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Opinioni sulle origini degli Adimari del XIII secolo

 

 

 

Ad oggi non si conoscono con certezza le origini degli Adimari fiorentini del XIII secolo

 

 

Esiste una serie di documenti che spaziano tra il 990 e il 1124 relativi ai Filii Adimari discendenti dall'Hucpoldingo Adimaro.

Di alcuni di questi documenti sono stato messo a conoscenza dal dr Enrico Faini e fanno parte delle sue ricerche

Esistono un'altra serie di documenti che riguardano i discendenti di un Giovanni detto Adimaro Nepotecosa di origini cittadine , forse legato per via femminile agli Adimari del conte

Anche di alcuni di questi documenti sono stato messo a conoscenza dal dr Faini e anche questi fanno parte delle sue ricerche

Ricerche quelle del dottor Faini di assoluto interesse .

Gli anni tra il 1100 e il 1170 descrivono uno spazio d'incertezza documentaria

E' questa incertezza ostacola la comprensione delle origini degli Adimari che vedremo tra i protagonisti nella Firenze dell'ultimo quarto del XII secolo e di tutto il XIII secolo

Infatti qui si fanno confuse le linee genealogiche

In questo spazio (anni tra il 1100 e il 1170 ) s'inseriscono le opinioni diverse di vari storici

 

 

 

Riprendendo le parole del dr Raveggi :

 

A proposito delle origini degli Adimari vi è un aperto contrasto fra gli storici tra chi, come il Davidsohn e lo Stalhl, tende a qualificarli come discendenti dalla più genuina nobiltà feudale e appartenenti alla medesima schiatta dei conti Alberti (Storia cit., I, pp. 511, 535-537; Adel und volk im Florentiner dugento Koln 1965, p. 29) e chi, come Fiumi, contesta vigorosamente queste affermazioni per definirli come appartenenti alla "borghesia pervenuta alle cariche consolari e a grande ricchezza con i traffici esercitati durante la primissima fioritura comunale " (Fioritura e decadenza dell'economia fiorentina Archivio Storico Italiano CXV 1957 p. 402).

 

 

 

La tradizione cronicistica propende per un origine cittadina degli Adimari

 

 

 

Dante Alighieri : Divina Commedia (Paradiso canto XVI )

 

L'oltracotata schiatta che s'indraca

dietro a chi fugge, e a chi mostra 'l dente

o ver la borsa, com'agnel si placa,

già venìa sù, ma di picciola gente;

sì che non piacque ad Ubertin Donato

che poï il suocero il fé lor parente.

 Dante considera questa "Oltracotata schiatta " di umili origini, cosicché ritiene sia sta un'onta per Ubertino Donati, che aveva sposato una figlia di Bellincione Berti dei Ravignani, l'essersi imparentato, per il matrimonio di una sorella della moglie' con l'oltracotata schiatta.

 

E' da notare :

 

 Dante non parla espressamente di Adimari

 l'Alighieri non e' fonte storica completamente attendibile (vedi grossolano errore cronologico sul suo antenato Cacciaguida )

 Gli Adimari nelle lotte di fine secolo si erano spezzati in Bianchi e in Neri , i Bellincioni in particolare per la parte Bianca ( la stessa fazione di Dante ) e i Cavicciuli per la parte Nera . Per comprendere appieno la violenza dello sdegno che si abbatte sugli Adimari (cfr. anche Inferno VIII, 31,63), occorre ricordare che un membro di questa famiglia, Boccaccino dei Cavicciuli Adimari , chiese ed ottenne dal comune fiorentino che i beni di Dante, già condannato all'esilio, fossero tutti confiscati. Lo sdegno di Dante travolge cosi anche Tegghiaio Aldobrandi degli Adimari , che era considerato una gloria di Firenze , accusato di sodomia (accusa che gli viene dal solo Dante ) e Filippo Argenti (Adimari )

 

L'identificazione degli Adimari con la "oltracotata schiatta " e' dovuta a Benvenuto da Imola (1330c. -1387c.) e' stata successivamente quasi universalmente accettata

Benvenuto da Imola (1330c. -1387c.)

