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Storia dei Carnesecchi
Anno 1467 Matrimonio di Giuliano di Simone di Paolo di Berto Carnesecchi con Cassandra di Jacopo Lanfredini |
of two of Pollaiuolo's paintings, one being the Hercules and Nessus of the Jarves ... to say that these two families of Lanfredini and Carnesecchi intermarried in the persons of Giuliano Carnesecchi and Cassandra Lanfredini in the year 1467. ...
The New Haven Pollaiuolo
Herbert Cook
Burlington Magazine for Connoisseurs, Vol. 9, No. 37 (Apr., 1906), pp. 52-53
Un libro d'ore Carnesecchi Capponi conservato alla Trivulziana di Milano
spett.le Società Storica Lombarda Trovo sul vostro sito :
– Persone, Luoghi, Materia, anni XCI – C (1964 - 1973), serie IX, Vol. I-VI , Milano, Cisalpino, 386 pag. Carnasecchi ( famiglia fiorentina - libro d'ore - III91)…………………………… ……………..avrei bisogno di conoscere di quali materiali disponete relativamente a questa famiglia
le indicazioni da Lei riportate sono tratte dagli indici della nostra rivista "Archivio Storico Lombardo" . Nell""Archivio Storico Lombardo" 1968 all'interno dell'Articolo di C. Santoro Biblioteche di Enti e di Bibliofili attraverso i codici della Trivulziana alla pag. 91 sotto la voce bibliofili si trova la seguente frase: "... CARNASECCHI e CAPPONI. Per queste due famiglie fiorentine venne eseguito un grazioso libro d'ore, quattrocentesco, con fregi ed iniziali miniate di scuola fiorentina (n. 464) . Porro 330; Santoro p. 90 n. 150 ..."
Mentre nell'"Archivio Storico Lombardo" 1971-72-73 all'interno della recensione realizzata da M. Bendiscioli relativa al libro di A. D'Addario Aspetti della controriforma a Firenze (- Pubblicazioni degli Archivi di Stato, LXXVII, Roma 1972) alla pag. 451 compare la seguente frase: "... La terza serie (nn. XXIII -LXV, p. 413-446) si riferisce a Figure di credenti e associazioni religiose nella Firenze del 1500 e costituisce il maggiore contributo del volume della Storia della spiritualità fiorentina: qui figurano, tra l'altro, copia d'una lettera del Carnasecchi ai "Cardinali dell'Inquisizione" del 9 luglio 1567 ed un dispaccio del residente fiorentino a Roma del 21 sett. 1567 sull'autodafé per la condanna dello stesso Carnasecchi (p. 419) . ...".
Restando a Sua disposizione le porgiamo distinti saluti. Società Storica Lombarda
Avete la possibilita' di dirmi dove e' conservato questo libro d'ore ( e a chi posso rivolgermi per saperne di piu' ) cosa vuol dire N.464 ? cosa vuol dire Porro 330 ? cosa vuol dire Santoro P90 n.150 ? Questo libro potrebbe essere un pezzo assai interessante e pochissimo conosciuto !
