L' archivio di manoscritti
della Cappella Musicale della SS. Annunziata di Firenze
di Paolo Piccardi
La disastrosa alluvione del 1966 si abbatté anche sulla basilica-santuario della SS. Annunziata di Firenze, sommergendola con due metri d’acqua e devastandone il ricco patrimonio artistico, senza risparmiare l’ archivio della sua Cappella Musicale, i cui manoscritti furono intrisi di acqua e fango.
Nell’immediatezza dell’evento, dovendo fronteggiare gli innumerevoli danni subiti dal complesso basilicale, per i manoscritti fu possibile solo un intervento di emergenza per tamponare i danni maggiori e per trasferirli in luogo riparato, dove sono rimasti per oltre quarant’anni. Solo da pochi mesi, infatti, è stato avviato il lavoro di riordino, catalogazione e digitalizzazione, nella prospettiva di un futuro studio del suo contenuto.
Dato il breve tempo trascorso dall'inizio delle operazioni di recupero, è difficile poter valutare le dimensioni e l' importanza di questo fondo archivistico, ma, oltre che dalle prime indicazioni che stanno emergendo, è possibile apprezzare il contributo che tale archivio può fornire allo studio e alla comprensione della vita musicale che Firenze ha vissuto attraverso i secoli, tracciando un breve profilo storico della Cappella Musicale della SS. Annunziata.
I sette mercanti fiorentini che, nel 1233, fondarono l'Ordine dei Servi di Maria, già appartenevano alla Confraternita dei laudesi, laici devoti che si riunivano regolarmente in un luogo particolare delle chiese per pregare, ascoltare i predicatori e cantare le lodi di Dio, della Vergine e dei Santi. Tali pratiche vennero mantenute anche dopo la costituzione dei Servi di Maria, sia a Montesenario, nei primi tempi, che, successivamente, in quella che adesso è la SS. Annunziata, edificata ad iniziare dal 1250, dove le funzioni religiose venivano accompagnate dal canto del Salve Regina, tre salmi e un florilegio di titoli e invocazioni alla Vergine di tipo litanico. Parallelamente iniziò l'attività di insegnamento del canto ai fanciulli e l'uso di accompagnare il canto con strumenti, quali la viella, il liuto e la ribeca nonché l'organo. Il primo organo documentato a Firenze venne proprio costruito nel 1299 da un frate dell'ordine per la SS. Annunziata.
Quando l' "Ars nova" si diffuse in Firenze, non restò confinata nelle corti dei signori, come in altre parti d'Italia, ma trovò un fertile terreno proprio tra i frati, tra i quali spicca il più famoso continuatore di questa forma espressiva, Andrea dei Servi, succeduto, in ordine d'importanza, a Francesco Landini, il "cieco degli organi". Di Andrea dei Servi rimangono una trentina di ballate, contenute nell'ultima parte del codice Squarcialupi, adesso alla Laurenziana. Lo stesso Andrea, nel 1378, diresse la costruzione di un secondo organo, affidandone al Landini la progettazione e l'accordatura finale. Di tale costruzione ci rimangono le dettagliate annotazione dei materiali acquistati, dalle quali possiamo capire che si trattò di un organo di notevoli proporzioni, dotato anche di una pedaliera con dodici tasti uniti al manuale. Il suo costo totale fu di 140 fiorini d'oro. Per valutare l'entità di tale somma possiamo confrontarla con i 100 fiorini che furono pagati qualche anno dopo dal Capitolo del Duomo per il nuovo organo, che fu definito "grande e bello". Andrea de' Servi, oltre che eccellente organista, fu anche un bravo insegnante e dalla sua scuola uscì una folta schiera di organisti, primo fra i quali Bonaiuto Corsini.
L'interesse dei Servi di Maria per la musica rimase inalterato nel tempo, tanto che esistono memorie che ricordano come maestri di canto fossero fatti venire anche da fuori Firenze, scegliendoli fra i più affermati del momento ed impegnandoli al costante insegnamento con contratto vincolante e con dispense solo per i giorni festivi e in caso di maltempo.
