I Piccardi di Piandiscò

 

Parte 2 : il millequattrocento

 

 Ricerca del dr. Paolo Piccardi

 

La prima parte di questo racconto è terminata agli albori del 1400. Nel rileggerla, sembra quasi che la Toscana sia stata un’oasi di pace, dove i nostri antenati poterono svolgere tranquillamente le loro vite, secondo la loro indole, alcuni appagandosi della vita di campagna, altri tentando l’avventura degli affari e della vita cittadina.

In realtà Firenze e il suo contado vennero dilaniati sia dalle faide interne che dalle frequenti guerre con gli altri Stati italiani. La rivolta dei Ciompi rivoluzionò l’assetto politico della città spianando la strada all’avvento al potere dei Medici, che darà un’impronta indelebile a tutto il XV secolo. Fiorì il Rinascimento, si portarono a compimento tutti i monumenti e le opere d’arte che ancora oggi ammiriamo e che videro all’opera i più illustri artisti.

Di contro, frequenti pestilenze, carestie, guerre e scorrerie di bande armate devastarono il contado e impoverirono le casse del Comune di Firenze, costretto a ricorrere a prelievi fiscali eccessivamente onerosi e con iniqua distribuzione dei prelievi, come vedremo.

Di questi fatti pubblici non abbiamo trovato alcun riflesso nella vita privata dei Piccardi del 1300 e così sarà anche per il secolo successivo, dove seguiremo le vicende dei due figli di Paolo, Francesco e Niccolò.

Sarà un racconto interessante, perché le tracce lasciate del loro passaggio terreno sono quanto mai impensabili, ma non troveremo niente che rifletta quanto, di bello o di brutto, avveniva in Toscana in quel periodo. E’ bene dire subito che il personaggio che più ci interesserà sarà Francesco, il quale, a un certo momento della sua vita, mise a frutto la sua bella calligrafia per intraprendere l’attività di copista, lasciando anche a noi la possibilità di vedere e di sfogliare i suoi manoscritti, tuttora conservati in varie biblioteche sparse per l’Europa. Ne ho potuti rintracciare ben 13, ma certamente tanti altri verranno alla luce in seguito, se consideriamo lo sterminato numero di manoscritti quattrocenteschi ancora esistenti.

 

Francesco nacque nel 1405 e suo fratello Niccolò nel 1406, ambedue nel popolo di S. Lucia Ognissanti, dove Paolo si era trasferito da tempo. Loro madre fu Bianca, figlia di Lorenzo di Jacopo di Ser Ughetto e sorella di Jacopo di Lorenzo di Jacopo di Ser Ughetto, mercante fiorentino. Lo cito perché avrà un ruolo importante nelle vicissitudini dei due fratelli, tanto da condizionarne quasi l’intera esistenza.

Abbiamo già visto, nella prima parte, che Paolo, evidentemente impegnatissimo a seguire i suoi affari fiorentini, utilizzava procuratori per il disbrigo degli affari in campagna. Non appena Francesco raggiunse i 10 anni di età, suo padre Paolo lo emancipò, conferendogli potere giuridico, e gli intestò una proprietà a Campiglia:

 

25 Agosto 1415 Atto in Castelfranco. Luca di Simone Brizi di Faella vende a Francesco, figlio emancipato di Paolo Piccardi, un terreno a Faella, loc. Al Valcello da Campiglia. Testi Bartolomeo Lipaccini, Piero Stefani e Jacopo Pagni.

Notarile antecosimiano 18669 Ser Santi di Giovanni di Castelfranco Pag. 11r

 

 

 

Due anni dopo stessa sorte toccò a Niccolò, il figlio più giovane, che, non essendo stato stato emancipato, necessitò di un procuratore:

 

14 Settembre 1417

Atto in San Miniato. Salvuccio Salvucci di Menzano vende a Niccolo di Paolo Piccardi, rappresentato da Guidone Sandri merciaio di San Niccolo' a Fi, una casa con piazza e pergola posta in Forli, tre terreni e un bosco in loc. Pietramolle per F. 20.

Notarile antecosimiano 18670 S. Santi di Giovanni di Castelfranco Pag. 58v

 

 

 

 

Paolo Piccardi viene indicato come presente nella stipula dell' atto successivo, in qualita' di teste. Ciò significa che si era personalmente recato a San Miniato e il fatto di intestare i beni al figlio non dipendeva dall’ impossibilità a muoversi da Firenze, ma dall’ intenzione di non intestarsi personalmente ulteriori beni.

Nello stesso anno Francesco, che, ricordiamo, ha solo 12 anni, svolge una transazione commerciale a San Miniato. Nell’atto si ribadisce che è stato emancipato:

 

5 Settembre 1417

Antonio Dati e figli di Ostina vendono a Francesco, figlio emancipato di Paolo Piccardi, 50 staia di grano comune, nitido e buono, per L. 42.

Notarile antecosimiano 18670 S. Santi di Giovanni di Castelfranco Pag. 57v

 

 

Nella medesima occasione, Francesco chiede al notaio Santi di Giovanni di compilare una ricevuta per una grossa somma (ricordo che i 50 fiorini menzionati nell’atto erano superiori allo stipendio annuo di un manager o di un professore universitario) data in prestito:

 

5 Settembre 1417 Atto in Faella.

I fratelli Pasquini di Faella confermano di aver ricevuto da Francesco, figlio emancipato di Paolo Piccardi, F. 50 oro.

 

Notarile antecosimiano 18670 S. Santi di Giovanni di Castelfranco Pag. 57v

 

 

 

E’ evidente che Francesco prosegue nell’ attività usuraria del padre, ma dovrà imbattersi nella resistenza dei debitori, che si opporranno alle richieste di rimborso, tanto che la soluzione della controversia verrà affidata ad un lodo arbitrale:

 

 

 

10 Dicembre 1417 Atto in San Miniato.

D.a Chiara, rappresentata dal marito Francesco Pasquini da una parte, e Francesco di Paolo Piccardi dall'altra affidano al lodo di 4 arbitri la soluzione di una loro vertenza.

 

ASF Notarile antecosimiano 18670 S. Santi di Giovanni di Castelfranco Pag. 62v

 

 

 

Passano poche settimane e la vertenza viene risolta. Evidentemente la legge non subiva condizionamenti né remore religiose in materia di usura e i debitori si vedono costretti a vendere un terreno per rimborsare Francesco, che concede una dilazione quinquennale:

 

 

6 Gennaio 1418 Atto in San Miniato

D.a Chiara Pasquini e Francesco, figlio emancipato di Paolo Piccardi del pop. di S. Niccolo' a Firenze, rinunziano all'arbitrato avendo trovato un accordo. D.a Chiara promette di saldare il debito in 5 anni. Contemporaneamente vende un terreno.

 

ASFNotarile antecosimiano 18670 S. Santi di Giovanni di Castelfranco Pag. 63

 

 

 

 

 

Da questo atto apprendiamo che la famiglia Piccardi si è trasferita dal popolo di S. Lucia Ognissanti in quello di S. Niccolò. In seguito vedremo che la casa era situata nei pressi dell’ attuale via dei Renai, a fianco delle proprietà dei Bonsi Sigoli.

 

 

 

 

 

 

Morte di Paolo Piccardi

 

Non ho trovato atti relativi ai successivi anni, fino al 1425, quando si apprende che Paolo è morto. Ripeto che la parola "erede", che incontriamo nel documento che segue, non indicava una persona fisica, ma tutti i beneficiari dell’asse ereditario:

 

 

8 Settembre 1425

vendita di un terreno loc. A Ripa di Gufi confinante con erede di Paolo Piccardi.

 

Notarile antecosimiano 18670 S. Santi di Giovanni di Castelfranco Pag. 213v

 

 

 

 

 

In realtà, molti avvenimenti sono accaduti nel frattempo, e lo sapremo solo dagli atti successivi, i quali ci diranno che Francesco (non sappiamo se anche Niccolò) trascorse un certo periodo di tempo a Roma, presso la Compagnia dei Monaldi, per rientrare a Firenze prima del 1426. Fra poco ci occuperemo di quanto avvenuto a Roma.

L’ anno successivo vede i figli di Paolo in contrasto con lo zio materno:

 

 

 

14 Febbraio 1426 Atto in San Miniato. Francesco e Niccolo' del fu Paolo Piccardi di Castelfranco da una parte e Jacopo di Lorenzo di Ser Ughetto di S. Simone di Firenze dall' altra, per risolvere una loro lite, nominano Lodovico Silvestri Tesini di S. Simone di Firenze. Pena di F. 100 per chi si appella contro il suo arbitrato.

 

ASF Notarile antecosimiano 18670 S. Santi di Giovanni di Castelfranco Pag.222r

 

 

Questo atto non ci dice granché, ma nasconde una faccenda complessa, che segnerà la vita dei due fratelli, e che vedremo meglio in seguito, a cominciare dal prossimo documento (la portata al Catasto dei due fratelli), per il quale è necessaria una breve introduzione:

Fino al 1427 il Comune di Firenze si finanziava tramite imposte sui redditi, basate su parametri calcolati da commissioni di cittadini elette per quel preciso scopo. Abbiamo già visto la "libra" di Castelfranco, detta anche estimo in base alla quale ad ogni capofamiglia era stata attribuita una determinata capacità contributiva.

La cosa funzionava così anche a Firenze, che era stata divisa in quattro Quartieri (S. Spirito, S. Giovanni, S. Croce e S. Maria Novella), a loro volta suddivisi in 16 Gonfaloni. Ai capifamiglia veniva assegnata una determinata capacità contributiva, sulla base di ciò che i commissari di ciascun Gonfalone potevano determinare dal tenore di vita esibito e dalle chiacchere del quartiere. Le commissioni di estimatori per ciascun Gonfalone erano nove. Venivano scartate le tre stime più basse e le tre più alte, per uniformare le tre rimanenti, nella speranza di avere come risultato un gravame fiscale equo per ciascun nucleo familiare.

Non occorre dire che questo sistema portava l’inevitabile conseguenza di disparità, privilegi e incredibili vessazioni, essendo basato sulla ricchezza esteriore e sulle reciproche invidie. Per cercare di limitare i danni, ad esempio, il ricco mercante pratese Francesco di Marco Datini decise di trasferirsi da Prato, dove era molto conosciuto, a Firenze, dove meglio poteva confondersi e, inoltre, raccomandava ai suoi di vestire dimessamente.

Allo stesso modo Giovanni di Pagolo Morelli, nelle sue ricordanze, spiegò dettagliatamente i trucchi per nascondere le ricchezze e le derrate che gli venivano fornire regolarmente dai suoi possedimenti nel contado. (nota1 : V. Branca: Giovanni di Pagolo Morelli Ricordanze, Firenze 1956 )

La situazione si aggravò nel 1423, a seguito della guerra contro i Visconti di Milano. Mentre nel decennio precedente Firenze era stata in pace con tutti e le spese per gli uomini in armi furono minime, con gran sollievo dei cittadini, nel solo 1424 le imposte ricavate dalla città e dal contado furono di 770.000 fiorini. Fra il 1424 e il 1427 le imposte assommarono a 2.65 milioni. Il Villani ne scrisse orgogliosamente dicendo che neppure il Re Ruberto poteva disporre di tante entrate. In effetti si sperava che Milano andasse in bancarotta prima di Firenze, ma le conseguenze furono nefaste: Giovanni Cavalcanti riferisce indignato che alcune fra le migliori famiglie furono ridotte in miseria, altre costrette all’esilio (Frescobaldi, Mannelli, i Panciatichi preferirono trasferirsi a Siena ecc.), altre ancora gettate "nelle obbrobriose e fetide carceri le quali per loro vocabolo sono chiamate le Stinche", come avvenne allo stesso Cavalcanti.(nota 2 : Giovanni Cavalcanti, Istorie fiorentine, a cura di I. Polidori, Firenze 1838 ) . La fuga delle famiglie più abbienti rappresentò un disdoro per le stesse, ma anche una perdita di risorse per il Comune, i cui rappresentanti cominciarono a dibattere sull’opportunità di modificare il regime fiscale. Le discussioni iniziarono a partire dal 1424, con i primi rovesci militari e ripresero ogni volta che dovette essere istituita una nuova tassa. Si giunse così, nel 1426, ad avviare lo studio di un nuovo regime tributario, denominato Catasto, che evocò in Giovanni Rucellai l’idea di luminosità, consentendo di "far luce sulle fortune".

Il sistema non era del tutto originale, essendo già stato introdotto a Venezia nel 1411, la cui documentazione, purtroppo è andata completamente perduta, mentre quella di Firenze è giunta intatta fino a noi. Il sistema del Catasto rappresentava una rivoluzione copernichiana, dato che si abbandonava la formula delle commissioni di estimatori, ma si obbligava ogni singolo capofamiglia, dal più ricco e potente al più umile, a presentare una propria dichiarazione, denominata "portata", con l’elenco completo e dettagliato dei beni, dei crediti, dei debiti e delle somme depositate in banca. La dichiarazione doveva comprendere anche l’elenco dei componenti la famiglia e l’indicazione delle loro età, allo scopo di conteggiare le detrazioni per ogni "bocca". Frequenti sono le annotazioni aggiuntive, allo scopo di ottenere la benevolenza degli ufficiali del fisco. Ad esempio, Francesco di Lorenzo di S. Andrea a Candeli scrive: "Andrea mio nipote figliuolo di Lorenzo e' in Lombardia nel campo provigionato dal Conte Carmagnola capitano della Lega non so se sia morto in questa guerra che Dio non voglia". (nota3 : ASF Catasto 108 pag. 264 v. )

Pena la perdita della cittadinanza fiorentina, anche coloro che abitavano in altri luoghi erano obbligati a presentare la "portata". Ad esempio, Piero Giamberti la presenta agli ufficiali del Gonfalone Lion d’oro, quartiere di San Giovanni, benché abiti a Venezia: "Abito a Vinegia, dove io nacqui e dove pago le gravezze, e stommi poveramente con la mia famigliuola in su l'esercizio che faceva mio padre delle candele di secco. Sarei volentieri tornato alla mia antica patria, ma le gravezze inconsiderate non mi hanno lasciato, e sono senza alcuno bene con debito di parecchi centinaio di fiorini per le gravezze di Firenze". (nota4 : ASF Manoscritti 526 Pag.133v )

Altro esempio la portata di Piero d' Antonio di Buonfigliolo Brancacci (Quartiere S. Spirito, Gonfalone Scala): "El sopradetto Piero e' di fuora, e non sappiam dove sia. Dassi foglio bianco perche' non perdi benefizio". (nota5 : ASF Manoscritti 526 Pag. 201r )

A questo sistema si assoggettarono, sia in città che nel contado, 60.000 famiglie, per un totale di 260.000 persone fisiche, fornendoci una radiografia quanto mai dettagliata della popolazione fiorentina dell’epoca. Le dichiarazioni autografe venivano consegnate ai commissari del Gonfalone cui apparteneva la famiglia. Una schiera di scrivani sintetizzava ogni portata in altro foglio, denominato "campione", per mettere in evidenza solo i dettagli utili ai fini della determinazione dell’ imposizione fiscale. Presso l’ Archivio di Stato di Firenze sono conservati sia i Campioni che le Portate, non solo del 1427, ma anche degli anni successivi.

Come si può ben comprendere, si tratta di una mole impressionante di documenti di estrema importanza e unica, all’ epoca, nel suo genere. Dopo secoli di anonimato, ogni singolo cittadino esce dall’oscurità e ci mostra se stesso, il suo lavoro, le sue condizioni di vita, il grado di istruzione (c’erano molto meno analfabeti di quanto si possa pensare e alcune grafie sono stupende).

La riforma non passò in maniera indolore ed ebbe avversari feroci, specie fra le fila dei potenti, primi fra i quali gli Albizi, mentre erano favorevoli i popolani, i sentimenti dei quali furono ben interpretati dai Medici. Dopo tanti contrasti, finalmente l’ "operazione Catasto" prese il via e tutti i cittadini consegnarono le loro dichiarazioni. Lo fecero anche i nostri Francesco e Niccolò Piccardi, che appartenevano al Gonfalone denominato "Scala" del quartiere di San Niccolò. La loro è un’unica "portata", essendo conviventi. Finalmente possiamo sollevare un velo sulle loro vite e verificare quanto finora avevamo solo potuto intuire.

Eccone la trascrizione integrale: (nota6 : ASF Catasto 15 pag. 665 )

 

 

 

 

Quartiere S. Spirito Gonfalone Scala

 

Dinanzi a voi signori uficali del chatasto dispongho e dicho ogni e caschuna sustanzia e beni mobili e imobili di me fran.co e nicholo di pagolo picchardi Gonfalone de la Schala quartiere di Santo Spirito.

1 chasa posta nel popolo di sanicholo da primo via a sechondo S. Giovanni Sigholi e III renaro e IIII marcho di nicholo di Ser Fran.co ne la detta chasa o vestimenta e maserizie di me e di mia famiglia a mio uso.

1 podere posto nel popolo di santa maria a faella chomune di chastelfrancho cho chasa da signore e lavoratore con piu pezzi di terra in prima un piano di

1 piano di st. 15 ulivata posto in deto luogho da p.o via II piero di lacho e IIII rede di Giovanni del chiaro di rendita di st. 40 e 1 orcio dolio di mezo

1 pezzo di terra di st. 8 posta in bagnerese da p.o via e II Antonio di Segno e III rede del m.o antonio e IIII fossato di fitto st. 5 lanno di grano

1 pezzo di terra di st. 5 posta al chanardo da p.o e sechondo vicho di simone da Figline III rede di Giovanni del chiaro la detta terra ve 1 anghurlare di trebiano di fitto st. 20 di grano

1 pezo di terra posta in chomezano di st. 8 soda che viene un pezo di st. 1 ½ vigna di fitto di st. 4 lanno di grano da p.o e II e III noi

1 borone luogo detto valenebbiaio chon querceti e pasture da I e sechondo via e III stremita di pogio fallo e dane di fitto st. 5 lanno mone di lacho popolo di santa maria a faella chomune di chastelfrancho

1 borone luogho detto borro Favilia con querceti e pasture da p.o stremita di pogio e II vicho di Simone e III rede di giovanni del chiaro di st. 5 lano

1 pezo di vigna di st. 5 da p.o via e II rede di giovanni del chiaro e 3 e 4 noi di rendita 2 chognia di vino lano

1 orto vignato con altri pomi chonfini da p.o via e II via e 3 lucha di lacho popolo di santa maria a faella di fitto due some di vino.

1 pezo d orto luogo detto valcello da p.o e II via e 3 vanni di lacho pop.o di santa maria a faella da seminarci chavoli

1 pezo di vigna di st. 1 da p.o e sechondo via e 3 lucha di lacho detto popolo di sopra di fitto 3 barili di vino lano.

1 chastagneto di st. 4 da p.o via e sechondo vanni di lacho del sopradeto pop.o e 3 Antonio di segno del piviere di Chascia non a rendita e circa st. 6 di chastagni.

E piu altri boschi appartenenti al sopradetto podere sarebemi 1 lungho dire e niente ne tragho dutile senon a pasturare bestiame quest’ e’ il podere

1 pezo di terra posta a monte al pero di st. 18 nel popolo di santa maria a faella da p.o Faella, II nicholo di chericho della foresta e 3 rede di Ser Rinaldo 4 Odo Altoviti lavoratore agnolo di buschera pop.o Santo miniato e meo di pagholo pop.o di santa M.a da faella a ½ marechando a un di fitto lano st. 10 di grano.

