Mi è capitato fra le mani un manoscritto di proprietà di un discendente di generazioni di notai. L'ho fotografato, purtroppo al semibuio e le foto non sono buone. Si tratta del racconto della congiura dei Pazzi "che fece descrivere la Regina di Francia Caterina de' Medici". Non è firmato né datato. Credo sia la trascrizione della relazione scritta da Francesco Neroni, che fu ripresa poi dagli storici successivi. Allego la trascrizione e un paio di foto.

 

PAOLO PICCARDI

 

 

 

 

 

CONGIURA

DEI PAZZI CONTRO

I MEDICI

SEGUITA NEL

DUOMO FIORENTINO

IL DI XXVI APRILE

MCDLXXVIII

 

 

 

 

 

 

 

AVVERTIMENTO

La presente Relazione è cavata dalle

notizzie più Singolari, e autentiche, et

in specie da una relazione esattissima, che

fece descrivere la Regina di Francia Cateri=

na dei Medici, che si conserva

nella Libreria del Re

Cristianissimo.

 

 

 

 

Essendo il Pontefice Sisto IV, nato in Savona dalla bassa Famiglia della Rovere, e stato povero Frate Cordeliere, o vogliamo dire Francescano, che per l’amicizzia, e benevolenza tenutagli dal Card.e Bessarione a riguardo della di lui abilità nel predicare, e in specie in sostenere la Concezzione immaculata della SS: Vergine Maria fu fatto Card.e e dopo inalzato al Sommo Pontificato; Era perciò sommam.e desideroso d’aggrandire le famiglie dei suoi Congiunti, delle quali aveva nove Nipoti. Laonde dopo avere a’ detti suoi nipoti conferiti 4 Cappelli da Card.e, che uno di essi l’ebbe Pietro della Famiglia dei Riarii nato d’una sua sorella e stato Frate dell’istessa Religione, che lui; Voleva ancora mettere in possesso i med. Riarij, non solo delle Città di Castello, e di Faenza, ma ancora dello Stato Fiorentino, il quale sperava di poter facilmente conseguire con l’occasione di esser vicendevolm.e tra loro disgustati, il medesimo Papa, e Lorenzo dei Medici Capo della Rep.a Fior.a; Il Papa a cagione d’esserli stato impedito da Lorenzo l’aqquisto della Città di Castello, che governavano i Vitelli, e quello pure della Città di Faenza posseduta da Astor Manfredi, e Lorenzo, perché il Papa non aveva voluto creare Card.e Giuliano de’ Medici suo frat.o. Ma con tutto che gl’ene fosse stata fatta istanza dall’istessa Rep. Fior. (la raccomandazione della quale sempre era stata tenuta in considerazzione dalla Corte di Roma) dal Re di Napoli, dal Duca di Milano, e dai Genovesi (i quali SS:i si faceva gloria di tenersegli per obbligati) sempre non dimeno era stato inflessibile a non volergli dare il Capp.lo.

Conosciuta tal cosa da Franc.o de’ Pazzi, che era un Uomo simile a Catilina rappresentatoci da Salustio, e che aveva tutte le buone, e tutte le cattive qualità di questo Aventuriere Romano, e principalmente quella di non aver punto diminuita la dissolutezza, ne’ la vivacità del suo bell’ingegno, ne l’umore ardito, col quale egli era nato, la di cui famiglia si contava tra le migliori di Firenze e avendogli suo Padre lasciati gran beni, non avean servito che pochi anni al lusso della sua tavola, e agl’altri suoi divertimenti, talchè l’impossibilità di pigliare in prestito di nuovo danari, l’aveva ridotto a uscire dal suo Paese per andare a Roma, dove il genio tutto estraordinario, che egli aveva per inventare delle nuove imposizzioni sotto pretesti lodevoli, l’avevan introdotto, prima nella cognizione, e di poi nella stretta confidenza del Papa: Questa fu l’occasione; che il Pazzi passò dagli affari del Banco, a quelli della politica, e vedendo il Papa nell’ultima collera contro la Casa de’ Medici, e’ nella disposizione fatale, dove bisogna, che l’odio fusse arrivato per divenire irreconciliabile, gli propose d’esterminarla per un attentato; che poteva mettere la Famiglia dei Riarij nel luogo che quella dei Medici teneva in Firenze.

Io non oserei dire, (seppure non avessi per testimonio un Onofrio, e un savio Agostino interamente devoti, e dediti agl’interessi della Corte di Roma) che Sisto vi dette orecchio a condizzione, che doppo l’omicidio di Lorenzo, e Giuliano de’ Medici si stabilirebbe a Firenze una sorte di Governo dove tutte le cose sarebbero regolate secondo l’intenzione della S. Chiesa, e per evitare l’orribile scandalo, che ne riceverebbe tutta la Cristianità, se comparisse, che sua S., che non deve avere, che pensieri di dolcezza all’esempio di quello, dal quale egli ha avuta tutta la sua auttorità, avessi macchinato nel suo intendimento un delitto sì nero, e di sì lunga esecuzzione, perciò fece indirizzare il piano di questo affare al Card.e Riario suo Nipote, al quale comandò in segreto di concertarlo con il Pazzi, e di prender tutte le sue misure per arrivare al suo intento.

Riario, e Pazzi convennero che l’intrapresa era di tal conseguenza, che le forze dello Stato Ecclesiastico non sarebbero bastanti a sostenerla, e che però innanzi a tutte le cose bisognava interessarvi il Duca di Milano, e il Re di Napoli; Ma il Duca di Milano, era così volubile, benchè più vicino a Firenze, che non gli pareva bene mescolarlo in quest’affare.

