FRAMMENTO DI UN TRITTICO D I MASOLINO

di Pietro Toesca

Da: Bollettino d’Arte, n. 1, Luglio, 1923

Più volte, a intervalli di molti anni, ero ritornato alla Torre degli Agli – quasi a metà d’una via secondaria tra Firenze e Peretola – per rivedere il tabernacolo di Antonio Veneziano, i cui affreschi si sgretolano senza riparo, e già sono quasi scomparsi. Non tralasciavo mai di entrare nella vicina pieve di Santa Maria a Novoli; ma soltanto nell’ultima visita, lo scorso autunno, pensai di cercarvi nella canonica un dipinto che doveva esservi, detto di scuola giottesca1. Ed ebbi il piacere di trovarmi dinanzi a un’opera di Masolino.

L’attribuzione non ha bisogno di essere dimostrata diffusamente; ma le ultime vicende del dipinto richiedono, invece, di descriverlo nei particolari : poichè esso, alcuni mesi dopo il ritrovamento, fu rubato nottetempo, e finora non è stato rintracciato. E’ una tavola. (alt. :1,32; larg. :0,58) a fondo d’oro.

Sul dinanzi del piano di marmo screziato, una cornice bigia; sul seggio di marmo rosa, un cuscino d’oro impresso a cerchietti. Nella figura della Madonna: manto azzurro, molto inverdito da vernici alterate; tunica, già d’oro a fitte scalfitture, ora svelata sino alla preparazione rossastra; capelli giallini, come quelli del Bambino: il quale ha una veste rosata, con luci chiare. Nei nimbi, ornamenti ben distinti. Quasi nel mezzo della tavola, una delle solite bruciature di candele.

Questi dati esterni, precisi, varranno a far riconoscere sempre il dipinto anche se venisse ritagliato e ridotto a dimensioni minori, per non lasciarlo identificare. Nè vorrà esserci persona di così poco senno da ricettare cosa che può essere facilmente rivendicata.

La meraviglia di ritrovare, in Santa Maria a Novoli un dipinto di Masolino fu accresciuta dalla immediata certezza ch’esso era la parte centrale di un’opera della quale, qualche tempo innanzi, Riccardo Offner aveva rinvenuta un’altra parte in una chiesa anche più solitaria nei dintorni di Firenze, a. S. Giuliano a Settimo: la cavalleresca figura di S. Giuliano, che l’Offner ha molto finemente commentato, e il Berenson ha ricongiunta, per felice intuizione, alla predella del Museo di Montauban rappresentante il santo che uccide i propri genitori 2.

Quella certezza è fondata sulla identità della forma e dello sfondo delle due tavole; è confermata dalla rispondenza quasi esatta delle dimensioni (1,32×0,58 e 1,35×0,535). Ha riprova nel fatto che i due dipinti, quando vennero disgiunti, entrambi furono imbrattati, in alto, con un drappeggio rossastro per coprire il vuoto lasciato dagli archi della cornice.

Il  ritrovamento nella chiesa di S. Giuliano a Settimo, della figura appunto del suo patrono, poteva far supporre che Masolino l’avesse dipinta per quel luogo; ma la Madonna di Santa Maria a Novoli suggerisce ora un’altra ipotesi: che l’opera di Masolino non fosse eseguita nè per l’una nè per l’altra chiesa rurale; che sia stata smembrata dividendone le parti tra diverse chiese secondo il diverso titolo dei santi patroni; e che in origine essa – prodotto raffinato d ‘arte – si trovasse, invece, a Firenze.

Ora, il Vasari rammenta che Masaccio « fece in Santa Maria Maggiore, accanto alla porta del fianco, la quale va a S. Giovanni, nella tavola d’una cappella, una Nostra Donna, Santa Caterina e S. Giuliano: e nella predella alcune figure piccole della vita di Santa Caterina, e S. Giuliano che ammazza il padre e la madre: e nel mezzo … la Natività di Gesù Cristo » .

I frammenti ritrovati rappresentano La Madonna, S. Giuliano, nella predella appunto il parricidio del santo; e riflettendo alla confusione, già antica, delle opere di Masolino con quelle di Masaccio,  si può credere ch’essi siano resti del dipinto di Santa Maria Maggiore (un trittico, come è accennato pur dalla predella tripartita), e che questo, attribuito a Masaccio anche da Francesco Albertini (1510), fosse opera di Masolino3.