1 pezo di tera posto in deto luogho di st. 2 da p.o papo di nani e II antonio di Salvestro e 3 rede di Ser Rinaldo di fito da ½ st. lano e stassi sodo

1 pezo di tera di st. 18 posta nella Stesana o SCESANA da p.o borone II nanni dagnolo 3 Antonio di Salvestro lavora jacopo di Xstofano e mandelo dallachsta lucha di Sacho del popolo di santa maria a faella di fitto di st. 12 lano

1 pezo di terra soda posta alla fontata di st. 7 da p.o Messer Palla II la chiesa di faela 3 pagholo Figlinesi di fitto di st. 2 lano

1 pezzo di terra di st. 7 ne bucini da 1 rede di Maestro Antonio II detto III Ser Nanni d’Agnolo 4 Messer Palla di fitto di st. 3 l’anno non ho a memoria del lavoratore fa l’abachio

1 pezo di terra posta in botolato di st. 2 da p.o Papo di nanni 2. Piero di magio 3. piero di bartolo d’agnolo di fitto dt. St. 2 falla domenico di simone popolo di Faella

1 pezo di terra posto in calabronaio di st. 1½ da p.o fosato e II e III Antonio di fran.co lavoratore Antonio di fran.co pop.o di Santo ... (così nel testo) di fitto st. 2 di grano lano

1 pezo di prato di st. 3 posto in chalabroraro da 1° borone II lucha di jachopo puccini 3 poggio di fitto st. 2 lavorat. angnolo di buschera pop.o di San miniato

1 pezo di tera di st. 14 posta a ripa ghufi da p.o fosato 2 rede di meo chaccini 3 la chiesa di m.e Carelli di fitto di st. 20 lano lavora angnolo di buschera pop. di San Miniato e Piero di chericho pop.o della pieve a scho.

1 pezo di tera in detto luogho di st. 7 da p.o borone e II ser Antonio da Menzano 3 via 4 ser Giovanni di ser Bartolo di fitto st. 5 lanno falla antonio di chorso.

1 pezo di tera posta a renaiuolo di st. 6 a p.o via e 2 borone 3 la chiesa di Monte Charelli di fitto di st. 4 falla matteo di gholo pop. di S. Miniato

1 pezo di tera posta a la fontata di st. 4 a p.o via e II ser Giovanni di ser Bartolo 3 Matteo di Giovanni 3 Mateo di Giovanni di fitto st. 3 lanno lavor. Gherardo di Schamiglia pop.o di San Miniato

1 pezo di terra posta in ghiufa di st. 5 da 1 Oddo Altoviti II stefano di dino III via di fitto st. 5 falla masino di moncaldi pop. di san miniato

1 pezo di tera in foresta di st. 1 ½ da p.o via a II fossato 3 rede dandrea di masino di fitto st. 1 lavor. piero di benisio pop.o di monte Charelli

1 pezo di terra di st. 8 posta al Chorniuolo chon prato e lavoratio da p.o e II viva di Giovanni 3 rede di ser Neri di fitto da f. 5 falla masino di Montaldi pop. di San Miniato

1 pezo di terra di st. 1 ½ da p.o viva di giovanni nonsena niente

1 pezo di tera posta alla pistolese di st. 1 da p.o e II chorso da chanpiano 3 la pieve a scho di fitto st. 1 lavorato m.a tadea di papo pop.o de la pieve ascho

1 pezzo di terra di st. 4 luogho detto piandischo da p.o e II via a 3 matteo di bagano di fitto f. 6 lavora Santi di stagio piviere di scho e salvi deto popolo

1 pezzo di terra di st. 2 in piandischo da p.o via 2 feracino di mechano e 3 meo di ser Giovanni di fitto st. 5 lanno lavorato feracino pop.o San miniato la detta tera e ulivata e suvi alcuna vite

1 pezo di terra posta in barberaio da p.o Oddo Altoviti a II magio di filipo 3 magio di tieri e’ soda no se na frutto

 

Le sopradette pezi di tera sono tuti nel chomune di Chastelfrancho e sono terre forti lavoransi di 2 ani luno e pocho frutano e quando le lavoro metto tutto seme e dami poi la meta del racholto o rechato tuto a fitto per fare piu chiare le menti vostre de le mie rendite

In su il podere non o lavoratore ne buoi ne asini ne altro bestiame ecetto 1 troia cho 8 porcelini chomperosela la donna mia vale 6 f.

Somato tutto la rendita dico chio sichome per questa vedrete sono st. 158

rechando a fitto ogni ano 158.-.-

E piu 3 chognia di vino chog. 3 di vino

E piu 1 ½ dolio olio 1 ½ orcio

I denari debbo avere sono questi

Da Domenico di Bonsignore choregiaio

e Piero suo figliuolo f. 100 per resto

de la dote mi promisono de la dona

daregli f. 25 perchè sono poveri e

malagiati a vivere

Da Domenicho di Serchio mio lavoratore -.-.2

Da pagholo di lapo choregiaio 2.-.-

Da meo di grifo da monte 1.-.-

Da nanni di tabano chiamato morchia f. 55 il quale era mio lavoratore

e andosi chon dio e mai aspetto daverne niente perche di

proprio non a nulla al mondo 55.-.-

Da teo di salvuccio da sangiovenale f. 5 per resto 1 promesa mi fece per

lodovicho di salvestro tesini -.1.1

Soma 159.-.3

In charicho di fran.co e Nicholo sopradetti di denari debo dare

Antonio di teo speziale a Figline 2

A Iacopo di Xstofano per una promessa fe per noi a marcho speziale in sanromeo 3

A Iachopo di lorenzo nostro zio stante in roma f. trecento cinquanta quattro e per sua

chiareza ma per una scrita di nostra mano globrighamo 1 podere posto nel chomune

di chastelfrancho e siamo in chompromesso chon lui per la diferenza abiamo cho lui

e ludovico di salvestro tesini per 4 anni el podere obrigato al deto papi e quello

che per questa vedrete cioe il primo che io vedo in su questa scrita 354

A biando del ... (così nel testo) del popolo de la pieve di scho chomune di

Chastelfrancho 2

A Giovanni di piero cerachioni 18

A Romano Chastelani 5

A Ghuideto Monaldi e chompagnia di Roma f. 6 per resto di f. 60 restai

a dar loro quando da loro mi parti

A gli alessandri f. 15 per panno levai

A gli Alesandri f. 15 per la promessa feci per Domenicho bonsig.e choregiaio

saronne paghatore

Somma debbo dare 400

 

 

 

Le boche

M.a tita mia donna deta danni 20

Nicholo mio fratello deta danni 22

Fran.co di pagholo pichardi danni 23

 

 

 

Avuto dincharicho f. 5 neprestazioni

Non o paghati di niuno senone X

Resto a paghare tutti lavanzo credo sieno f. 200 perche sono chaduto nelontero

A voi mirachomando

A di II di luglio 1428

Sritta di francescho

E nicholo di pagholo

picchardi

 

 

 

 

 

Dimentichiamo per il momento la sintassi incerta: è evidente che questo tipo di dichiarazione veniva fatto di controvoglia, mentre la penna scorrerà più leggera e sicura nelle composizioni di carattere ben più ameno.

Sono tante le informazioni che ci offre questa dichiarazione autografa di Francesco, il quale, per la prima volta, ci conferma le informazioni che avevamo intravisto nelle scarne notizie che avevamo potuto raccogliere fino a quella data e ci offre altri spunti di indagine.

In primo luogo abbiamo l’età dei due fratelli, che ci consente di precisarne l’anno di nascita. Anche se a quell’epoca si perdeva facilmente il computo dell’età, si può presumere che dei ventenni conoscessero bene la loro. I due abitavano a Firenze, nella casa paterna nel popolo di S. Niccolò, ed affittavano i numerosi terreni coltivabili che possedevano a Piandiscò, i quali sono dettagliatamente elencati per la prima volta e per ciascuno dei quali viene indicato il fitto annuo riscosso. In realtà si tratta di conduzione a mezzadria ma Francesco ha semplificato indicando la rendita come se fosse un fitto: "quando le lavoro metto tutto seme e dami per la meta del racholto o rechato tuto a fitto per fare piu chiare le menti vostre su le mie rendite". Da notare che di un terreno i fratelli non conoscono neppure il nome del mezzadro e lo indicano sbrigativamente come uno "che fa l’abbacchio".

Per il podere di Campiglia i fratelli dichiarano di non aver nessun lavoratore né bestie da lavoro, salvo un maiale con otto porcellini, acquistati dalla moglie Titta. Questo potrebbe far pensare che i tre accudiscano personalmente il podere facendo i pendolari.

I terreni sono 20, più quelli (11, ma non li elenca tutti) componenti il podere principale di Campiglia, con casa da signore e da lavoratore. Essendo il frutto di acquisizioni avvenute in tempi diversi, i terreni non sono contigui e alcuni si trovano a Piandiscò. Stranamente non figurano nell’elenco i terreni a Forli acquistati da Niccolò nel 1417 e per i quali non ho trovato contratti di vendita.

Nel 1427 Francesco è già sposato con Titta, figlia di un vicino, Domenico di Bonsignore, un modesto fabbricante di finimenti che gli aveva promesso 100 fiorini di dote, ma non riuscì mai a pagarli, tanto che Francesco stesso inserirà nella sua dichiarazione il credito, con l’annotazione di essere senza speranze di incassarlo. Fu evidentemente matrimonio d’amore e non di interesse, altrimenti Francesco avrebbe potuto, come di consuetudine, rifiutarsi di accogliere la moglie fino a quando la dote non fosse stata interamente pagata.

Né Francesco né Niccolo dichiarano di svolgere alcun lavoro, e questo si ripeterà in tutte le dichiarazioni dei redditi successive.

L’elenco dei crediti vantati non riserba nessuna informazione rilevante, salvo quel Ludovico di Silvestro Tesini, che fu l’arbitro designato nel 1426 per dirimere la controversia con lo zio materno.

Fra i debiti ne spiccano due importanti. Il primo ci dice che Francesco è stato a Roma presso la Compagnia di Guidetto Monaldi, portandosi via merce o un prestito, che deve finire di pagare, mentre la seconda recita:

 

 

 

 

A Iachopo di lorenzo nostro zio stante in roma f. trecento cinquanta quattro e per sua chiareza ma per la scrita di nostra mano globrighiamo iI podere posto nel chomune di chastelfrancho e siam in chompromesso chon lui per la diferenza abiamo cho lui ... domenicho di salvestro tesini per 4 anni el podere obrigato al deto papi e quello che per questa vedrete cioe il primo che io vedo e su questa scrita 354

 

 

 

 

 

La frase è oscura, ma possiamo già intravedere quello che in seguito ci apparirà più chiaro: Jacopo di Lorenzo di Ser Ughetto, fratello di D.a Bianca, madre di Francesco e di Niccolò, ha proposto a Guidetto Monaldi di entrare in società con lui. Non gli è stato opposto un rifiuto, ma la richiesta di una congrua garanzia, che Jacopo non poteva coprire con mezzi propri. Ha quindi convinto il giovane nipote ad ipotecare il podere di Campiglia, con il miraggio di portarlo a Roma, dove stava facendo buoni affari un nutrito gruppo di mercanti fiorentini, tutti concentrati in quel quartiere dove verrà edificata la chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini.

A conferma di quanto sopra, sono andato a leggere la portata di Jacopo di Lorenzo, il quale risulta nullatenente e conferma sbrigativamente il debito

 

 

"A Francesco e Niccolò di Paulo de Piccardi devo dare f. 600 per fogli diversi"

 

(nota7 : Catasto 69 bob.131 foto 122 )

 

 

 

Evidentemente, il padre Paolo era già morto, altrimenti non avrebbe consentito che il figlio ipotecasse tutte le sostanze di famiglia per tentare un’avventura a Roma. Non si sa cosa abbiano combinato i due a Roma, sappiamo solo che Guidetto Monaldi, nella sua portata del 1427, quando aveva già 61 anni, scrive che la compagnia romana fallì per perdita totale del capitale a seguito di un furto. Il Monaldi farà valere le sue pretese creando parecchi grattacapi a Francesco, come vedremo in seguito.

I debiti con gli Alessandri fanno capire che l’attività alla quale si dedicava Francesco era la rivendita di tessuti, una parte dei quali intendeva pagare con quanto dovutogli dal suocero a saldo della dote. Risultano non pagate anche le imposte precedenti.

Dalla dichiarazione non risultano somme liquide depositate presso banche o presso il "Monte". In conclusione, un bel patrimonio fondiario, la totale assenza di liquidi e di attività remunerative, con la conseguenza, come vedremo, che i due fratelli saranno costretti a vendere le loro proprietà una ad una.

Dato che Francesco ci ha fatto la cortesia di fornirci un elenco completo delle proprietà, da qui in avanti vi risparmierò la trascrizione di tutti i documenti, nei quali compaiono i Piccardi come "confinanti".

 

 

 

 

L’ istituzione del Catasto e il censimento capillare che ne conseguì, ha spinto ovviamente la mia curiosità a spulciare le dichiarazioni degli abitanti di Piandiscò, Faella, San Miniato ecc. alla ricerca di qualcosa di interessante ed ho trovato che a Piandiscò esisteva una compagnia composta da tre soci con lo scopo di commerciare spezie, anche oltre i confini del loro paese, tanto da contare il Monastero di San Salvi come principale debitore:

 

 

 

Spoglio dei debiti e crediti della bottega di speziale di Marco di Donato, Antonio di Agnolo e Lodovico di Ambrogio. M.a Bianca donna che fu di Pagholo di Picchardo f. 10. La compagnia di S. Maria a Sco f. 5. Francesco di Pagholo di Picchardo f. 18. Niccolo' di Pagolo di Piccardo f. 11. La Compagnia del Tempio f. 44. Monastero di S. Salvi f. 367. Zanobi di Leonardo Altoviti f. 45.

 

Il totale dei crediti e' di f. 3134.

Fra i crediti inesigibili Palese di Antonio f. 20.. (nota8 : Catasto 156 Pag. 868-871 Piandisco' )

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ho trascritto solo i debitori che ci possono interessare e vediamo che i due fratelli e loro madre avevano un conto in sospeso ben sostanzioso, cosa che dimostra la loro assidua presenza a Piandiscò. Il socio Marco di Donato è quello menzionato da Francesco fra i suoi creditori, anche se il motivo del debito non è specificato.

Altra cosa interessante riguarda Le Fabbriche a San Miniato, così chiamate perché sede di officine di fabbri, come dimostra anche l’emblema scolpito su di un’ architrave.

Le Fabbriche vengono indicate in varie portate:

Domenico di Nanni a. 52. Una casa con bottega atta a fabbro a San Miniato loc. le Fabbriche e per sua abitazione piu' terreni alle fabbriche confina con la pescaia. Un terreno in Camperottoli, uno in Colombaia e uno in Calabronaia. (nota9 : Catasto 156 Pag. 409 )

Vaggio a. 20 e Matteo a. 18 di Guidotto di Nieri fabbri con casa e bottega alle fabbriche, dove hanno anche un mulino che affittano per 10 staia di grano l' anno. Un frantoio in loc. Dogliorotto. Una ventina di terreni in San Miniato molto ben dettagliati. Hanno un debito di f. 60 per un legato del padre Guidotto per fare una cappella in S. Miniato. Pagano 10 fiorini l' anno per 6 anni. Ne sono passati 3. Margherita, moglie di Vaggio di anni 14 e' grossa. (nota10 : Catasto 156 Pag. 452 )

Guelfo di Giusto di Gentile fabbro in San Miniato a. 22. Ha incudine, mantice e martelli e altri beni per f. 15. ( nota11: Catasto 156 Pag. 1060 )

Quest’ultima scritta, in verità, non precisa Le Fabbriche come localizzazione della bottega.

 

 

 

La scarsa considerazione che si aveva a Piandiscò delle finanze disponibili dai figli di Paolo Piccardi è dimostrata da questa portata:

 

 

 

 

Manetto di Matteo di Faella a. 45. Deve avere 6 fiorini dagli eredi di Pagholo di Picchardo, che non gli stima nulla perch'io non gli credo mai entrare.

Nota12 : Catasto 156 Pag. 752

 

 

  

Per mio fratello Piero, il quale ha dubitato che tutti, indipendentemente dal loro reddito, fossero assoggettati alla dichiarazione dei redditi, ho trascritto questa portata di un nullatenente:

 

Martino di Andra Martini di Faella a.60.Ho debito f. 30 con Niccolo' di Francesco di Niccolo' della Foresta mio hoste stato egli e suoi passati 150 anni miei hosti al Monte al Pero. Niuna sustanza e non ho rendita niuna di niuna mia cosa se non delle braccia mie e della mia famiglia. (nota13 : Catasto 156 Pag. 722r )

 

 

La seguente scritta dimostra a Giovanni Piccardi di Bari che il soprannome di suo bisnono era già in vigore nel ‘300:

Faella. Guido di Giovanni vocato Birro a. 85. (nota14: Catasto 156 Pag. 1075 )

 

 

Mi piace ricordare anche la seguente portata, scritta con una grafia bellissima, una delle più belle di tutto il Catasto, anche se il contenuto è inquietante:

Manente di Bonagio di Piandisco'. Ha un debito di f. 14 con Niccolo' di S. Guido maestro di scuola in Orsanmichele e f.20 per fare ricomunicare un suo figliuolo il quale e' scomunicato. (nota15: Catasto 156 Pag. 858 )

Altre portate che ho copiato, perché inconsuete o, comunque, diverse dal mero elenco di beni, sono le seguenti:

Giorgio di Martino da Castelfranco a presente approvvigionato a balestro nella rocca di San Marco di Pisa anni 46. Ho certi panni a mio dosso e a mio uso e cholle mie armi a mio uso e ho dieci paghe in chamera a balestro a lire sedici per pagha. I debiti miei sono questi che io a dare fra pane a fornai e di vino e denari accattati a piu' persone circha fiorini 6. E de avere Ysaac ebreo che presta in Pisa grossi 20. E sono stato apuntato dalla rasegna de chonsoli che mi saranni ritenuti alla chamera f.1 l.11 (nota16 : Catasto 156 Pag. 396 )

 

 

 

Vanni di Laco da Campiglia a.64. La sua casa confina con Antonio di Signa e con rede Palese di Antonio. Un terreno al Bagnuolo confina Resco, Antonio da Signa, Mone di Laco. Un bosco a Bagnerese confina con Luca di Mone, Francesco di Pagolo Piccardi. Un terreno alle Vignole confina confina con Antonio di Segno, Mone di laco, Francesco di Pagolo. Una vigna a Campiglia confina con Francesco di pagolo e Mone di laco. I detti pezzi di terra li fa lavorare il detto Vanni a opra perche' none puo' lavorare perche' fu fedito ed e' sgarrettato. Ane il detto Vanni capre e porci di stima f.7. Ane una sina per andare su perche' non puo' andare a pie' perche' non e' sano. f.2. M.a Santa sua moglie a. 55. Piero suo fante che sta per guidargli la bestia a. 12. (nota 17 : Catasto 156 Pag. 781 )

 

 

 

Qualche tempo dopo, nel 1429, il Comune concesse la possibilità di effettuare un "ravvedimento operoso", per coloro che avessero omesso la descrizione di alcuni beni. Probabilmente fu Francesco a portare la notizia a Piandiscò, perché tutte queste dichiarazioni sono di sua mano:

 

 

 

 

 

Aggiunta di Piero di Laco da Campiglia con una scritta di Francesco di Paolo Piccardi

Nota 18 : Catasto 156 Pag. 704v )

 

 

 

Quartiere di S. Giovanni, Piviere S. Maria a Sco, Podesteria di Castello franco e popolo di S. Maria a Sco. Dinanzi da voi signiori uficiali del chatasto del chomune di Firenze questa mia agiunta la quale fa Donato di pagholo e figliuoli agiungnie sopra a ogni sua beni mobili e inmobili f. quaranta. Io franc.o di pagholo pichardi o fatto questa iscritta de mia mano a preghiera del detto Donato questo di sopradetto. Agiungesi questo di 7 di Maggio 1429 a suoi beni f. 50.