L'opera di Benvenuto da Imola (1330c. -1387c.) testimonia il cospicuo livello raggiunto a metà del trecento in Emilia dal primo Umanesimo e dalla cultura toscana. Benvenuto compì i suoi primi studi alla scuola gestita privatamente dal padre notaio in tema di grammatica ed elementi di diritto. Nel 1361- 62 al seguito del Governatore Gomez Albornoz è a Bologna, ove scrive il Romuleon (compendio di storia romana) e si afferma quale privato lettore di auctores latini, classici (Virgilio, Lucano) e moderni (Petrarca). Agli anni bolognesi risale l'impostazione del suo capolavoro: Commentum super Dantem, poi rielaborato a più riprese sin verso il 1383 e che gode a tutt'oggi enorme prestigio per finezza d'analisi e d'intuizione. Il suo latino medievale e scolastico lo mostra peraltro ancora legato allo spirito pre-umanistico. Benvenuto opera, tra l'altro, il confronto fra Petrarca (che conobbe personalmente ed esaltò umanisticamente in quanto copiosior in dicendo ) e Dante (maior poeta perché seppe riunire tragedia, satira e commedia). A causa di certe rivalità professionali Benvenuto fu costretto a trascorrere l'ultima parte della sua vita sotto la protezione di Niccolò II d'Este a Ferrara, ove completò e sviluppò anche vari commenti a Virgilio, Lucano e Seneca. Compose altresì l'Augustalis libellus, rassegna di imperatori da Giulio Cesare a Venceslao (poi proseguita sino a Massimiliano da Enea Silvio Piccolomini). A Ferrara lesse pubblicamente Valerio Massimo e si affermò definitivamente quale une delle figure di maggior spicco del primo Umanesimo trecentesco.

 

Nella "Enciclopedia dantesca " di G.A. Scartazzini Milano 1896 pagina 30 : Lord Vernon contesta l'individuazione di Benvenuto da Imola (Fiumi)

 

 

Nuova cronica di Giovanni Villani

 

Dice degli Adimari

………..e bene che sieno oggi il maggiore legnaggio di quello sesto e di Firenze, non furono però in quelli tempi de' più antichi.

 

 

 

Gli storici si dividono :

 

Dalla "Storia di Firenze" del Davidsohn : "Storia di Firenze, le origini "

…………Famiglia tra le principali della nobilta' fiorentina per censo ed origine , ed era un ramo di quella stessa schiatta cui appartenevano i conti Alberti , perche' al pari di quelli discendevano dal marchese Bonifazio duca di Spoleto e Camerino, che aveva governato nel secondo quarto del del decimo secolo , ed era stato cognato di Rodolfo II , re di Borgogna e d'Italia

Il duca aveva posseduto dei beni sull'arno presso Settimo , e dal figlio di lui conte Adimaro , era discesa ed aveva tratto il nome la famiglia omonima, mentre il duca Teodaldo fratello di Adimaro era divenuto capostipite della famiglia comitale degli Alberti

Sorella ad entrambi quella Willa che aveva fondato la badia fiorentina , moglie di Uberto margravio della Tuscia e madre di Ugo

Nessuna delle nobili famiglie fiorentine e ben poche d'altre citta' italiane potevano vantare una cosi illustre prosapia

FINE ESTRATTO DA DAVIDSOHN

Il Davidsohn accoglie la tesi del Repetti che per primo accenno' ai legami tra gli Adimari e la stirpe franca discesa da Bonifacio I , senza fornire pero' giustificazioni alla sua asserzione.

