cittadelli
Mots-clés Population; Sources archivistiques; 16è siècle; 17è siècle; 18è siècle; 19è siècle
Aires
géographiques
Italia; Italie; Toscana; PI; Pisa
Localisation Ancêtres Italiens/Bibliothèque, Paris : En cours de catalogage Localisation BnF, Paris : 8-K-11272(5)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dal sito .............................http://www.domusgalilaeana.it/Esposizioni/mostragiugno95/rimandi/eppur.html

 

EPPUR SI MUOVE

NUMERO UNICO

PUBBLICATO A CURA DEI SOCIALISTI-ANARCHICI PISANI


EPPUR SI MUOVE

Così proruppe, come protesta della verita' torturata, dalla bocca di Galileo, la ribellione del pensiero scientifico contro la prepotenza incivile del dogma: In cotesto grido dell'anima, abiurante l'abiura che i tormenti strapparono alle labbra del martire, c'è come la sintesi della storia.
E qual sintesi, tutta di genio e d'eroismo da un lato , di ferocia e di viltà dall'altro.
(....)

RETTILI NERI
Che cosa fate?
No, no. E' inutile! E' inutile che vi adattiate maschere nuove :
Anche sotto le nuove maschere, noi, vi conosciamo.
Si, vi conosciamo. siete sempre quelli che rubbavate le offerte ai numi!
(...)
Dove un raggio di luce, dove un raggio d'amore, si affaccio' per brillare sulla deserta ingannata e oppressa umanita', voi, o eterni fabricatori d'infamie correste per soffocarlo.
I secoli si accavallarono ai secoli, come le onde del mare; le vicende, seguirono alle vicende, come le nubi del cielo;voi, cambiaste come il camaleonte, pelle e colori; ma una sola fu la costra fede, una la vostra tattica: l'impostura.
Una sola, non mai mutata la vostra natura: ingordigia e perfidia.
No!
Il vento dell'oblio, non crediate abia disperso le ceneri degli eroi del pensiero.
No!
Le ceneri di Arnaldo, del Moro, del Campanella, del Bruno, del Savonarola, del Carnesecchi e di cento altri, non sono disperse.
No, insensati, no!
Quelle ceneri si addensano, si aggirano tempestose, preparando il ciclone dell'ultima e definitiva disfatta.
(...)
La cuccagna, è quasi al tramonto.
Non per nulla Dante, ha cacciato i papi, ancora vivi, capofitti nelle bolge dei simoniaci!
Ed ora, tornate a spolverarci sul viso, le tele bizantine e tibie e teschi intermati?
Spudorati!
Il popolo, il vero popolo, il popolo veggente e volente, vi guarda indignato e grida col poeta:

O date pietre a sotterrarli, ancora, Nere macerie delle Touilleri !...

On Comitato
per le Onoranze a Galileo -- Pisa

Alla libera voce di popolo, salutante oggi in Pisa, la gloria di Galileo, si unisce -pur da lontano- il modesto saluto d'un credente nella forza vittorioso del pensiero.
Ma le insidie alla libertà della scienza mutaron forme e strumenti di tortura; e cessando d'esser monopolio dei preti, la inquisizione al pensiero non scomparve tuttavia dalla civiltà moderna.
Ditelo questo, a gran voce, voi almeno, che vi dichiarate amici della libertà.
E lasciate che in questa apoteosi del genio, sfolgorante sulla barbarie del passato, penetri un raggio di futuro redentore.
Dite alla maestà del popolo, che la eresia sociale ha oggi i suoi torturati- come ieri li ebbe quella scientifica e religiosa.
(...)
Rivendicate al pensiero la libertà - libertà vera, per tutti.
Questo è il solo monumento degno della grandezza di Galileo.

Milano, li 26 Giugno 1897

Vostro
PIETRO GORI

 

 

 

 

 

 

 

 

Dal sito .................................http://www.erasmo.it/liberale/testi/1818.htm

 

 Il Luteranesimo quale anticipazione liberale.