siamo lieti di poterle essere utili, il manoscritto dovrebbe essere conservato presso la biblioteca Trivulziana alla quale consigliamo di rivolgersi. (02.884.63690 / 02.884.63696 Fax 02.884.63698 e-mail: ASCB.Trivulziana@comune.milano.it)Per "Libro d'ore" si intende un manoscritto di preghiere per la meditazione individuale, il n. 464 dovrebbe corrispondere al numero di inventario della Trivulziana. |
Una testa di Baccio Rondinelli
Nei tempi ne' quali fiorirono in Fiorenza l'arti del disegno pe' favori et aiuti del Magnifico Lorenzo Vecchio de' Medici, fu nella città un orefice chiamato Michelagnolo di Viviano da Gaiuole, il quale lavorò eccellentemente di cesello, d'incavo, per ismalti e per niello et era pratico in ogni sorte di grosserie. Costui era molto intendente di gioie e benissimo le legava, e per la sua universalità e virtù a lui facevano capo tutti i maestri forestieri dell'arte sua et egli dava loro ricapito, sì come a' giovani ancora della città, di maniera che la sua bottega era tenuta et era la prima di Fiorenza. Da costui si forniva il Magnifico Lorenzo e tutta la casa de' Medici, et a Giuliano fratello del Magnifico Lorenzo, per la giostra che fece su la piazza di Santa Croce, lavorò tutti gl'ornamenti delle celate e cimieri et imprese con sottil magisterio; onde acquistò gran nome e molta famigliarità co' figliuoli del Magnifico Lorenzo, a' quali fu poi sempre molto cara l'opera sua et a lui utile la conoscenza loro e l'amistà, per la quale e per molti lavori ancora fatti da lui per tutta la città e dominio egli divenne benestante, non meno che riputato da molto nell'arte sua. A questo Michelagnolo, nella partita loro di Firenze l'anno 1494, lasciorno i Medici molti argenti e dorerie e tutto fu da lui segretissimamente tenuto e fedelmente salvato fino al ritorno loro, da' quali fu molto lodato dappoi della fede sua e ristorato con premio. Nacque a Michelagnolo l'anno 1487 un figliuolo, il quale egli chiamò Bartolomeo, ma di poi, secondo la consuetudine di Firenze, fu da tutti chiamato Baccio.
Desiderando Michelagnolo di lasciare il figliuolo erede dell'arte e dell'avviamento suo, lo tirò appresso di sé in bottega in compagnia d'altri giovani, i quali imparavano a disegnare, perciò che in que' tempi così usavano e non era tenuto buono orefice chi non era buon disegnatore e che non lavorasse bene di rilievo. Baccio, addunque, ne' suo' primi anni attese al disegno, secondo che gli mostrava il padre, non meno giovandogli a profittare la concorrenza degli altri giovani, tra' quali s'addomesticò molto con uno chiamato il Piloto, che riuscì di poi valente orefice e seco andava spesso per le chiese disegnando le cose de' buoni pittori, ma col disegno mescolava il rilievo, contrafacendo in cera alcune cose di Donato e del Verrocchio, et alcuni lavori fece di terra di tondo rilievo. Essendo ancora Baccio nell'età fanciullesca, si riparava alcuna volta nella bottega di Girolamo del Buda, pittore ordinario su la piazza di San Pulinari, dove essendo un verno venuta gran copia di neve e di poi dalla gente ammontata su detta piazza, Girolamo rivolto a Baccio gli disse per ischerzo: "Baccio, se questa neve fussi marmo, non se ne caverebbe egli un bel gigante come Marforio a giacere?" "Caverebbesi", rispose Baccio, "et io voglio che noi facciamo come se fusse marmo." E posata prestamente la cappa, messe nella neve le mani e da altri fanciulli aiutato, scemando la neve dove era troppa et altrove aggiugnendo, fece una bozza d'un Marforio di braccia otto a giacere, di che il pittore et ognuno restorono maravigliati, non tanto di ciò che egli avesse fatto, quanto dell'animo che egli ebbe di mettersi a sì gran lavoro così piccolo e fanciullo. Et invero Baccio avendo più amore alla scultura che alle cose dell'orefice, ne mostrò molti disegni, et andato a Pinzirimonte, villa comperata da suo padre, si faceva stare spesso innanzi i lavoratori ignudi e gli ritraeva con grande