Altri potrà rintracciare le vicende della tavola ch’era nella cappella de’ Carnesecchi in Santa Maria Maggiore, e ne fu rimossa già nel secolo XVII; riuscirà forse ad accertare la provenienza di quei frammenti: ma più importerebbe stabilire sicuramente quale posto essi tengano nell’attività di Masolino4. Discutere la loro attribuzione è del tutto inutile, e sarebbe ingenuo. Molti, specialmente fra gli scrittori tedeschi, persistono a confondere insieme Masolino e Masaccio; e costoro potranno aggiungere all’opera di Masaccio anche i nuovi frammenti: l’imbroglio non ne diventerà peggiore5.

Ma chi riconosca la figura e l’arte di Masaccio in quella integrità di caratteri e di sviluppo ch’è dal primitivo affresco di Montemarciano alle ultime sue opere nella cappella Brancacci, non potrà dubitare un istante nel riunire i nuovi frammenti a quegli altri dipinti in cui il senso della plasticità è del tutto diverso, subordinato a interpretazioni lineari gotiche, e in luogo di quella profonda gravità di Masaccio v’è la grazia delicata delle opere più certe di Masolino6.

L’arte di Masolino, quale finora la conosciamo, persiste tanto in quelle qualità da potersi dire stazionaria. E perciò riesce difficile determinare la successione cronologica delle sue opere. Forse queste appartengono tutte ad un periodo assai limitato: tra il 1423 e il I435 – dalla Madonna di Brema (1423) a quella di Todi (1432) e agli affreschi del Battistero di Castiglione d’Olona (1435) -; e anche per questo, oltre che per la stessa natura di Masolino, non consentono una sicura distinzione di tempo fondata su differenze intime.

Si possono tuttavia classificare almeno approssimativamente, se si riguardino in aspetti più esterni, come nella crescente oggettività della prospettiva che pone le due tavole di Napoli, e L’ Annunziazione della raccolta Goldmann, piuttosto al principio che al termine di quel periodo. Ma nei frammenti ora ritrovati la prospettiva non è abbastanza evidente per trarne argomento a raffronti, benchè il S.Giuliano sia assai bene impostato. I tipi faciali del Santo e della Madonna vi richiamano molto la Vergine e le figure dei cavalieri nel Miracolo della Neve.

La Madonna di Santa Maria a Novoli si può anche avvicinare a quella della Pinacoteca di Monaco in cui il maestro espresse così deliziosamente la gioia e il desiderio del bambino. In essa, come nel S. Giuliano, benchè più offuscato, una delle ragioni più vive di piacere, per il pittore e per noi, è il senso della luce su tinte chiare e limpide, veduta a plaghe larghe in contrasto con penombre, assai lontano dagli effetti plastici di Masaccio, anzi tale da velare quasi le forme, eppure affine al senso di Masaccio che vide sopra tutto masse d’ombra e di luce, plasmando con quelle. Codesta, piuttosto che affinità, influenza di Masaccio su Masolino, è tanta da far supporre che i frammenti ora ritrova ti siano anche posteriori agli affreschi della cappella Brancacci.

PIETRO TOESCA

Note

 I ) G. CAROCCI. I dintorni di Firenze. Firenze, 1907, I, pag. 339.

2) B. BERENSON. Una predella di Masolino nel Museo lngres a Montauban. R. OFFNER. Un pannello a S. Giuliano a Settimo, « Dedalo », 1923, X,  pag. 633.

3) G. VASARI (ed. Milanesi), Vite, II, pag. 292; F. ALBERTINI (ed. Horne), Memoriale, pag. 12.

4) Il RICHA ( Notizie storiche delle chiese fiorentine, Firenze, 1755, II, pag. 280) c’informa che la tavola era nella cappella dei Carnesecchi; ma già al tempo del Cinelli (Bellezze di Firenze, Firenze, 1677, pag. 21 3) essa era stata rimossa.

5)Vedi in particolare la candida esposizione di K. ESCHER ( Malerei der Renaissance in Italien in Handbuch der Kunstwissenschaft, Berlino, 1922, pag. 35 segg.) e come tra Masaccio e Masolino « kann der Entscheid dem geschärften Augen nicht schwerfallen »

6) Altra volta ho trattato diffusamente (Masolino, Bergamo, 1908) il .problema di Masolino e di Masaccio, che il Berenson aveva bene distinti. Dipinti ritrovati, o resi noti, in questi ultimi anni non hanno portato nessun turbamento in quella distinzione, anzi hanno consolidata la figura di Masolino, assai differente da quella di Masaccio: soprattutto l’affresco di S. Fortunato a Todi (F. MASON PERKINS, in « Rassegna d’Arte », 1907, pagina 184) e l’Annunziazione della raccolta Goldmann (B. BERENSON, in « Gazette des B. -Arts », 1902; T. BORENIUS, in « The Burlington Magazine », 116; «Rassegna d’ Arte », 1916, pag. 206).

 

 

 

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