Il Re di Napoli, era più lontano da Firenze, e più imbarazzato negli affari domestici; ma altresì aveva l’animo sanguinario, e per conseguenza più facile a interessarsi nel disegno, che si pensava proporgli. Di più egli odiava la Casa de Medici, dopo, che non gli era sortito di maritare a Lorenzo una delle sue Figliole legittime avanti, che esso sposasse la Clarice Orsini. In fine vi aveva a Napoli due Truppe, che dovevan essere imbarcate per andar a rinfrescare il Presidio della Città di Santorì, dalla quale i Turchi erano stati costretti di levare l’assedio, e queste Truppe potevano avanzarsi verso la Toscana senza dare del sospetto, perché lo stato ecclesiastico s’era obbligato di spesarne una parte.

Il Papa fu dunque consigliato di mandare a Napoli un Uomo fidato, il quale lusingasse dolcemente l’animo del Re Ferd.o per la strada più sensibile, persuadendogli, che il fine della rivoluzzione, che si voleva introdurre nella Rep. di Firenze non era, che per ristabilre l’antico Regno della Toscana, del quale si farebbe portare l’antico Scettro alla sua Figliola naturale, per la quale egli aveva più di tenerezza, che per il resto de’ suoi figlioli, ciò che lo fece consentire a quello, che si desiderava da lui.

L’Inviato, che gli fu mandato condusse l’affare più avanti; poiché per impegnare di maniera, che questo Principe timido non avessi più pretesti per ritornare indietro, gli fece mandare il Duca di Calabria suo figliolo maggiore in Toscana, sotto pretesto e sotto colore di sollecitudine delle nuove assegnazzioni per gl’appuntamenti, che la Rep.a di Firenze gli doveva; ma in effetto per essere sui posti allora, che la congiura averebbe l’effetto, e per fermare con la sua autorità, e con la reputazione del suo valore quelli, che non avessero ancora ben determinato quello, che volessero fare; o sivvero, per attrarre al suo partito i principali della Nobiltà Fiorentina; che rifiutassero dichiararsi contro la Casa dei Medici; o almeno, acciò che essi si vedessero secondati da un Principe di questa considerazione.

Il Duca di Calabria presa la strada, che gli era stata ordinata, senza saper quello, che egli andava a fare, poiché era giudicato universalmente troppo sincero, e troppo generoso, e non capace d’incaricarsi d’una sì vergognosa commissione, se egli ne avesse penetrato il mistero. Gli si fece solamente intendere, che andasse a mettersi alla testa di gente da guerra, alle quali il Papa aveva dato dei buoni Quartieri nella Romagna, a fine, che la sua presenza l’obbligasse a vivere con più rattenutezza. Ma le precauzzioni di Riario, e de’ Pazzi si estesero ancora più lontano. Le continue delizzie del Card.e Nipote avevan questo messo nella Tomba nell’età di XXVIII anni, e il disgusto, che aveva avuto Riario della morte precipitosa del suo fratello, non l’aveva impedito di operare a conservare i suoi benefici, e le sue dignità nella sua Casa. E perché non aveva Nipoti della sua Casa Riarij, che fossero fuori della culla, aveva pensato di dare il nome di Riario al Giovane Raffaello Sansoni, figliolo della sua sorella, e di presentarlo al Papa per riempir il luogo del Card.e Nipote, ancor che egli non avesse più, che 17 anni. Il Papa, che non poteva disdir nulla al Card.e Riario, aveva così tosto inalzato questo giovane nel Rango, che egli desiderava, e il Card.e Riario per trar vantaggio dal Benefizio, che gli aveva procurato, l’aveva mandato in Toscana, sotto pretesto di terminare i suoi studi a Pisa, che erà allora la più celebre università dell’Italia per la Legge. Ma in effetto aveva tanto ben prese le sue misure, che il giovane Card.e Riario doveva fare un viaggio a Firenze, senza altra intenzione dalla sua parte, che di vedere questa bella Città, quantunque nell’intenzione di Riario questo fusse, perché vi si ritrovassi appunto nel tempo, che la Congiura si eseguirebbe, a fine che la sua presenza animasse quelli d’entrare fra i congiurati, che sarebbero irrisoluti, o timidi, e dargli tutta l’autorità e tutta la confidenza, che il Pazzi giudicherebbe necessaria per la consumazzione del progetto.

Non ci restava altro, che a guadagnare Franc.o Salviati Arciv.o di Pisa, a fine di prevalersi del Credito, che egli aveva in Firenze, e per avere in tutti i casi un refugio nel suo Palazzo. Il vecchio Pazzi si incaricò di questa commissione, e l’eseguì senza fatica, a causa, che la rassomigliazna dei loro affetti, e della lor fortuna, gli aveva impegnati in un sì particolar legame, che essi entravano alla cieca nelle passioni, e nei capricci l’uno dell’altro. Erano nella med.a età, ed erano stati fatti Cavalieri in un med.o giorno, ne’ facevano professione d’alcuna virtù morale, né Cristiana, giocavano continuamente ai Dadi, facevano degli orribili giuramenti, e non mostravano punto di rispetto per le cose della religione. Ma oltre a questa società di dissolutezza vi erano due altri motivi, che avevano messo nell’eccesso l’Arciv.o di Pisa. L’una, che nel proseguimento dell’Arciv.to che egli aveva ottenuto per rigiro, per inganno e per altre strade irregolari, che erano allora più in uso in Italia, che non erano state da dopo nove, o dieci Secoli; questo Prelato non aveva avuto altra maggior opposizione, che dalla parte dei due fratelli Medici, ancorchè egli aveva infine superato anche questa per il credito dei Pazzi alla Corte di Roma.