 

 

REPETTI EMANUELE

 Dizionario geografico,fisico,storico della Toscana voll 6 Firenze 1833 -1846 (ristampa anastatica Firenze 1972 )

Supplemento al dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, VI, Firenze 1846

Elabora l'albero genealogico dei conti Alberti di Vernio tomo VI (tavola VII appendice )

Per primo ipotizza la discendenza degli Adimari da il conte Adimaro figlio del marchese Bonifazio I

 

Davidsohn

Il Davidsohn ipotizza gli Adimari siano stati i signori del castello di Gangalandi

da Storia di Firenze : Le origini Davidsohn

Alla distruzione di Prato si riconnette un'altra impresa militare dei fiorentini. Di la dall'Arno a circa 12 km soltanto da Firenze ,dirimpetto a Signa e piu' alto dell'attuale Lastra , sorgeva il castello Gangalandi chiamato anche Monte Gualandi, che dalla cima del colle dominava la navigazione fluviale e le relazioni commerciali della citta' con Pisa e col mare; specialmente le barche con carichi pesanti non potevano ne' partirsi da Firenze stessa , ne' risalendo il fiume continuare oltre il porto di Signa. Il castello era degli Adimari

Bisogna credere che gli Adimari avessero fatto causa comune con gli Alberti loro consorti, perche' l'anno stesso della distruzione di Prato vediamo i fiorentini rivolgere anche contro di loro le armi

Furono pretesto alla guerra certe imposte ecclesiastiche , ma la ragione vera e' da ricercarsi negli interessi del commercio sempre piu, rigoglioso e nell'odio contro le pretese di una famiglia magnatizia che al commercio doveva essere particolarmente molesta con i suoi domini lungo L'Arno perche' anche piu' a valle di Gangalandi alla Gonfolina , dove lo stretto passo del fiume ne rendeva facile il dominio, essi erano diventati proprietari di terre e castella. Sembra anzi che col conflitto per Monte Gualandi s'intrecciassero alcune per l'eredita' di questi possessi , che gia' avevano appartenuto all'arcidiacono Bernardo figlio di Bernardo, nipote di quel conte Adimaro sopra ricordato. Morto ancor giovane l'arcidiacono , la famiglia dei"Filli Adimari" (cosi essa era chiamata ) si era impadronita dell'eredita' di lui , mentre la canonica accampava pretese sulle terre lasciate dal suo arcidiacono , e le ebbe infatti molto piu' tardi in seguito ad un accomodamento ( Forschungen pag 81 )

Ma il pretesto effettivo per la guerra contro gli Adimari l'offriva il Capitolo del Duomo con le sue lagnanze per l'appropriazione indebita dei beni e delle decime delle chiese di San Martino e di San Michele in Gangalandi , dipendenti dalla parrocchia di San Lorenzo in Signa , che era a sua volta da un secolo e mezzo proprieta' della canonica fiorentina. Ora la cittadinanza all'improvviso facendo , degli interessi e delle lagnanze dei canonici causa propria , assali' Monte Gualandi e distrusse il castello ; e fu distruzione cosi completa cosi completa che non rimase nemmeno traccia delle rovine. Ma la guerra o almeno la contesa con gli Adimari deve esser durata ancora alcuni mesi , perche' soltanto nell'anno successivo ( 1108 ) si venne ad un accordo. Alla cittadinanza doveva bastare di raso a terra il castello e di aver saputo mostrare forza abbastanza da poterne impedire all'occorrenza la ricostruzione e punire eventuali future angherie . Percio' stette paga all'abolizione delle imposte ecclesiastiche, e su questo punto avvenne un accordo grazie ai buoni uffici del vescovo Ranieri , dell'arcidiacono Pietro e di alcuni nobili del territorio , fra i quali un membro della famiglia Ubaldini , e con l'intervento del vice conte del vicino castello di Carmignano , che probabilmente era li a rappresentare il suo signore , il vescovo di Pistoia , alleato dei fiorentini contro Prato e gli Alberti. Questi conti gia' tanto potenti , ora si esprimono in termini cosi umili e contriti che solo una dolorosa sconfitta e un profondo avvilimento possono spiegare .<<Con voce di lamento >> (Forschungen pg 80 ) riconoscono i loro peccati ; e richiamandosi alla legge di Giustiniano (ecco anche qui un raggio della rinascita del diritto romano nella lotta fra le cittadinanze e la potenza feudale ), convengono che a nessuno e' lecito stornare i beni della Chiesa a fini privati . Chi cosi fa e' malversatore della Chiesa , ed essi <<spaventati da simili considerazioni , convertiti alla ragione e alla pieta'>> restituiscono le decime trattenute dai loro progenitori , assicurano di non voler piu' commettere abusi e di rinunziare alle imposte con le quali fino allora avevano opppresso quelle chiese.

