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Storia dei Carnesecchi
IL TABERNACOLO AL CANTO AI CARNESECCHI
Anno 1427 : in blu le case dei Carnesecchi nel popolo di Santa Maria Maggiore
L'incrocio dell' attuale via Rondinelli ( ex via Carnesecchi ) con via Cerretani formava il Canto ai Carnesecchi
Il Canto ai Carnesecchi fu poi anche chiamato Canto del Centauro , dal gruppo marmoreo del Giambologna oggi sotto la Loggia della Signoria .
Su questo angolo di via stava un tempo il Tabernacolo Carnesecchi dipinto da Domenico Veneziano ed ora alla National Gallery di Londra
TABERNACOLO CARNESECCHI
Dipinto da Domenico Veneziano
c. 1440 - 1445National Gallery ---Londra
The Virgin and Child Enthroned
National Gallery
This and and two other frescoes are part of a street tabernacle painted at the Canto de' Carnesecchi, near the Piazza S. Maria Novella in Florence. (This is now the point where the Via de' Banchi meets the Via de' Panzani.) The two heads are fragments of two full-length saints who stood on either side of the tabernacle. Vasari says that this tabernacle was one of Domenico's first works in Florence.
The painting shows a dignified and aristocratic Madonna seated on an elegant throne decorated with cosmati work. The Christ Child gives a sign of blessing; above, the foreshortened figure of God the Father is seen to dispatch the dove of the Holy Spirit.
The elaborate and accurate perspective construction of the throne, to some extent influenced by Paolo Uccello, is indicative of Domenico's interest in the rules of perspective.
The two heads are fragments of two full-length saints who stood on either side of the tabernacle. Vasari says that this tabernacle was one of Domenico's first works in Florence.
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Questo affresco secondo il Vasari e' stato commissionato da un Carnesecchi : Bernardo di Cristofano di Berto
Dr Hugh Hudson, Honorary Fellow, School of Culture and Communication, The University of Melbourne :
http://digilander.libero.it/gasparo/Hugh_Hudson1.pdf
Di cui riporto un brano
The taste for avant-garde perspective in art seems to have run in the Carnesecchi family. It was probably Paolo di Berto’s nephew, Bernardo di Cristofano Carnesecchi, who commissioned Domenico Veneziano’s Virgin and Child with God the Father, the Holy Spirit and Saints in the early 1440s for a street tabernacle in front of one of his houses on the Canto de’ Carnesecchi. The tabernacle was located at the point where the present day Via de’ Banchi and Via de’ Panzani meet, between Santa Maria Novella and Santa Maria Maggiore. The detached paintings from the central scene and two fragments of saints’ heads from the sides of the tabernacle are all that survive, now housed in the National Gallery, London. The Virgin and Child are shown on an enormous throne depicted in steep perspective, composed of distinctively Uccellesque, simple, geometric forms, notably the spheres mounted directly on the top of the throne, reminiscent of the spheres decorating the tops of architectural features throughout Uccello’s mural paintings of the Stories of the Virgin and Saint Steven in the Cathedral in Prato, painted c. 1435–36. Interestingly, like his uncle and Lorenzo di Piero Lenzi, Bernardo Carnesecchi was a member of the aristocratic Guelf party. This might be an indication of the kind of patron who favoured artists that contributed to the early development of perspective, since as shall be discussed below, the Guelf party was itself a patron of Brunelleschi and Donatello.
La fonte e' :D.Gordon , National Gallery Catalogues : The Fifteenth Century Italian Paintings , 1 , London 2003 pag 64 , citing unpublished research by Brenda Preyer .
The tabernacle was dated by Gordon c.1440-1444
IL TABERNACOLO FU STACCATO IN UN ANNO INTORNO AL 1825 ; NON SO COME IL TABERNACOLO COMPARE NELLA NATIONAL GALLERY DI LONDRA
ECCO ALCUNE VERSIONI DIVERSE SULL'EPOCA DEL DISTACCO :
.......Secondo il Vasari la prima opera eseguita da D. appena giunto a Firenze è il tabernacolo dei Carnesecchi. Questo deteriorato affresco, staccato dalla sua collocazione originaria nel canto dei Carnesecchi a Firenze nel 1852, consiste in una Madonna con Bambino su un trono prospettico fortemente aggettante e nelle teste di due santi che erano a figura intera; è concordemente considerato opera giovanile, eseguita prima del soggiorno di D. a Perugia.
Trecani –voce Domenico Veneziano
di Hellmut Wohl
L'affresco adornante il tabernacolo del Canto de' Carnesecchi, staccato nel 1831 , si trova oggi nella National Gallery di Londra (nn. 1213, 766, 767), in cattivo stato di conservazione.
Ma mi riempi l' animo d' amarezza il vedere che anco la mano dell' uomo aveva cospirato alla distruzione. Un tabernacolo' di Domenico Veneziano sul canto de' Carnesecchi, citato dal Vasari , fu per quel che udii raccontarmi disfatto due o tre anni sono. Ùna facciata tutta dipinta sulla piazza di S. Spirito fu stonacata ed imbiancata: cosicchè io, mi partii da Firenze con animo veramente amareggiato, e in preda alle più triste considerazioni facendo voti perche' questi esempi fossero gli unici in avvenire. ……………
10 settembre 1828 lettera al direttore Antologia
Il "Tabernacolo Carnesecchi" corrisponde ad una serie di tre dipinti autografi di Domenico Veneziano realizzati con tecnica a tempera su tavola (attualmente trasferiti su tela) intorno al 1440-44. È costituito da un riquadro centrale (241 x 120 cm.) e due frammenti laterali (43 x 35,5 cm.). L'opera è custodita nella National Gallery a Londra.
In precedenza la presente composizione si trovava al Canto dei Carnesecchi a Firenze, dove quella famiglia aveva le proprie abitazioni. Il "Canto" corrisponde all'incrocio di via Carnesecchi (oggi, via Rondinelli) con via Cerretani, nei pressi di Santa Maria Maggiore. il dipinto viene citato dal Vasari, che ne riferisce la committenza a Bernardo Carnesecchi.
L'opera, in pessimo stato di conservazione, raffigura nel riquadro centrale una Madonna in trono col Bambino e l'apparizione dell'Eterno nella zona alta che le invia, tramite raggi dorati, la benedizione insieme alla colomba dello Spirito Santo. La Vergine ha un un aspetto distinto e superbo, mentre il Bambino appare come un piccolo adulto in atto di dare la benedizione.