 

( Nota 19 : Catasto 156 Pag. 864 )

 

 

 

Scritta autografa di Francesco Piccardi per conto di Piero di Cherico di Piandiscò che aggiunge f. 10 alla propria portata (l' ufficio ne aggiungerà 35). Io Franc.o picchardi o fatto questa scritta a preghiera di detto Piero.

Nota 20 Catasto 156 Pag. 875

 

18 Marzo 1429 Aggiunta di Francesco di Giovanni di Ferro. Io Franc.o di Pagholo o fatto questa scritta apreghiera del soprad.o franc.o.

nota 21 Catasto 156 Pag. 1085

 

18 Marzo 1429 Aggiunta di Simone di jacopo Bonagi di San miniato. Io Franc.o di pagholo o fatta questa scritta chon volonta del sopradetto Maso (figlio di Simone).

Nota 22 Catasto 156 Pag. 1096

 

 

 

 

 

Come si può vedere, alcune volte Francesco si firma come "Francesco di Paolo", un’ altra come "Francesco Piccardi", per cui il genitivo del nome del nonno è divenuto, per la prima volta, un vero e proprio cognome e, nel contempo, viene omessa l’indicazione del nome del padre, perché superflua..

Nello stesso anno la mancanza di denaro liquido costringe Francesco a vendere un terreno:

 

 

10 Agosto 1429

Francesco di Paolo Piccardi vende un terreno a Simone di Giovanni di Piero da Castelfranco st. 17 a ripa Gufi adi X Agosto 1429 rogo' messer Mora di Bartolo Mannozzi da Castelfranco per prezzo di f. 30

 

Nota 23 : Catasto 1443

 

 

 

Sempre nel 1429 muore lo zio Jacopo di Lorenzo e i soci della Compagnia si rivolgono all’ Arte della Seta (Por S. Maria) per la liquidazione delle pendenze fra i soci.

Nel dicembre 1429 i consoli dell’Arte della Seta dichiarano

 

 

 

"Iacopo del fu Lorenzo di Iacopo di ser Ughetto di Firenze ritagliatore già socio/compagno e gli eredi del detto Lorenzo debitore di Guidotto di Francesco Monadi e di Antonio di Bono come curatore dell’eredità di Rinuccio di Chimenti di Zanobi e di Giuliano del fu Matteo di Pezzato per suo nome proprio e come erede dello zio Giovanni di Pezzato".

 

Nota 24 ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg.

 

Queste sono le somme dovute:

a Chimenti di Zanobi di Guidotto proprio ducati 191 soldi 12 denari 9 d’oro

a Guidotto di Francesco Monaldi proprio ducati 896 soldi 18 denari 7 d’oro

a Giuliano di Matteo di Pezzato ducati 295 soldi 10 denari 5 d’oro

ad Antonio di Bono, curatore ducati 280 soldi 4 denari 6 d’oro

 

 

 

 

I Consoli dell’Arte della Seta condannarono gli eredi del fu Iacopo di Lorenzo (ossia Francesco e Niccolò) a rinfondere le somme suddette, espresse in ducati e non in fiorini, perché la Compagnia non aveva sede a Firenze.

Il 16 Dicembre del 1430 i due fratelli vendono la casa di Firenze a un barbiere per 200 fiorini, nella quale evidentemente non abitavano da tempo:

 

 

A Simone di Franc.o barbiere popolo di S. Lucia una casa abitammo posta a San Niccolo' di Firenze addi' 16 Dicembre 1430 carta per mano di Messer Tommaso Cioni f. 200

 

Nota 25 Catasto 1443

 

 

Per farsi un’idea della considerevolezza della cifra, basta considerare che la casa che confina per tre lati con la chiesa di Simonti fu venduta, nello stesso periodo, per 10 fiorini

 

 

 

Nel Maggio 1430 viene data esecuzione alla sentenza pronunciata dai Consoli dell’Arte di Porta S. Maria da parte di messer Pietro, dottore in legge, giudice collaterale per il podestà di Firenze, Battista degli Alaleoni (Bactista de Alaleonibus), per i quartieri di di S. Giovanni e di S. Maria Novella e in favore e su petizione di ser Iacopo di Silvestro, notaio fiorentino, procuratore di Guidotto di Francesco Monaldi, come erede di Rinuccio di Francesco suo fratello, e per parte di Giuliano di Matteo Pezzati, come erede di Giovanni di Zanobi Pezzati suo zio, agendo sui beni di Iacopo del fu Lorenzo di Iacopo di ser Ughetto. Contemporaneamente Giuliano di Antonio del popolo di S. Frediano, procuratore sostituto di Guidotto di Francesco Monaldi e Giuliano di Matteo Pezzati, viene immesso nella tenuta e nel possesso corporale dei beni immobili situati nel popolo di S. Maria a Faella nel comune di Castelfranco di Sopra luogo detto Campiglia (descritti minuziosamente nella sentenza, che riporta microtoponimo, confini, quantità e qualità della terra).

Nota 26 : ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg.

 

 

 

 

 

 

Arriviamo al 1431 e i due fratelli compilano la dichiarazione al catasto deliberata nel 1430:

nota 27 : Catasto 331

 

 

 

 

 

 

Quartiere di S. Spirito G. SCALA

 

 

Dinanzi a voi signori uficiali del chatasto questi sono le sustanze encharichi di me franc.o e nicholo di pagholo pichardi in p.

I podere luogho detto chanpiglia chon chasa da signore e da lavoratore posto nel popolo di santa maria a faella chomune di chastelfrancho di sopra cho suoi vochaboli e chonfini al detto luogho da p.o vidio di simone e ii redi di giovanni del chiaro e iii giovanni carnesecchi el detto podere vignato e ulivato e chastagnato e boschate e chon terre lavoratie che in tutto giaffa X anni noavuto in mia parte 50 o 60 sta. di biada di mezo alle vigne fallo a mia mano rendimi 3 chognie sotto sopra e orci 1 ½ o 2 sono in tutto.

Il sopradetto podere e obrigato per 1a schritta privata a Iacopo di lorenzo di Ser Ughetto e a sue redi per f. 600 la quale schritta fatta e che fittizia perche lebbe chon pregharmi che se questa inschritta gli facevo e poteva mostrare questo chredito a una chompagnia la quale voleva fare chon Ghuidetto Monaldi siche io no mi gli tengho essere debitore duno f. abiamo fatto chompromesso sicchome seghuire di tutto ne sarete avisato

E piu chella detta schritta si truova (in mano di). ghuideto monaldi e a me adomanda e detti f. chome detto di sopra ne siamo inchopromesso

E piu madomanda detto Ghuidetto f. 325 e quali dice nostra madre dono al sopradetto Iachopo che non tengho avergli a dare perchè giaffa 2 anni o ritrovato charte schrite che penso avere buona ragione di tutto e fatto chonpromesso e di tutto voi sarete avisato fatto e lodo

2 st. di terra ulivata e vignata lavoratia posta in piandischo da p.o via e ii meo di messer giovanni e iii rede di piero seracini one di fitto st. 4 di grano

6 st. di terra ullivata posta in piandischo da p.o e ii via e 1/3 papi di ser ristoro one di fitto lano st. 5 di grano

qui da pie schrivero tutti terreni forti lavoransi de 2 anni .. sono chattivi ...

5 st. in chorbinaio da p.o oddo Altoviti e ii maso di tieri e 1/3 antonio di salvestro di fitto st. 5 di grano

3 st. ... al pero da p.o prete a monte charelli e ii antonio di salvestro di fitto st. 1 di grano

18 st. in detto luogho da p.o el pozzo en la faella e ii oddo st. 16

11 st. al charniolo da p.o antonio di .. e ii la chiesa a faella st. 12

5 st. in ghuffa da p.o oddo e ii el pozzo e iii priore di chas.o st. 5

1 st. in forersi

2 st. in chalabronaio da p.o antonio di messer pagholo e ii fossato st. 1

6 st. in deto luogho di prato di fito st. 4 di grano da p.o antonio di matteo di ghollo e ii ser giovanni di messer bartolo st. 4

6 st. a renaiuolo da p.o fossato e ii antonio di chorso fassi sodo metto st. 3 e nossilavora mai

7 st. a ripa di ghufi a p.o messer giovanni di messer bartolo e ii la chiesa a menzano nolo affitto st. 7

17 st. ,,, tra soda e lavoratia ... no affitto st. 11

25 st. nella pesana soda e siepi e lavoratie da p.o nani dagnolo a ii antonio di salvestro st. 16

3 st. in latobari da p.o fossato e ii piero di bortolo dagnolo st. 2

4 porcegli e sono per istima di L. 3

Avemo di piu persone circha a f. 2 in tutto L. 40

I Ronzino che ... f. 13 L.22

L. 95

Somma lentrata del grano overo biade st. 152 ½

Somma ... overo ai porci e ronzino L. 95

truovasi debitore deglinfraschritti

Domenicho setaiolo L. 14

Ghuidetto Monaldi f. 3 di cui sono f. 33 faremo le somme L. 132

chol chomune tutti e chatasti circa a f. 30 L. 120

298

Soma lentrata st. 152 ½ di grano st. 152 di grano

chongnie 3 di vino chongnie 3 di vino

orci 2 dolio orci 2 dolio

o avere e truovomi cho 1 ronzino e porci

In tutto L. 95 o avere

a debito L. 298

le bocche

franc.o deta danni 25

nicholo deta dani 24

o di chatasto f. X

Restasi a definire f.. 900 mandomanda ghuidetto monaldi e chomp.a . incompreso di tuto sarete avisato ho dato che sia el termine tutto febraio 1430/1

adi 31 di gennaio

 

 

 

Sono passati solo tre anni dal primo catasto e Francesco è già vedovo, i terreni sono stati venduti per quasi la metà del totale iniziale, la casa di Firenze venduta anche quella. In più si trova sulle spalle il debito con Guidetto Monaldi, che in questa portata viene descritto abbastanza bene. Dalla traballante sintassi di Francesco appare la speranza di poter dimostrare la sua buona fede e di scaricare la responsabilità dell’intero debito sullo zio materno, che gli ha estorto una fidejussione, a suo dire. Ma il fatto è che lo zio è morto e ne sono eredi i due nipoti, ai quali vengono addossati tutti i debiti.

Rimane oscura l’altra pretesa di Guidetto Monaldi in merito ai 325 fiorini che la madre Bianca avrebbe donato al fratello Jacopo di Lorenzo di Ser Ughetto. Può darsi che le carte, che Francesco dice di aver rinvenuto, siano proprio quelle che Bianca richiese nel 1422 a Ser Santi di Giovanni per il tramite del figlio Niccolò (ricordate il famoso bigliettino spuntato dalla legatura di una filza?)

Francesco specifica che i campi adiacenti il podere vengono lavorati direttamente dai due fratelli, che non si sono potuti permettere l’acquisto di buoi ma solo di un "ronzino". Il rendimento di detti campi sembra minimo e ciò può essere giustificato dall’ inesperienza dei due improvvisati agricoltori e dalla mancanza di mezzi adeguati, ma non dobbiamo dimenticare che tutti i contribuenti piangevano miseria e nascondevano quanto potevano dei loro redditi.

 

 

 

 

Stando a Campiglia, Francesco fa la conoscenza di Biagia, figlia di un notaio di Viesca, se ne innamora e la sposa nel 1431, come appare da un’appendice della sua portata del 1443:

 

 

 

 

 

Agiungniamo 1 pezzo di terra lavoratia di piano st. 1 incirca posto nel popolo di S. Piero a Viesca lega di Cascia luogo detto Buleto confini da p.o via 2. Lionardo Danti 3. Piero di Checco contadino 4. Messer Andrea di Messer Simone lavoralo Piero del Rosso rende l'anno di mezzo in mia parte io metto tutto seme lavorasi de due anni 1 volta.

Grano st. 6 in 8

Il detto pezzo di terra o auto da Messer Andrea di Messer Simone mio suocero in sino dell' anno 1431 per pregio di f. 32 per il resto della dote mia (.......) detto prezzo che nol valea ma per non (......) presi per partito di fare cosi' il detto pezzo di terra fu dato insieme a altri suoi terreni pel detto Messer Andrea nel Gonfalone Bue).

 

 

 

 

 

 

 

Neppure in questo caso Francesco mira alla dote, essendo il suocero un modesto notaio, già impossibilitato a versare la dote per Taddea, la figlia maggiore, che era riuscito a far sposare, ma non a far accettare nella casa del genero fino a quando la dote non fosse stata versata per intero, come si può leggere nella portata del 1430: ( Nota 28 : Catasto 352 Pag. 32 )

 

 

 

 

Gonfalone Bue nero

 

S. Andrea di S. Simone da Viesca

Uno poderetto posto nel comune di Viesca luogo detto Alla Lungarella con case da signore et da lavoratore non c'e' suso buoi e lavoralo piu' persone.

In prima uno pezzo di terra appartenuta al ditto podere posto nel ditto comune luogo detto Il Buleto di staiora 28 che da 1. e 2. via 3. Romano Castellani 4. S. Neri di Dino Malaschiena 5. Vinci di Fruosino da Figline. Uno pezzo di terra posto nel detto comune di staiora due e mezzo luogo detto Montanino e no si lavora 1. e 2. via 3. e 4. Messer Palla degli Strozzi.

Uno pezzo di terra appartenuta al detto luogo di staiora nove posto nel comune di Castelfranco luogo detto Lareganese 1. via 2. fossato chiamato Resco 3. e 4.Messer Palla degli Strozzi.

Detti beni rendono della parte mia mi tocca moggia tre di grano e anche rende tra panico e altra biada la parte mi tocca moggia uno. Ancora mi rende la parte mi tocca di vino barili dodici.

Bocche

S. Andrea detto a. 48

Monna Gemma mia donna a. 43

Taddea sua figlia a. 23 est maritata e non sta ammarito perche' non ho da dalle di dote

Biagia mia figliuola a. 22

Santi mio figliuolo a. 19

Lisa mia figliuola a. 17

Sono debitore del comune di sindichi del Gonfalone della Scala di F. XV

Sono debitore di tutti i catasti si sono posti a catasto F. 3

 

 

 

 

Ser Andrea di Simone confermerà le sue non floride condizioni economiche nella portata del 1442:

 

 

S. Croce Gonfalone Bue

S. Andrea di S. Simone da Viesca

1 poderetto l.d. La Lungherella lavoralo Rombolo di Noferi non ha prestanze ne' buoi

El detto poderetto ... n'ho tratto due pezzi di terra ... di detto luogo e quali ha dato per dota a dua sue figliuole l'una e' donna di Lionardo d' Antonio Ugolini e l'altra e' donna di Francesco di Paolo Piccardi e di tutto perche' chiaro le signorie vostre el tempo si saldera' la sua scritta

Bocche

S. Andrea a.65

M.a Giovanna a. 55

Santi a. 29

El detto Andrea non fe' giammai carte perche' ... sanza inviamento alcuno.

Santi suo figliuolo va al soldo perche' non ha inviamento alcuno sicche' di loro si puo' fare poco conto perche' hanno fatiche grandi di vincere.

 

Nota 29 : Catasto bobina 1503

 

 

Quando Francesco si renderà definitivamente conto di non poter sperare di riscuotere l’intera dote pattuita (100 fiorini), accetterà il compromesso offerto dal suocero, ossia una parte in contanti e il saldo rapprensentato da un pezzo di terra a Viesca in località denominata Buleto.

Questo è l’atto stilato a tal proposito dal notaio Ser Simone di Ciamo:

Nota 30 : Notarile antecosimiano 19158

 

 

 

 

 

 

Non sforzatevi gli occhi e non maledite la brutta grafia del notaio: fidatevi.

Il terreno era a Viesca, lontano e improduttivo, tanto che, non appena se ne presenterà l’occasione, Francesco lo rivenderà al suocero.

 

 

 

Nel frattempo la giustizia fa il suo corso e, nel giugno 1431, per parte del giudice collaterale del podestà di Firenze, Antonio dei Ventini di Roma (Antonius de Venetinis de Roma), per i quartieri di S. Giovanni e S. Maria Novella su petizione di ser Iacopo di Silvestro, notaio fiorentino, procuratore di Guidotto di Francesco Monaldi e di Giuliano di Matteo di Pezzato fu ordinato, tramite un nunzio del Comune di Firenze, a Francesco e Niccolò del fu Paolo di Piccardo di lasciare i beni di Campiglia. ( Nota 31 : ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg.

Francesco presenta ricorso, ma nell’ottobre 1431 messer Antonio de Pensauro giudice collaterale del podestà di Firenze, Amicus della Turre, per i quartieri di S. Giovanni e S. Maria Novella dichiara che debbano essere confermate le sentenze emesse e le ordinanze di sgombero dei beni oggetto dell’ ordinanza.

Evidentemente la visita del Nunzio del Comune aveva reso i due fratelli consapevoli della gravità della controversia e aveva convinto Francesco a recarsi a Firenze per trovare un accomodamento con i creditori. Nel novembre 1431 Guidotto di Francesco Monaldi e Giuliano di Matteo di Pezzato da una parte e Francesco di Paolo di Piccardo, per sé e come procuratore del fratello Niccolò, dall’altra parte fecero una "composizione e concordia". Francesco promise di dare e solvere a Guidotto di Francesco Monaldi e Giuliano di Matteo di Pezzato la quantità di denaro summenzionata nei tempi e nei termini dell’accordo e le parti predette stabilirono che se non fossero soluti i debiti nei tempi stabiliti, i beni indicati nell’ordinanza sarebbero stati liberi per i detti Guidotto e Giuliano e di pertinenza di Guidotto e Giuliano con pieno diritto di proprietà.

Nota 32 : ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg.

 

 

 

 

 

Il 29 Agosto 1432 i fratelli vendono a Iacopo di Piero Becha da Castelfranco un campo ulivato e vignato posto in Piandiscò per 18 fiorini, come apparirà nelle portate successive:

Questa è la descrizione della vendita come appare nella portata del 1443:

Il 29 Agosto 1432 i fratelli vendono a Iacopo di Piero Becha da Castelfranco un campo ulivato e vignato posto in Piandiscò per 18 fiorini, come apparirà nelle portate successive:

 

Questa è la descrizione della vendita come appare nella portata del 1443:

 

A Iacopo di Piero Becha da Castelfranco un campo ulivato e vignato addi' 29 d' agosto 1432 non e' la carta ma certo l'ha riportato al suo catasto f. 18

 

 

 

E questa nel 1457

 

 

A Iacopo di Piero becha da castelfranco a di 29 dagosto 1432 un campo di terra olivata di st. 2 posta in piandisco per f. 18

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel 1433 Francesco, anche a nome del fratello Niccolò, presenta la dovuta portata al Catasto (33) Nota 33 : ASF Catasto 429

 

 

 

 

Quartiere di S. Spirito G. SCALA

 

Dinanzi a voi signori uficiali del chatasto sustanze encharichi di me francescho e nicholo di pagholo pichardi in per.a

 

I podere luogho detto chanpiglia posto nel popolo di santa maria a faella chomune di chastelfrancho di sopra chon chasa da signore e da lavoratore e 70 st. o circha di terra olivata e vignata e boschatada cho suoi vochaboli e chonfini da p.o rescho e ii redi di giovanni del chiaro e iii vico di simone a ¼ la chiesa di s.ta maria a faella non ho su ne buoi ne asini ne ... bestiame rendemi lano st. 50 o 60 di grano e chognie 3 di vino e 1 orcio dolio gliulivi per la tenpesta essevi tra noi sono tutti secchi e gran parte..