Nella prima metà del XV secolo divenne Priore del Convento della SS. Annunziata P. Antonio Alabanti Juniore, il quale chiamò musicisti francesi e tedeschi, nonché quattro maestri fiamminghi, con lo scopo di insegnare la musica e il canto, dando così vita alla Cappella Musicale, che proseguirà ininterrottamente la sua attività fino a pochi anni dopo quel fatidico 1966 e le cui memorie musicali sono conservate presso l'archivio, attualmente in fase di riordino e restauro.
Anche Jacopo Peri, lo "zazzerino" e Giulio Caccini parteciparono alla vita della Cappella Musicale, il primo vi entrò appena quindicenne e il figlio del secondo divenne frate servita con il nome di Fra' Felice.
La bravura degli esecutori e la ricchezza d'inventiva dei compositori attirò la costante attenzione dei Granduchi, i quali commissionavano alla Cappella Musicale della SS. Annunziata composizioni originali per le ricorrenti festività, compresi i loro compleanni. Si trattava di manifestazioni di notevole risonanza, tanto da attirare i più celebrati musicisti dell'epoca, fra i quali basti ricordare Alessandro Scarlatti, che nel 1702 venne chiamato a dirigere le esecuzioni, accompagnato dal figlio Domenico.
La fama della Cappella Musicale della SS. Annunziata proseguì ininterrottamente attraverso i secoli e l'avvento delle nuove tecnologie fece sì che, dal 1930 al 1950, la sua Messa domenicale venne diffusa via radio su tutto il territorio nazionale.
Da un primo sommario inventario risulta che il fondo è costituito da circa 5.000 opere (fra cui miscellanee), la maggior parte dei quali in forma manoscritta ed inedita. Il numero di compositori presenti è di oltre mille. Le opere presenti non hanno carattere esclusivamente religioso perchè, riporto fedelmente "per oneste ricreazioni de' padri" venivano composte anche musiche profane, fra le quali mi piace ricordare "Hor care canzonette" e "Il ponte a Santa Trinita in tempo d'estate" del P. Dreyer.
Fra gli autografi finora rinvenuti spicca quello di un "Laudate pueri" di Paisiello, del quale si conservano anche copie di altre sue composizioni, forse possedute dal suo soprano preferito, Teresa Strinasacchi, parrocchiana della SS. Annunziata e qui sepolta. Ovviamente numerosi autografi appartengono ai vari maestri della Cappella Musicale, che si sono succeduti nei secoli, dai quali si evince il costante impegno ad utilizzare le forme musicali che venivano sviluppandosi al tempo, attingendo anche ad autori stranieri, come dimostrano le riduzioni per piccola orchestra delle sinfonie I e IV di Beethoven, opera del maestro Ferdinando Ceccherini, forse su commissione del suo allievo, il principe Poniatowski, che per primo fece conoscere a Firenze le composizioni del maestro di Bonn.
Ampio è anche il fondo di manoscritti autografi di P. Giovanni Filippo Maria Dreyer, detto anche "il tedeschino", musico prima della corte dello Zar di Russia e poi, fattosi frate servita, nel Settembre del 1733 a 37 anni, maestro della Cappella Musicale.
Interessante anche l'episodio, documentato da due manoscritti, che vide i frati della SS. Annunziata permettersi di disturbare l'ipocondriaco isolamento di Gioacchino Rossini, nella sua abitazione di via Cavour, per sottoporre alla sua approvazione le modifiche da essi apportate al testo e alla musica dell' "Eia mater", per poterla eseguire durante l' Elevazione.
A dimostrazione dell'importanza di tale fondo archivistico, va inoltre segnalato che l'Aiblinger, inviato dall'imperatore d' Austria nel 1833 per copiare bella musica italiana, si soffermò proprio alla SS. Annunziata, lasciando traccia del suo passaggio sui manoscritti visionati e copiati.
Alla raccolta di manoscritti musicali si affiancano le edizioni a stampa e una nutrita raccolta di rare riviste, bollettini e rassegne musicali dei primi anni del secolo scorso.
Come si può notare da queste prime parziali ricognizioni, il fondo può contribuire notevolmente all'approfondimento dello studio della vita musicale in Firenze e alle forme musicali introdotte nel tempo, argomento sul quale la letteratura è colpevolmente scarsa, e possiamo solo sperare che alle poche forze che adesso vi si dedicano, se ne aggiungano altre, con eguale entusiasmo.
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