Nei due frammenti laterali, in origine facenti parte di ante apribili, sono stati identificati due santi: S. Antonio da Padova e S. Domenico di Guzman.
Similitudini stilistiche e compositive collegherebbero il Tabernacolo in esame con a quello dei Linaioli di Beato Angelico.
UN INFLUENTE MERCANTE E BANCHIERE DEL PERIODO MEDICEO
Bernardo di Cristofano di Berto di Grazino Carnesecchi Bernardo di Cristofano di Berto di Grazino di Durante Carnesecchi
Il figlio di Cristofano di Grazino : Bernardo divenne uno dei piu' importanti mercanti fiorentini del suo tempo. Risiedeva spesso all'estero in particolare a Montpellier
Le sue galere facevano la spola tra Pisa la Francia la Spagna il Portogallo . Era trasportatore , mercante , banchiere
Nel 1429 e' con Rinaldo degli Albizi e Piero Vespucci uno dei firmatari degli accordi commerciali tra il re del Portogallo e la Repubblica di Firenze
Su questo grande mercante non c'e'alcuno studio specifico nonostante la vastita dei suoi commerci
Molto amico di Cosimo de Medici ( padrino di battesimo di Lorenzo il magnifico ) era pero' anche il marito di Cosa di Ridolfo di Bonifazio Peruzzi di cui sara' uno dei fidejussori quando Ridolfo sara' confinato in esilio da Cosimo il vecchio
E' lui il committente del Tabernacolo Carnesecchi di Domenico Veneziano ora alla National Gallery di Londra
Un tabernacolo di Domenico Veneziano ……………………………..Una notizia non molto conosciuta : Bernardo Carnesecchi committente di Domenico Veneziano
In una nicchia sul muro di uno dei palazzi che formavano questo cantone stava dal 1440 circa fino a meta' ottocento un piccolo tabernacolo dipinto da Domenico Veneziano : una Madonna con Bambino tra i santi Antonio e Domenico.
Il palazzo era uno dei palazzi Carnesecchi e il committente dell'opera era Bernardo di Cristofano Carnesecchi , un intraprendente e ricco mercante fiorentino assai influente e cosi amico di Cosimo il vecchio da essere padrino di battesimo di Lorenzo il magnifico
Questo e' il tabernacolo Carnesecchi : Opera purtroppo molto rovinata e finita alla National Gallery di Londra dopo esser stata "strappata" dalla sua collocazione nel 1851 e venduta da Ercole Pio di Savoia ad un conte inglese
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TABERNACOLO CARNESECCHI DI DOMENICO VENEZIANO
Tabernacolo Carnesecchi< ……………………………………Tabernacolo Carnesecchi alla National Gallery
'The Virgin and Child Enthroned (Carnesecchi Tabernacle)', about 1435–43
Fresco transferred to canvas, 241 x 120.5 cm
NG1215
Signed on the step of the throne: DOMI[NI]CVS/ D[E]. VENECIIS. P[INXIT].
'Head of a Tonsured, Bearded Saint' (from the side wall of the Carnesecchi Tabernacle), about 1435–43
Fresco transferred to tile, 45 x 35.5 cm
NG767
'Head of Tonsured, Beardless Saint' (from the side wall of the Carnesecchi Tabernacle), about 1435–43
Fresco transferred to tile, 43 x 35.5 cm
NG766
This Virgin and Child enthroned with two saints is one of only two surviving signed works by Domenico Veneziano, one of the most influential Florentine painters of the mid-15th century, and the master of Piero della Francesca.1 It is also of special interest as the detached remains of a street tabernacle, few of which are displayed in museums because of their damaged state after centuries exposed to the weather. Yet tabernacle images such as this and the street tabernacle shown below (fig. 1) were once visible across Europe, on streets and crossroads in town and country, asserting a religious presence in the most public places and encouraging prayer rituals as part of everyday life, as well as during ceremonial processions. It is an important surviving example of this type of painting.
As it was originally part of a building, immured in a wall niche high above a street corner, it was an architectural painting in a very material sense. The grey painted arch of Domenico Veneziano’s inner frame, the box-like construction of the Virgin’s throne, and the domical blue sky from which God the Father emerges, all seem designed to emphasise the niche effect while playing with illusions of recession and projection in relation to its setting.2 Thus, while the large rigid throne which hems in the Virgin and Child creates a deeper perspectival space, at the same time it pushes the figures towards the viewer, rendering the Incarnation more certain and present. The throne dominates the space within the fresco, creating a tabernacle within a tabernacle within a tabernacle. The outermost enclosure would originally have been the wall niche, within which the fictive ‘pietra serena’ arch created a second framing for the image, and the throne then built a third enclosure for the Virgin. Its box-like construction uses the tabernacle design to symbolise the concept of the Virgin’s enclosed or unbreached womb (fig. 2).
A series of repeated geometric forms – square, round and spherical – dominate the composition. The five big, flat, red and green marble roundels (either side and at the base of the throne), like discs sliced from ancient porphyry and serpentine columns, the four silver balls on top of the throne, the florets dotted around the fictive ‘pietra serena’ frame, the shallow dishes of the haloes, the disc of God’s aureole (not the usual almond or mandorla shape) set into the larger scooped hemisphere of the sky, and the ‘opus sectile’ (inlaid geometric marble decoration, also known as Cosmati work) running around the throne’s edge like a selvage, are all part of an integrated, apparently modular design.3 Even the heads of the Virgin and Christ Child are more regular, geometric ovoids than human heads normally are. These compact shapes and masses add to the grounded, solid effect of the image, just as the flat surfaces of the stony throne, together with the frontally aligned, straight-backed Virgin and Child, create its stern formality.
The restricted palette of red, white, blue and green provides another unifying pattern. The uncompromising geometric rhythm of the painting should not, however, be overstated because the fresco has been so badly damaged from exposure to the elements that the fine decorative detail, such as the patterned silk brocade of Mary’s dress, the modelling of flesh and drapery, and the flowery meadow in the foreground, cannot achieve the softening interplay with the architecture they undoubtedly would have set up originally.
The throne
This type of high-walled throne is unusual, as the thrones of Madonnas normally have low arms, or none at all, allowing an impression of greater access to the sacred figure. ‘Opus sectile’ was, however, often incorporated into painted architecture, having been revived by painters such as Giotto in the early 14th century.4 Domenico Veneziano even made it look as though his Latin signature were part of the stone inlay on the front step.5 The combination of ‘opus sectile’ and a high-sided marble throne most closely resembles the thirteenth-century episcopal cathedra in San Lorenzo fuori le Mura in Rome, which also displays the same large inlaid roundels of porphyry and serpentine (fig. 3).6 This throne seems specifically designed to look episcopal or ecclesiastical.