2 st. di terra ulivata e vignata lavoratia posta in piandischo da p.o via e ii meo di messer giovanni e iii rede di piero seracini one di fitto st. 4 di grano

6 st. di terra ullivata posta in piandischo da p.o e ii via e 1/3 papi di ser ristoro one di fitto lano st. 5 di grano

qui da pie schrivero tutti terreni forti lavoransi de 2 anni .. sono chattivi ...

5 st. in chorbinaio da p.o oddo Altoviti e ii maso di tieri e 1/3 antonio di salvestro di fitto st. 5 di grano

3 st. ... al pero da p.o prete a monte charelli e ii antonio di salvestro di fitto st. 1 di grano

18 st. in detto luogho da p.o el pozzo en la faella e ii oddo st. 16

11 st. al charniolo da p.o antonio di .. e ii la chiesa a faella st. 12

5 st. in ghuffa da p.o oddo e ii el pozzo e iii priore di chas.o st. 5

1 st. in forersi

2 st. in chalabronaio da p.o antonio di messer pagholo e ii fossato st. 1

6 st. in deto luogho di prato di fito st. 4 di grano da p.o antonio di matteo di ghollo e ii ser giovanni di messer bartolo st. 4

6 st. a renaiuolo da p.o fossato e ii antonio di chorso fassi sodo metto st. 3 e nossilavora mai

7 st. a ripa di ghufi a p.o messer giovanni di messer bartolo e ii la chiesa a menzano nolo affitto st. 7

17 st. ,,, tra soda e lavoratia ... no affitto st. 11

25 st. nella pesana soda e siepi e lavoratie da p.o nani dagnolo a ii antonio di salvestro st. 16

3 st. in latobari da p.o fossato e ii piero di bortolo dagnolo st. 2

4 porcegli e sono per istima di L. 3

Avemo di piu persone circha a f. 2 in tutto L. 40

I Ronzino che ... f. 13 L.22

Somma in tutto la biada st. 161/1

I sopradetti terreni ispezati sono tutti terreni forti e fallaci e seminasi a temporali e per gli aquazoni si drovinano e quando si lavorano a mezo lusanza e luso metto tutto el seme e cio el mezo

 

┼ 1433

+ mobili

1 asinello chostomi L. 6

1 porcella e 3 porcellini L. 6

Da certi uomini acircha L. 16

Da Dolo di guccio f. 2 L. 8

L. 36

+ chreditori

a Domenico setaiolo f. 3

al chomune f. 170 per insino a questo di 170

a Messer Mora di Bartolo Mannozzi 4

A Dedi fornaciaio in Valdarno e a franc.o maestro di figline 3

a M.a Mea donna fu di messer rinaldo di salvestro 4

A Ghuidetto Monaldi e a giuliano pagati

f. 407 manno asserito non avere piu

di f. 209 ano una schritta di mia mano

de detto f. 407.-

overo chela di f. 525 chegliemo dati f.

118 resta f. 407 407

Donne loro di patto fatto lano f. 30

abatendomegli della soma

f. 591

 

┼ 1433

Francescho deta dani 28

Nicholo mio fratello dani 27

M. Biagia mia donna danni 22

Biancha mia figliola di 4 mesi

Palese mio nipote deta danni 8 nona al mondo tanto che

sanza piu persone è rimasto.

 

 

 

 

 

 

I fratelli hanno iniziato a rifondere i vecchi soci dello zio e confidano nella pacifica risoluzione della vertenza, mantenendo l’impegno di pagare 30 fiorini l’anno. Si confonde nello spiegarlo, ma sembra che il senso sia questo. Una delle gelate che colpiscono abbastanza spesso quella zona ha bruciato gli olivi. Francesco insiste nel deprecare lo scarso rendimento dei terreni, ma si contraddice quando dichiara che non ha buoi né asini, e poi ne elenca uno insieme agli inseparabili maiali, mentre il ronzino non cè più.

 

 

Il debito con Ser Mora di Bartolo Mannozzi non viene specificato, ma probabilmente deve essere messo in relazione con il seguente atto, rogato da Ser Santi di Giovanni:

23/1/1432 Atto in San Miniato.

Ser Mora di Bartolo Mannozzi intenta causa contro Franceschino di Paolo Piccardi e altri non nominati per recuperare una somma non precisata. L' atto non specifica i fatti, ma solo l' incarico ai legali (Albizi, del Soldato e altri).

 

rogato da Ser Santi di Giovanni

Notarile antecosimiano 18670 pag. 303r

 

 

Non ho trovato nessun procedimento legale celebrato presso le varie corti competenti, quindi può darsi che si sia addivenuto ad una transazione amichevole. Mi piace poco quel "Franceschino", il quale fa pensare al genere di considerazione di cui godeva Francesco in paese. Niccolò continua a vivere nell’ombra del fratello.

La portata del 1433 ci dice anche che la famiglia si è allargata con l’arrivo della moglie Biagia, la nascita della prima figlia, alla quale Francesco ha imposto il nome di sua madre, Bianca, nonché l’accoglimento di Palese, bambinetto di otto anni rimasto solo al mondo e certamente figlio di un discendente di Antonio di Palese, forse di Agnola di Antonio, che si è trovata presto vedova e in lite continua con il fratello per l’effettivo ottenimento della sua dote di 106 fiorini. ( Notarile antecosimiano 18670 pag. 109r) Non lo ritroveremo più, come non ho trovato alcun documento successivo dove appaia lo stravagante nome "Palese".

 

 

Muore Guidetto Monaldi ed evidentemente salta l’accordo di rientro graduale concordato a suo tempo. Alla fine di Gennaio 1436, su istanza di Giuliano del fu Matteo di Pezzato per sé e come procuratore degli eredi del fu Giovanni di Pezzato, suo zio, e come procuratore dopo la morte di Guidotto di Francesco Monaldi di Firenze per parte di messer Bartolomeo, dottore in legge, giudice collaterale del podestà di Firenze per i quartieri di S. Giovanni e S. Maria Novella, tramite un nunzio del Comune di Firenze fu notificata la sentenza a Francesco e Niccolò, fratelli e figli del fu Paolo di Piccardo e alla moglie di Francesco e ad altri nominati nella notificazione sulla conferma dell’immissione ecc. e fu stabilito che gli stessi non stessero entrassero e vivessero sui predetti beni. (ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg.)

Francesco e Biagia passano quattro giorni a guardare Giuliano Pezzati che si aggira da padrone sulle loro terre e a rimuginare su quello che ritengono un sopruso intollerabile, poi si convincono di dover reagire e, armati di forconi, assalgono e mettono in fuga Giuliano, il quale scappa a Firenze e si rivolge al capitano del Popolo per chiedere la condanna dei due aggressori. (ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg.)

Francesco e Biagia vengono convocati davanti alla giustizia per ben due volte, ma non si presentano. Vengono quindi condannati in contumacia da Giovanni degli Offreducci da Fermo, miles, conte e capitano.

La condanna è pesante, perché oltre alla pena pecuniaria, i due vengono banditi, ossia non potranno rientrare a Firenze né avere alcun contatto con la città. (ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg. )

I documenti con la descrizione completa di questa vicenda giudiziaria li trovate in allegato.

 

 

Il 6 Agosto 1436 i due fratelli vendono un terreno a Monte al Pero, confinante con Oddo Altoviti, che veniva lavorato da Agnolo di Buschera di San Miniato. Il compratore fu Agnolo di Salvestro.

Nel 1443 Francesco descriverà così la vendita:

A Antonio di salvestro st. 18 a monte al pero adi 6 d'agosto 1436 carta gliaffare Messer Poggio da Terranuova f. 41

 

Catasto 1443

 

E così nel 1457:

 

 

 

A Antonio di Salvestro un campo di st. 18 detto Monte al pero il quale gli vende Messer Pogio a di 6 dagosto 1436 f. 40 1/2

Catasto 1457

 

 

 

 

 

Poggio Bracciolini

 

Entra in scena Messer Poggio Bracciolini di Terranuova, il famoso umanista, che è necessario presentare, perché avrà un ruolo nell’ avviare Francesco al compito di copiatore di testi.

Poggio di Guccio (il cognome Bracciolini verrà creato successivamente) nacque a Terranova l’11 Febbraio 1380, nipote di un notaio e figlio di un modesto speziale che, fallito e oppresso dai creditori, dovette scappare ad Arezzo. Il ragazzo si dimostrò da subito portato per gli studi, tanto che il padre, prima della fine del secolo, decise di condurlo a Firenze per studiare notariato. A Firenze Poggio ebbe la fortuna di studiare con ottimi insegnanti di latino e di greco e di conoscere anche il Cancelliere Coluccio Salutati, il quale ne riconobbe la viva intelligenza e ansia di sapere, lo prese sotto la sua protezione e gli procurò qualche lavoro come copista.

Nel 1403 il giovane Poggio, terminati gli studi fiorentini, si trasferì a Roma, dove fu assunto, in qualità di copista, dal Cardinale Maramori. A Roma ebbe occasione di far conoscere la sua brilante intelligenza e la sottile diplomazia, tanto che Papa Bonifacio IX volle conoscerlo. lo esaminò e, soddisfatto, gli affidò l’importante incarico di Scrittore delle Lettere Apostoliche, rendendolo così membro effettivo della famiglia pontificia e consigliere del Papa. L’incarico non comportava solo prestigio, ma anche un lauto compenso, che Poggio utilizzò per risollevare le sorti della famiglia.

Muore il Papa e le faide vaticane portano all’elezione di più di un successore, uno dei quali Baldassarre Cossa, protetto da Cosimo de’ Medici, che prese il nome di Giovanni XXIII (il suo monumento funebre, nel Battistero di Firenze, fu commissionato proprio da Cosimo a Donatello e a Michelozzo). Per dirimere la controversia sorta con la presenza contemporanea di più Papi fu indetto il Concilio di Costanza (1414-1417), al quale Poggio partecipò al seguito di Giovanni XXIII, che finirà per essere deposto come antipapa. A causa di ciò Poggio perse l’impiego e accettò di andare in Inghilterra, al servizio del Cardinale di Beaufort. Solo nel 1423 potè riottenere il suo incarico a Roma. Nel frattempo, durante gli anni trascorsi a Costanza e in Inghilterra, Poggio esplorò le biblioteche dei monasteri, riuscendo a far tornare alla luce importanti manoscritti greci e latini, ritenuti ormai perduti. Dopo aver scovato un Tito Livio, ne fece personalmente una copia, che vendette per la somma di 120 fiorini, riuscendo a comprare una casa a Terranuova.

Fino al 1434 Poggio visse a Roma con un incarico importante, che gli permetteva non solo di coltivare la sua passione per i testi antichi e per intessere relazioni diplomatiche, ma anche per dare libero sfogo all’ altro aspetto della sua personalità, amante della bella vita e delle baldorie. Ebbe numerose amanti, da una delle quali, Lucia Pannelli, ebbe tre figli. In quel periodo frequentò l’importante comunità fiorentina, che viveva a Roma nel rione Ponte. (nota : Esch : Fiorentini a Roma, pag. 486) . Lo confermano le sue "Facezie", una raccolta di aneddoti e di racconti boccacceschi, alcuni dei quali farebbero arrossire un carrettiere. Non escludo che Francesco abbia potuto incontrarlo per la prima volta proprio a Roma.

Nel 1434 la peste a Roma spinge la corte pontificia a rifugiarsi a Firenze e Poggio ebbe la possibilità di trascorrere frequenti periodi a Terranuova, dove sistemò la casa costruendovi anche una biblioteca, dove ospitò tutti i libri finora acquistati e scritti. In quel periodo comprò anche una casa nel Piano di Ripoli. Mise anche la testa a posto e sposò Vaggia de’ Buondelmonti, nel 1436, dalla quale ebbe sei figli. Fino alla sua morte, nel 1459, Poggio visse fra Firenze e Roma, ricoprendo sempre importanti incarichi, giungendo ad essere nominato Cancelliere della Repubblica Fiorentina.

Poggio, benchè appassionato studioso e fine diplomatico, non dimenticò mai la povertà dell’ infanzia e i sacrifici sostenuti dal padre per permettergli quegli studi a Firenze, che gli avrebbero consentito la formidabile carriera. Durante la sua vita accumulò un’enorme ricchezza, valutata 7000 fiorini, che andò dispersa dopo la sua morte, a causa delle liti fra i numerosi figli, per dirimere le quali dovette intervenire addirittura Cosimo de’ Medici.

 

 

Dopo questo profilo di Poggio, che incontreremo di nuovo, torniamo ai due fratelli. Nelle successive due settimane altri due terreni vengono venduti:

 

A Bartolomeo di Nani d' Agnolo da Figline st. 7 ne' bucini adi 10 d'agosto 1436 (rogò) Ser Nuto da Figline f. 17

Catasto 1443

 

A Franc.o di nani d'agnolo da figline un campo di st. X alla Presana adi 20 d'agosto 1436 Messer Nuto da Figline f. 22

 

 

Dal seguente documento sembra di capire che Francesco e Niccolò vennero espropriati di due terreni dal Comune di Firenze, che li vendette a Poggio Bracciolini, il quale li girò alla Badia di Soffena:

 

A Messer Poggio da Terranuova adi 9 di settembre 1436 2 pezzi di terra gli vende el comune posto luno a ripa di gufi laltro alla fontaccia le quali esso Messer Poggio vende’ alla badia di Soffena e per f. 48 carta glienefe il comune

Catasto 1457

 

 

Poggio Bracciolini ha conservato copia del contratto, dal quale risulta che la Badia di Soffena possedeva due terreni in Terranuova, contigui alle proprietà di Poggio, il quale si rivolse addirittura a Papa Eugenio IV, affinchè il Vescovo di Fiesole, Benozzo Federighi, dispensasse la Badia dal divieto di alienazione e cedesse i due terreni a Poggio in cambio di due terreni (quelli dei Piccardi, appunto, che Poggio era riuscito ad ottenere dal Comune di Firenze) a Faella, ossia più prossimi a quelli di Terranuova. (Poggio Bracciolini, Contratti C. 34-41) Il testo integrale del contratto è in allegato.

Quando il Vescovo di Fiesole, Benozzo Federighi, effettuò nell’ Ottobre del 1436, una Visita Pastorale presso le parrocchie di Piandiscò, chiese al parroco di Santa Maria a Faella se tutti parrocchiani pagavano regolarmente le decime. Si sentì rispondere che l’unico che non pagava le decime era Francesco di Paolo Piccardi, che non aveva mai pagato nel corso degli ultimi nove anni, ossia da quando aveva ereditato, abbandonando gli scrupoli religiosi del padre. Questo è il documento : (Archivio Diocesano di Fiesole, Visita Pastorale 1436-9 pag. 112 )

 

 

 

 

Proseguono le vendite di terreni:

 

 

 

A Domenico di Simone di Vita di castelfranco adi 17 di luglio 1437 un campo di st. 11 luogo detto al corniuolo rogo Messer Simone di Ciamo f. 20. Lo lavorava a mezzadria Masino di Montaldi da San Miniato e rendeva f. 5 l’anno.

 

 

 

 

A Franc.o di nanni bartolo da Figline beccaio in sul ponte vecchio st. 16 nella Presana adi 23 di luglio 1437 Messer Nuto da Figline per f. 40. Lo lavorava Jacopo di Cristofano di Faella e rendeva f. 12 l’anno.

 

 

 

 

A Piero di Vinoroso da castelfranco adi 18 d'agosto 1437 un campo di st. 7 luogo detto renaciuolo rogo Messer Simone di Ciamo da Castelfranco f. 17. Lo lavorava Matteo di Golo di San Miniato e rendeva f. 4 l’anno.

 

 

 

 

A lodovicho di simone da figline uno champo con uno sodaccio luogo detto alcanardo adi 3 di settembre 1437 di st. 9 in tutto rogo’ Messer Nuto da Figline per f. 28

 

 

 

Nel frattempo, la famiglia si allarga. Nel 1432 nasce Bianca e nel 1437 Ginevra, figlie di Francesco, nel 1438 Piera di Niccolò, nel 1440 Sandra di Niccolò e nel 1441 ancora una figlia di Niccolò, di nome Margherita.

I due fratelli continuano a vendere terreni:

 

 

 

A Giovanni Parigi cartolaio adi 22 daprile 1439 per un capaccio di terra di st. 12 detto alle chiuse rogo Messer Giovanni di Pero f. 50

 

A Goro di Fante da cietica adi 7 dagosto 1439 un campo di st. 6 posta in piandisco' morisse e tiella la sua donna e non ebe carta e fune pagato per f. 9

 

A Lorenzo di Giovanni speziale della Tregiaia adi 6 di settembre 1441 un campo di st. 7 luogo detto … rogo Messer Tomaso Cioni per f. 17

 

A Giorgio d' Ant.o di Bardo popolo di S. Maria a Sco' comune di Castelfranco st. 1 ulivato adi 9 di novembre 1441 fe' la carta el notaio del podesta' ch'era allora f. 4 1/2

 

 

Siamo arrivati al 1441 ed è ora di presentare una nuova denunzia dei redditi, dalla quale risulta che Niccolò, per proteggersi dai guai capitati a Francesco, ha convenuto con il fratello di dividere i beni:

 

 

1441

Quartiere di S. Spirito Gonfalone della Scala

Dinanzi a voi signori X uficiali della conservazione e aumentazione della nuova gravezza della città di Firenze si raporta per noi Francesco e Niccolò di pagholo picardi

Hanno di cinquina f. 19

Una mezza casa posta nel popolo di S. Maria a Faella per mio abitare da p.o e 2° via 3° nicholò di pagholo sopradetto.

Una casetta da stalla e polli da p.o e 2° via 3° erede di Giovanni del Chiaro posta in detto popolo.

Uno orto con via e altri di ... st. 1 e casa da p.ò e 2° e 3° e 4° via e fossa e ...

Un borrone luogo detto chornezano boscato e pasture con un pezzuolo di vigna da p.o via e 2° eredi di Giovanni Carnesecchi e 3° Resco onne staia 4 di grano e somma due di X

Un borrone luogo detto vallenebraia a pastura

Un borrone luogo detto borro faville da p.o e 2° via e 3° ... di poggio 4° vico di simone alla fitto detto vico per staia dodici di grano

Un pezzo di terra posta nel popolo di san piero a viesca luogo detto buleto alla a fitto piero di nanni montone ovvero berto corsellini suo op. per staia dieci di grano (vedi nota 46 )

Un pezzo di terra posta in Ghiuffa di sopra c. da p.o odo di vieri altoviti e 2° ... di poggio e 3° pero.. di Gastra onne st. 5 di grano

Un pezzo di terra posto in Corbinaia di st. 5 da p.o odo altoviti 2° mario di tieri e 3° antonio di salvestro di fitto no st. 2 di grano.

Un pezzo di terra a monte al pero di st. 2 da p.o Antonio di salvestro e 2° la chiesa a monte carelli one st. 1 di grano

Un pezzo di terra a prato luogo detto calabronara di st. 4 da p.o Ant.o di mateo di ... Messer Giovanni di Bartolo fitto st. 4 di grano

Un pezzo di terra di st. 2 posta in calabronara ovvero negli ... da p.o Ant.o di m.o paolo 2° fossato e 3° anne st. 1 di grano

Un pezzo di terra posta in piandisco ulivata di st. 1 da p.o bartolomeo di messer Giovanni e 2° messer tomaso Cioni e Piero di feraccino st. 2 di grano

un pezzo di terra di st. 1 in piandiscò da p.o n..o da terreno e 2° Giorgio di Scò st. 1 di grano

Grano in tutto stata XLII di grano

Vino some quattro

Francesco di pagolo detto danni 37

M.a Biagia mia donna danni 32

Bianca mia figliola danni 9

Ginevra mia figliola danni 4

Questi sono e beni sopradetti propi toccorono a me francesco nella divisa feci con nicolò mio fratello giaffa ani due vorei la gravezza di per me da lui

Beni toccarono a Niccolò so questi qua dappie per me

Una mezza casa per sua abitazione posta nel popolo di santa maria a Faella comune di castelfranco da p.o e 2° via e 3° franco di paolo detto

Una casetta a uso di pollaio da p.o via e 2° e 3° detti Francesco e Niccolò

Un piano di st. 20 ..... posto nel piano di Campiglia ulivato e vignato da p.o via e 2° via e 3° redi di Giovanni del Chiaro e 4° piero di laco rende staia ventiquattro e sono cinque di X e orcio uno dolio e st 6 di panico e st. 6 segale

Un pezzo di terra posta in bagnerese con castagni e boschi st. 3 di castagni da p.o via e 2° fossato e 3° redi di vanni di laco.