L’altra ragione era, che per impegnare questo Spirito nighittoso, e voluttuoso in un intrapresa, che voleva un applicazzione tutta, e straordinaria, era bisognato lusingharlo della gloria, che egli riceverebbe in dichiararsi liberatore della sua Patria, e l’assicurarlo di più d’un Cap.o di Card.e nella prima promozzione. Di poi non vi fu più altra questione, che di radunarsi in un luogo comodo per fermare il piano della Congiura, e Iacopo Pazzi offerì per quest’effetto la sua villa di Montuglio dove i principali complici vi si ritrovarono sotto pretesto d’una partita di Caccia. Era stato fermato, che Frances. Pazzi, che si era insinuato poco fa nella confidenza di Giuliano de’ Medici, per la speranza, che gli aveva data di favorirlo appresso a una Dama, della quale egli era inamorato, l’insinuassi di persuader a Lorenzo, che ancorche la lor Casa non avesse altrimenti obbligo di mostrarsi sodisfatta del Papa, egl’era non dimeno conveniente, e da persona, che teneva il primo luogo in Firenze di trattare il Card.e Nipote: quando altro non fusse, che per mostrare al popolo che essa non aveva più sdegno per il rifiuto del Cardinalato, che gli era stato fatto per il detto Giuliano a Roma.

Si supponeva, che Lorenzo de’ Medici accetterebbe così subito l’impegno, perché si sapeva che i due Frat.li vivevano in una tale unione, che uno a malapena si era spiegato sopra delle cose oneste, e ancora sopra l’indifferenti, che l’altro vi consentiva; oltre di che il suo umore era naturalmente portato alla Magnificenza, e a render questa sorte di rispetti, che la cortesia, e la civiltà esigono dalle persone inalzate sopra del comune, e che non bisognava per disporverlo efficacem.e che fargliene nascer l’occasione. Così come non si dubitava che questo avverrebbe in una delle lor Ville, che i due Frat.li riceverebbero il Card.e Nipote per fargli goder meglio i divertimenti della stagione; fu fermato, che questo Giovane Card.e vi sarebbe accompagnato dalla metà dei Congiurati, che piglierebbero il tempo per assassinare i due fratelli a mezzo del Festino, mentre, che l’altra metà che resterebbe nella Città, ecciterebbe con l’Arciv.o la Sedizione, e si sforzerebbe di sollevare il popolo, facendo risonare alle loro orecchie la gradita parola di libertà.

Franc.o de’ Pazzi si prese l’assunto di questa commissione e nella prima visita, che rese a Giuliano de’ Medici, dopo il complimento fattogli nell’entrar da lui lo pregò, civilmente, e con una voce festosa, di dirgli il giorno, che il suo fratello, e lui avevan destinato per il regalo del Card.e Nipote perché il suo Zio, il quale gli aveva voluto ceder l’onore di trattare sua Eminenza il primo si disponeva a invitarlo per il giorno seguente. Giuliano fu un poco sopreso, e arrossì di questa domanda a causa dell’antipatia, che era fra il suo fratello, e i Riarij: rispose niente di meno, che il suo fratello non gliene aveva ancora parlato, perché il Card.e Nipote si tratterrebbe puranco qualche poco a Firenze, ma che in tutti i casi ne parlerebbero insieme la sera, e di fatto Lorenzo de’ Medici appena ne ebbe l’avviso, che i Pazzi dovevan regalare il Card.e Nipote, che credette che ne andasse del suo onore a non gli prevenire. Ne prese le misure dal suo Fratello e dette gl’ordini necessarij per preparare un Festino Magnifico nella Villa di Fregiola ( nr : Cafaggiolo ), che giudicava più comoda di tutte l’altre Ville. Il Card.e Nip.e fu invitato, se gli domandò del giorno, e si obligò a darlo, dopo che egli si fu lungo tempo scusato della buona cortesia, che gli s’offeriva, e Giuliano de’ Medici lo riferì a Franc.o de’ Pazzi.

I Congiurati si prepararono con altrettanta più che facilità, perché le persone che volevan assassimarli, avvertirono gl’altri del giorno per l’appunto, e di tutte le precauzzioni, che dovevan pigliare quando Lor.zo de’ Medici faceva il Festino nella sua Villa al Card.e. Ma essendo venuto il giorno destinato, Giuliano fu sopreso d’una tal flussione d’Occhi, e d’un sì fastidioso trabocco di Pituita, sullo Stomaco, che gli fu impossibile uscire del letto. Lor. che gli vedeva il viso sfigurato, ebbe riguardo di pressarlo a levarsi, e mandò a cercare i Medici, a’ quali caldam.e raccomandò d’aver cura della sua sanità, che non gli era meno preziosa, che la sua, e montò nel med.o tempo a cavallo per arrivare a Fregiola innanzi la compagnia che vi doveva ricevere.

Andò egli avanti al Card.e Nipote e complimentandolo con un volto, sul quale era facile il riconoscervi qualche cosa di turbolenza gli dimandò scusa, perché era venuto solo a renderli questo complimento, riferendogli l’accidente sopravvenuto al suo Fratello, esprimendone le circostanze in termini, che facevan vedere ai Congiurati di disperar la sua venuta, apprendendo per questo bizzarro caso, che la fortuna gli aveva levata una delle lor Vittime, ma come chè non vi era punto di rimedio, bisognò, che cangiassero l’aspetto di traditori, in quello di gente, che non pensava ad altro, che di divertirsi. Convennero subito tra essi di non eseguir nulla della loro intrapresa, perché quello dei due fratelli, che resterebbe vivo, sarebbe stato sufficiente per mantenere i vantaggi della sua Casa nella Rep.a di Firenze: Così i Pazzi dopo essersi riavuti dal loro sbalordimento, che l’assenza di Giuliano de’ Medici gli aveva cagionato, non ebbero altra cosa a fare, che di spedire uno dei loro Complici all’Arc.vo di Pisa ad avvertirvelo a fine che non si rimovesse nulla nella città male a proposito. Il Festino di Fregiola fu Magnifichissimo, e Lorenzo de’ Medici non tralasciò nulla di quello, che poteva servire a persuadere il Card.e Nip.e d’un profondo rispetto, che egli aveva per il Papa, non ostante quel che era seguito per addietro.

