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Le lotte tra l'aristocrazia cittadina avevano probabilmente un' origine che affondava nel XII secolo

Lotte che avevano avuto origine per il controllo della citta'

Mentre l'aristocrazia cittadina si batteva , il popolo degli Artigiani e dei Mercanti si organizzava in forme associazionistiche

Queste forme associazionistiche avevano una valenza lavorativa ma anche politica e militare e lentamente si metteva in competizione con l'aristocrazia per il controllo della citta'

Fondamentali sulla storia cittadina sono le spinte provenienti dall'esterno : il Papa e l'Imperatore

Quando la pressione di queste forze supera una certa soglia l'aristocrazia guelfa o ghibellina prevale l'una sull'altra e inoltre prevale sul popolo

Quando la pressione esterna rimane sotto una certa soglia le organizzazioni popolari tendono a prevalere

 

 Seguiamo con Matteo Villani e la sua Cronica gli avvenimenti

 

Delle case e de' nobili che divennero Guelfi e Ghibellini in Firenze.

 

Per la detta divisione questi furono i legnaggi de' nobili che a quello tempo furono e divennoro Guelfi in Firenze, contando a sesto a sesto, e simile i Ghibellini. Nel sesto d'Oltrarno furono Guelfi i Nerli gentiluomini, tutto fossero prima abitanti in Mercato vecchio, la casa de' Giacoppi detti Rossi, non però di grande progenia d'antichità, e già cominciavano a venire possenti i Frescobaldi, i Bardi, e' Mozzi, ma di piccolo cominciamento; Ghibellini nel sesto d'Oltrarno, de' nobili, i conti da Gangalandi, Obbriachi, e' Mannelli. Nel sesto di San Piero Scheraggio, i nobili che furono Guelfi, la casa de' Pulci, i Gherardini, i Foraboschi, i Bagnesi, i Guidalotti, i Sacchetti, e' Manieri, e quegli da Quona consorti di quegli da Volognano, i Lucardesi, i Chiermontesi, e' Compiobesi, i Cavalcanti; ma di poco tempo erano stratti di mercatanti. Nel detto sesto furono i Ghibellini la casa degli Uberti, che ne fu capo di parte, i Fifanti, gl'Infangati, e Amidei, e quegli da Volognano, e' Malespini, con tutto che poi per gli oltraggi degli Uberti loro vicini eglino e più altri legnaggi di San Piero Scheraggio si feciono Guelfi. Nel sesto di Borgo furono Guelfi la casa de' Bondelmonti, e furonne capo, la casa de' Giandonati, i Gianfigliazzi, la casa degli Scali, la casa de' Gualterotti, e quella degl'Importuni; i Ghibellini del detto sesto, la casa degli Scolari, che furono di ceppo consorti de' Bondelmonti, la casa de' Iudi, quella de' Galli, e' Cappiardi. Nel sesto di San Brancazio furono Guelfi i Bostichi, i Tornaquinci, i Vecchietti; i Ghibellini del detto sesto furono i Lamberti, i Soldanieri, i Cipriani, i Toschi, e gli Amieri, e Palermini, e Megliorelli, e Pigli, con tutto che poi parte di loro si fecioro Guelfi. Nel sesto di porte del Duomo furono in quegli tempi di parte guelfa i Tosinghi, gli Arrigucci, gli Agli, i Sizii; i Ghibellini del detto sesto, i Barucci, i cattani da Castiglione e da Cersino, gli Agolanti, i Brunelleschi; e poi si feciono Guelfi parte di loro. Nel sesto di porte San Piero furono dei nobili Guelfi gli Adimari ,i Visdomini ,i Donati , i Pazzi , quei della Bella , gli Ardinghi ,e' Tedaldi detti que' della Vitella; e già i Cerchi cominciavano a·ssalire in istato, tutto fossono mercatanti. I Ghibellini del detto sesto, i Caponsacchi, i Lisei, gli Abati, i Tedaldini, i Giuochi, i Galigari; e molte altre schiatte d'orrevoli cittadini e popolani tennero l'uno coll'una parte e l'altro coll'altra, e si mutaro per gli tempi d'animo e di parte, che sarebbe troppa lunga matera a raccontare. E per la detta cagione si cominciaro di prima le maladette parti in Firenze; con tutto che di prima assai occultamente, pure era parte tra' cittadini nobili, che chi amava la signoria della Chiesa e chi quella dello 'mperio, ma però inn-istato e bene del Comune tutti erano in concordia.