Un pezzo di terra in detto luogo da p.o e 2° via e 3° fossato e 4° resco di st. 7 e Niccolò st. 6 di grano

Un pezzo di terra posta in detto luogo ulivata di st. 3 o circa da p.o e 2° via e 3° detto nicolo comperala da pagolo del maestro ant.o di castelfranco st. 5 rende st. 2 di grano

Un pezzo di terra in detto luogo ulivata di ... da p.o cristofano ... e Romolo di vani e 3° piero di laco Rende st. 2 di grano

E più altre pasture non ha nulla

Grano in tutto st. 34

Segale st. 6

panico st. 6

vino fammi cogne cinque

olio uno orcio

Questi sono i beni di nicolo di pagolo detto

Francesco di pagolo 37

Nicolo dani 36

M.a Lisa dani 26

Margherita sua figliuola alla a balia 6 mesi

Questi sono da piu e terreni venduti prima

A cristofano di coccia del piandisco st. due ulivata e vignata posta nel popolo di san miniato da p.o via e 2° meo di messer Giovanni 3° Redi di feraccino vendella f. 16

A Martino di cughio da Cetica e a Goro di Pepo da Cetica un pezzo di terra posto in piandisco ulivata e p.o e 2° matteo di loppiano vendette f. 12

A Antonio di Salvestro st. 16 di terra posta a monte al pero da p.o Faella 2° somita di poggio 2° oddo di vieri altoviti vendela f. 40

A Domenico di Simone di vita da Codilungo un pezzo di terra posta nel Cornuolo da p.o Ant.o di Vico 2° la chiesa a Faella 3° redi di Messer Neri di Messer Marcovaldo vendella f. 22

A Franc.o di nani d' Agnolo st. 25 di terra posta nella Presana da p.o nani dagnolo e 2° Antonio di Salvestro e 3° fossato vendello f. 40

Antonio di corso dalla costa st. 5 di terra posta alla fontanaccia da p.o redi di Messer Giovanni di Messer Bartolo e 2° fossato e 3° vendela f. 11

A Giotto di nani dagnolo un pezzo di terra luogo detto nebucini da p.o e 2° nani dagnolo di st. 6 o circa vendelo f. 14

A Giovanni Parigi st. 11 nel poggio della chiusa detto nebucini venduta f. 50

A Piero di vinoroso da Castelfranco st. 7 luogo detto renaiuolo da

Barattai con Francesco di lola detto fachino 3 pezuoli di terra a un suo pezzo di terra di st. 7 ciascuno el mio rivendo a lorenzo da la tregiaia speziale al canto de tornaquinci f. 16

A Messer Poggio da terranuova un campo luogodetto ripa de' gufi di st. 9 da p.o fossato e 2° somita di pogio e 3° . vendela f. 26

A vico di simone da figline un campo posto al canardo da p.o e 2° esso vico e 3° redi di Giovanni del chiaro. Vendella f. 28

Una casa posta nel popolo di san nicolo di firenze vendela a Simone Barbieri f. 200

Soma e terreni e casa venduti f. 454 (nota 47 )

 

 

Nota 46 E’ il terreno ricevuto da Francesco per parte di dote

Nota 47 ASF Catasto 99

 

 

 

Abbiamo letto un lungo riepilogo dei beni posseduti e venduti, ma non abbiamo trovato traccia dei debitori e dei creditori, né accenni alle vicissitudini giudiziarie e alle conseguenti condanne, che troveremo invece nella successiva dichiarazione del 1443, ma prima occupiamoci del primo buon affare messo a segno.

Sempre nel 1443 i due fratelli acquistarono, nel piano di Campiglia, una casa con orto e vari terreni per 45 fiorini. Contestualmente all’ acquisto, rivendettero i soli terreni per 38 fiorini, riuscendo così ad entrare in possesso della casa con orto per 7 fiorini.( ASF, Notaio Giovanni Pieri 16540, pag. 71) Si tratta della casa nella quale abiteranno i Piccardi per secoli e che attualmente ospita l’ agriturismo "Monna Lisa".

 

 

 

Ed ecco la dichiarazione del 1443 :

 Q. di S. Spirito Gonfalone Scala

Francesco )

) di pagolo piccardi

Niccolò )

Nella decina f. 15

Nel dispiacente f. 10 (nota 49 )

Nel catasto f. 10

Sustanze

Una casa per nostro abitare e una casetta ch'era pellavoratore e una scala con un pezzo di terra ulivata e vignata luogo detto piano e tre borroni in parte sono lavoratie e boscate e pasture con alquante viti posto nel popolo di santa maria a faella comune di castelfranco valdarno di sopra da p.o redi di vani di laco e 2° teo d'ant.o 3° giovani di luca 4° e 5° via 6° resco 7° luca di giovanni carnesecchi 8° lodovico di simone da figline e somita di poggio e la chiesa al favilla.

3 pezuoli di terra posti in orbini lavoransi di due anni l'uno evene un pezo a prato e a siepe da p.o oddo di vieri altoviti e piero di rosso a alaltro ant.o di matteo di gallo e fossato e somita di poggio e altri.

1 pezzo di terra detto bagnerese da p.o via e 2° Resco e 3° romolo di vanni 4° piero di laco.

1 pezzo di bosco con alquanti castagni e a pasture sopradetto luogo da p.o perattino degli asini e 2° via e vanni di scò

1 pezzo di terra posta nel comune di Viesca ebbi per dota di Messer andrea di Messer Simone lavorasi si 2 anni l'uno da p.o e 2° Messer Andrea e 3° piero di checco 4° borrone

Una casa con un orto comperai da chiaro di giovanni e st. 12 di terra per prezzo di f. 45 a dì 2 di novembre 1443 e quali terreni comperai per piero di laco del popolo di santa maria a faella e del comune di castelfranco e a lui gli rendei per prezzo di f. 38 per le mani di 2 albitri e quali f. 38 die e pagho al sopradetto chiaro venditore el quale no ne volse mai carta per no lo reportare al catasto e oggi dì 10 di marzo penso ne riceverà carta di f. 38 e io franc.o per f. 7 e così vi sarà fatto chiaro e toccare con mano ch'io non ho pane nonchè ab. da comperare che per pagare e f. 7 nestato .. una cioppa al presto. La detta casa non ho frutto se non ch'io l'abito in parte ne' miei bisogni e questo è il p.o vero.

Rendite

Grano staia XL

orzo staia iii

panico staia iiii

vino some sette vii

olio un mezzo barile 1/2

Non abbiamo bestiame lavoriancielo con gran vitupero

In carichi

A Simone Zati 14

A Goro Lenzi e compagnia 21

A Niccolò del Fabro da Certignano 36

A Domenico di Bartolo Speziale 8

A Gherardo di Checco guardi speziale da Figline 7

A Antonio di Teo 8

A Saretti dal Casalino 18

Al Comune ... dargli della Scala 300

A Pagholo di ... fornaro insulla piazza di S. Lorenzo

f. XI el quale oggi p.o m'ha fatto per il Podestà di

Firenze comandamento di sgombro di casa

e d'ogni altro bene iddio priego non gli tolga

e sentimento 41

E più altre persone non dico perchè non ha foglio .....

A Giovanni d' Antonio di ... Speziale 7

Bocche

Francesco isbandito e condannato già fa XI anni 42

M.a Biagia sua donna isbandita e condannata

col sopradetto Francesco a gran torto in l. 1000 a. 38

Bianca ) 14

) sue figliole non hanno dote

Ginevra ) 9

Nicholo d'anni 41

Lisa sua donna d'anni 32

Margherita ) 7

Piera ) figliuole di Nicolò non hanno dote 5

Sandra ) 3

Istianci co' bullettini ( Nota 50 )

Beni alienati

A Simone di Giovanni di Piero da Castelfranco st. 17 a ripa Gufi adi X d'agosto 1429 rogò Messer Mora di bartolo Mannozzi da Castelfranco per prezzo di f. 30

A Simone di Franc.o barbiere popolo di S. Lucia una casa abitammo posta a San Niccolò di Firenze addì 16 diccembre 1430 carta per mano di Messer Tomaso Cioni f. 200

A Iacopo di Pietro Becha da Castelfranco 1 campo ulivato e vignato addì 29 d'agosto 1432 non è la carta ma certo l'ha riportato al suo catasto f: 18

A Messer Poggio da terranuova 2 campi a ripa Gufi a di 9 di settembre 1435 carta fe el comune di ... con più gli vendei come vedrete per f. 48

A Franc.o di nani d'agnolo da figline un campo di st. X alla Presana adì 20 d' agosto 1436 Messer Nuto da Figline F. 22

Antonio di salvestro st. 18 a monte al pero adì 6 d'agosto 1436 carta gliaffare Messer Poggio da Terranuova f. 41

A bartolomeo di nani d'agnolo da Figline st. 7 ne' bucini adì 10 d'agosto 1436 Messer Nuto da Figline f. 17

A Domenico di Simone di Vita popolo di San Miniato Comune di Castelfranco adì 17 di luglio Messer Simone di Ciamo da Castelfranco per f. 20

a ... di simone da Figline 2 pezzi albertata e vignata al Canardo adì 3 di Settembre 1437 Messer Nuto da Figline f. 28

A Franc.o di nanni bartolo da Figline beccaio in sul ponte vecchio st. 16 nella Presana adì 23 di Luglio 1437 Messer Nuto da Figline per f. 40

A Piero di Vinorosso del popolo di San Tomé da Castelfranco st. 7 a Renaiuolo adì 18 d'agosto 1437 Messer Simone di Ciammo da Castelfranco f. 17

A Giovanni Parigi cartolaio st. XI ...gufi adì 22 d'aprile 1439 Messer Giovanni di dino per f. 12

A Goro di fante da Cetica st. 6 ulivata e vignata in piandiscò adì 7 d'agosto 1439 morise in quel di e non ebbi carta me e suoi vogliono la fare f. 9

A Giorgio d' Ant.o di Bardo popolo di S. Maria a Scò comune di castelfranco st. 1 ulivato adì 9 di novembre 1441 fé la carta de el notaio del podestà ch'era allora f. 4 1/2

A Lorenzo di .. della Treggiaia Speziale allora al canto tornaquinci adì 11 di Settembre 1441 Messer Tomaso Cioni f. 17

A Frate Giuliano Spedalingo in Figline 2 pezzuoli di terra l' uno a monte al pero l' altro alla viaccia adì 10 di luglio 1446 Messer Bartoloneo di Lorenzo Fagioti da Figline per f. 8

f. 557

Siemi racomandate 5 fanciule femine e noi isbanditi sanza colpa o peccato.

Quartiere di S. Spirito Gonfalone Scala

Francesco e Niccolò di Paolo Piccardi aggiungono oltre alla loro scritta altra volta data all' uffizio vostro

Agiugniamo 1 pezzo di terra lavoratia di piano st. 1 incirca posto nel popolo di S. Piero a Viesca ... di Cascia luogo detto bulito confini da p.o via 2° Lionardo Danti 3° Piero di Checco contadino 4° Messer Andrea di messer Simone lavorala piero del rosso rende l'anno di mezzo in mia parte io metto tutto seme lavorasi de due anni 1 volta.

Grano st. 6 in 8

Il detto pezzo di terra ho avuto da Messer Andrea di Messer Simone mio suocero insino dell'anno 1431 per pregio di f. 32 per resto della dote mia famiglia detto pregio che nol valea ma per non (aver?) Messer Andrea presi per partito di fare così il detto pezzo di terra fu dato insieme a altri suoi terreni pel detto Messer Andrea .. nel Gonf. sue

 

Nota 49 "Dispiacente" fu il nome di una imposta straordinaria

Nota 50 I "bollettini" erano le note di pagamento inviati dal Comune di Firenze

 

 

Oltre al solito elenco di beni venduti, questa dichiarazione ci offre alcune annotazioni interessanti: i due fratelli hanno acquistato la nuova casa con orto per 7 fiorini, ma continuano ad occupare la casa da signore e quella che era per il lavoratore, ereditate dal padre. E’ evidente che gli eredi Monaldi e Pezzati non sono riusciti ad entrarne in possesso, perché i due fratelli hanno potuto rifondere il debito, vendendo la lunga serie di terreni.

Generalmente i contribuenti piangevano miseria, ma questa volta Francesco si dimostra veramente abbattuto, dichiarando di non aver denari e che per pagare i 7 fiorini per l’acquisto della casa con orto ha dovuto impegnare la "cioppa", ossia il vestito. I campi non sono più affidati a mezzadri, ma vengono lavorati personalmente senza bestie e "con gran vituperio". Dichiara se stesso e la moglie Biagia condannati a pagare 1000 lire (non è vero, sono cento) e "banditi", continuando a protestarsi innocente dichiarando di aver subito un torto.

Termina scrivendo: "Siemi racomandate 5 fanciule femine e noi isbanditi sanza colpa o peccato".

 

 

 

Sembra che i nostri abbiano toccato il fondo, anche se il debito Monaldi risulta risolto, ma spunta una nuova minaccia: Francesco deve 11 fiorini a Paolo di Paolo, fornaio di piazza San Lorenzo. Non sappiamo per cosa e con quali mezzi abbia potuto convincere il fornaio a prestargli o a fargli credito per tale somma (superiore al valore della casa con orto), fatto sta che Paolo di Paolo ha perso la pazienza e si è rivolto al Podestà, anche questa volta per il pignoramento della casa.

Non sappiamo con esattezza come sia terminata la vicenda e non è chiaro come Francesco abbia potuto recarsi in piazza San Lorenzo, data la sua condizione di "bandito" evitando le severe pene per i trasgressori, salvo pensare che il fornaio fosse andato personalmente a Piandiscò a portare i soldi. Sono certo che Francesco aveva amici potenti, e questo mi riporta a pensare a Poggio Bracciolini, anche per quello che capitò al povero fornaio.

A quei tempi i commercianti venivano severamente controllati dagli ufficiali del Magistrato della Grascia e delle Biade e i loro registri dell’ epoca (ASF Magistrato della Grascia e delle Biade 214 e 215 ) sono fitti delle multe più impensate, oltre alle normali contravvenzioni per aver rubato sul peso. Si veniva multati per aver venduto uova prima dell’ ora stabilita, per aver venduto arista di quaresima, per aver venduto mandorle prima del tempo (le "catere", evidentemente proibite a quel tempo). Qualcuno reagiva male alle multe, ad esempio Antonio di Giuliano pollaiolo non solo prese a male parole l' ufficiale pesatore, ma tentò di colpirlo con un forchettone e così via.

In questa miriade di commercianti multati, il buon Paolo di Paolo, fornaio in piazza San Lorenzo, non figura, fino al giorno in cui si rivolse al Podestà per riottenere i suoi 11 fiorini il fornaio non ebbe più pace ed il suo pane, fino a quel momento risultato sempre di peso regolare, non passò più l’esame dei verificatori, che gli affibbiarono ben 14 multe in pochi mesi per aver rubato sul peso!

 

 

 

Adesso cominciamo a parlare di manoscritti, perché la Biblioteca Nazionale di Pavia conserva un manoscritto (Biblioteca nazionale di Pavia man. 95) intitolato "Libro delle donne illustri" di Giovanni Boccaccio. Il testo termina con queste parole: "Finis explectus die XXVII augusti 1444. In carceribus stincarum". Lo studioso Aldini lo attribuì a Francesco di Paolo Piccardi fiorentino, di cui aveva già visto altri codici firmati e ne riconobbe la grafia.

Se così fosse, dovremmo presumere che il Podestà, su istanza del fornaio di piazza San Lorenzo, fece imprigionare Francecsco nel carcere delle Stinche dove avrebbe dovuto essere trattenuto fino a quando il debito non fosse stato estinto.

 

LE STINCHE

 

Questo carcere, immaginato un orrido luogo di pene, in realtà da qualche decennio aveva subito un ammodernamento, con la creazione di un’ area separata, destinata agli insolventi, divisi cioè dai delinquenti comuni. Venne istituito anche un registro, nel quale venivano contabilizzate, per ogni detenuto, le somme che gli venivano accreditate per donazioni, beneficenza o per prestazioni di lavoro, fra le quali anche quella di copiatura di testi. Uno dei copisti più celebri, che lavorò durante la prigionia, fu Andrea de’ Medici, detto "Il Butto". Un altro così terminò la sua fatica:

Voi che leggete, chon divotione

Porgete prieghi al sommo creatore

Che chi lo scripxe traggha di prigione (Biblioteca Riccardiana 1524 Dell' agricoltura)

Un altro ancora:

"O tu che leggi, priegha per lo scriptore

Umilemente e con divoto core

Che prestamente il cavi di prigione" (BNF Palatino 69 )

Purtroppo il nostro Archivio di Stato conserva solo pochissimi registri compilati alle Stinche, sia perché le truppe napoleoniche si acquartierarono nell’ edificio delle Stinche, sgombrandolo di tutti i ducumenti, sia perché l’alluvione del 1966 ha colpito principalmente gli atti giudiziari, che erano conservati nella parte bassa dell’ Archivio di Stato. Non ho potuto, pertanto, consultare i registri dei Soprastanti alle Stinche, dove venivano annotate le somme accreditate a ciascun detenuto, perché i registri del 1444, così come tanti altri, non esistono più.

Non esiste, quindi, alcuna prova documentale che Francesco sia stato incarcerato, né lui scrisse mai di una simile esperienza.

Ci dovremmo basare solo sull’ affermazione dell’Aldini, il quale, però, non aveva sotto gli occhi un testo di confronto e sono portato a pensare che la sua atrtibuzione sia sbagliata.

Ecco le riproduzioni della prima e dell’ ultima pagina:

 

 

 

 

 

 

 

Io non trovo simiglianze fra la scrittura staccata e puntuta della copia del Boccaccio con la calligrafia di Francesco, come appare dai documenti fin qui riprodotti e che il catalogo della Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele di Roma così descrive:

: "Mercantesca posata di modulo piuttosto piccolo, elegante e accurata, diritta, nitida e ariosa benchè piuttosto compatta e legata, dal tratteggio marcato e uniforme, fluido e scorrevole; lettere tondeggianti e appena schiacciate con aste discendenti leggermente appuntite.Caratteristiche particolari: sempre occhiellate d e h, quasi sempre b ed l; g corsiva aperta o chiusa con ampio occhiello inferiore schiacciato; h col secondo tratto molto ripiegato sotto il rigo; r sempre corsiva; z del tipo di g. Legamenti: di con i enclitica; gl, ch di tipo mercantesco" (Bibl. Naz. Roma Catalogo pag. 105 )

 

 

Direi quindi che possiamo negare l’attribuzione dell’ Aldini e, in mancanza di ulteriori prove, che Francesco sia stato imprigionato. In merito all’ episodio, abbiamo solo le vessazioni subite dal fornaio, creditore, ma niente su quanto capitò a Francesco, debitore.