Riordinata l'amministrazione delle chiese , furono ad esse restituite le terre e le case , soprattutto quelle sulla riva dell'Arno , comprese nel distretto stesso del castello atterrato , il che aveva una grande importanza non solo religiosa ma politica . La proprieta' di quelle case infatti , assicurata cosi ai canonici che stavano sotto l'influenza della cittadinanza , significava sicurezza per la navigazione sull'Arno e per il commercio del porto vicino. Agli Adimari rimase soltanto il diritto di patronato sulle chiese senza la possibilita' degli abusi ai quali fino allora esso aveva dato luogo.

Ma nonostante la sommissione cui per allora erano stati costretti, essi speravano forse che questo diritto avrebbe offerto loro un pretesto per ricostruire in tempi piu' propizi il castello atterrato ,e riacquistare di lassu' la loro dispotica signoria sulla navigazione fluviale. Vana speranza !

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Come fa il Davidsohn a dire : …………………..la famiglia dei Filii Adimari" (cosi essa era chiamata ) ???

 

 

Stalhl

Adel und volk im Florentiner dugento Koln 1965, p. 29)

lo Stalhl, tende a qualificarli come discendenti dalla più genuina nobiltà feudale e appartenenti alla medesima schiatta dei conti Alberti

 

TIZIANA LAZZARI

 

Non solo la ripetuta coincidenza onomastica ma anche significative prossimità di competenze territoriali e patrimoniali fra le varie famiglie signorili della collina e della montagna bolognese hanno indotto alcuni storici del passato a formulare l'ipotesi, per altro ampiamente contestata , di una derivazione comune di queste casate dal ceppo dei 'conti di Bologna '11

Tale teoria farebbe discendere dalla famiglia dei ' conti di Bologna ' sia i conti di Panico che gli Alberti, tutti definiti dal Casini autore di un attento studio sul territorio bolognese nel Medioevo " Albertenghi " ". Già lo stesso Repetti nell'appendice del suo " Dizionario Geografico Storico della Toscana " ipotizzava la discendenza degli Albertí, dei conti di Panico e degli Adimari di Firenze dalla famiglia dei conti di Bologna ". Le ricostruzioni genealogiche che uniscono attraverso i secoli rami di famiglie diverse attribuendo loro un unico capostipite vengono spesso accusate di fare " quadrare i conti " con fantasiose integrazioní. Tuttavia, l'ampia erudizione di storici come il Repetti rende degne di attenzione anche certe ricostruzioni a prima vista immaginose: seppure non rigorosamente documentate esse dimostrano comunque una forte verosimiglianza. E' opportuno infatti, nella ricostruzione moderna delle genealogie, prestare attenzione agli ambiti d'azione politica e patrimoniale dei personaggi di cui ci si occupa: se, infatti, i nessi parentali possono sfuggire a causa di una documentazione scarsa e discontinua, più facile è inserire le persone all'interno di reti di relazioni politiche e patrimoniali; la ricostruzione di queste reti è in realtà il fine della ricerca genealogicofamiliare ".

 

Note :

La derivazione dei conti Alberti dalla misteriosa famiglia cornitale bolognese rientra fra questa serie di ipotesi, che un'attenta verifica, se non riesce ad accertare in modo univoco, non riesce neppure a confutare in quanto è supportata da molteplici prove indiziarie.

Nega alcuna parentela degli Alberti con i Conti di Bologna Palmieri, La montagna cit., p. 53; l'autore ammette invece la derivazione dalla famiglia bolognese dei Conti di Panico: ibid., p. 49; simile opinione aveva già espresso in precedenza: cfr. Palmieri, Feudatari cit., p. 292; non riconosce legami di parentela fra gli Alberti, i Panico e i Conti di Bologna Vicinelli, La famiglia cit., pp. 166-169.