Records concerning the 19th-century removal of the Carnesecchi Tabernacle help establish that there were only two flanking saints, unlike most other tabernacle images which depicted enthroned Madonnas with four or six saints. Both were painted on the side walls of the tabernacle, and only their heads and shoulders were removed as the rest of the figures had been worn away over time.7 Their identities remain uncertain, although the tonsures, black habits and cowls mean they may have belonged either to an Order of Unreformed Benedictines or Augustinian Hermits. The bearded saint with a book could be Saint Benedict. Pouncing is visible on both heads, particularly along the hairlines and ears, showing where preparatory drawings were transferred to the wall plaster. It is not certain which side of the tabernacle each saint was originally placed.
Fifteenth-century documents reveal that the patron of this tabernacle was most probably Bernardo di Cristofano Carnesecchi (1398–1452), a wealthy international merchant, who built a new house on the Canto de’ Carnesecchi to rent out to members of the papal court sometime between 1433 and 1439.8 In 1452 Bernardo Carnesecchi died and his sons inherited the house, which was described in 1458 as ‘a house called the house of the Virgin Mary’ (‘detta la chasa della Vergine Maria’), and still known in 1468 as ‘a new house with the Virgin Mary outside’ (‘una chasa nuova chola Vergine Maria di fuori’). This house at the very apex of the Canto de’ Carnesecchi presumably took its name from Domenico Veneziano’s fresco. Its end wall is represented in Zocchi’s 18th-century view with the tabernacle niche at first-storey level, framed by an arch supported on small engaged piers and protected by a low balustrade surmounted by what looks like an oval grille attached to sun-like rays (figs. 4 and 5).
Although Zocchi drew other shrines in which the paintings were visible, that is unfortunately not the case with the Carnesecchi tabernacle, which is in deep shadow and too high to allow a glimpse of the image inside.9 Zocchi’s view does, however, follow the processional axis leading from the Baptistery and Cathedral towards Santa Maria Novella, showing how prominent the end wall of the Carnesecchi house appeared in the urban landscape.
The timing of Bernardo Carnesecchi’s purchase or construction of a house to which he then attached a tabernacle is significant. As he himself declared, it coincided with the years when Pope Eugenius IV was resident in Florence (1434–6 and 1439–43), and the site was almost certainly selected for that reason – to attract high rents from members of the papal curia on a street that directly connected the papal apartments at Santa Maria Novella with the Cathedral. Domenico Veneziano’s painting was probably intended to enhance that processional route – a route that was to become even more significant when the Ecumenical Council was held in Florence in 1439.
Amanda Lillie
Selected literature
Davies 1961, pp. 170–1; Wohl 1980, pp. 64–7, 80–1 notes 1–7, 114–7; Bellosi 1990, pp. 65–71; Dunkerton, Foister, Gordon and Penny 1991, pp. 77, 79; Elkins 1991; Bellosi 1992; Florence 1992; Bambach 1999, pp. 204, 444–5 notes 77–82; Gordon 2003, pp. 58–67; Preyer forthcoming.
This material was published in April 2014 to coincide with the National Gallery exhibition 'Building the Picture: Architecture in Italian Renaissance Painting'.
To cite this essay we suggest using
Amanda Lillie, ‘Domenico Veneziano, The Virgin and Child Enthroned (Carnesecchi Tabernacle)’ published online 2014, in 'Building the Picture: Architecture in Italian Renaissance Painting', The National Gallery, London,
http://www.nationalgallery.org.uk/paintings/research/exhibition-catalogues/building-the-picture/constructing-the-picture/veneziano-virgin-and-child-enthroned
For full detail of the publications see Further Reading
1. Florence (see entry on Domenico Veneziano's 'A Miracle of Saint Zenobius'). Piero della Francesca worked as Domenico Veneziano’s assistant on the important cycle of frescoes (now lost) in Sant’ Egidio, the church of the Florentine hospital of S. Maria Nuova.
2. The rectangular grey framing elements at the top were added during restoration and were omitted in the temporary reconstruction of the tabernacle for the 2014 National Gallery exhibtion.
3. It looks modular without being strictly or mathematically proportionate; see Gordon 2003, p. 67 note 28, citing Elkins 1991, pp. 148, 173, note 24.
4. Giotto’s ‘opus sectile’ in National Gallery 'Pentecost' his panel uses the same configuration in the frieze and above the pendant arches over the Apostles’ dining loggia.
5. Domenico chose the same position for his signature in the St Lucy altarpiece, on the rise of the throne’s lowest step where, however, the gold letters are apparently written on the surface of the stone rather than being inlaid.
6. ‘Nelle due grossezze del muro o ali del Tabernacolo’, National Gallery dossier NG1215: 26 April 1854.
7. Although we have no evidence that Domenico Veneziano had been to Rome, other similar episcopal thrones may then have existed in Florence. The pointed ogee arch shape in the very foreground at the base of the throne in NG1215 recalls the ogee shapes at the apex of the thrones in S. Lorenzo fuori le Mura and S. Giovanni in Laterano in Rome.
8. The house was not yet built in 1433, when it is not mentioned in Bernardo’s tax return, but it was in existence by November 1439, when it appears in a rental contract. In his tax return for 1442 Bernardo claims he is renting the house to ‘courtiers’ (‘cortigiani’) and in 1447 he lists it as the ‘house I built new at the time when the court was here’ (‘al tempo della chorte’). For full details see Preyer’s forthcoming study.
9. See Dee 1971, no. 15 and no. 57.
http://www.wga.hu/html_m/z/zocchi/firenze4.html
ZOCCHI, Giuseppe
(b. ca. 1717, Firenze, d. 1767, Firenze)
Italian painter and printmaker. He began his training in Florence. The Marchese Andrea Gerini took him under his protection from an early age, sending him to Rome, Bologna, Milan and Venice to continue his studies. In Venice Zocchi saw engravings of views by Michele Marieschi and Bernardo Bellotto and painted a small oval portrait of Andrea Gerini and Antonio Maria Zanetti (1750 or 1751; Venice, Correr). Zanetti was a Venetian connoisseur and a friend of Gerini. He was a painter as well as a draughtsman, he was the official designer for the Pietre Dure (the so-called "Florentine mosaic") factory in Florence from 1754 to 1760.