affetto, il medesimo facendo degli altri bestiami del podere. In questo tempo continovò molti giorni d'andare la mattina a Prato vicino alla sua villa, dove stava tutto il giorno a disegnare nella cappella della pieve, opere di fra' Filippo Lippi, e non restò fino a tanto che e' l'ebbe disegnata tutta ne' panni immitando quel maestro in ciò raro; e già maneggiava destramente lo stile e la penna e la matita rossa e nera, la quale è una pietra dolce che viene de' monti di Francia, e segatele le punte conduce i disegni con molta finezza. Per queste cose, vedendo Michelagnolo l'animo e la voglia del figliuolo, mutò ancora egli con lui pensiero, et insieme consigliato dagli amici lo pose sotto la custodia di Giovanfrancesco Rustici, scultore de' migliori della città dove ancora di continovo praticava Lionardo da Vinci. Costui, veduti i disegni di Baccio e piaciutigli, lo confortò a seguitare et a prendere a lavorare di rilievo e gli lodò. grandemente l'opere di Donato, dicendogli che egli facesse qualche cosa di marmo, come o teste o di basso rilievo. Inanimito Baccio da' conforti di Lionardo, si messe a contraffar di marmo una testa antica d'una femmina, la quale aveva formata in un modello da una che è in casa Medici, e per la prima opera, la fece assai lodevolmente e fu tenuta cara da Andrea Carnesecchi, al quale il padre di Baccio la donò et egli la pose in casa sua nella via Larga, sopra la porta nel mezzo del cortile che va nel giardino. Ma Baccio seguitando di fare altri modegli di figure tonde di terra, il padre volendo non mancare allo studio onesto del figliuolo, fatti venire da Carrara alcuni pezzi di marmo, gli fece murare in Pinti nel fine della sua casa, una stanza con lumi accomodati da lavorare, la quale rispondeva in via Fiesolana, et egli si diede ad abbozzare in que' marmi figure diverse, e ne tirò innanzi una fra l'altre in un marmo di braccia dua e mezzo, che fu un Ercole che si tiene sotto fra le gambe un Cacco morto; queste bozze restorono nel medesimo luogo per memoria di lui.
In questo tempo essendosi scoperto il cartone di Michelagnolo Buonarroti, pieno di figure ignude, il quale Michelagnolo aveva fatto a Piero Soderini per la sala del Consiglio grande, concorsono, come s'è detto altrove, tutti gli artefici a disegnarlo per la sua eccellenza. Tra questi venne ancora Baccio e non andò molto che egli trapassò a tutti innanzi, perciò che egli dintornava, et ombrava, e finiva, e gl'ignudi intendeva meglio che alcuno degli altri disegnatori: tra' quali era Iacopo Sansovino, Andrea del Sarto, il Rosso ancor che giovane et Alfonso Barughetta spagnolo, insieme con molti altri lodati artefici. Frequentando più che tutti gli altri il luogo Baccio et avendone la chiave contraffatta, accadde in questo tempo che Piero Soderini fu deposto dal governo l'anno 1512 e rimessa in stato la casa de' Medici. Nel tumulto addunque del palazzo per la rinnovazione dello stato, Baccio da sé solo segretamente stracciò il cartone in molti pezzi; di che non si sapendo la causa, alcuni dicevano che Baccio l'aveva stracciato per avere appresso di sé qualche pezzo del cartone a suo modo: alcuni giudicarono che egli volesse tòrre a' giovani quella commodità perché non avessino a profittare e farsi noti nell'arte; alcuni dicevano che a far questo lo mosse l'affezzione di Lionardo da Vinci, al quale il cartone del Buonarroto aveva tolto molta riputazione; alcuni, forse meglio interpretando, ne davano la causa all'odio che egli portava a Michelagnolo, sì come poi fece vedere in tutta la vita sua. Fu la perdita del cartone alla città non piccola et il carico di Baccio grandissimo, il quale meritamente gli fu dato da ciascuno e d'invidioso e di maligno. Fece poi alcuni pezzi di cartoni di biacca e carbone, tra' quali uno ne condusse molto bello d'una Cleopatra ignuda, e lo donò al Piloto orefice.
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ing. Pierluigi Carnesecchi La Spezia anno 2003