La teoria, formulata da E. Repetti, Supplemento al dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, VI, Firenze 1846, pp. 11-13 e 25-33, venne poi ripresa da Gualandi, Le origini cit., alle pp. 324-333 e, in seguito da Casini, Il territorio cit., p. 17 ss.; si è occupata recentemente dei conti di Panico P. Foschi, La famiglia dei conti di Panico, una signoria feudale fra Toscana ed Emilia, "Bollettino Storico Pistoiese", anno XCV, ser. 111, 28 (1993), pp. 3-22.

Casini, Il territorio cit., p. 12.

Repetti, Supplemento cit., pp. 11-13 e 25-33.

 

 

Tarassi

Sembra sostenere l'opinione del Davidsohn in "Ghibellini, Guelfi e Popolo Grasso "

 

 

Fiumi Enrico

Scrive in " Fioritura e decadenza dell'economia fiorentina ":

Anche gli Adimari << e bene che sieno oggi (1300) il maggior lignaggio di quello sesto e di Firenze, non furono pero' in quelli tempi dei piu' antichi>> Villani Cronica IV 11, il cui giudizio collimerebbe con il verso dantesco <<L'oltracotata schiatta che s'indraca……Gia' venia su' ma di piccola gente>>(Paradiso XVI 115-118 )

come abbiamo abbastanza diffusamente esposto , l'attribuzione a questa famiglia di antichi titoli feudali e' del tutto infondata. Gli Adimari ebbero una grande casa mercantile e bancaria , della quale sono ultime manifestazioni le operazioni genovesi del secolo XIII (cfr nota 56 c Davidsohn Forschungen III num 126 , 421 )

sulla meta' del XIII secolo alcuni Adimari conducevano ancora una casa di commercio in Genova (Davidsohn Geschichte von Florenz Berlin 1925 IV , 2, p 44 ) Ferretto Codice diplomatico delle relazioni tra Liguria ela Toscana e la Lunigiana ai tempi di Dante Roma 1901 II pg 186 e 250 ) ,acquistarono grandissime proprieta' terriere ,divenendo nel corso del duecento una delle famiglie piu' potenti di Firenze (Delizie degli eruditi toscani tomo VII pag 254 e seg. Il libro di Montaperti di Paoli CesareFirenze 1889 pg 5,126,153,183,cfr note 39 e 40 )

 

A mio parere il Fiumi esprime un opinione, non suffragata da nessuna prova , resta che erano molto quasi troppo ricchi e di mentalita' feudale

 

Benvenuto da Imola fu il primo ad individuare nel verso dantesco "oltracottata schiatta" gli Adimari e questa divenne tradizionale interpretazione (Fiumi )

Nella "Enciclopedia dantesca " di G.A. Scartazzini Milano 1896 pagina 30 : Lord Vernon contesta l'individuazione di Benvenuto da Imola (Fiumi)

Il Fiumi contesta :

Il Repetti che fa risalire gli Adimari dal conte Adimaro

Davidsohn che accomuna gli Adimari ai signori del Castello di Gangalandi

Scipione Ammirato il giovane (Vescovi di Fiesole , di Volterra e di Arezzo. Firenze 1637 pagina 99 ) che attribuisce agli Adimari il vescovo di Volterra Adimaro o Oldamaro , che compare negli anni intorno al 1139 (Regestum Volaterranum von Schneider Roma 1907 num 165 )

La cronaca degli Adimari scritta da Bernardo Adimari in Delizie degli eruditi toscani tomo XI

Dice infine :

anche l'appellativo Adimari alla pieve di San Gavino Adimari deriva da un Alberti o da un Ubaldini

 (questa affermazione e' difficile da capire ,sta contestando una affermazione con una prova incerta ? cosa vuol dire o un Alberti o un Ubaldini ? qual'e' la prova che apre ad un ulteriore dubbio ?

 

 

Boglione Alessandro

Signorie di castello nel contado fiorentino: i da Cintoia di Val d'Ema

territorio di Cintoia, di strade di valico, fra il Grevigiano e il Valdarno, attraverso le propaggini settentrionali dei Monti del Chianti, si ricavano dalla menzione di un ospizio in documenti dell'XI secolo, indicato come---Spiltalini-e "Spiltellina" (Spedalino) nel pressi di Lucolena, sul crinale, ma anche dalla toponomastica attuale, come Casa Spedale ai piedi del castello di Cintoia. Dentro lo stesso castello, i resti di un ricovero per i viandanti sono probabilmente quelli segnati da una croce di tipo gerosolimitano scolpita in una bozza di pietra dell'edificio (Stopani, 1985, pp. 63-78).

