ULISSE ARETINI CERAMISTA DELL'800
ricerca di Angelo Gravano Bardelli
La personalità del ceramista ottocentesco Ulisse Aretini (1828-77), originario di Castiglion Fiorentino e ultimo figlio di nove del macellaio poi locandiere analfabeta Bartolomeo, viene alla luce man mano che ne scopriamo la rilevanza delle singole opere.
La sua formazione avviene durante il decennio 1850 nel laboratorio del suocero Domenico Bertini (1795-1872), padre della moglie Maria Anna, vasaio operante a Monte San Savino erede della tradizione artigiana di generazioni di “fornaciai di pignatti” settecenteschi: i Saracini da cui discende per via materna.
La produzione di Ulisse di questo periodo è documentata, per le sue caratteristiche strutturali, da uno scaldino traforato con coperchio decorato con cane di color dominante crema-arancio (foto 1).
Nei decenni successivi 1860 e 1870 lo stile della sua produzione, in terracotta di colore dominante scuro (verde ramina e/o bruno manganese) o chiaro (arancio e crema) con decori applicati a riporto dipinti ad ingobbio ed invetriati di tipo vegetale e floreale, si perfeziona e lo caratterizza in modo unico e personale.
La notevole qualità artistica ed originalità dimostrata nella borraccia con il ritratto di papa Pio IX (Foto 2) già descritta è confermata anche da un piatto coevo con ritratto classico di profilo di uomo barbuto laureato (foto 3).
Il magnifico piatto a prima vista con profilo di imperatore o poeta laureato ha, ad un esame approfondito, un duplice valore artistico e storico.
Artistico perchè sulla base della tecnica già dimostrata con la borraccia di Pio IX l'autore riesce non solo a riprodurre su ceramica un rilievo derivato da medaglia ma anche ad elaborarlo perfettamente.
Storico perchè il profilo dovrebbe corrispondere a quello del poeta, scrittore, drammaturgo e filosofo Torquato Tasso (1544-95), autore della “Gerusalemme Liberata”, mito romantico durante tutto il risorgimento italiano alimentato dalla fantasia di scrittori ed artisti non solo italiani ma anche europei.
La sua tormentata vicenda esistenziale, rinchiuso persino nel carcere ferrarese di Sant'Anna a causa di una grave forma di «malinconia», dopo essere stata interpretata come follia, diviene nell'800 simbolo del genio, che non viene compreso, bensì isolato e irriso, in una società dove prevalgono la mediocrità e l’invidia.
Il ritratto si accompagna al decoro nel contorno di una pianta di edera rampicante, posta in senso orario dal basso verso l'alto, simbolo di fedeltà e purezza dei valori morali del poeta.
Il ritratto è derivato da una medaglia antica attribuita al pittore bolognese Domenico Ambrogi detto “Minghino del Brizio” (1600-78) databile al 1675 circa (foto 4) modificato nella barba, meno a punta, e nel busto ridotto al solo colletto della camicia.
La loro importanza è anche antiquariale in quanto altri oggetti possono essere attribuiti ad Ulisse Aretini sulla base del confronto con queste opere dal tipico decoro quali scaldini, borracce, candelieri, vasi (foto 5, 6, 7 , 8 , 9 e 10).
P.S. -- Probabilmente agli inizi '900, in stile Liberty, un anonimo ceramista di ambito fiorentino ( ancora un Aretini ??? ) realizza un piatto (foto 11) con ritratto del poeta Torquato Tasso tratto dalla medesima medaglia di Domenico Ambrogi con tre scene tratte da sue opere (forse la Gerusalemme Liberata).
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