 

Lotte contro i ghibellini

 

Sanzanome è l’unico autentico storico fi orentino anteriore al Trecento. I suoi Gesta Florentinorum (Gesta Florentinorum di Sanzanome, MILANESI, G., a cura di, in Cronache dei secoli

XIII e XIV, Firenze 1876, 117-154: 120. Hartwig: SANZANOMIS , Gesta Florentinorum, in HARTWIG, Quellen und Forschungen zur ätestern Geschichte der Stadt Florenz, Marburg 1875, cit., I, pp. 1-34

non appunti frettolosi, ma una vera opera di storiografia all’antica, con un’iniziale dichiarazione di intenti e occasionali accenni alle fonti - furono stesi, probabilmente, nei primi anni Trenta del secolo XIII, prima, quindi, della stagione di discordie rammentata anche dall’annalista. Non sorprende, pertanto, ritrovare quel senso di unanimismo civico che caratterizzava le note degli Annales Florentini (Editi in HARTWIG, O., Quellen und Forschungen zur ätestern Geschichte der Stadt Florenz, Marburg 1875, II, pp. 40-2. )

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Anno 1242 gli adimari conquistano le torri dei ghibellini Bonfanti

Anche in seguito l’anonimo compilatore degli Annales mostra di non cogliere alcun cambiamento nelle lotte interne all’aristocrazia; almenofi no al 1238 è tutto un susseguirsi di imprese gloriose e, quel che più conta, concordi: 1226 "Florentini ceperunt Camolliam…"; 1228 "Florentini iverunt super Pistorium"; 1230 "Florentini iverunt Senas"; 1232 "Florentini fregerunt

Pisanos", e così via. Poi, nel 1238: "fi lii Johannis Donati ceperunt turrem fi liorum Fantis", Giandonati contro Fifanti: i Fiorentini cominciavano a levare la spada contro i compatrioti. Da questo momento in poi gli accenni alla guerra di fazione sono regolarmente presenti nelle note dell’anonimo annalista: 1239 "Guelfi fuerunt victi apud Castagnuolum […] Eodem anno facta est pax inter

fi lios Donati et fi lios Tedaldini et inter burgenses et fi lios Pazzi et inter fi lios Uberti et fi lios Uguiccionis"; 1241 "Filii Giandonati abuerunt discordiam cum Ugone Ugolini de Laterino potestate"; 1242 " Filii Adimari ceperunt turrem et domum fi liorum Bonfantis".

 

brani tratti da : Enrico Faini Il convito del 1216. La vendetta all’origine del fazionalismo fiorentino

 

 

 Podesteria fiorentina di Federico d'Antiochia ( 1246--1250 )

 

Primo esilio da Firenze dei Guelfi :Come di prima fu cacciata la parte guelfa di Firenze per gli Ghibellini e la forza di Federigo imperadore.