Il Card.e Nipote, che non sapeva nulla del personaggio, che gli facevan fare, non aveva repugnanza a lodare la delicatezza delle vivande, e l’esattezza, con la quale era stato servito. Non vi era altro, che i Congiurati che non si potevano contenere con tanto artifizzio, che non fusse stato facile a Lor.o de’ Medici di avvedersi, che essi erano assaissimo sconcertati, se il pensiero del male del suo Fratello gli avesse lasciato tutta la libertà dello Spirito, che gli era naturale, e se egli avesse avuta minor d’applicazione a quello, che faceva. Ciò non ostante però si portò Lorenzo con molta disinvoltura e il Card.e partì di Fregiola egualm.e sodisfatto della cortesia, e del Banchetto da lui fattogli.

I Congiurati non si persero d’animo per il primo colpo andatoli a vuoto, e come che la flussione di Giuliano de’ Medici si dissipò in pochi giorni, si credette che il suo Frat.o e lui non mancherebbero di trovarsi la Domenica seguente de 26 Aprile 1478 alla gran Chiesa del Duomo, quando questo non fosse per altro, che per accompagnare il Card.e che vi voleva vedere le Ceremonie: Si formò un secondo progetto per assassinare li due Fratelli Medici nel Tempio. L’impietà d’un tradimento oltre la Maestà del luogo, non poteva essere più esecrabile; poiché si prese per segno il momento augusto del più sacrosanto di tutti i nostri Misteri, voglio dire il tempo, che il Prete alzava l’Ostia. Allora Antonio da Volterra e il Governatore dei giovani Pazzi, che si chiamava Sig.e Stefano s’inpegnarono ad ammazzare Lor. de’ Medici a colpi di pugnalate, mentre che Franc. de’ Pazzi, e Bernardo Bandini ammazzerebbero Giuliano nell’istesso modo. L’Arciv.o di Pisa accompagnato da Iacopo Poggio figliolo di quello, che aveva allevato i due fratelli Medici, e seguitato dal più gran numero dei Congiurati, e di tutti i Parenti dei Salviati, che erano assai considerabili, stabilì d’impossessargli nel med.o tempo del Palazzo della Città, col pretesto di visitare Cesare Petrucci, che vi abitava in qualità di Gonfaloniere, e il Vecchio Iacopo Pazzi subito all’avviso della morte dei due fratelli doveva montare a cavallo con mettersi la Collarina al collo, e andar diritto alla principal Piazza dove tutti gli amici della sua Casa l’attenderebbero armati nei posti destinati per dar soccorso all’Arciv.o di Pisa, se egli ne avesse bisogno, contro al Palazzo della Città.

Per più sicurezza Francesco Pazzi volse sapere da Giuliano de’ Medici, se il suo fratello, e lui anderebbero alla Chiesa, e Giuliano gli rispose, che non averebbero difficultà a andarvi, e di fatto il giorno, e l’ora essendo venuta, Lor. de’ Medici vi andò il primo, perché aveva destinato di ricevervi i Sagramenti della penitenza, e dell’Eucaristia, e gli due, che dovevan assassinarlo, si posero vicini a lui; ma già si era cominciato a cantar l’introito della messa, e Giuliano de’ Medici non vi compariva, fusse il suo buon genio gli avesse fatto mutar pensiero o che egli avesse perso troppo tempo a vestirsi; i Congiurati ne eran fortemente appassionati, e si figuravano di già, che la loro intrapresa fusse sconcertata, perché essendogli mancata per la seconda volta, egl’era moralmente impossibile di tenerla segreta per la moltitudine di quelli, che la sapevano; allora Franc.o de’ Pazzi trovò un’’astuzia, che gli riuscì. Condusse seco il suo Camerata Bandini, e corse con lui alla porta dell’appartamento di Giuliano, lo trovorono occupato ad arricciarsi i capelli, e lo salutarono con un volto che non poteva esser, né più gioiale, né più in calma; gli fecero una cortese riprensione della sua lentezza, e Franc.o de’ Pazzi tirandolo da parte gli disse, che la sua Dama era in Chiesa, sì bella, e sì ben vestita, che attraeva gli sguardi di tutti i giovani Gentiluomini. Quest’avviso finì di vincere la resistenza di Giuliano e di superare l’ultimo ostacolo, che il suo genio opponeva alla sua disgrazia. S’affrettò di vestirsi, e questi due micidiarii sotto pretesto di secondare la sua impazienza, gli servirono di Servitori di Camera. Di poi lo presero sotto le braccia, e lo condussero in questa positura alla Chiesa, dove non fece altro, che arrivarvi, che il Prete alzò l’adorabile Ostia, e dette senza pensarvi il segno che li congiurati aspettavano per commettere uno spaventoso sacrilegio.

Pazzi, e Bandini ammazzarono Giuliano de’ Medici a colpi di pugnalate, e il medesimo fecero al Noris suo domestico, che volse impugnar la spada. Lorenzo de’ Medici non sarebbe stato lasciato a miglior fortuna, se si fussero gettati gl’assassini sopra di lui nel med:o istante; ma come i suoi Micidiarij non furono sì diligenti, che quelli del suo fratello, aveva visto, che lo pugnalavano, e questo tristo spettacolo l’aveva obbligato di trarre il suo Pugnale dalla mano dritta e fasciarsi col suo ferraiolo il braccio sinistro allora, che attaccato per Antonio da Volterra e per il Sig.e Stefano, e si difendeva con tant’ardire di spirito, che fu cagione della sua salute, perché ancora che egli avesse ricevuto in un subito un colpo nella gola, dalla quale usciva molto sangue, si difese per tanto tempo, che i suoi amici, che si trovarono secondati da qualche Prete coraggioso ebbero tempo di raggiungerlo, e di metterlo in una delle Sagrestie, che a caso si trovava aperta, e di serrar la porta avanti, che Bandini, che correva doppo per ammazzarlo, l’avessi arrivato; In questo mentre l’Arciv.o di Pisa andò al Palazzo della Città e domandò di parlare al Gonf.e. Il Portiere gli rispose, che aveva ordini di non lasciar passar nessuno, perché il Gonf.e era per entrar a tavola con i Cap.ni dei Quartieri, che aveva invitati.