What Francesco Guardi and Canaletto did for Venice and Giovanni-Battista Piranesi did for Rome, Giuseppe Zocchi did for Florence. The Marchese Andrea Gerini commissioned Zocchi to record all the greatest landmarks in Florence and its environs, which he did in a series of drawings that are now in the Pierpont Morgan Library in New York. These drawings were translated into engravings by Zocchi and a number of other engravers and issued in two series in 1744 titled 'Scelta XXIV vedute delle principali contrade, piazze, chiese, e palazzi della citta di Firenze' and 'Vedute delle ville e d'altri luoghi della Toscana'.
© Web Gallery of Art, created by Emil Krén and Daniel Marx.
Metropolitan Museum of Art, New York
The large building in the middleground left is the Palazzo dei Cento Finestri (the Strozzi residence). The building to the right with the bust above the door is the Palazzo Carnesecchi. The open space in the distance, beyond Giambologna's Hercules and the Centaur, is the piazza on the east side of Santa Maria Novella.
© Web Gallery of Art, created by Emil Krén and Daniel Marx.
http://www.wga.hu/html_m/z/zocchi/firenze4.html
http://www.nationalgallery.org.uk/paintings/research/exhibition-catalogues/building-the-picture/place-making/introduction
Lead author Dr Amanda Lillie is Reader in the History of Art at the University of York. Her research interests focus on 15th- and 16th-century Italian architecture, on which she has published a number of articles and books. Her book ‘Florentine Villas in the 15th Century’ came out in paperback in 2011. She is currently writing a book on air, landscape and concepts of the environment in Renaissance Italy.
To cite this essay we suggest using
Amanda Lillie, 'Entering the Picture' published online 2014, in 'Building the Picture: Architecture in Italian Renaissance Painting', The National Gallery, London,
http://www.nationalgallery.org.uk/paintings/research/exhibition-catalogues/building-the-picture/place-making/introduction
Although working on a smaller scale than architects, painters played a fundamental role in constructing real places and in creating and disseminating the identity of places through their images. Mural paintings in particular literally became part of a place, and the interaction between image and site profoundly affected the way each was perceived. Thus, the placing of Domenico Veneziano’s frescoed ‘Madonna and Child’ (fig. 2) above a Florentine street corner helped to redefine that site – the Canto de’ Carnesecchi – and gave the Carnesecchi’s house where the tabernacle was placed a new name: ‘la chasa della Vergine Maria’.4 At the same time, the positioning of the Virgin’s tabernacle was chosen because it was at a strategic junction of three streets and on a ceremonial route between the Cathedral of Santa Maria del Fiore and the Dominican Priory Church of Santa Maria Novella.5 This particular piece of wall was a prime tabernacle site since it enjoyed greater public exposure than any other surface on that route. The wall directly faced the north corner of the Cathedral façade from a distance of about 200 metres, addressing all who approached down the Via de' Cerretani, one of the busiest streets in the city (fig. 3). The tabernacle was probably placed high up so as to be seen above the crowd during religious processions
This route was of special significance in 1439, when the ecumenical Council of Florence was meeting at Santa Maria Novella, and indeed during the whole time Pope Eugenius IV was resident in Florence, when there would have been frequent to-ing and fro-ing as well as processions between the Cathedral and the Dominican priory where the Pope lodged.6 The site was also on another processional route going along the Via Tornabuoni from the Cathedral and Via de' Cerretani. The mutual benefits are clear. The tabernacle enhanced and sanctified the site, while the power of the image was immeasurably increased by its public exposure, its incorporation into processional routes and its association with the 1439 Council meetings in Florence. Domenico Veneziano responded to the site by designing a strictly frontal pose for the Virgin and Child, directly facing the street, with the Virgin holding up Christ to balance him at the very end of her knee, as close to the public as possible, and above all by determining the infant’s gesture, so that Christ blessed all who walked down the street
It may be hard to imagine when encountering the dislocated and much restored remains of Domenico Veneziano’s Carnesecchi Tabernacle that this work once had street power and a defined ceremonial and religious purpose. Yet because it is damaged, weather-beaten and fragmentary, it can speak to us as a brave survivor and stirs a different set of emotions. As archaeologists well know, ruins and fragments are often more powerful reminders of what buildings or objects once were than pristine, new-looking things. They plot the passing of time, and in this case make us aware of the 575 years between the making of this picture and our standing before it. The condition helps us to re-imagine it as a site-specific work, exposed to the elements, high up on the east-facing, narrow end of a block. The painting still retains some of its essential aesthetic qualities. Its surface may be damaged beyond retrieval, but its architectonic, geometric and volumetric qualities are still legible; as is the Virgin’s still solemnity and God’s gesture – throwing his arms forwards to launch the dove of the Holy Spirit and at the same time present to us the Virgin and Child.
This discussion draws heavily on Brenda Preyer’s forthcoming article, ‘The "chasa della Vergine Maria": the Patron and Site of Domenico Veneziano’s Carnesecchi Tabernacle in Florence’; see Gordon 2003, p. 64.
To cite this essay we suggest using
Amanda Lillie, 'Entering the Picture' published online 2014, in 'Building the Picture: Architecture in Italian Renaissance Painting', The National Gallery, London,
http://www.nationalgallery.org.uk/paintings/research/exhibition-catalogues/building-the-picture/place-making/introduction
3. Giuseppe Zocchi, 'View of the Street leading to Santa Maria Novella', 1744. Museo di Firenze com'era. © Scala, Florence.
4. Detail showing the arched niche where the Carnesecchi tabernacle was originally placed.
This discussion draws heavily on Brenda Preyer’s forthcoming article, ‘The "chasa della Vergine Maria": the Patron and Site of Domenico Veneziano’s Carnesecchi Tabernacle in Florence’; see Gordon 2003, p. 64.
Canto ai Carnesecchi …Canto ai Carnesecchi e tabernacolo di Domenico Veneziano
COLLOCAZIONE
: la chasa della Vergine Maria
Fifteenth-century
documents reveal that the patron of this tabernacle was most probably Bernardo
di Cristofano Carnesecchi (1398–1452), a wealthy international merchant, who
built a new house on the Canto de’ Carnesecchi to rent out to members of the
papal court sometime between 1433 and 1439.8 In 1452 Bernardo
Carnesecchi died and his sons inherited the house, which was described in 1458
as ‘a house called the house of the Virgin Mary’ (‘detta la chasa della Vergine
Maria’), and still known in 1468 as ‘a new house with the Virgin Mary outside’
(‘una chasa nuova chola Vergine Maria di fuori’). This house at the very apex
of the Canto de’ Carnesecchi presumably took its name from Domenico Veneziano’s
fresco. Its end wall is represented in Zocchi’s 18th-century view with the
tabernacle niche at first-storey level, framed by an arch supported on small
engaged piers and protected by a low balustrade surmounted by what looks like
an oval grille attached to sun-like rays (figs. 4 and 5).