Dopo tante congetture che indurrebbero, sia pure senza averne la certezza assoluta, a collocare l'origine del l'insediamento di Cintoia nella tarda età longobarda o ai primordi di quella carolingia - VIII/ IX secolo - vediamo di procedere ora su un terreno più solido, cominciando col dire che il toponimo compare per la prima volta in una pergamena dell'archivio monastico di Passignano dell'ottobre 989 con riferimento al plebato di S. Pietro a Cintoia (non al castello) per localizzare un appezzamento di terreno. Altre analoghe menzioni ricorrono in contratti della stessa provenienza, datati dei primi anni del Mille, fra i quali uno dell'aprile 1008 in cui i beni ceduti si dicono collocati nella località chiamata "Castello" entro il menzionato piviere; e questa potrebbe essere la più antica allusione al castello di Cintoia, il quale compare in maniera che non dà luogo a dubbi in uno strumento notarile del gennaio 1040 stipulato "nel luogo di Cintoia, dentro il castello" (Montescalari, n. 2). E' questo il primo di una serie di oltre cento documenti nei quali è contenuta la storia dei signori di quel castello e che provengono per la gran parte dal fondo archivistico della già ricordata abbazia vallombrosana di Montescalari, situata "sul vertice di una diramazione dell'Appennino che stendesi per le gole del Ponte a Rignano, ed è quasi scala fra il Val d'Arno superiore e il Val d'Arno fiorentino dal lato del fiume Greve" (Repetti, 1, p. 18). Ed è proprio in conseguenza dei rapporti stabilitisi fra l'Abbazia ed i signori, ora mediante atti di devozione, con l'offerta di beni per la salvezza del'anima dei donatori e dei loro congiunti, ora attraverso operazioni di contenuto economico (compre-vendite, affitti, prestiti su pegno) che i signori del castello di Cintoia emergono dalle ombre del passato, tanto da consentirci di ricostruirne la genealogia (di cui si devono peraltro ammettere in partenza lacune e imprecisioni) e di compiere, per quanto possibile, un'indagine sulle vicende in cui essi furono direttamente o indirettamente coinvolti, un'indagine che fra l'altro, non ha alcun precedente.

Secondo il Repetti, la famiglia si identificherebbe con una ben nota casata magnatizia fiorentina, gli Adimari, discesi da un Bernardo detto Bensi, i quali avrebbero avuto signoria su Cintoia sin dal secolo X (Repetti, 1, p. 758). Questo Bernardo è rammentato, è vero, nell'atto del 1040 di cui sopra come padre di uno dei contraenti, cioè di Ranieri "figlio della felice memoria di Bernardo che fu chiamato Benzio", ma l'autore del Dizionario non giustifica in alcun modo la proposta agnazione, tanto da far sorgere il sospetto che si abbia a che fare con una manipolazione di qualche genealogista compiacente e di pochi scrupoli allo scopo di riscattare, coll'attribuirle una signoria di castello, quella che Dante (Paradiso, XVI, v. 118) aveva bollato come la tracotante schiatta "che venia su, ma di piccola gente". All'equivoco, se involontario, potrebbe aver dato spunto la circostanza che nelle carte di Montescalari gli Adimari sono menzionati nel 1117 quando una Ermellina, figlia di Ranieri "Bensi" -(verosimilmente il personaggio che compare nel più volte ricordato atto del 1040), vedova.di Pagano "figlio di Cosa" , vendette insieme al figlio Giovanni detto Adimaro un appezzamento di terreno alla Badia di Montescalari (S. Vigilio, 1116 gennaio). Lo stesso figliolo di Ermellina, dato come Adimaro dei "nipoti di Cosa" donde il nome di una famiglia fiorentina, i Cosi, fondatori della chiesa di S. Maria Nepotecosa, nell'antico, demolito centro della città -compare due anni dopo quale testimone in un altro contratto relativo a certi beni nel plebato di Cintoia, nei quali era interessato il suddetto monastero. Gli Adimari e i"nipoti di Cosa" erano consanguinei, afferma Giovanni Villani (libro V, cap. 11) ma né gli uni né gli altri avevano a che vedere con i nostri castellani, ai quali non allude neppure un Alessandro di Bernardo Adimari, autore agli inizi del Seicento di una storia della sua famiglia (Delizie, 1770-1789, vol. XI, pp. 219-268). Egli afferma, fra l'altro, che gli Adimari per antica tradizione erano oriundi della Francia; ma che giungessero in Italia al seguito di Carlo Magno, il quale li avrebbe insediati nell'alto bacino dell'Ema, resta da provare...