L’Arciv.o fu un poco sorpreso di quest’accidente, che non aveva previsto, e servendosi del primo pretesto, che gli venne per la mente, rispose al Portiere, che bisognava necessariam.e che egli parlasse al Gov.e in quel punto, perché portava degli ordini del Papa, che non potevan esser ritardati un momento. Il Portiere credette facilmente quel che l’Arciv.o gli diceva, tanto più, che vedeva con lui un corteggio estraordinario, e senza fare altra riflessione andò a dire al Gonf.e che l’Arciv.o di Pisa aveva un breve del Papa da dargli. Il Gonf.e trovò assai stravagante che questo Prelato lo venisse a importunare in un tempo, nel quale non era solito di trattare degli affari seriosi, nulladimeno come la convenienza non permetteva il rimandarlo si levò da tavola, e andò a riceverlo, e lo condusse in una camera su alto. Questo si fece prontam.e, perché il Gonf.e dubitava di far aspettar i convitati, ciò che fece, che l’Arciv.o non ebbe tempo, né di risolvere per lui med.o né di concertare con i suoi complici sul qual fondamento egli appoggierebbe la menzogna, che aveva detta al Portiere, da che ne venne, che il Gonf.l doppo i primi complimenti, gli dimandò il breve, che portava per la parte del Papa, non solamente l’Arciv.l non rispose nulla di positivo, ma di più il delitto, del quale egli s’era incaricato si fece palese alla sua immaginazzione con tanta deformità lo turbò di tal sorte, che non potè impedirsi d’arrossire, e d’impallidire nel med.° tempo, ne di dimostrare dagli sguardi spaventosi, e dalle parole interrotte una parte di quello, che aveva nell’animo.

Allora il Gonf. che era sospettoso, come sono d’ordinario tutti i Fiorentini, sospettò, che gli si tendessero dell’insidie, e lasciando il Prelato da per se, uscì dalla Camera per chiamar la gente armata, che la Rep.ca intratteneva per la guardia della sua persona, e del Palazzo della Città. Poggio, che era entrato con l’Arciv.o volse ritenere il Gonf.e, ma quel Magistrato, che era più forte di lui, lo gettò per terra con un colpo di punta tutto stordito, e il Gonf., non fece, che due salti per andare alla sala del festino ad avvertire i convitati di salvarsi nella torre, li gli fece entrare, e si messe sulla scala per proibir l’accesso con una Brocca, che per sorte aveva trovata.

I Congiurati, che avevan seguito l’Arciv.o eran tutti restati per rispetto a piè della grande Scala alla riserva di Poggio, che aveva preso l’Arciv.o sotto le Braccia per aiutarlo a salire, e s’erano divisi nelle sale del primo appartamento, che servivano all’adunanze de corpi dei mestieri, per paura, che la lor moltitudine non desse dell’ombra, se fussero stati visti tutti insieme, sopra di che bisogna notare una particolarità, che per essere stata tralasciata dagli Istorici di Firenze, rende la lro narrazzione oscura, e difettosa, e cioè che i Gonfalon.i quando entravano in possesso del Mag.o avevan per costume di far cambiare tutte le guardie delle serrature del Palazzo della Città. E Cesare Petrucci, che allora era Gonf.e si piccava d’esser ingegniere vi aveva fatto lavorare con tanto artifizzio, che le porte si chiudevano per poco, che esse si toccassero, ma non si potevan aprire, che con le chiave, le quali per conseguenza sempre stavano attaccate alla cintola del Portinaro; così in un momento nel quale il Gonf.e gridò soccorso con una voce spaventosa, le sale del primo piano si trovarono serrate e in congiurati presi come in una trappola.

Il Popolo naturalmente inclinato alla superstizzione credette, che questo caso fusse avvenuto per miracolo, e Lor. de’ Medici, non si prese fastidio di disingannarlo, perché gli era di vantaggio, che i suoi Compatriotti fussero persuasi, che il Cielo s’interessava visibilmente a conservare la casa dei Medici; Ma egl’è più sicuro d’attribuir la causa di questo avvenimento, o a alcuni dei Domestici del Gonf.e che non erano tanto intimiditi, che andassero a serrare le porte; o al tumulto, che si levò nel Palazzo della Città assai grande, che urtasse nelle med.e e perciò da se stesse si serrassero, o a congiurati, che nell’istante, che sentirono gridare il Gonf.e all’arme, si immaginassero, che erano stati traditi, e che la cospirazione era scoperta, che l’Arciv.o di Pisa era Prigione, e che andavano per far Prigioni ancor loro, così la cura della loro propria vita avendo bandito dal lor pensiero la voglia di rendersi Padroni del Palazzo della Città, non pensassero più ad altro, che di trincierarsi, e di ben difendersi fin a tanto, che i lor compagni, che erano nella Gran Chiesa, dopo aver ammazzato li due Medici, o quelli, che si dovevano impadronire della pubblica Piazza sotto gl’ordini del Cavalier Pazzi, accorressero per liberargli.