Although
Zocchi drew other shrines in which the paintings were visible, that is
unfortunately not the case with the Carnesecchi tabernacle, which is in deep
shadow and too high to allow a glimpse of the image inside.9
Zocchi’s view does, however, follow the processional axis leading from the
Baptistery and Cathedral towards Santa Maria Novella, showing how prominent the
end wall of the Carnesecchi house appeared in the urban landscape.
The
timing of Bernardo Carnesecchi’s purchase or construction of a house to which he
then attached a tabernacle is significant. As he himself declared, it coincided
with the years when Pope Eugenius IV was resident in Florence (1434–6 and
1439–43), and the site was almost certainly selected for that reason – to
attract high rents from members of the papal curia on a street that directly
connected the papal apartments at Santa Maria Novella with the Cathedral.
Domenico Veneziano’s painting was probably intended to enhance that
processional route – a route that was to become even more significant when the
Ecumenical Council was held in Florence in 1439.
To cite this essay we suggest using
Amanda Lillie, ‘Domenico Veneziano, The
Virgin and Child Enthroned (Carnesecchi Tabernacle)’ published online 2014, in
'Building the Picture: Architecture in Italian Renaissance Painting', The
National Gallery, London, http://www.nationalgallery.org.uk/paintings/research/exhibition-catalogues/building-the-picture/constructing-the-picture/veneziano-virgin-and-child-enthroned
DATAZIONE
Le opere autografe di Domenico Veneziano. (per quelle
apocrife cfr. Wohl, 1980) possono essere divise cronologicamente in tre
periodi.
Alla fase iniziale (1435-40 c.) appartengono il
tabernacolo dei Carnesecchi. la Madonna con Bambino di Bucarest e l'Adorazione
dei magi (Berlino-Dahlem), nelle quali D. crea una sintesi fra le innovazioni
di Masaccio e Donatello e il naturalismo ornamentale di Gentile da Fabriano e
Pisanello, ma dimostra anche di conoscere il gusto per l'equilibrio e la regola
dell'Angelico e dei maestri fiorentini minori.
La National Gallery sul suo sito la data invece
1440-44 e anche about 1435–43
The
Virgin and Child Enthroned (Carnesecchi Tabernacle)', about 1435–43
Fresco transferred to canvas, 241 x 120.5 cm
NG1215
Signed on the step of the throne: DOMI[NI]CVS/ D[E]. VENECIIS. P[INXIT].
Domenico Veneziano (active 1438; died 1461)
COME QUESTO AFFRESCO SE NE ANDO’ DA FIRENZE IN
INGHILTERRA
Il principe (
conte ) Ercole Pio di Savoia , esule da Modena ( per cospirazioni politiche )
compero’ a Firenze il palazzo Venturi
nel 1850 oggi proprieta’ dell’Hotel de Paris
Un palazzo di grande prestigio, tanto che, durante
l’occupazione francese dei primi ‘800, il senatore Ippolito Venturi, vi ospitò
più volte Giuseppe ed Elisa Bonaparte.
L’edificio passò alla figlia del senatore, Marianna Garzoni Venturi, e fu poi
venduto al principe Don Ercole dei Pio di Savoia, nel 1850.
Molti i lavori interni effettuati dal principe che portò nel palazzo anche
varie opere d’arte, fra le quali il
prezioso affresco di Domenico Veneziano
Non credo che il principe Pio fosse proprietario anche della casa confinante sul Canto ai Carnesecchi e quindi non so come fosse divenuto proprietario dell’affresco di Domenico Veneziano
Di fatto Ercole Pio di Savoia diede l’incarico nel 1851 a
Giovanni Rizzoli ( Pieve di Cento 1799—Bologna ( ?) 1878 ) uno dei piu’ celebri estrattisti di quel tempo di
“staccare” dal muro quella che e’ una delle poche opere sopravvissute
dell’artista.
L’opera probabilmente era gia’ molto rovinata . Una volta
staccato l’affresco venne restaurato (
male ) da Antonio Marini
L’opera dopo il distacco fu ridotta in tre parti
Una di 241 x
120.5 cm a catalogo NG1215 Madonna in trono col Bambino
Una di 43 x 35.5
cm a catalogo NG766 santo senza la barba Head
of a Tonsured, Beardless Saint
Una di 45 x 35.5 cm a catalogo NG767
santo con la barba Head
of a Tonsured, Bearded Saint
E’ possibile che
l’operazione fosse puramente commerciale
Infatti l’opera fu successivamente venduta all’inglese :
James Lindsay, VII conte di Balcarres (1783–1869),
dichiarato XXIV conte di Crawford nel 1848
Che forse vende’ alla National Gallery le teste dei due
santi nel 1867 che figurano come acquistate
Ma fu
probabilmente
James Lindsay, XXVI conte di Crawford (1847-1913)
a donare La Madonna in trono col Bambino alla National Gallery di Londra nel 1886
(Presented
by the 26th Earl of Crawford and Balcarres, 1886 )
VORACI
APPETITI ???
In una mostra tenutasi dal 16 febbraio al 15 giugno
2014 al Mar-Museo d’Arte della città di
Ravenna e curata da Claudio Spadoni e Luca Ciancabilla , si e’ trattato il tema del distacco
Una mostra, dedicata quindi non tanto all’affresco in sé
quanto alla pratica e alla tecnica del distacco o strappo dell’affresco stesso,
è la prima a ripercorrerne i tre secoli di storia attraverso 110 pezzi,
dall’antichità romana di Pompei al Settecento, ricostruendone le vicende di
prassi e le evoluzioni tecniche insieme alle figure dei maggiori protagonisti
di questa pratica nata nel primo Settecento: da Antonio Contri a Giacomo Succi
e il figlio Pellegrino, ad Antonio Boccolari, Stefano Barezzi, Giovanni
Rizzoli, Bernardo Gallizioli, l’aristocratico Giovanni Secco Suardo, Giuseppe e
Franco Steffanoni, Domenico Brizi, fino al tuttora attivo Ottorino Nonfarmale.
I curatori cosi si esprimevano sull’utilizzo del
distacco.