E' attendibile invero l'ipotesi che i da Cintoia appartenessero a stirpe franca, come lo era del resto una parte notevole delle stirpi feudali della Toscana (Davidsohn, 1, p. 451). A confermarlo sarebbe la frequenza fra essi di nomi franchi o longobardi ma modificati secondo la fonetica franca ( Conti 1965 pg 153 ) Sembra comunque da escludere che fossero di origine longobarda perche' non esiste alcun atto notarile in cui dichiarano di conformarsi alla legge di tale nazione

 

 Vorrei evidenziare

............ nelle carte di Montescalari gli Adimari sono menzionati nel 1117 quando una Ermellina, figlia di Ranieri "Bensi" -(verosimilmente il personaggio che compare nel più volte ricordato atto del 1040), vedova.di Pagano "figlio di Cosa" , vendette insieme al figlio Giovanni detto Adimaro un appezzamento di terreno alla Badia di Montescalari (S. Vigilio, 1116 gennaio). Lo stesso figliolo di Ermellina, dato come Adimaro dei "nipoti di Cosa" donde il nome di una famiglia fiorentina, i Cosi, fondatori della chiesa di S. Maria Nepotecosa, nell'antico, demolito centro della città -compare due anni dopo quale testimone in un altro contratto relativo a certi beni nel plebato di Cintoia, nei quali era interessato il suddetto monastero. Gli Adimari e i"nipoti di Cosa" erano consanguinei, afferma Giovanni Villani (libro V, cap. 11)

 

 

Da questo estratto emerge abbastanza circonstanziata la figura di Giovanni detto Adimaro nipote di Cosa

 

 

Nuova cronica di Giovanni Villani

Dice degli Adimari

……………..e il legnaggio degli Adimari i quali furono stratti di casa i Cosi, che oggi abitano in Porta Rossa, e Santa Maria Nipotecosa feciono eglino; e bene che sieno oggi il maggiore legnaggio di quello sesto e di Firenze, non furono però in quelli tempi de' più antichi.

 

 La tradizione fiorentina (G.Villani, Nuova Cronica cit., Libro V, cap. XI, 20 - 21) ha sempre identificato il gruppo familiare dei Nepotecose, fondatori della demolita chiesa di Santa Maria (che si trovava lungo l’attuale via Calzaioli), come un ramo degli Adimari.

 

 Malispini Ricordano Storia fiorentina

 

………………. I Cosi furono antichi , e feciono santa Maria Nipoticosa che e' nella via degli Adimari e, furono colloro consorti di ceppo anticamente

………………..In porta rossa si puosono i Cosi consorti ab antico degli Adimari di linea mascolina , e feciono fare santa Maria Nipotecosa che ancora oggi ritiene il nome

------------------- Poi a ritornare verso mercato vecchio si puosono gli Adimari

(Delle torri )……………. piu' oltre e inverso porta rossa n'aueano i Cosi ………… in porta san Piero gli Adimari

 

 

 

 

 Dalla tesi di laurea del dr Faini " Il ceto dirigente fiorentino in eta' protocomunale (fine XI-inizio XIII secolo)

tesi dell'universita' di Firenze (anno 2000)

 