Quel che si fusse stettero rinserrati in quelle sale fino a che Lor. de’ Medici dopo essere stato cavato dalla Sagrestia nella quale i Preti avevan fasciata la sua ferita fu ricondotto nella sua Casa, da una gran moltitudine di gente di tutti gl’ordini della Città e principalmente dal minuto popolo. Di lì si fece portare al Palazzo della Città, dove vi furono convocati tutti i Mag.ti. La deliberazione non fu lunga, perché gli amici dei Medici avendo avuto il tempo di mandare in tutti i Quartieri a informare i Cittad.i di quello, che accadeva, avevano anco di più esagerato l’omicidio di Giuliano, e il pericolo, del quale la Rep.a era minacciata con termini così compasionevoli, che tutto il Popolo aveva preso l’Arme; e gli più arditi s’erano impadroniti di tutte le cantonate delle strade che conducevano al Palazzo della Città, dopo aver disposti dei corpi di guardia nella gran Piazza, che era avanti al medesimo. Così non s’intese più da tutte le parti, che una confusione di voci che domandavano una buona, e breve giustizia, e come che non si poteva differire, tanto più, che si vedeva la Porta del Palazzo turata per il gran numero di quelli, che si presentavano per servire di Boia; i Mag.ti fecero attaccare delle corde a’ Balaustri delle finestre, dove il disgrazziato Poggio fu impiccato il primo, e gli altri Congiurati di poi, i quali vedendo da una parte il furore del Popolo estraordinariam.e arrabbiato contro di loro, e dall’altra le Porte rinforzate di guardie per ordin dei Mag.ti che v’eran presenti, si eran’arresi a discrezzione perché non potevan far altro che almeno ammazzarsi da se stessi.

Già mai spettacolo più orrendo, e sì spaventoso non fu veduto, e già mai spettacolo sì compassionevole era accaduto: Appena il Paziente era mezzo strangolato, che si tagliava la corda per dar luogo ad un altro; il corpo cascava in terra, e il Popolo subito la faceva in pezzi. Nessuna sorte di persona fu esente dal supplizio, e tutta la grazia, che si fece ai più illustri dei Complici fu di giustiziargli gli ultimi.

Franc.o de’ Pazzi autore della Congiura che da lui med.o per disgrazia s’era ferito nel ferire Giul.o de’ Medici, non potè uscir della Città, e fu obligato di nascondersi nella casa del suo Zio, dalla quale ne fu cavato, dopo essere stato scorto da una serva, e fu condotto al Palazzo della Città. I curiosi osservarono, che egli non disse mai una parola, e che non comparve sul suo volto alcun segno di dispiacere, ma solamente de’ gesti d’una superbia sdegnosa. Fu appiccato alla finestra, che era appunto di sopra alla gran porta, e l’Arciv.o di Pisa subito vi fu condotto ancor lui per fargli compagnia.

L’avevano indotto a discoprire avanti tutto l’ordine della congiura, e di scriverla, e sottoscriverla di sua propria mano, e questo prelato aveva acconsentito, perché s’era figurato, che i Mag.ti mossi da quest’atto di condiscendenza avrebbero del rispetto per il suo carattere, e che rallenterebbero qualche cosa della lor severità. Ma non ostante fu trattato come gl’altri, o sia che volessero aggiugnere una particolar infamia alla pena che era comune con gl’altri complici, o sia che l’ardore del Boia, che faceva l’esecuzioni fusse tanto grande, che esso non considerasse quello, che faceva, o sia in fine, che questo fosse fatto per far affronto alla corte di Roma, e punirla almeno in questo modo per essersi mescolata in un sì detestabile azzione; questo infortunato Prelato fu impiccato con gl’abiti Pontificali, dei quali era stato vestito. I più vicini spettatori del suo supplizio notarono, che allora, che egli fu buttato giù, s’incarnì sopra il corpo del Pitti, che spenzolava al balaustro vicino, e gli morse la mammella mancina con tanto furore, che il Boja durò fatica a staccarnelo.

Suo fratello, e cuo Cugino Germano che tutti due avevan nome Iacopo Salviati, furono impiccati a canto a lui, e il vecchio Cavalier Pazzi, che s’era avvicinato fino alla Piazza pubblica a fine di sollevare il Popolo, vedendo, che non l’ascoltava, che per burlarsi di lui, e che già cominciava a circondarlo, e a gettargli de’ sassi da’ tetti, spronò il suo cavallo, che era vigoroso, si fece far largo, e uscì felicemente dalla Porta alla Croce. Ma come che s’era ritirato verso i Monti, e non aveva denari addosso, fu costretto a capo a due giorni a rifugiarsi in un’osteria per cercarvi da mangiare, e a vendere il suo cavallo.

Fu riconosciuto dall’Oste, al quale s’era accostato, e quest’uomo, che non era affatto rustico fece subito il disegno sopra la persona del med.o per guadagnare il prezzo, che i Mag.ti avevan destinato a chiunque glielo desse nelle mani. Lo ricevè umanam.e e lo trattò più lautamente che ei potette e lo persuase di stare da lui fin a tanto, che andasse a vendere il suo cavallo; e invece di eseguir quello, che gli aveva promesso, andò a scoprirlo ai Mag.ti di Firenze, i quali subito lo mandorono a pigliare. Il suo processo fu fatto nelle forme. Esso si lusingava con la med.a speranza, che aveva obbligato l’Arciv.o di Pisa a rivelare tutto il segreto della congiura. Confermò la deposizione di questo Prelato, v’aggiunse i nomi dei Complici, e la parte, che ciascheduno vi aveva avuta; in una parola, fece tutto siò, che l’ingegno, e la debolezza gl’ispirarono per salvare la sua vita; ma quando vedde, che non si tralasciava di condannarlo alla forca e che veniva un Ecclesiastico per disporlo alla Morte, si levò la maschera, e non volse più ascoltar altri sentimenti, che quelli, che la natura corrotta suggerisce alle persone disperate. Ricusò ostinatamente di morir Cristiano, e morì chiamando il Diavolo. I Mag.ti non lasciarono perciò di farlo sotterrare in una Chiesa di Firenze, dove eran sepolti i suoi antichi, ma il popolo, nel quale il furore s’era accresciuto per l’ultimo disprezzo, che il Paziente aveva dimostrato dei Sagramenti, disotterrò il suo corpo, e lo gettò tra gli sporcizi, di dove la Giustizia lo fece levare, e seppellire segretamente in un Cimitero: ma questo non servì che a rinovare il tumulto, poiché scopersero il luogo, ove egli era, e con l’ugna scavaron la fossa, ripresero il cadavere, lo strascinorono per le strade, e dopo che gli uomini si straccorono di sfigurarlo, lo lasciorono ai ragazzi, che lo buttaron nel Fiume Arno.