Appare quindi naturale il fatto che quasi esclusivamente su questo "popolo grasso" facesse presa il luteranesimo. Un ottimo studio di Mons. Lanzoni su La Controriforma nella città e diocesi di Faenza ce ne dà la conferma col riportare che fa di una lista di nomi di eretici faentini del decimosesto secolo. Troviamo difatti ricordati dei piccoli proprietari quali il fornaio Fanino Fanini che fu impiccato e bruciato a Ferrara nel 1550, due artisti, Maestro Giovanni da Castelbolognese, celebre scultore in legno, e Giacomo Bertuzzi, pittore di qualche valore; assieme a numerosi professionisti, impiegati (quali un Regnoli che fu ministro dei Manfredi signori di Faenza), magistrati, ecclesiastici, militari. ecc.: il che ci conferma e fa vedere che il luteranesimo faentino (e si potrebbe aggiungere di tutta Italia) fu in certo senso anche movimento politico di maturità civile e di classe, non altro essendo per la borghesia di quei tempi l'eresia: o l'aspirazione alla libertà politica, come nel Carnesecchi, nel Fanini e nel Sarpi, ed allora era l'anticipazione d'una esigenza che è ancora oggi attuale; oppure l'esercizio di una libertà naturale, di quella libertà cioè che viene conferita agli artisti dall'esercizio della loro professione, ed ai ricchi dal godimento dei loro beni.

 

 

 

 SEBASTIANO DEL PIOMBO
(Sebastiano Luciani, detto Sebastiano del Piombo)
(Venezia, circa 1485 - Roma, 21 giugno 1547)

Sebastiano Luciani, noto con il nome di Sebastiano o Bastiano del Piombo, era un famoso pittore veneziano. "Ebbe l'ufficio del piombo, che era di bollare i diplomi pontifici col sigillo di piombo; una specie di sinecura, ambita molto da quei cortigiani, e di non poca rendita, e che soleva darsi, come luogo di riposo, ad artisti". Il Luciani successe in questa carica a Mariano Fetti nel 1531 (p. 212)

Nel 1534 il Berni scrisse un capitolo a fra' Bastiano del Piombo, nel quale si esalta Michelangelo Buonarroti. Il capitolo ebbe una risposta, sempre in nome di fra' Bastiano, scritta dallo stesso Michelangelo, nella quale si legge un sincero sentimento di affetto e di stima reciproca (pp. 467-470)

 

Domenico di Bartolomeo Ubaldini detto il Puligo (1492-1527


Allievo di Ridolfo del Ghirlandaio, apprezzato e ricordato dal Vasari, pur non figurando nei manuali di storia dell’arte, tra il 1510 e il 1527 fu uno dei più attivi maestri fiorentini.
Il suo lavoro fu influenzato dall’attività di Andrea del Sarto, del Pontormo e del Rosso Fiorentino.

 

Fra molti ritratti che Domenico fece di naturale, che tutti sono belli e molto somigliano, quello è bellissimo che fece di monsignore messer Piero Carnesecchi, allora bellissimo giovinetto, al quale fece anco alcuni altri quadri, tutti belli e condotti con molta diligenza. (Vasari )

 

 

 

 

 

 

 

C'e' un sito molto molto interessante da visitare sicuramente : http://www.eresie.it/index.htm

 

 

 

 

 

 