«È una mostra, concludono i due curatori, che solleva anche la questione dibattuta per secoli sull’opportunità degli stacchi, praticati non sempre per ineluttabile necessità di scongiurarne la perdita certa o nella convinzione che si dovessero preventivamente portare in sicurezza in altra sede e in altre condizioni. In molti casi, infatti, soprattutto a partire da metà Ottocento con l’esplosione del mercato collezionistico americano, lo strappo assecondò da una lato voraci appetiti collezionistici e dall’altro ansie patrizie o ecclesiali di liquidità col risultato di far uscire dall’Italia un numero impressionante di affreschi staccati e trasformati in quadri».
VASARI : Vita di Domenico Veneziano
Quanto sia biasimevole in una persona eccellente il vizio della invidia, che in nessuno doverebbe ritrovarsi, e quanto scelerata et orribil cosa il cercare sotto spezie d'una simulata amicizia, spegnere in altri, non solamente la fama e la gloria, ma la vita stessa, non credo io certamente che ben sia possibile esprimersi con parole, vincendo la sceleratezza del fatto ogni virtù e forza di lingua, ancora che eloquente. Per il che, senza altrimenti distendermi in questo discorso, dirò solo che ne' sì fatti alberga spirito, non dirò inumano e fero, ma crudele in tutto e diabolico, tanto lontano da ogni virtù, che non solamente non sono più uomini, ma né animali ancora, né degni di vivere. Conciò sia che quanto la emulazione e la concorrenza, che virtuosamente operando cerca vincere e soverchiare i da più di sé per acquistarsi gloria et onore, è cosa lodevole e da essere tenuta in pregio come necessaria ed utile al mondo, tanto per l'opposito, e molto più, merita biasimo e vituperio la sceleratissima invidia, che non sopportando onore o pregio in altrui si dispone a privar di vita chi ella non può spogliare de la gloria, come fece lo sciaurato Andrea dal Castagno, la pittura e disegno del quale fu per il vero eccellente e grande, ma molto maggiore il rancore e la invidia che e' portava agli altri pittori, di maniera che con le tenebre del peccato sotterrò e nascose lo splendor della sua virtù. Costui per esser nato in una piccola villetta detta il Castagno, nel Mugello, contado di Firenze, se la prese per suo cognome quando venne a stare in Fiorenza; il che successe in questa maniera; essendo egli nella prima sua fanciullezza rimaso senza padre, fu raccolto da un suo zio che lo tenne molti anni a guardare gli armenti, per vederlo pronto e svegliato e tanto terribile, che sapeva far riguardare non solamente le sue bestiuole, ma le pasture et ogni altra cosa che attenesse al suo interesse. Continuando, adunque, in tale esercizio, avvenne che fuggendo un giorno la pioggia, si abbatté a caso in un luogo, dove uno di questi dipintori di contado che lavorano a poco pregio dipigneva un tabernacolo d'un contadino, onde Andrea, che mai più non aveva veduta simil cosa, assalito da una sùbita maraviglia, cominciò attentissimamente a guardare e considerare la maniera di tale lavoro. E gli venne subito un desiderio grandissimo et una voglia sì spasimata di quell'arte, che senza mettere tempo in mezzo, cominciò per le mure e su per le pietre co' carboni o con la punta del coltello, a sgraffiare et a disegnare animali e figure, sì fattamente che e' moveva non piccola maraviglia in chi le vedeva. Cominciò dunque a correr la fama tra' contadini, di questo nuovo studio di Andrea onde, pervenendo (come volle la sua ventura) questa cosa agli orecchi d'un gentiluomo fiorentino, chiamato Bernardetto de' Medici, che quivi aveva sue possessioni, volle conoscere questo fanciullo; e vedutolo finalmente et uditolo ragionare con molta prontezza, lo dimandò se egli farebbe volentieri l'arte del dipintore; e rispondendo]i Andrea che e' non potrebbe avvenirli cosa più grata, né che quanto questa mai gli piacesse, a cagione che e' venisse perfetto in quella, ne lo menò con seco a Fiorenza, e con uno di que' maestri che erano allora tenuti migliori, lo acconciò a lavorare. Per il che seguendo Andrea l'arte della pittura, et agli studii di quella datosi tutto, mostrò grandissima intelligenza nelle difficultà dell'arte, e massimamente nel disegno. Non fece già così poi nel colorire le sue opere, le quali facendo alquanto crudette et aspre, diminuì gran parte della bontà e grazia di quelle, e massimamente una certa vaghezza che nel suo colorito non si ritruova. Era gagliardissimo nelle movenze delle figure e terribile nelle teste de' maschi e delle femmine, faccendo gravi gli aspetti loro e con buon disegno. Le opere di man sua furono da lui dipinte, nel principio della sua giovanezza, nel chiostro di San Miniato al Monte, quando si scende di chiesa per andare in convento, di colori a fresco, una storia di San Miniato e San Cresci, quando dal padre e dalla madre si partono. Erano in San Benedetto, bellissimo monasterio fuor della porta a Pinti, molte pitture di mano d'Andrea in un chiostro et in chiesa, delle quali non accade far menzione, essendo andate in terra per l'assedio di Firenze. Dentro alla città, nel monasterio de' monaci degl'Angeli, nel primo chiostro dirimpetto alla porta principale, dipinse il Crucifisso che vi è ancor oggi, la Nostra Donna, San Giovanni, e San Benedetto e San Romualdo. E nella testa del chiostro che è sopra l'orto, ne fece un altro simile, variando solamente le teste e poche altre cose. 1n Santa Trinita, allato alla cappella di maestro Luca, fece un Santo Andrea. A Legnaia dipinse a Pandolfo Pandolfini in una sala molti uomini illustri . E per la Compagnia del Vangelista un segno da portare a processione, tenuto bellissimo. Ne' Servi di detta città lavorò in fresco tre nicchie piane, in certe cappelle; l'una è quella di San Giuliano, dove sono storie della vita d'esso Santo con buon numero di figure et un cane in iscorto che fu molto lodato; sopra questa, nella cappella intitolata a S. Girolamo, dipinse quel Santo secco e raso, con buon disegno e molta fatica, e sopra vi fece una Trinità, con un Crucifisso che scorta, tanto ben fatto, che Andrea merita per ciò esser molto lodato, avendo condotto gli scorti con molto miglior e più moderna maniera, che gl'altri inanzi a lui fatto non avevano. Ma questa pittura, essendovi stato posto sopra dalla famiglia de' Montaguti una tavola, non si può più vedere. Nella terza, che è a lato a quella che è sotto l'organo, la quale fece fare Messer Orlando de' Medici, dipinse Lazzaro, Marta e Maddalena. Alle monache di San Giuliano fece un Crucifisso a fresco sopra la porta, una Nostra Donna, un San Domenico, un San Giuliano et uno San Giovanni, la quale pittura, che è delle migliori che facesse Andrea, è da tutti gl'artefici universalmente lodata. Lavorò in Santa Croce alla cappella de' Cavalcanti un San Giovanni Battista et un San Francesco, che sono tenute bonissime figure; ma quello che fece stupire gl'artefici, fu che nel chiostro nuovo del detto convento, cioè in testa dirimpetto alla porta, dipinse a fresco un Cristo battuto alla colonna, bellissimo, facendovi una loggia con colonne in prospettiva, con crociere di volte a liste diminuite, e le pareti commesse a mandorle, con tanta arte e con tanto studio, che mostrò di non meno intendere le difficultà della prospettiva, che si facesse il disegno nella pittura. Nella medesima storia sono belle e sforzatissime l'attitudini di coloro che flagellano Cristo, dimostrando così essi nei volti l'odio e la rabbia, sì come pazienza et umiltà Gesù Cristo, nel corpo del quale, arrandellato e stretto con funi alla colonna, pare che Andrea tentasse di mostrare il patir della carne, e che la divinità nascosa in quel corpo serbasse in sé un certo splendore di nobiltà; dal quale mosso, Pilato che siede tra' suoi consiglieri, pare che cerchi di trovar modo per liberarlo. Et insomma è così fatta questa pittura che s'ella non fusse stata graffiata e guasta, per la poca cura che l'è stata avuta, da' fanciulli et altre persone semplici che hanno sgraffiate le teste tutte e le braccia e quasi il resto della persona de' Giudei, come se così avessino vendicato l'ingiuria del Nostro Signore contro di loro, ella sarebbe certo bellissima tra tutte le cose d'Andrea. Al quale, se la natura avesse dato gentilezza nel colorire, come ella gli diede invenzione e disegno, egli sarebbe veramente stato tenuto maraviglioso.