Renato de’ Pazzi, suo Cugino Germano non fu più affortunato, quantunque egli avesse avuta una commissione meno dannosa; S’era incaricato di sollevare il Contado del Mugello, ma quella rustica gente lo prese, e con i piedi, e mane legato, lo condussero a Firenze, dove vi trovò il suo processo fatto, e il Boja pronto per impiccarlo. Non vi fu di tutti i Congiurati, che il bravo Montesecco, al quale fu fatta la grazia di morire d’una maniera meno infame.

Questo era dei più valenti uomini d’Italia, che s’era attaccato a Riario, e non si era mescolato nella cospirazione, che per compiacergli. Aveva promesso di pugnalare Lor.o de’ Medici nel Festino di Fregiola, ma l’esecuzione essendo stata trasferita s’era riscontrato a caso nella conversazione col med.o Lor.o de’ Medici, e ne era restato così incantato di modo che ricusò d’ammazzarlo, sotto pretesto, che quando lui aveva dato parola, era stato per commettere un omicidio in assassinare un Uomo in casa sua; ma non già di commettere un esecrando sacrilegio con profanare gl’Altari col sangue; era stata ricevuta la sua scusa; perché il Maestro dei giovani Pazzi s’era offerto d’entrare in suo luogo, e come che lui non s’era trovato, né nella gran Chiesa, né nel Palazzo della Città, così aveva avuta più comodità di fuggire, ma non aveva potuto rifugiarsi sì prontamente nello Stato Ecclesiastico, che la guarnigione di Radicofani non lo fermasse nel cammino, e lo mandasse sotto buona scorta a Firenze, dove gli fu tagliata la testa.

Il Sig:e Stefano, e Anton di Volterra, che dovevan assassinare Lor.o de’ Medici, dopo essergli fallito il colpo, avevan considerato d’uscire dalla Chiesa al principio del tumulto, e nel tempo, che quelli, che assistevano alla Messa eran troppo spaventati, e troppo occupati intorno al corpo di Giuliano, e alla persona di Lor.o per osservare i loro Micidiarij. Questi s’erano ratti ratti scappati alla Porta, e salvati in un Monastero, dove i Religiosi gl’avevan ricevuti, e per tre giorni s’eran astenuti di scoprirgli, o fusse perché ne avessero pietà, oppure perché volessero per questo mantenere il lor Convento nel possesso della franchigia che pretendevano avere ottenuta dal Papa e dagl’Imperatori. Ma i Mag.ti ordinarono nella città una ricerca generale, che si fece con tanta esattezza, che il detto Sig.e Stefano, e suo Camerata furono levati dal luogo, dove pensavano esser sicuri, e condotti al supplizio.

Tutti i Parenti dei Pazzi, tutti i loro alleati, e ancora quelli, che avevan avuto intrinsichezza con essi, furon messi in Prigione, ancorchè non avessero avuto parte nessuna nella congiura, e Guglielmo de’ Pazzi fu relegato per tutto il tempo di sua vita in una Villa, nonostante, che avesse sposata la sorella di Lor.o de’ Medici, e che questa virtuosa Dama si fosse gettata ai piedi del suo frat.o, e dei Mag.ti per ottenere che il suo Marito fusse liberato, poiché s’era interamente giustificato per tutte le deposizioni de’ Complici.

Questa fu una cosa assai estraordinaria, che in un sì gran numero di Congiurati non vi fusse che un solo, che potesse uscir dello Stato Fior.no senza essere arrestato; e quello med.o che scappò era il più colpevole di tutti.

S’intende assai chiaro, che io voglio dire del Bandini. Quest’Assassino non era stato tanto acciecato dalle promesse d’impunità, con le quali Riario aveva lusingato i suoi Complici, che non avesse provisto alla sicurezza della sua persona, in caso di bisogno. Aveva preso in prestito dai suoi amici, e da quelli, che l’avevano impegnato nella congiura, notabili somme di denaro, le quali aveva messe nelle mani de’ Mercanti di Venezia per riceverle in Costantinopoli in capo a sei mesi; Di più il suo servitore l’aspettava vicino alla gran Chiesa con un cavallo di prezzo, e con qualche bandito a lui noto, passeggiando sul Cimitero per fargli largo, e favorire la sua escita.

Con queste precauzioni aveva fatto più lui solo, che tutti gl’altri congiurati insieme, perché aveva il primo ferito con un pugnale Giuliano de’ Medici sotto la mammella manca, e vedendo, che il Pazzi s’ostinava a dargli cento colpi dopo la sua morte, aveva permesso, che gustasse d’una sì acerba vendetta, e rivoltandosi verso Noris Domestico di Giuliano gli aveva ficcato il pugnale nel piccolo ventre, in seguito di che aveva posto l’occhio dalla parte di Lor.zo dove nel momento, che si salvava nella Sagrestia tutto macchiato di sangue l’aveva raggiunto sì vicino per ammazzarlo, che gli sarebbe sortito il farlo, se la lestezza d’un Ecclesiastico non l’avesse ispinto con l’Asta della Croce, mentre, che Lor.zo entrava et avessi di poi serrata la porta con tanta prestezza, che il Bandini non aveva avuto il tempo di metter sì preso il piè, dentro la med.a per impedirlo.