Anzi, la vita dei nostri Piccardi sembra aver trovato una certa stabilità, senza ulteriori incidenti e senza dover vendere altri terreni fino al 1446:

 

A Frate Giuliano Spedalingo in Figline 2 pezzuoli di terra l'uno a monte al pero l'altro alla viaccia adi 10 di luglio 1446 Messer Bartolomeo di Lorenzo Fagioti da Figline per f. 8

 

Si sposa la Bianca, figlia primogenita di Francesco, il quale non può pagare interamente la dote e sopperisce con 3 campi:

 

A Matteo di Guidotto da Castelfranco 3 pezzi di terra: due in calabronaia e l’altro in piandisco i quali die a bartolomeo di detto mateo per f. 27 per resto della dota della biancha mia figliuola adi 28 di giennaio 1453 rogo messer Piero di ... dal bucine che allora era notaio del podesta' di castelfranco e cosi' si trovera' alibrata la sua scritta

 

 

Arriviamo così al primo manoscritto certo, perché firmato e datato (1454). Infatti Francesco visse nel periodo in cui era consuetudine firmare e datare i manoscritti. Purtroppo molti manoscritti ci sono giunti mutili delle ultime pagine, proprio quelle che contenevano la sottoscrizione del copista.

 

In quel periodo la voglia di leggere era molto cresciuta e si era estesa alla borghesia, dopo essere stata appannaggio del clero, della nobiltà e degli intellettuali. La pergamena, le miniature e le lussuose rilegature erano state sostituite dalla ben più economica carta e da semplici fregi bicolori, salvo qualche iniziale più riccamente decorata.

I primi amanuensi lavoravano nel chiuso dei chiostri e nell’anonimato, omettendo qualsiasi accenno alla loro identità. Al massimo chiedevano al lettore una perghiera in compenso della loro fatica: "Qui scripsit sit benedictus",( Colophons 22616-22617 ) o addirittura protestavano la propria modestia, come in questo caso: "Nomen scriptoris non pono/Quia me laudare nolo",( Colophons 22616-22617 ) oppure in questo: "Questo libro è delle monache di sancta brigida, detto il paradiso, di presso a ffirenze. Deo gratias. Et horate per me. Sievi racomandato lo 'ndegnio scrittore, pien di peccati ma sempre al vostro onore".( BNF Palatino 44 )

Piano piano crebbe la voglia di apporre il proprio nome al termine del testo, ma in modo timido e ambiguo, come appare da questi indovinelli, che vi invito a risolvere:

 

Si iota in principio ponatur et o vocalis sibi adiungatur

Et aspiracio subsequatur et prima alphabeti eidem apponatur

Et in nes finiatur, scriptor istius sic vocatur (Colophons 8480 )

 

Oppure da questo:

 

Nomen scriptoris si tu cognoscere velis

Buscoia verte: scriptorem nosces aperte (Colophons 7551)

 

Quando, nel corso del 1400, la copiatura diventa un lavoro commerciale, i copisti cercarono di acquisire nuovi committenti pubblicizzando il loro lavoro, non solo con l’apposizione del nome (Francesco aggiunge anche "da Castelfranco di sopra", affinchè si sapesse dove trovarlo), ma anche con l’aggiunta di altri particolari, che potessero farne apprezzare la scrittura o la velocità, come ad esempio Marco de Cribellari che si loda addirittura così: "Marcus de Cribellaris / Scripsit calamo volanti" (Colophons 10468-10472 ) oppure Filippo di ser Lorenzo da Faenza che indica il tempo esatto impiegato: "Finito questo libro a di 27 Marzo 1433 et fu cominciato per me a di 8 Ottobre 1432" (BNF Palatino 26 )

Il più veloce fu Jacopo da Soci, che terminò di scrivere prima ancora di iniziare: "Io Iachopo de Francescho di Lorenço di Niccolo da Soci di Casentino, al presente in Firençe, ho transcripto e chopiato questo libro di mia propria mano, e chomincia'lo a scrivere il sicondo dì di quaresima, cioè a di sedici di março 1463, et finilo oggi, questi di sei março prossimo, pure nel 1463, in detta quaresima. Et scripsilo in chasa di Domenicho di Belfrale di Firençe, nel popolo di Santa Trinita. Il quale libro ho scripto a Bartolomeo di detto Domenicho di Belfrale. Finito. Amen". (Newberry Library Chicago 97.2 )

Francesco di ser Nardo è diventato celebre perché, per poter mettere insieme i denari per pagare la dote delle figlie, fu costretto a trascrivere cento copie della Divina Commedia, rimaste famose con l’appellativo i "Danti dei Cento".

La domanda si era spostata dai classici colti o di devozione a più amene letture, che conquistarono il largo pubblico, delle più varie estrazioni sociali e professioni. Se guardiamo i titoli dei manoscritti posseduti da Leonardo da Vinci, che confessava di non conoscere né il greco né il latino, vedremo che rappresentano il tipo di letteratura che andò per la maggiore in quel periodo e che fu oggetto del lavoro di copiatura di Francesco di Paolo Piccardi.

Questa crescente produzione necessitava di un’organizzazione, che veniva assicurata dai cartolai, i quali procuravano la carta, i copisti, gli illustratori, i rilegatori e, soprattutto, i libri da copiare. Il più celebre dei cartolai fu Vespasiano da Bisticci, che arrivò ad impiegare ben 48 copisti nella sua bottega, ancora individuabile dal libro scolpito nell’ architrave in Via del Proconsolo 14, a quel tempo detta "via de’ librai", come si vede in questa foto.

 

 

 

Tornando ad occuparci di Francesco in veste di copista, il primo manoscritto (Biblioteca Vaticana fondo Capponi 243 ) che ho potuto finora individuare, è la trascrizione di un’opera del Boccaccio, il "Ninfale fiesolano", in ottava rima, che narra il mito dell’ amore fra Africo e Mensola, da cui ebbe luogo la fondazione di Fiesole. Lo troviamo in Vaticano e termina così:

 

 

 

"Scritto per me Franciesco di Pagolo Piccardi questo di 23 di Novembre 1454" .

 

 Biblioteca Vaticana fondo Capponi 243

 

Non sappiamo chi fosse il committente, né Francecsco accenna a questa nuova attività di copista nella sua portata al Catasto del 1457;

 

 

Quartiere di S. Spirito G. SCALA

Francesco e Niccolo di Pagolo Piccardi anno di.

Catasto f. 10

Cinquina f. 10

Valsente 8.15.11

Una casa da signore e una da lavoratore posta nel pop.o di Santa Maria a Faella com. di Castelfranco Valdarno di sopra da p.o e 2° e 3° e 4° via e 5° noi detti.

Un poderuzzo posto nel detto popolo cioè piano di Campiglia bagnerese e tre borroni lavorativo e in parte olivate e vignate e pasture lavoransi de due anni l'uno da p.o e 2° fiume di Resco 3° vito di Simone da Figline 4° rede di Luca Carnesecchi et parte piero di laco.

Un pezzo di terra posta in detto popolo luogo detto Ghiuffa. di st. 5 da p.o sommità di Poggio e 2° Oddo Altoviti, 3° fossato.

Uno staioro di terra posto …

Una casa e un orto e 12 st. di terra olivata e vignata e pasturata posta la terra nel detto popolo e nel piano di Campiglia da 1° e 2° via e 3° rede di Nani di Laco 4° e 5° noi detti la qual casa e terracomperai dal chiaro di giovanni del chiaro a di 2 di Novembre 1443 , f. 45 e di poi rivende le dette 12 st.a di terra a jacopo di piero di laco detto popolo f. 38 i quali pago per me a detto chiaro e a me rimase la detta casa e orto per f. 7 e cosi troverete io ho pagato la gabella per f. 7 carta per Messer giovanni di dino di pero e cosi troverete alibrata a piero di laco detto p.lo a (...)esto e primo per (...) io notificai loro detta terra

Lavoriamo a nostra mano come villani che noi siamo venuti e in partelavora mone di stefano da Viesca lavoratore di vito di simone da Figline e non à ne buoi ne prestanza ne di niuna ragione bestia.

Vendonsi l'anno

Grano st. 40

orzo st. 6

panico st. 6

castagne st. 4

vino some 7

carne lib. 400

Creditori ...

Al comune per debiti ... (diversi?) f. 150

Al comune per una condanagione f. 10

la donna per possessione turbata l 1000

costami i bullettini a volerci stare

f. 4 l'anno o più. l 16

Bocche

Niccolo d anni 51

Ma Lisa sua dona 46

Margherita sua figlia 18

piera 17

sandra 13

pagolo 7

brigida 4

francesco 52

Ma Biagia sua donna 44

Ginevra sua figlia 19

non hano dote al monte e poco altrove

Beni alienati

A Simone di Giovanni di piero da Castelfranco adi 10 dagosto 1429 uncampo di terra di st. 17 luogo detto a Ripa de ghufi carta per mano di Messer mora di bartolo Manozi da Castelfranco per f. 30

A Simone di fran.co barbiere a di 17 di dicembre 1430 una casa posta nel popolo di panicolo di Firenze rog.o Messer Tomaso Cioni f. 200

A Jacopo di piero becha da Castelfranco a di 29 dagosto 1432 un campo di terra olivata di st. 2 posta in piandisco per f. 18

A Messer pogio da terra nuova a di 9 di Settembre 1436 2 pezzi di terra gli vende el comune poste luno a ripa di ghufi laltra alla fontaccia le quali esso Messer Poggio vende alla Badia di Soffena per f. 4 carta gliene fe il comune

A fran.co di nani dagniolo da Figline adi 28 dagosto 1436 un campo di st. X posto nella Stesana rogò Messer Nuto da Figline per f. 22

A Antonio di Salvestro un campo si st. 18 detto Monte al pero il quale gli vende Mess. Pogio a di 6 dagosto 1436 f. 40

A Bartolomeo di nani dagnolo da figline a di X Agosto 1436 un campo di st. 7 sette detto campo a fichi posta ne bucini rogo Messer Nuto f. 17

A Domenico di Simone di vita di castelfranco adi 17 di luglio 1437 un campo di st. 11 luogo detto al corniuolo rogo Messer Simone di ciamo f. 20

A lodovicho di Simone da figline uno champo con uno sodaccio luogo detto al canardo a di 3 di settembre 1437 di st.a 9 in tutto rogo Messer Nuto da figline per f. 28

A Fran.co di nani dagnolo da figline adi 23 diluglio 1437 un campo di st.a ... detto alla Stesana rogo Messer Nuto da fighine per f. 40

A Piero di (amoroso?) da Castelfranco adi 18 dagosto 1437 un campo di st. 7 luogo detto renaciuolo rogo Simone di Cia.mo da Castelfranco f. 17

A giovanni parigi cartolaio adi 22 daprile 1439 per un capaccio di terra di st. 12 detto alle chiuse rogo Messer Giovanni di Piero f. 50

A goro di sante da Cietica a di 7 dagosto 1439 un campo di st. 6 posto in piandisco morissi e tiella la sua donna e non ebbe carta e fune pagato per f. 16

A giorgio dantonio di bardo st. 1 di terra posta in piandischo adi 2 di novembre 1441

A Lorenzo di Giovanni speziale dalla tregiana adi 6 di Settembre 1441 un campo di st. 7 luogo detto rogo Messer Tommaso Cioni per f. 15

Allo Spedale di figline 2 pezzi di terra luno nel pogio di monte al pero ell'altro alla via di st.a 7 in tutto rogo Messer Bartolomeo di Lorenzo Faggiotti adi 2 di luglio 1446 di f. 9

A jacopo di piero di laco da Castelfranco st. 12 di terra posta nel piano di Campiglia la quale comperai da chiaro di giovanni del chiaro con una casa e un orto f. 45 le quale st. 12 gli vende f. 38 adi 13 di marzo 1446 rogo Messer Giovanni di Dino di pero e a me rimase la casa e orto per f. 7 come in questa vi dico e di cierto so che abbi e alibrata dette st. 12

A Messer Andrea di Messer Simone da Viesca mio suociero un campo di st. 7 luogo detto Buleto il quale mi die per resto di dote nell' anno 1431 e adi 5 di settembre 1451 a sua preghiera mi rende f. 32 e io gli rendo il campo e così troverete per la sua scritta.

A Matteo di Guidotto da Castelfranco 3 pezzi di terra due in calabronaio e laltro in piandisco i quali die a Bartolomeo di detto Matteo per f. 27 per resto dela dota della Bianca mia figliuola adi 28 di gienaio 1453 rogo Messer Piero di dal bucine che allora era notaio del podestà di Castelfranco e cosi' si trovera' alibrata alla sua scritta.

E sopradetti terreni alienati troverete partitamente confinati al mio catasto 1427

somano tuti i beni alienati ... 634

Non resta nulla a valsente

Chonisposto per partito degli uficiali in ...

roghato Messer Domenicho (Goro?) notaio

 

ASF CATASTO 1457 bobina 1936 doc. 178 pag. 150-152

 

 

 

Da questa dichiarazione appare chiaro che i fratelli mantennero sia la casa che il podere di Campiglia, benché fossero stati assegnati giudizialmente ai creditori nel 1436. Forse pagarono gradualmente il debito, forse le forconate nel sedere di Giuliano Pezzati, definite eufemisticamente "possessione turbata" ebbero l’ effetto deterrente desiderato, o forse qualcuno importante intevenne in loro favore, e il pensiero va sempre a Poggio Bracciolini, al quale continuo a pensare anche in veste di committente e proprietario del libro del Boccacio, di cui Francesco copiò il contenuto e di altri testi che vedremo in seguito.

 

 

Nel 1460 Francesco scrive, quasi contemporaneamente, due copie delle Metamorfosi di Ovidio, nella versione in volgare fatta nel 1334 dal notaio pratese Arrigo Simintendi. Non deve meravigliare il fatto che ne siano state fatte contemporaneamente due copie, tanta era la richiesta di quest’opera, della quale esistono ancora circa quattrocento esemplari.

La prima delle due copie si trova conservata a Roma (Bibl Naz. Vittorio Emanuele Roma 488 ) e così termina: "Compiuto e' qui l' Ovidio maggiore cioe' l' Ovidio Amor metamorfloseos. Scritto per me Francsco di Paolo Piccardi da Castelfranco di sopra cittadino fiorentino ogi questo di IIII di maggio 1460" . Nelle ultime pagine sono riportati anche i nomi dei primi proprietari: "Di Lorenzo di Michele Benivieni et degli amici (c. 8v, sec. XV ex) - Questo libro e' di Giovanni Nasi e delli amici suoi; di Giovanni d' Alessandro Nasi; Donatus Jannoctius amicus precipuus; Paulus Benivenius amicus precipuus". Sappiamo che fu venduto alla Biblioteca Nazionale di Roma dagli eredi del conte Giacomo Manzoni, un bibliofilo che fu anche senatore della Repubblica Romana. (Bibl Naz. Vittorio Emanuela Roma 488 )

 

Ecco la firma apposta nell’ ultima pagina::

 

 

 

La seconda copia è a Torino (Bibl. Naz. Torino N.IV.12 ) e la frase di chiusura è pressochè identica: "Finito è qui l’ Ovidio maggiore cioè Amor Metamorfloseos, scritto per me Francescho di Paolo cittadino fiorentino, oggi questo dì primo di giugno 1460" L’incendio, che nel 1904 devastò la biblioteca, ha danneggiato anche questo manoscritto, pressochè illeggibile.

Rimane nell’ ambito dei classici latini il successivo manoscritto, del 1463, conservato presso la Riccardiana di Firenze, che viene così descritto dal Morpurgo : "Tito Livio, La prima Deca, mm. 335x230, Carte 244 a 2 colonne da 40 righe. Iniziali dorate su fondo a colori al principio dei libri, e semplicemente rabescate al principio dei capitoli. La c. 5a è per tre lati girata da un bel fregio a oro e colori che si diparte da una grande N iniziale contenente la figura dell’ autore (Livio), e che inchiudeva dappiede uno stemma, il quale fu del tutto abraso". (Biblioteca Riccardiana 1517 )

Si tratta del primo dei libri di Tito Livio che Poggio Bracciolini riuscì a rintracciare e del quale fece la copia che Antonio Beccadelli acquistò per 120 fiorini, come abbiamo già visto.

Termina: "Scritto per me Francesco di Pagolo …. cittadino fiorentino, ogi questo di X di giugnio 1463"

Accadeva anche che concorrenti gelosi raschiassero il nome del copista, come è avvenuto in questo caso. Nel cinquecento fu di "Simone di Girolamo della Rocca"

Questa è la bella prima pagina:

 

 

 

 

Sempre del 1463 è un manoscritto conservato nella Biblioteca Nazionale di Firenze e denominato "Il Libro Imperiale". ( BNF Magl. CI. XXIII, 129 ) Il manoscritto apparteneva alla raccolta del Senatore Strozzi. In un primo momento Francesco Piccardi venne scambiato per l'autore. Infatti, quando il codice era ancora nella Strozziana, su uno dei primi fogli di guardia venne scritto "Imperiale di Francesco Piccardi". Ma il Follini, bibliotecario della Magliabechiana, rettificò: "Il Piccardi è solo il copista, ma Gio. Buonsignore l'autore".

Questa è la prima pagina, anche questa ornata da fregi e da iniziale decorata:

 

 

 

 

E questa è la sua trascrizione:

 

 

Comincia el primo libro inperi

ale ove tratta delle condizionie

modi di Julio ciesere prima co

mincia il proemio dellautore

Magnifico

onipotente padre etterno colla

iutorio del tuo

santiximo nome

atte ricorro che

presti grazia allongniorante

mio e debile intelletto e gover

na e reggi la timida mano si

chio possa inarrare e scrivere

cose che sieno di tua laude et

diletto alli lettori modo tale che

in cio non saquisti peccato e sia

materia a ciascuno orare i

ddio per l'autore della presente

opera. La presente materia da

sse medesima sa prodotto il no

me sanza il quale niuna cosa

esser può Et pero chel presente vo

lume tratta di Julio Ciesere il qua

le fu principio e origine dellin

peradori Volendo trattare de

suoi disciendenti diremo al pre

sente libro honorando colei che

il proprio nome porta governo

e ducie del presente trattato per vo

lere con perfezione seguire il nostro

diletto e bisongnio al nostro libro

dare alcuno ordine sanza il

quale sandrebbe coningnoranza

errando Lonnnipotente padre idio

formo il mondo con quatro ferma

menti Lo primo fu elleviante

elsecondo fu el ponente el ter

zo fu settentrione el quarto fue

mezodie A presso formo luomo

e la donna e composegli di quatro

alimenti . Aira . fuoco . Aqua e

Terra poi gli die quatro cose na

turali cioe memoria Intelletto

Amore e timore e volle che fussi

no coloro a chui si rendesse fede

della sua vita e morte dove sta

la nostra salute Come fu giovanni

lucha marcho et matteo Onde pa

re che questo numero quadrato

sia numero di molta ecciellenzia

pero che secondo che pongono e savi

per quatro cose principalmente si scri

vono e libri Lo primo sie per mani

festare la verita divina La siconda

per edificare nostra memoria

la terza per dirizare nostra vita

la quarta per dichiarare l anima

Lo primo sta ne santi vangieli do

ve si manifesta el nostro idio in

chui sta la fede nostra La sechonda

sta ne libri de merchatanti e de no

tai li quali fanno memoria di tutte

cose chelle gienti convengono in

sieme La terza sta nelle leggie le

quali ci dimostrano la ragione

delle cose la quarta sta ne libri

de dotti e nelle pistole de santi

passati nelle quali si dichiara la

vera dottrina e dimostrano l e

rrore del cieco mondo e per dimo

strare linghanni dimostrera el

presente libro le potenzie humane

elle loro superbie e che fine ebbono

coloro e quali a questo di rietro an

darono di chui possiamo pigliare

essenpre di non seguire etternale

El presente trattao ne sara mani

festa pruova Julio Ciesere del quale

 

 

a c. 62a vi si legge:

"Finito el libro chiamato inperiale

di tutte le gienerazioni de re et

inperadori di roma. Scritto per me

francescho di pagolo picchardi citta

dino fiorentino adì p.o di dicienbre

anni domini MCCCCLXIII

1463

Deo grazias"

 

 

Il manoscritto termina con queste parole:

""Finito el libro chiamato inperiale di tutte le gienerazioni de re et inperadori di roma. Scritto per me francescho di pagolo picchardi cittadino fiorentino adì p.o di dicienbre anni domini MCCCCLXIII – 1463 Deo grazias" .