Dipinse in Santa Maria del Fiore l'imagine di Niccolò da Tolentino a cavallo, e perché lavorandola un fanciullo che passava dimenò la scala, egli venne in tanta còlera, come bestiale uomo che egli era, che sceso gli corse dietro insino al canto de' Pazzi. Fece ancora nel cimitero di S. Maria Nuova in fra l'Ossa un Santo Andrea che piacque tanto, che gli fu fatto poi dipignere nel reffettorio dove i servigiali et altri ministri mangiano, la cena di Cristo con gl'Apostoli, per lo che acquistato grazia con la casa de' Portinari e con lo spedalingo, fu datogli a dipignere una parte della cappella maggiore, essendo stata allogata l'altra ad
Alesso Baldovinetti, e la terza al molto allora celebrato pittore Domenico da Vinezia, il quale era stato condotto a Firenze per lo nuovo modo che egli aveva di colorire a olio.Attendendo dunque ciascuno di costoro all'opera sua, aveva Andrea grandissima invidia a Domenico, perché se bene si conosceva più eccellente di lui nel disegno, aveva nondimeno per male che, essendo forestiero, egli fusse da' cittadini carezzato e trattenuto; e tanta ebbe forza in lui perciò la còlera e lo sdegno, che cominciò andar pensando, o per una o per altra via di levarselo dinanzi. E perché era Andrea non meno sagace simulatore che egregio pittore, allegro quando voleva nel volto, della lingua spedito e d'animo fiero et in ogni azzione del corpo, così come era della mente, risoluto, ebbe così fatto animo con altri come con Domenico, usando nell'opere degl'artefici di segnare nascosamente col graffiare dell'ugna, se errore vi conosceva. E quando nella sua giovanezza furono in qualche cosa biasimate l'opere sue, fece a cotali biasimatori con percosse et altre ingiurie conoscere che sapeva e voleva sempre, in qualunche modo, vendicarsi delle ingiurie.
Ma per dire alcuna cosa di Domenico, prima che venghiamo all'opera della cappella, avanti che venisse a Firenze, egli aveva nella sagrestia di S. Maria di Loreto, in compagnia di
Piero della Francesca, dipinto alcune cose con molta grazia, che l'avevano fatto per fama, oltre quello che aveva fatto in altri luoghi, come in Perugia una camera in casa de' Baglioni, che oggi è rovinata, conoscere in Fiorenza. Dove essendo poi chiamato, prima che altro facesse, dipinse in sul canto de' Carnesecchi, nell'angolo delle due vie che vanno l'una alla nuova, l'altra alla vecchia piazza di S. Maria Novella, in un tabernacolo a fresco una Nostra Donna in mezzo d'alcuni santi. La qual cosa, perché piacque e molto fu lodata dai cittadini e dagl'artefici di que' tempi, fu cagione che s'accendesse maggiore sdegno et invidia nel maladetto animo d'Andrea contra il povero Domenico: per che, deliberato di far con inganno e tradimento quello che senza suo manifesto pericolo non poteva fare alla scoperta, si finse amicissimo d'esso Domenico; il quale, perché buona persona era et amorevole, cantava di musica e si dilettava di sonare il liuto, lo ricevette volentieri in amicizia, parendogli Andrea persona d'indegno e sollazzevole. E così continuando questa, da un lato vera e dall'altro finta, amicizia, ogni notte si trovavano insieme a far buon tempo e serenate a loro inamorate; di che molto si dilettava Domenico; il qual amando Andrea da dovero, gli insegnò il modo di colorire a olio che ancora in Toscana non si sapeva. Fece dunque Andrea, per procedere ordinatamente, nella sua facciata della cappella di S. Maria Nuova, una Nunziata che è tenuta bellissima per avere egli in quell'opera dipinto l'Angelo in aria, il che non si era insino allora usato. Ma molto più bell'opera è tenuta dove fece la Nostra Donna che sale i gradi del tempio, sopra i quali figurò molti poveri, e fra gl'altri uno che con un boccale dà in su la testa ad un altro; e non solo questa figura ma tutte l'altre sono belle affatto, avendole egli lavorate con molto studio et amore, per la concorrenza di Domenico. Vi si vede anco tirato in prospettiva, in mezzo d'una piazza, un tempio a otto facce isolato e pieno di pilastri e nicchie, e nella facciata dinanzi benissimo adornato di figure finte di marmo; et intorno alla piazza è una varietà di bellissimi casamenti, i quali da un lato ribatte l'ombra del tempio, mediante il lume del sole, con molto bella, difficile et artifiziosa considerazione. Dall'altra parte fece maestro Domenico, a olio, Gioachino che visita S. Anna sua consorte, e di sotto il nascere di Nostra Donna, fingendovi una camera molto ornata et un putto che batte col martello l'uscio di detta camera con molta buona grazia. Di sotto fece lo sposalizio d'essa Vergine con buon numero di ritratti di naturale, fra i quali è Messer Bernardetto de' Medici, conestabile de' Fiorentini, con un berettone rosso, Bernardo Guadagni, che era gonfaloniere, Folco Portinari et altri di quella famiglia. Vi fece anco un nano che rompe una mazza, molto vivace, et alcune femine con abiti indosso vaghi e graziosi fuor di modo, secondo che si usavano in que' tempi. Ma questa opera rimase imperfetta, per le cagioni che di sotto si diranno. Intanto aveva Andrea nella sua facciata fatta a olio la morte di Nostra Donna, nella quale, per la detta concorrenza di Domenico