Così Lor.o de’ Medici, avendo evitata la morte, Bandini se ne andò pian piano verso la Porta della Chiesa, dove al favore di quelli che lì l’aspettavano, guadagnò la strada, e montando sopra il cavallo se ne uscì per la Porta alla Croce e in luogo d’intraprendere il viaggio nello Stato Ecclesiastico, nel quale prevedeva che non sarebbe mancato chi l’avesse perseguitato, se ne fuggì dalla parte del Mare, dove correva meno rischio d’esser conosciuto, perché il paese era meno frequentato, principalmente nello Stato di Siena, e di fatto arrivò sicuramente fino a Corneto, Porto, che dependeva da quella Rep.a dove per una felice avventura trovò un vascello pronto a far vela in Levante. S’imbarcò in esso, il suo viaggio non fu attraversato, né da Pirati, né dalle Tempeste. Sbarcò a Galata, dove riscosse il denaro portato per le sue lettere di Cambio, e scelse questa Città per dimorarvi, e vi s’era quasi stabilito allora che si vidde esposto al gastigo, che pensava avere evitato.

Gl’Agenti di Lor.o de’ Medici lo scoprirono in Galata con tutta la cura, che si fosse presa di nascondersi, e come che essi avevano accesso appresso di Cadì Bascià primo Visir gli rappresentarono, che il Sultano suo Padrone era troppo buono per soffrir più lungo tempo nei suoi Stati il più colpevole degli uomini che si era saputo tra Cristiani, che S. A. aveva dimostrato dell’orrore in sentir le circostanze della Congiura de’ Pazzi, e che perciò non si dubitava punto, che essa non fosse per rifiutare la sua protezzione a colui, che ne era stato il principale autore, e esecutore. Questa dimostrazione accompagnata da domativi capaci di attrarre una persona interessata, come era il Gran Visir, ebbe tutto il successo, che si desiderava. Cadì Bassà ne parlò al Sultano, che allora era Baiazet Secondo, e lo fece risolvere a scacciare non solamente il Bandini dal suo Impero, ma ancora a darlo nelle mani ai Fiorentini.

Si pubblicò, che il motivo, che l’aveva indotto a fare in questo modo, era stato per acquistarsi del credito tra i Forestieri, e per dargli un famoso esempio della sola virtù, della quale si piccava, che era quella di esterminare i Parricidij. Si aggiunse ancora, che egli aveva voluto profittare dell’occasione, che gli si presentava, di mostrar a tutto il Mondo, come lui onorava il Merito di Lorenzo de’ Medici, che era di già conosciuto nelle tre parti dell’Universo; ma quelli, che penetrarono nel Consiglio del Divano ne concepirono un’altra opinione. Stimarono che Baiazet avesse in questa, come in tutte l’altre occasioni importanti, seguitato alla cieca i sentimenti, che gli erano stati suggeriti dal suo primo Visir, e il figliolo di questo Imp.e che fu Selim Primo, mostrò di poi confermare quest’opinione, quando che essendo interrogato, perché non portava la barba lunga, come suo Padre, disse, che ciò lo faceva per paura, che i Bassà lo pigliassero per essa, e lo conducessero dove a loro paresse. Vi fu però esser ancora più di mistero in questa civiltà Turca, che a prima vista non comparve a quelli, che facevan reflessione sulle due flotte, che il Papa aveva mandate gl’anni precedenti contro a quelle dei Turchi; s’immaginarono facilmente, che Baiazet essendo informato del segreto della Congiura dei Pazzi, e non avendo altro modo di vendicarsi dell’affronto, che aveva ricevuto, perché la flotta non ardiva uscir dai Porti, dove ella era; per esser quella osservata dall’armata navale dei Cristiani, che Baiazet, com’io dissi, aveva dato nelle mani il Bandini con la speranza, che essendo ciò applicato alla questione della Congiura, la ritorcerebbero contro il Sovrano Pontefice, e lo renderebbero in questo modo disprezzabile a tutti i Cristiani.

Ciò che si fusse il Bandini fu messo tra ferri, e condotto a Firenze, dove fu impiccato alla med.a finestra, che il Pazzi suo Camerata, benchè non poco tempo doppo. I Turchi non ebbero perciò la sodisfazzione, che essi aspettavano di vedere il Papa diffamato, perché il processo del Bandini fu tenuto segreto per i Commissarij che lo fabbricarono, di modo, che non ce ne è restata alcuna notizzia.

Dopo che i supplizzi furon terminati, e che Lor.o de’ Medici fu guarito dalla sua ferita fece fare di Magnifiche essequie al suo fratello Giuliano, a mezzo delle quali accadde questa novità. Una Giovane Dama, che Giuliano aveva intrattenuta, pretese esser sua moglie, e dichiarò esser gravida di lui; essa partorì dopo 60 giorni un fig.lo che lo somigliava totalmente; e questa può essere, che fusse la cagione, per la quale Lorenzo de’ Medici lo fece battezzare con il nome di Giulio de’ Medici, senza spiegare altrimenti se lo riconosceva per bastardo, o per legittimo e fu allevato col Card.e suo cugino Germano, al quale gli successe nel Papato sotto il nome di Clemente VII.

Quest’è quanto seguì nella famosa Congiura dei Pazzi, e gl’infelici Congiurati ebbero tutti il meritato Gastigo, non solo dell’iniqua congiura, e orribil sacrilegio, ma ancora delle gravi loro già passate colpe.

 

LAVS DEO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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