 

 

Si tratta di 5 manoscritti nello spazio di pochi anni, ma non ne troveremo altri nel corso dei successivi sette anni.

 

 

Arriviamo alla portata al Catasto del 1469, dalla quale apprendiamo che Biagia è morta e Francesco si è risposato con Agnese, che ha esattamente la metà dei suoi anni, e che gli ha già dato un figlio, battezzato con il nome di Giovanfrancesco, nato l’anno precedente. Non appaiono più creditori, ma non è detto che non ve ne siano:

Quartiere di S. Spirito Gonfalone SCALA

Francesco )

) di paolo piccardi disse in catasto 1427

Niccolò )

in loro propi e bono f. 10

e nel 1451 f. 18.15

e nel 1458 f. 5

e nel 148 f. 7

Cose

Una casa da signore per nostro abitare con un orto posto nel popolo di santa maria a faella comune di castelfranco di sopra 1° 2° 3° e 4° via e luogo detto Chanpiglia.

Uno pezzo di terra di st. 26 incirca lavoratie e in piu vignata e con parecchi ulivi luogo detto piano di Canpiglia posto in detto popolo p.o via 2° rede di piero di lapo 3° via

la detta di tre borroni e cioe borro favile val di nebbiaia che dicono non si lavorano, pasture, boschi e in più un poco di vigna posta in detto popolo p.o la vhiesa di favile 2° via 3° rede di lodovico di simone 4° rede di luca di ser Carnesecchi.

Un pezzo di terra di st. 2 luogo detto gli orniuoli posta in detto popolo p.o borone 2° Somita di poggio 3° rede di Messer .. di Nicolao 4° gentile doddo altoviti

Rende

Grano st. 50

orzo st. 6

panico st. 6

vino barili 20

olio barili 1

carne libbre 100

Bocche

francesco sopradetto danni 64

M.a Agnese sua donna 32

Giovanfrancesco mio figlio 1

fran.ca sua nipote non a dote 14

Nicholo sopradetto danni 63

M.a Lisa sua donna 56

pagolo suo fig.o 17

Brigida sua figlia non a dote 16

 

ASF Catasto 905

 

 

Francesco terminò il 17 Agosto 1470 il manoscritto che fu di proprietà del Monastero della Badia di Firenze, denominato "Tabula", (BNF Conv. Soppr. B.V. 2582 ) così descritto: (MANOSCRITTI DATATI D’ ITALIA V pag. 65 n° 39 )

 

 

Tabula (f. 1rA-B)

Lezionario, in volgare (ff. 4rA – 100rB)

332x230

rigatura a secco

Al f. 4r iniziale filigranata di grande modulo; iniziali filigranate; rubriche

Carta,; ff. III, 102, III;

Numerazione coeva in cifre arabiche nel mezzo del margine superiore

Legatura di restauro in assi di cartone ricoperte di carta marmorizzata, dorso in cuoio

Proprio del Tempo, dalla I domenica di Avvento alla XXIV dopo Pentecoste (ff. 4rA – 73rB)

Proprio dei Santi, da sant’ Andrea a santa Caterina (ff. 73rB – 86rB)

Comune dei santi e messe votive (ff. 86rB – 100rB)

Al f.1r timbro della Commissione degli oggetti d’arti e scienze.

Nel 1808, a seguito della soppressione dei Conventi, il manoscritto fu incamerato fra i beni dello stato e si trova adesso a Firenze, presso la Biblioteca Nazionale.

 

 

Inizio:

"Comincia pistole vangieli

et lezioni che si dichono tutto la

nno sicondo luso della Santa chiesa

romana Cominciando alla

prima pagina domenicha dell'avento

Pistola di Paolo aromani"

 

 

Questa è l’ultima pagina:

 

 

e questa ne è la trascrizione:

 

 

97

chesono discieso dicielo Se alcuno

mangiera di questo pane vivera

inetterno e il pane chio vi daro

e lacharne mia perlla vita del mo

ndo Quistionavano insieme i giu

dey e dicievano Come cipuo dare

costui lacharne sua a mangiare

Disse allora giesu Inverita cidicho

che sevoi nomangierete lacharne

del figliuolo delluomo e non berete il suo

sangue viu nonarete vita in voi

machi mangiera la charne mia ebe

ra ilsangue mio ara vita etterna

eio ilrisucitero ilnovissimo di

Alla messa del congiunto

Pistola di pagolo a corinti

Frategli io voglio chevoi sappi

ate chelle vostre corpora so

no menbra di Xpo edunque

non piaccia addio chetu tolga il men

bro di Xpo e facine menbra dime

ritricie einpero voglio che voi sa

ppiate checolui che sacosta alla me

ritricie si diventa un corpo conllei

Inpero chedicie lascrittura chesara

nno due inuna charne e quegli che

saccosta addio sifa uno spirito con

ddio adunque fornite lafornichazi

one Inpero chongni pecchato cheffa

luomo sie fuori del corpo ma quello

cheffa fornichazione peccha nelsuo

corpo Io voglio che voi sappiate che

lemenbra nostre sono tenpio dello

spirito santo il quale e in voi chella

vete daddio Voi nonsete vostri impe

ro che non siate corpora di granprezo

e dunque glorificate iddio che vostro

corpo. Deo grazias.

Vangielo sicondo Mattheo

In quel tenpo venne giesu necho

nfini di giudea oltre al giordano

emolta turba il seguitava.

e egli glifano quivi e vennero allui

ifarixey tentandolo e dissono mae

stro elecito annoi lasciare lamogle

sua per nessuna chagione Rispose gie

su edisse Nonavete voi mai letto

nellascrittura checolui che fecie il

mascchio ella femmina gli fecie

edisse per questa lasciera luomo padre

e madre eachosterassi alla moglie

e saranno due inuna charne et

pero quello che iddio congiunsse

niuno loseperi o dipartta.

Deo grazias amen

"Finito ellibro de vangieli pistole

ellezioni ovogliandire profezie

si come usa la santa chiesa ro

mana Scritto per me francesccho

di paolo picchardi de florenzie

oggi questo di XVII dagosto 1470"

 

Annotazioni sull' ultima di copertina, scritte a rovescio, probabilmente di altra mano:

costo in ori di Ma Betta s. 14

el seme de bachi s. 12

paghai per il testamento s. 14

 

 

 

Nel 1471 arriva anche a Firenze la rivoluzionaria invenzione di Gutenberg: la tecnica della stampa con caratteri mobili, che richiedeva non solo i torchi di stampa, ma un bel numero di caratteri di piombo. E’ probabilmente per questo che il primo libro stampato a Firenze uscì dalla bottega di un orafo, Cennino Cennini, come dimostra questa dicitura sotto il Commentario di Virgilio del Servio, primo libro a stampa documentato a Firenze:

 

 

 

 

 

Questa innovazione comportò non solo un’ innegabile maggiore disponibilità di libri per il crescente numero di lettori, ma anche una drastica riduzione dei costi. Senza addentrarci nell’ analisi comparativa fra i prezzi dei manoscritti e quelli dei libri a stampa, è sufficiente leggere quanto scrisse Antonio di Francesco di Sinibaldo nella sua portata al catasto del 1480: "Antonio di Francesco di Sinibaldo. L' esercizio mio e' solo di scrivere a prezzo, quale e' ridotto per meta' delle stampe, in modo che appena ne traggo il vestito, et e' esercizio infermissimo". (ASF Manoscritti 526 Pag. 94v ) E’ l’unico esempio che ho trovato di un copista di professione che dichiara le sue entrate. Neppure Francesco Piccardi accennò mai a questo tipo di introiti, accuratamente celati al fisco.

Pur volendo considerare esagerata l’affermazione del copista, è innegabile che la stampa relegò gli amanuensi alla produzione di volumi di lusso, miniati e riccamente decorati, oppure alla riproduzione di testi che non potevano sperare di avere larga diffusione e quindi non in grado di coprire le spese della stampa. Una delle principali stamperie del Rinascimento prese vita proprio a Firenze, in via della Scala, dove si trovava il Convento delle monache domenicane di San Iacopo di Bagno a Ripoli, prima attive come amanuensi, successivamente dotate di stamperia. Lo stesso Vespasiano da Bisticci preferì cedere la sua avviatissima bottega per ritirarsi nella sua villa e dedicarsi alla scrittura.

 

 

 

Il manoscritto successivo, di mano di Francesco e datato 1472, rappresenta proprio l’esempio di un testo che non poteva sperare di avere larga diffusione. Si tratta di un componimento in ottava rima narrante il viaggio al S. Sepolcro e a S. Jacopo di Campostela di un prete dalla pessima calligrafia, il quale evidentemente desiderava che almeno una copia fosse leggibile.

Questo manoscritto venne incluso, nel 1640, nel "Catalogus Scriptorum florentinorum" compilato da Giovanbattista Doni, il quale si sbagliò, individuando Francesco come l’autore e non come semplice copista. In realtà il vero autore risulta essere don Lorenzo, parroco di San Michele a Castello (vicino alle ville medicee della Petraia e di Castello) e canonico Laurenziano, di cui il prof. Giuliano Tanturli ha tracciato il profilo per conto dell' editore Olschki. ("Il Capitolo di San Lorenzo", Olschki 2006, pagg. 81 e segg. )

La prof. Giovanna Scalia dell’ Università di Perugia curò la trascrizione del testo, presentata al Convegno di Studi Composteliani del 1983. Il testo è interessante, non tanto per la vena poetica dell’autore, ma per la descrizione dettagliata e puntuale del percorso dei pellegrini.

Francesco firma così:

 

""Finito per me Franciescho Picchardi el viaggio del Sipolchro e di Santo jacopo di Galizia. Scritto questo di 20 di settembre 1472".

 

 

 

 

Ci occupiamo adesso del prossimo manoscritto, ( Bibl. Riccardiana 1542 ) che si distacca nettamente dai precedenti e getta uno squarcio di luce per illuminare, finalmente, il carattere di Francesco, di cui abbiamo potuto finora conoscere solo le vicende economiche e giudiziarie. E’ l’ unico che non si limita alla mera trascrizione di un testo, ma contiene anche composizioni originali di Francesco. A dir la verità, non è neppure interamente un manoscritto di Francesco, ma si tratta di un volume che gli era stato consegnato per essere copiato e che presentava, alla fine, alcune pagine bianche.

Francesco, per fare cosa gradita al committente, decise di riempirle con propri componimenti. Il suo linguaggio, per la prima volta, ci manifesta la sua personalità e, potremmo dire, il suo stile di vita.

La prima pagina di sguardia del libro è piena di prove di penne d'un principiante, che ripete varie volte il proverbio:

 

"Odi bene e tien a mente: chi non à denari non à amici nè parenti".

 

Nelle prime 42 pagine contiene le Epistole di Ovidio e nelle 27 pagine successive un "formulario di epistole amorose" che inizia così: "Qui chominciano moltissime pistole mandate a più persone, giovane, maritate, fanciulle, monache, e molti altri, chome lettore legiera’ .

 

Al termine, nelle pagine ancora bianche, Francesco scrisse:

 

 

"Carissimo a me quanto fratello. Avendo io questo tuo amoroso e vago libro copiato, assai chiaro prossumo, che già fosti, e forse innamorato se’, per la qual cosa piglio sichurtà, si perch’io credo piacerti e ssi per adornare il detto, no mmi parrà faticha iscriverci sue due mie pistole, le quali mediante l’umanità tua, so che dirai che tti piacciono, e io di ciò son contento"

 

.

Seguono le due epistole composte da Francesco:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa è la trascrizione:

 

 

Pistola mandata per un prudente

giovane come per essa comprender

puoi a una bella giovane di

ciendole quanto amor le porta.

Quantunque mangnianima

e graziosa giovane i abbi auto

insino a qui grandissima pazienza

pure sperando di dì in dì chellatua

nobiltà conoscha qual sia stata

la mia sinciera fede e le mie conti

novi tormenti e i lunghi marti

ri e le perpetue lagrime niente di

meno non potendo più sostenere

dette passioni ho diliberato man

darvi questa mia lettera più ban

gniata di lagrime che d'inchiostro

tinta mendiante la quale potrai

comprendere qual sia la mia dolen

te vita e tra quanti gravosi afa

nni mi truovo io tuo fedelissimo

sevo sol per bene sperando che quando

questa mia lettera nelle tue graziose

mani perverrà e dalla somma tua

bellezza e da gli occhi tuoi risguarda

ta e letta beatissima si potrà ripu

tare sperando di ciò in me nascie

re tal disio ch'alleviando la mia

pena mi darà speranza d' essere dalla

tua singnioria exaudito della

mia giusta dimanda la quale ni

un altra cosa ciercha che solo ave

r di me te quando tenpo ti pare el dove

r sia ascoltato parechi parole et

vedrai che niuna persona oppare

ntado di sangue o per amicizia con

giunta t'ami come so io e perchè

per altra mezzanità che per lettera non

veggio ciò possa essere a mantene

rllo sagreto dove tu già l'avrà el

modo non mi mostrasse son ricorso

a questa e mandotela per persona fida

ta e pertanto se miei prieghi in te

alcuna cosa possono ti priego ti

piaccia esser contenta dengnare

farmi risposta di tua mano o a

boccha dove o quando inascoso luo

go presentar mi possa inanzi

alla tua mangnificienza per tuo

servidore come sono e da te sempre

ascoltarmi Rendomi cierto che

quando le tue orechia sentiranno

le mie passionate voci a piatà ver

so me t' inducieranno e dove insi

no ad ora in aspro foco son dimora

to per l'avenire sper esser sopr'ogni

altro felicissimo. Io in più parole

mi distenderei credendo bisongnia

sse e d'altra parte per non tediartti,

La qual cosa non è mia intenzia anzi

in tutte cose piacierti perchè farò del

mio dire fine racomandandomi

a te quanto più posso pregandoti

che per tuo charo mi tenga e non ti ma

rabigliare se non mi ti professo èer

rò chi so che tu sai che a chi si conciede

la persona maggiormente se gli da la ro

ba che iddio ti conservi bella e grazio

sa e di te tuo servo ricordevole e a que

sta fare risposta e a me accieda gra

zia far cosa che senpre grata e in

piacier ti sia.

Pistola mandata per un giovanetto

a una fanciulla itane di poco ten

po a marito. I quali nella loro pue

rilità per insino a questo dì moltisi

me volte presono i piacieri d'amore

Avenne che la mala lingua mossa

danvidia di tanto amore in modo

ch'ella non volea vedere dov'egli si

mosse a scriverle questa lettera e di

subito tornò in maggiore amore che mai.

Mangnifica e graziosa giovane

i' non so da qual lato dar principio

al mio lagrimabile scrivere dov' io

senpre chiebi notizia dalla pru

dente vostra virtù ella dimesti

cheza achonpangniata co' commi

piacieri e diletti di voi mi parea

avere ricchezza grande e poi agiu

nto al singulare amore el quale

per tutti e giesti mi dimostravate

contento e allegro siano di voi co

me di mio grandissimo capitale

or pare che la fortuna mi voglia

in tutto perseguitare di tormenti la

qual cosa mi parrebbe maggior perdita

che s'io perdessi la mia propia vita e non

so conosciere la chagione se non quan

to m'è stato detto per boccha di donna

la qual cosa giammai per me fu con

cietta né pensata e quando lacre

mente vostra virtù volessi dengni

are vedermi vi direi a boccha quello

non è onesto colla penna scrivere

e quando m'arete udito sarò contento

da voi ricievere ongni vendetta

suplicio e male quanto vedrete la

graveza del non commesso dilitto

Rendomi sichuro al vostro maturo

senno vorrete avere avertenza

a quello può succiedere di questa ma

teria volendola mettere inanzi

e però chara speranza mia voglia

tevi ricordare della nostra dime

sticheza vogliatevi ricordare de

lla nostra data fede vogliatevi ri

cordare della mia tenera etade la

quale con ferventissimo amore insino

a qui sopr'ogni altro a fedele amante

chiamare mi potete e così mentre

viverò insin che l' alma del corpo

si partirà senpre il nome vostro

sarà damme invochato per mia chara

e amantissima singnora vinchavi

la piatosa vostra virtu ogni rigida

volontà dimme dimme ove la fede

giurata addio e addio obrigati e oferti

sotto il presepio enorme di mantener

trannoi chastità e fede per dio non

vogliate essere cagione della rovi

na e conprisione della mia misera

e tapina e afritta anima per ddio

vinchami la discreta e buona ra

gione della giovane savia s'aspetta

considerare il fine della cosa però

chel senno dassezo poco vale el do

lore mi stringnie e non posso dire

quante l'affetto del mio passionato

core Se non ch'io conchiudo e giuro

per la fede ch'io vi diedi inanzi a nostra

donna che quando volessi vedere

di mia persona il fine non più ch'a me

sia credenza che grata vi sia colle

mie propie mani dinanzi agli occhi

vostri con presteza il farò sperando

amme essere somma vita e però in

voi mi dispongo in voi mi rimetto

ove voi mi volete quivi vogliesse

e dove sarò vostro sarò e vostro mi

riputerò fedelissimo servidore in primo

che di voi mai altro che costumata

mente non parlai né parlerò voi

sete stato sete e sarete mio bene

fattore aiutatore e soccorso mio

e rifuggio mio e pertanto piacciavi

amme manifestare la vostra cle

mente virtù ad acciettarmi per

vostro buon servidore come già mi

riputasti che oggi son più che mai fosse

So che v'è noto che l'amico perfetto

ama a ongni tenpo e non si perde

mai e nella perfezione della singu

lare amicizia vostra ho fede e spera

nza molte assai cose addire mi re

sta le quali farò fine pregando iddio

che tutte quelle cose che impiaciere ti so

no t' adenpia e con sanità ti mante

ngha e amme accieda grazia di fare

cosa che senpre grata e in piaciere

ti sia .

 

 

Termina con queste parole:

 

 

 

Scritte queste ultime due pistole

per me franciescho di pagolo piccardi

questo di 28 d' aprile 1473 le quali

priego te ... padrone di detto

libro che mi perdoni che affine di bene

e con utile di te l' ho fatto e no me

paruto faticha e così in ogni altra

cosa possa o sappi sono a benipiaciti

tuoi che X° da male ti guardi.

deo grazias amen

 

 

 

Non possiamo affermare che si tratti di un luminoso esempio di "dolce stil novo", ma prima di sorridere dei patetici e ingenui tentativi di Francesco, cerchiamo di inquadrare la sua prosa nel contesto dell’ epoca e della società in cui viveva, magari leggendo i versi con i quali Lorenzo il Magnifico terminava una delle sue "stanze":

 

 

S'io non posso, madonna, quel ch'io voglio

Dirti, perchè 'l parlar teco m'è tolto,

Leggi l'aspro martir ond'io mi doglio

In versi, e vedi l'oscurato volto.

Vanne via, sconsolato e molle foglio,

Carco di pianti e in triste cure involto.

Quando dinanzi alla mia donna sei,

Dille modestamente ami ancor lei.