e per essere tenuto quello che egli era veramente, si vede fatto con incredibile diligenza in iscorto un cataletto dentrovi la Vergine morta, il quale, ancora che non sia più che un braccio e mezzo di lunghezza, pare tre. Intorno le sono gl'Apostoli fatti in una maniera che, se bene si conosce ne' visi loro l'allegrezza di veder esser portata la loro Madonna in cielo da Gesù Cristo, vi si conosce ancora l'amaritudine del rimanere in terra senz'essa. Tra essi apostoli sono alcuni Angeli che tengono lumi accesi, con bell'aria di teste e sì ben condotti, che si conosce che egli così bene seppe maneggiare i colori a olio, come Domenico suo concorrente. Ritrasse Andrea in queste pitture, di naturale, Messer Rinaldo degl'Albizi, Puccio Pucci, il Falgavaccio che fu cagione della liberazione di Cosimo de' Medici, insieme con Federigo Malevolti, che teneva le chiavi dell'Alberghetto; parimente vi ritrasse Messer Bernardo di Domenico della Volta, spedalingo di quel luogo, inginocchioni, che par vivo; et in un tondo nel principio dell'opere se stesso, con viso di Giuda Scariotto, come egl'era nella presenza e ne' fatti. Avendo dunque Andrea condotta questa opera a bonissimo termine, accecato dall'invidia per le lodi che alla virtù di Domenico udiva dare, si deliberò levarselo d'attorno, e dopo aver pensato molte vie, una ne mise in essecuzione in questo modo; una sera di state, sì come era solito, tolto Domenico il liuto, uscì di S. Maria Nuova, lasciando Andrea nella sua camera a disegnare, non avendo egli voluto accettar l'invito d'andar seco a spasso, con mostrare d'avere a fare certi disegni d'importanza. Andato dunque Domenico da sé solo a' suoi piaceri, Andrea, sconosciuto, si mise ad aspettarlo dopo un canto, et arrivando a lui Domenico nel tornarsene a casa, gli sfondò con certi piombi il liuto e lo stomaco in un medesimo tempo; ma non parendogli d'averlo anco acconcio a suo modo, con i medesimi lo percosse in su la testa malamente, poi lasciatolo in terra se ne tornò in S. Maria Nuova alla sua stanza e, socchiuso l'uscio, si rimase a disegnare in quel modo che da Domenico era stato lasciato. Intanto essendo stato sentito il rumore, erano corsi i servigiali, intesa la cosa, a chiamare e dar la mala nuova allo stesso Andrea micidiale e traditore; il qual, corso dove erano gl'altri intorno a Domenico non si poteva consolare, né restar di dir: "Oimè fratel mio, oimè fratel mio". Finalmente Domenico gli spirò nelle braccia, né si seppe, per diligenza che fusse fatta, chi morto l'avesse; e se Andrea, venendo a morte, non l'avesse nella confessione manifestato, non si saprebbe anco.Dipinse Andrea in S. Miniato fra le torri di Fiorenza una tavola, nella quale è una Assunzione di Nostra Donna con due figure, et alla Nave a l'Anchetta, fuor della porta alla Croce, in un tabernacolo, una Nostra Donna. Lavorò il medesimo in casa de' Carducci, oggi de' Pandolfini, alcuni uomini famosi, parte imaginati e parte ritratti di naturale; fra questi è Filippo Spano degli Scolari, Dante, Petrarca, il Boccaccio et altri. Alla Scarperia in Mugello dipinse sopra la porta del palazzo del vicario una Carità ignuda molto bella, che poi è stata guasta. L'anno 1478, quando dalla famiglia de' Pazzi et altri loro aderenti e congiurati, fu morto in S. Maria del Fiore Giuliano de' Medici e Lorenzo suo fratello ferito, fu deliberato dalla Signoria che tutti quelli della congiura fussino come traditori dipinti nella facciata del palagio del Podestà; onde essendo questa opera offerta ad Andrea, egli come servitore et obligato alla casa de' Medici, l'accettò molto ben volentieri; e messovisi la fece tanto bella che fu uno stupore, né si potrebbe dire quanta arte e giudizio si conosceva in que' personaggi ritratti per lo più di naturale, et impiccati per i piedi in strane attitudini e tutte varie e bellissime. La qual opera perché piacque a tutta la città e particolarmente agl'intendenti delle cose di pittura, fu cagione che da quella in poi, non più Andrea dal Castagno, ma Andrea degl'Impiccati fusse chiamato. Visse Andrea onoratamente, e perché spendava assai e particolarmente in vestire et in stare onorevolmente in casa, lasciò poche facultà quando d'annî 71 passò ad altra vita. Ma perché si riseppe, poco dopo la morte sua, l'impietà adoperata verso Domenico che tanto l'amava, fu con odiose essequie sepolto in S. Maria Nuova, dove similmente era stato sotterrato l'infelice Domenico d'anni cinquantasei. E l'opera sua cominciata in S. Maria Nuova rimase imperfetta e non finita del tutto; come aveva fatto la tavola dell'altar maggiore di S. Lucia de' Bardi, nella quale è condotta con molta diligenza una Nostra Donna col Figliuolo in braccio, S. Giovanni Battista, S. Nicolò, S. Francesco e S. Lucia; la qual tavola aveva poco inanzi che fusse morto, all'ultimo fine perfettamente condotta, etc. Furono discepoli d'Andrea, Iacopo del Corso, che fu ragionevole maestro,
Pisanello, il Marchino, Piero del Pollaiuolo e Giovanni da Rovezzano, etc.
FINE DELLA VITA D'ANDREA DAL CASTAGNO E DI DOMENICO VlNIZIANO
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ing. Pierluigi Carnesecchi La Spezia anno 2003