http://www.edilazio.it/curiosita/21.html

CURIOSITÀ ROMANE
IL "CAFFÈ" PIÙ ANTICO DI ROMA
a cura di Willy Pocino


Il "Caffè Greco" di Via dei Condotti, il più antico e illustre di Roma (e d'Italia dopo il "Florian" di Venezia), le cui "Cronache" furono descritte da Diego Angeli sul "Marzocco" nei primi anni del secolo scorso (e poi raccolte in volume nel 1930), risale al 1760, ad un tal "Nicola di Maddalena caffettiere, levantino", donde il nome del locale riferito alla sua nazionalità. Il famoso "Caffè" esisteva però con probabilità già da alcuni anni. Pur senza citarlo esplicitamente, Giacomo Casanova nelle sue celebri "Memorie" ricorda, infatti, che nel 1743, quando era al servizio del cardinale Troiano Acquaviva (e, secondo lui, anche della sua bella nipote), entrò insieme ad alcuni amici romani nel "Caffè di strada Condotta". Ma il primo documento ufficiale risale proprio al 1760. Si tratta di una nota del censimento di quell'anno contenuta nel "Libro dello Stato delle Anime della Parrocchia di S. Lorenzo in Lucina (conservato nell'Archivio del Vicariato) in cui risulta il nome di "Nicola di Maddalena, greco". Dal sor Nicola il "Caffè" passò ai Carnesecchi, poi, ai primi dell'800, ai Salvioni e successivamente ai Frezza. Nel 1873 il famoso locale divenne proprietà di Giovanni Gubinelli ai cui eredi è rimasto ininterrottamente fino al 1999, quando venne acquistato da una società per azioni (amministratore delegato dott. Lucio Jozzi). La notorietà del "Caffè Greco" ebbe inizio nel 1779 quando cominciò ad essere frequentato da Johann Wilhelm Tischbein, Karl Philipp Moritz e Wolfgang von Goethe divenendo ben presto luogo preferito d'incontri di artisti germanici, tanto che lo scrittore Johann Jakob Wilhelm Heinse ne propose la denominazione di "Caffè Tedesco". Ma il XIX secolo fu l'epoca d'oro del celebre locale; e di quel periodo conserva ancora il tipico aspetto oltre alle opere numerosissime di artisti italiani e stranieri che lo frequentarono e di cui sono tappezzate le pareti di tutti gli ambienti. Il "Caffè", infatti, può essere considerato un piccola ma originalissima galleria d'arte. Vi si ammirano opere di autori famosi, tra cui Antonio Mancini, Ippolito Caffi, Onorato Carlandi, Franz Ludwig Catel, Enrico Coleman, Alessandro Faure, Angelica Kauffmann, Jakob Philipp Hackert (attr.), Massimo D'Azeglio, Nino Costa, Vincenzo Camuccini. Del celebre locale furono ospiti regnanti e principi della chiesa, quali Luigi I di Baviera e Gioacchino Pecci (il futuro papa Leone XIII); letterati, poeti e scrittori, tra cui Hans Christian Andersen, René de Chateaubriand, Giacomo Leopardi, Adam Mickiewicz, Gabriele D'Annunzio, Nathaniel Hawthorne, Nicolaj Gogol, Henri Beyle (Stendhal), Hippolyte Tayne, Carlo Goldoni, George Byron, Percy B. Shelley, Henry James, Mark Twain; pittori e scultori quali (oltre agli autori delle opere sopra citati), Jean Baptiste Corot, Friederich Overbeck, Antonio Canova, Orazio e Carlo Vernet, Jean A. Ingres, Berthel Thorvaldsen, Anselm Feuerbach, Henry Regnault; numerosi musicisti, tra cui Franz Liszt, Hector Berlioz, Goerge Bizet, Gioacchino Rossini, Jacob Mendelssohn, Giovanni Sgambati, Arturo Toscanini, Charles Gounod, Richard Wagner. Nel 1953 il Ministro della Pubblica Istruzione in base alla legge n. 1089 del 1939, con decreto n. 189249 sottoponeva il Caffè Greco a "vincolo" perché, come si legge nella motivazione, il locale "più volte abbellito con decorazioni e cimeli di interesse storico ed artistico, costituisce oggi un vario e pregevole esempio di pubblico ritrovo sviluppatosi, attraverso due secoli di vita, per la ininterrotta consuetudine da parte di artisti di ogni paese di frequentare le sue ospitali e raccolte salette, avendo rappresentato in Roma, per circa duecento anni, un centro di vita artistica universalmente noto". E ancora oggi esso continua ad essere meta preferita di artisti e letterati di ogni parte del mondo. In una saletta appositamente riservata (in fondo all'"Omnibus", come è abitualmente detto il lungo corridoio che vi immette), ogni primo mercoledì del mese si riunisce il "Gruppo dei Romanisti" (studiosi di Roma) per discutere e possibilmente contribuire a risolvere qualcuno dei molti problemi dell'Urbe. Ed ivi lo scorso 7 giugno il noto Gruppo culturale ha avuto l'onore di ricevere il Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, il quale ha rivolto al benemerito sodalizio parole di sincero compiacimento per l'attività che, da oltre cinquant'anni, disinteressatamente svolge in favore della città.

 

 

 

 

 

 

 

 

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  ing. Pierluigi Carnesecchi La Spezia anno 2003