 

 ( Oxford Codici canoniciani man. 99 )

 

 

 

 

Le "pistole" scritte da Francesco sono l’unico esempio di componimento originale partorito dalla sua mente, ci consentono di conoscerlo meglio e magari anche di capire perché il notaio Mora di Bartolo Mannozzi lo appellò "Franceschino", ossia un individuo leggero e irresponsabile. Nonostante tutte le disgrazie che gli erano capitate e l’aver interamente dilapidato il patrimonio ereditato, il suo frivolo temperamento continuava ad avere il sopravvento e ancora, quasi settantenne e novello sposo per la terza volta, si dilettava di quel genere di composizioni.

 

E chi sarà mai stato il proprietario del volume, conderato "Carissimo a me quanto fratello" sulle cui ultime pagine bianche Francesco si cimentò in composizioni amorose? Il nome fu abraso (succedeva spesso che il nuovo proprietario cancellasse il nome del precedente), ma la cancellazione non fu perfetta e risparmiò parzialmente la lettera iniziale, ossia una "I" maiuscola, che possiamo confrontare con altra scritta precedentemente:, che presenta il medesimo taglietto orizzontale.

 

 

 

Partendo da questa iniziale, e cercando di individuare un personaggio, che amasse tale genere di componimenti, che potesse essere conosciuto da Francesco e che disponesse di libri da far copiare, il pensiero va a Jacopo, il figlio di Poggio Bracciolini nato nel 1440, che non aveva seguito la carriera ecclesiastica, come i suoi fratelli, ma aveva coltivato gli studi umanistici del padre, frequentando la corte di Lorenzo il Magnifico e scrivendo testi apprezzati dai contemporanei.

 

I due dovevano trovarsi affini come indole, se dobbiamo prestar fede alla descrizione che ci fa di Jacopo il Poliziano:

"Per aver molte storie nella testa, ed essere insieme il gran parlatore, n’andava egli superbissimo, ne’ circoli e nelle conversazioni raccontandole sempre da stancar chi l’udiva. In pochissimi anni dette fondo a un patrimonio ricchissimo che redato aveva dal padre; il perché dal bisogno fattosi ligio del Salviati e de’ Pazzi, a chiunque sel voleva comprare, vendevasi"

 

Agnolo Poliziano, Congiura de’ Pazzi, Firenze 1856 pag. 41

 

 

I due avrebbero potuto certamente andare d’accordo, dato che questo ritratto potrebbe attagliarsi perfettamente anche a Francesco e dobbiamo considerare anche che Jacopo possedeva i libri da far copiare a Francesco per rivenderli.

Come accenna il Poliziano, Jacopo fece una brutta fine perché il 26 Aprile 1478 fu convinto dal cardinale Riario a partecipare alla congiura de’ Pazzi e fu fra i primi ad essere impiccato.

 

 

Alte curiosità sono contenute in questo manoscritto: un capitolo

"Detto di Ghualtieri d’amore il quale è molto utile agli amanti a ssapere se ll’uno ama l’altro" , un’ "Arte di negromanzia a ffare una femina chi tu amassi ti fusse rechata da que’ tali chome in essa chontiene dovunche a tte piacesse; la quale arte è(t) di gran pericholo a chi nolla fa chautamente" , una "Reghola utilissima agli amanti sapere per quale chagone menoma l’amore l’uno dell’ altro amante" e una "Ricietta a scrivere lettere d’oro" .

 

 

 

Trovate il tutto in allegato, ma non faccio seguire la trascrizione, affinchè a nessuno venga uin mente di mettere in pratica le stregonerie, dato che anche l’autore le considera pericolose per gli incauti negromanti.

Sempre del 1473 è un manoscritto che non ho potuto consultare, perché la Biblioteca Vaticana è inagibile. Contiene dodici rispetti toscani e, probabilmente, ancora una volta delle "pistole". Termina con la sottoscrizione:

 

 

"Finito le pistole e rispetti scritto per me Francesco Piccardi il 26 Dicembre 1473"

 

( Bibl Vaticana Fondo Barberiniano 39.88 )

 

 

 

 

 

Nel 1475 Francesco eseguì la trascrizione di un celebre poema cavalleresco, denominato "Aspramonte", traduzione di Andrea da Barberino del poema cavalleresco francese "Chanson d’Aspremont", nel quale si narrano le gesta di Carlo Magno e dei Paladini di Francia. (BNF Palatino 583 ) In realtà ne eseguì più copie, una sola delle quali ci è giunta completa dell’ ultima pagina, che contiene la sottoscrizione:

"Schritto el detto libro chiamato aspramonte per me franciescho di pagolo picchardi cittadino fiorentino ogi questo dì 18 daprile 1475 e detà danni 67".

 

In realtà gli anni erano già 70, ma a quei tempi risultava difficile tenerne il conto.

Questa copia appartenne a Antonio da Sangallo, il famoso architetto mediceo, il quale, dopo la congiura de’ Pazzi, ebbe l’ increscioso compito di informare Lorenzo de’ Medici che Giuliano, il fratello ucciso in S. Maria del Fiore, aveva un figlio illegittimo, avuto da una donna che abitava in Bordo Pinti. Lorenzo affidò il bambino all’architetto fino all’età di sette anni, poi provvide personalmente alla sua istruzione. Il bambino, di nome Giulio, divenne Papa con il nome di Clemente VII:

 

 

 

 

 

 

Questo poema cavalleresco ebbe notevole successo e se ne contano quattro versioni in italiano, due in ottava rima e due in prosa. Marco Boni, (Marco Boni, Aspramonte, Palmavcerde, Bologna 1951 ) uno studioso che ha dedicato varie pubblicazioni a questo poema, ha rintracciato 12 manoscritti, sia in Italia che all’estero. Di questi dodici, tre sono di mano di Francesco, ma uno solo completo della pagina finale con la firma e la data, mentre gli altri due sono mutili. Il primo si trova nella Biblioteca Moraniana (Bibl Moreniana, Fondo Fullani 12 ) e il secondo nella Biblioteca Nazionale di Firenze, ( BNF Magliabechiano II.I.14 ) di cui questa è una pagina:

 

 

 

 

L’ultimo manoscritto che ho potuto rintracciare fino ad ora si trova nella Biblioteca Nazionale di Firenze ed è la trascrizione dell’ orazione più celebre di Donato Acciajuoli, composta in latino il 3 Ottobre 1471 in occasione dell’ elevazione di Sisto IV al soglio pontificio. Donato, Ambasciatore della Repubblica fiorentina, inneggia alle virtù del nuovo Pontefice, ma al contempo rivendica orgogliosamente i meriti di Firenze nella difesa della Chiesa. Questa orazione fu talmente ammirata da essere copiata più volte e trascritta solennemente addirittura nei Registri del Comune. La traduzione in volgare fu fatta da Piero di Marco Parenti, figlio di un amico dell' Acciajuoli. La copia trascritta da Francesco così termina:

 

 

"Finis, deo grazias, amen. - Scritto per me franciescho pauli de picchardi de Florenzie questo di 2 di giungnio 1475".

 

( BNF Magliabechiano II.VI.17 )

 

 

Di Francesco non avremo più scritti né notizie, fino alla sua morte, avvenuta il 28 Ottobre 1477, come ci dirà Niccolò, il fratello minore che gli sopravviverà una dozzina d’anni, nella sua portata al Catasto del 1480.

 

Finora non ci siamo mai occupati di Niccolo', perché ha vissuto costantemente all’ ombra del fratello, di cui non condivideva ceramente il carattere estroverso. Viene indicato come teste ed eletto arbitro in controversie, in qualità di "buon uomo e amico" in vari contratti, tutti rogati dal notaio S. Cristofano Nelli di Castelfranco:

 

 

23/11/1455 Nicolao olim pauli picchardi pp.li S. M. a Faella teste. Ugolino Ugolini di Piandisco' vende a Francesco degli Asini di Firenze un terreno loc. detta alla Gualchiera. Notaio S. Cristofano Nelli di Castelfranco.

 (ASF Notarile Antecosimiano 14901 )

 

22/4/1459 Atto in Campiglia. Nicolao olim pauli pichardi teste. Notaio S. Cristofano Nelli di Castelfranco.

 (ASF Notarile Antecosimiano 14901 )

 

25/2/1460 Atto in Piandisco'. Nicolao olim pauli picchardi teste in un arbitrato tra i fratelli Pucci di Campiano. Notaio S. Cristofano Nelli di Castelfranco.

 (ASF Notarile Antecosimiano 14901 )

 

2/3/1466 Nicolao olim Piccardi di S. Miniato teste. Notaio S. Cristofano Nelli di Castelfranco.

 (ASF Notarile Antecosimiano 14901 )

 

31/1/1469 Atto in San Miniato. testi Giovanni Simoni e Nencio del Pecchia di San Miniato. D.na Piera vedova di Meo di Andrea e sua figlia Antonia, vedova di Paolo Dominici, tutte di S. Miniato, nominano Niccolo' di Paolo Piccardi e Cipriano Martini, buoni uomini e amici comuni, arbitri per risolvere problemi di eredita'. Notaio S. Cristofano Nelli di Castelfranco.

 (ASF Notarile Antecosimiano 14903 )

 

31/1/1469 Atto in San Miniato, testi Giovanni Simoni e Nencio del Pecchia di San Miniato. D.na Piera vedova di Meo di Andrea e sua figlia Antonia, vedova di Paolo Dominici, tutte di San Miniato, nominano Niccolo' di Paolo Piccardi e Cipriano Martini, buoni uomini e amici comuni, arbitri per risolvere problemi di eredita'. Notaio S. Cristofano Nelli di Castelfranco.

 (ASF Notarile Antecosimiano 14903 )

 

21/1/1471 Nicolao olim Pauli Picchardi ppli S. Maria a Faella teste a Casa Stagio a Piandisco' Notaio S. Cristofano Nelli di Castelfranco.

(ASF Notarile Antecosimiano 14902 )

 

5/7/1472 Atto in Terranuova loc. Renaccio di S. Piero alla Treggiaia. Niccolo' di Paolo Piccardi teste al contratto di matrimonio di Lorenzo Mellini di S. Maria a Sco'. Notaio S. Cristofano Nelli di Castelfranco.

(ASF Notarile Antecosimiano 14902 )

 

19/4/1473 Nicolao olim Pauli Piccardi di S. Miniato teste a tre contratti di matrimonio a Piandisco' loc. Terreno. Notaio S. Cristofano Nelli di Castelfranco.

(ASF Notarile Antecosimiano 14902 ) 

 

11/1/1476 Nicolao olim pauli piccardi ppli S. Maria a Faella teste. Notaio S. Cristofano Nelli di Castelfranco.

(ASF Notarile Antecosimiano 14902 )

 

12/12/1476 Atto alle Fabbriche in casa di Jeronimo Guidotti. Nos Nicolaus Pauli Piccardi et Franciscus Mei Laurentiis pp.li S. Miniatis arbitri et arbitratores electi et nominati a Meo olim Mathei Guidocti et Jeronimo suo fratello. Ricognizione debiti e crediti. Ripartizione eredita'. Notaio S. Cristofano Nelli di Castelfranco.

(ASF Notarile Antecosimiano 14904 )

 

27/11/1476 Nicolaus olim pauli picchardi di S. Miniato fidejussore di Nanna ved. Guidotti. Notaio S. Cristofano Nelli di Castelfranco.

(ASF Notarile Antecosimiano 14904 )

 

 

 

Arriviamo alla portata al catasto del 1480, in realtà due portate separate, una di Niccolò e l’altra di Agnese, vedova di Francesco:

La riproduzione della portata è in allegato. Eccone la trascrizione:

Quartiere Santo Spirito Ghonfalone Schala

Nicholò di Pagholo Pichardi, quartiere di Santto Spirito ghonfalone Schala, disse el catasto 1470 in Francescho e in Nicholò di Pagholo Pichardi e avemo di chatasto soldi sette a oro e di sesto avemo lire una. Dipoi, a dì 28 d’ottobre 1477, morì Francescho, mio fratello sopra detto e lasciò a Mariotto di Glionardo, tintore di seta, suo gienero, un poderetto ch’egli aveva c(h)iesto, la(s)cciò alla donna sua, chome vi dirò qui da piè. E dirovi quello ch’io tengho io propio abito a Chanpiglia in piano di sotho, popolo di Santa Maria a Faella, chomune di Chastellofrancho di Valdarno di sopra.

Avemo di chatasto 1470, soldi 7 a oro, chome v’ò detto di sopra.

Avemo di sesto, lire una, chome v’ò detto.

Sustanze di Nicholò

Una meza chasa per mio abitare che n’è staiora sedici di terra lavoratia e parte vignata chon parechi ulivi, posta nel popolo di Santa Maria a Faella chomune di Chastelfrancho di Valdarno di sopra luogho detto a Chanpiglia : da primo, via ; sechondo, rede di Francescho Pichardi ; di terzo, Jachopo di Piero ; di latho quarto, Giovanni di Paccino di detto luogho : lavoralo ogi Lorenzo di Mellino di piano di sotho ; non v’ò su né prestanze né buoi né altro bestiame. Rende l’anno in parte :

Grano st. 30

panicho st. 6

vio barili 15

olio barili 1

Un pezzo di boscho da far pali di chastagno e da pasturare di staiora tre da p.o via sechondo jachopo di piero di lacho terzo giovanni di pacino tutte le sopradette chose tengho io nicholo sopra detto e resto che voi troverete per le portate nostre a chatasto 1470 … ch’io vi dico qui da piè laquali lasciò loro fran.co mio fratello quando egli morì chome fe loro donazione.

Beni trasferiti inoltre

Un poderetto chon chasa da lavoratore il quale si chiama

Comenzano con tre borroni cioè Valdinebbiaio - …favilla - Comenzano el quale tiene oggi

mariotto di glionardo tintore di seta istette in botegha di leano tintore lasciogliela

fran.co mio fratello perche era suo gienero e lasciogliele dopo la vita sua che mori addi 28 dottobre 1477 e tutta via la poi posseduto e possiede detto mariotto di lgionardo e così vi priego che vi piaccia a lui porrete la gravezza che sopporta el detto podere dicie che va a gravezza pel popolo di Santo Ambruosio nel ….dice lui

Beni cherano di fran.co pichardi

Una meza chasa chonunortolaquale era di fran.co di pagholo pichardi la quale tiene oggi M.a gnese donna fu del detto fran.co che da p.o via sechondo via terzo nicholo di pagholo pichardi la quale si chiama Campiglia nel popolo di santa maria a faella chomune di castelfrancho di valdarno di sopra.

Una chasetta chonunpocho di vignia la quale e achanpiglia tiella M.a Gnese donna fu di detto fran.co dap.o via sechondo giovanni di parino terzo nicholo di pagholo pichardi sudetto chasa e detta vigna di fran.co di pagholo pichardi detto

Boche

Nicholo di pagholo pichardi danni 75 fumi tagliato una ghamba di netto a di 20 di febbraio 1479 e sono istato e sto inmano di medici e non escho di letto Io miricchomando per lamor di Dio.

M.a Lisa mia donna danni 66

pagholo mio figliuolo danni 26 e non sa fare nulla

Brigida mia figluola danni 26e non ha dota

Chosa mia nipote danni 13 enona dota

( ASF CATASTO 1480 bobina 2416 )

 

 

Nello staeso anno Agnese presenta una propria dichiarazione separata, che allego, anche se molto deteriorata e di difficile lettura. Questa è la sua trascrizione:

 

 

Monna Agnese figliuola fu di Filippo di Piero Basalarchi di … di Sanpietro a Magione di Firenze abito a .. di Scho’ in Valdarno di sopra e donna fu di Fran.co di paolo Piccardi e fatta la sua graveza 1478 che disse …. Fran.co e in nicholo di pagolo pichardi che … s.spirito ghonfalone de la schala ebbono di …

ebbono di …..

Sustanze

Una meza chasa per mio abitare con un pocho dorto a p.mo via e sechondo e terzo via quarto nicholo di pagolo pichardi la quale sie in piano di scho in valdarno di sopra luogho detto champiglia popolo di santa maria a faella chomune di chastelfrancho di sopra.

Una chasetta con un poco di vigna posta in champiglia in piano di scho in valdarno di sopra da p.o via sechondo via terzo giovanni di pacino e di detto luogho popolo di santa maria a faella chomune di chastello francho di sopra rende……… in parte:

Grano st. 3

Vino barili 3

Bocche

Agnese sopradetta danni 50

Giovanfran.co figliuolo di detta Agnese danni undici

Ghuido Ant.o suo figliuolo danni nove

 

( ASF Catasto bobina 2416 )

 

 

E’ una tristezza: Francesco è morto e Niccolò giace nel letto con una gamba amputata. Ha un figlio, Paolo, nato nel 1450, che non ha arte né parte, mentre Agnese e i suoi due figli spariranno senza lasciare alcuna traccia e non ne ritroveremo menzione in documenti fiscali o notarili. L’ unica spiegazione plausibile è che Agnese si sia trasferita, magari risposata e i figli, se sopravvissuti, non abbiano mantenuto il cognome del padre.

 

 

 

Arriviamo alla portata al catasto del 1491, che non aggiunge niente alla precedente:

pop.o di santa M.a a Faella

Nicholo di pagholo pichardi disse la graveza hanno 1480 in lui detto nel gonfalone scala

Una meza casa per suo abittare e con iij st.... lavora ttia et svignata con parechi ulivi posta nel pop.o di Santa M.a a Faella et nel comune di Castelfranco luogo detto in Campiglia da p.o via, ii redi di franc.o Pichardi 3° Jacopo di piero di laco4° Giovanni di Parrino

Uno pezo di boscho daffare pali di castagno et di pasture di st. 3 da p.o via, 2° Jacopo di Piero di Laco 3° Giovanni di Parrino

Bocche di maschi

Nicholo detto d anni 86

Pagholo suo figliuolo 39

Femine

M.a Lisa sua donna d anni 77

 

( ASF Catasto 1156 )

 

 

 

Niccolò non ha più nemmeno la forza o la voglia di lamentarsi.

Sta per terminare il secolo e viene abbandonata la pratica del Catasto, sostituita dalla "Decima repubblicana"

Niccolò compilerà la sua ultima dichiarazione dei redditi alla veneranda età di 92 anni:

 

 

S. Spirito Scala 1498

Q.re S.to Sp.to

G.ne Scala

Nicholo di pagolo picchardi d. la Schala 81 in detto nicholo abita nel chomune di Chastello Francho di sopra nel pp.lo di santa maria afaella previere di santa maria asco

Sustanze

Un casa con uno pocho dorto nel quale habita con staiora sedici di terra lavoratia parte vignata con parechi ulivi posti nel comune di castelfranco detto nel pplo di santa maria a faella luogo detto Campiglia confini 1° via 2° rede di jacopo di piero 3° rede di Neri Pacini

Uno pezzo di bosco a pastura st. 2 in circa posto in detto luogho confina 1° via 2° rede di Jacopo di Piero 3° rede di Neri Pacini, lavorali Jacopo di Giovanni da hostina

Rendono l'anno in parte:

grano st. 30

panicho st. 6

vino barili 15

olio barile 1

(Decima Repubblicana 2 )

 

 

 

Finisce qui la seconda parte del nostro racconto, dove abbiamo potuto seguire le vite dei Piccardi di Piandiscò del 1400, di uno dei quali abbiamo potuto ricostruire minuziosamente le vicende e che ci ha lasciato tracce tangibili ancora oggi di se stesso. I 13 manoscritti che ho potuto fin qui rintracciare, probabilmente, costituiscono una minima parte di quelli compilati da Francesco e altri ne salteranno fuori, ma la ricerca è molto difficile, dato il grande numero di manoscritti del XV secolo sparsi nelle biblioteche di tutto il mondo.

 

 

 

 

 

 

Scegli la pagina   ……………VAI ALL'INDICE GENERALE