Emanuele Repetti credette di individuare nel conte Adimaro figlio del marchese Bonifacio, duca di Spoleto, citato come defunto in una carta del 1046 ,( San Miniato, 1046 novembre 22, n. 24: Bernardo figlio del fu conte Adimaro refuta alla chiesa di San Pietro a Ema certi suoi beni in Val d’Ema.) l’antenato eponimo degli Adimari fiorentini. ( Repetti, Appendice, pp. 25 - 30 ) Per questa via gli Adimari sarebbero stati imparentati con i conti Alberti, discesi da Teobaldo, fratello del conte menzionato. Sulla scorta del Repetti, Robert Davidsohn riconobbe, a nostro avviso giustamente, i discendenti di quel conte Adimaro in un gruppo familiare - molto influente nell’ambito della canonica di San Giovanni - che, agli inizi del secolo XII, era entrato in conflitto con la città per via del possesso di Gangalandi, castello chiave per il controllo della navigazione sull’Arno. (Storia, pp. 536 - 537 e Forschungen, p. 81. ) Anche Davidsohn, vittima probabilmente della suggestione dei nomi, finì per identificare questi aristocratici comitatini con gli antenati della famiglia fiorentina. Si tratta invece, a nostro parere, di due lignaggi distinti. Del primo, quello già identificato dal Repetti e dal Davidsohn, non conserviamo notizie successive al 1124.( Canonica, 1124 marzo 9, n. 168.) Del secondo invece possiamo ricostruire una genealogia ininterrotta e sufficientemente affidabile a partire dall’ultimo trentennio dell’XI secolo. Non pare vi siano contatti di natura agnatizia tra le due genealogie, ma un qualche altro tipo di relazione, stante l’impressionante corrispondenza onomastica tra i due lignaggi, è probabile che ci sia stata davvero.

 

Nella tesi il dr Faini propende per l'origine cittadina degli Adimari , un origine legata a Giovanni detto Adimaro Nepotecosa

Gli studi del dr Faini sono fortemente documentati

 

 

 

 

Io mi sono convinto ad una conclusione completamente opposta , pur avendo ancora molti dubbi

Ritengo,comunque , di aver introdotto nel vuoto documentario ,nella zona d'incertezza Lutterio che non era prima di adesso individuato come un Adimari

E ritengo che Lutterio possa essere un tassello importante nella ricerca delle origine degli Adimari

 

 

 

 

 

Note di fondo pagina

 

 

Santa Maria Nepotecosa

Ricordata per la prima volta nei documenti il 3 aprile 1286 ( Lami Monumenta II 1135 ) Ma come risulta dal nome , risale al XII secolo probabilmente costruita da Ademaro Nepos Cose ( 7 gennaio 1105 ; Vallombrosa con segnatura 13 gennaio ) il quale appare in documento del 1105 e 11 marzo 1127 (Lami Monumenta II 1016 )

 

 Anche per quanto riguarda la chiesa di Santa Maria Nepotecosa le opinioni sono diverse

Chi attribuisce l'origine del nome ad Adimaro Nepotecosa

Chi parla di una storpiatura di un termine bizantino che significava "partoriente" per cui doveva intendersi Santa Maria partoriente

 

 

 

 Nota bene Davidsohn sa perfettamente dell'esistenza di Adimaro Nepotecosa

Quello che e' da notare che comunque le cronache distinguono tra gli Adimari e i Cosi cioe Adimari e Cosi non erano gli stessi

 

Casali Giovanna

Parla di San Cassiano a Montescalari

………Molte furono le donazioni sia di strutture religiose che di terre , al tempo del suo primo abate Eppo ,uomo carismatico saggio e potente, che visse in odore di santita' , tanto che in breve l'abbazia ebbe notevoli proprieta' terriere .

Questo Eppo fu nominato abate dopo trenta trentacinque anni dalla fondazione del monastero, prima retto da un vicario sotto la personale direzione di Giovanni Gualberto

MIA NOTA

In un atto del 1046 compare un certo Eppo figlio del conte Adimaro

Ecco un possibile (ma non certo collegamento tra Adimari del conte e i da Cintoia )

 

 

 

 

 

 

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  ing. Pierluigi Carnesecchi La Spezia anno 2003