Ne' detti tempi, essendo Federigo in Lombardia, e essendo disposto del titolo dello imperio per papa Innocenzio, come detto avemo, in quanto potéo si mise a distruggere in Toscana e in Lombardia i fedeli di santa Chiesa in tutte le città ov'ebbe podere. E prima cominciò a volere stadichi di tutte le città di Toscana, e tolse de' Ghibellini e de' Guelfi, e mandogli a Sa·Miniato del Tedesco; ma ciò fatto, fece lasciare i Ghibellini e ritenere i Guelfi, i quali poi abandonati, come poveri pregioni, di limosine in Samminiato stettono lungo tempo. E imperciò che la nostra città di Firenze in quelli tempi nonn-era delle meno notabili e poderose d'Italia, sì volle in quella spandere il suo veleno e fare partorire le maladette parti guelfa e ghibellina, che più tempo dinanzi erano incominciate per la morte di messer Bondelmonte, e prima, sì come adietro facemmo menzione. Ma bene che poi fossono le dette parti tra' nobili di Firenze, e spesso si guerreggiassono tra loro di propie nimistadi, e erano in setta per le dette parti e si teneano insieme, e quegli che si chiamavano Guelfi amavano lo stato del papa e di santa Chiesa, e quegli che si chiamavano Ghibellini amavano e favoravano lo 'mperadore e suoi seguaci, ma però il popolo e Comune di Firenze si mantenea in unitade, a bene e onore e stato della repubblica. Ma il detto imperadore mandando sodducendo per suoi ambasciadori e lettere quegli della casa delli Uberti ch'erano caporali di sua parte, e loro seguaci che si chiamavano Ghibellini, ch'elli cacciassono della cittade i loro nemici che si chiamavano Guelfi, profferendo loro aiuto de' suoi cavalieri; sì fece a' detti cominciare dissensione e battaglia cittadina in Firenze, onde la città si cominciò a scominare, e a·ppartirsi i nobili e tutto il popolo, e chi tenea dall'una parte, e chi dall'altra; e in più patti della città si combattero più tempo. Intra gli altri luoghi, il principale era per gli Uberti alle loro case, ch'erano ov'è oggi il gran palagio del popolo: si raunavano co' loro seguaci, e combattiesi, co' Guelfi del sesto di San Piero Scheraggio, ond'erano capo quegli dal Bagno, detti Bagnesi, e' Pulci, e' Guidalotti, e tutti i seguaci di parte guelfa di quello sesto; e ancora gli Guelfi d'Oltrarno su per le pescaie passando, gli venieno a soccorrere quando erano combattuti dagli Uberti. L'altra puntaglia era in porte San Piero, ond'erano capo de' Ghibellini i Tedaldini, perch'aveano più forti casamenti di palagi e torri, e co·lloro teneano Caponsacchi, Lisei , Giuochi, e Abati, e Galigari, e erano le battaglie con quegli della casa de' Donati, e con Visdomini, e Pazzi, e Adimari. E l'altra puntaglia era in porte del Duomo a la torre di messer Lancia de' cattani da Castiglione, e da Cersino, ond'erano capo de' Ghibellini con Agolanti e Bruneleschi, e molti popolari di loro parte, contra i Tosinghi, Agli, e Arrigucci. E l'altra punga e battaglia era in San Brancazio, ond'erano capo per gli Ghibellini i Lamberti, e Toschi, Amieri, Cipriani, e Megliorelli, e con molto seguito di popolo, contra i Tornaquinci, e Vecchietti, e Pigli, tutto che parte de' Pigli erano Ghibellini. E' Ghibellini faceano capo in San Brancazio a la torre dello Scarafaggio de' Soldanieri; e di quella venne a messer Rustico Marignolli, ch'avea la 'nsegna de' Guelfi, cioè il campo bianco e 'l giglio vermiglio, uno quadrello nel viso, ond'egli morìo; e il dì che' Guelfi furono cacciati, e innanzi che si partissono, armati il vennono a soppellire a San Lorenzo; e partiti i Guelfi, i calonaci di San Lorenzo tramutaro il corpo, acciò che' Ghibellini nol disotterrassono e facessone strazio, però ch'era uno grande caporale di parte guelfa. E l'altra forza de' Ghibellini era in Borgo, ond'erano capo gli Scolari, e Soldanieri, e Guidi, contra i Bondelmonti, Giandonati, Bostichi, e Cavalcanti, Scali, e Gianfigliazzi. Oltrarno erano tra gli Ubbriachi e' Mannelli (e altri nobili di rinnomo non n'avea, se none di case de' popolari), incontro a' Rossi e' Nerli. Avenne che·lle dette battaglie duraro più tempo, combattendosi a' serragli, overo isbarre, da una vicinanza ad altra, e alle torri l'una a l'altra (che molte n'avea in Firenze in quegli tempi, e alte da C braccia in suso); e con manganelle, e altri difici si combatteano insieme di dì e di notte. In questo contasto e battaglie Federigo imperadore mandò a Firenze lo re Federigo suo figliuolo bastardo, con XVIc di cavalieri di sua gente tedesca. Sentendo i Ghibellini ch'egli erano presso a Firenze, presono vigore, e con più forza e ardire pugnando contra i Guelfi, i quali nonn-aveano altro aiuto, né attendeano nullo soccorso, perché la Chiesa era a Leone sopra Rodano oltremonti, e la forza di Federigo era troppo grande in tutte parti in Italia. E in questo usarono i Ghibellini una maestria di guerra, che a casa gli Uberti si raunava il più della forza de' detti Ghibellini, e cominciandosi le battaglie ne' sopradetti luoghi, sì andavano tutti insieme a contastare i Guelfi, e per questo modo gli vinsono quasi in ogni parte della città, salvo nella loro vicinanza contra il serraglio de' Guidalotti e Bagnesi, che più sostennono; e in quello luogo si ridussono i Guelfi, e tutta la forza de' Ghibellini contra loro. Alla fine veggendosi i Guelfi aspramente menare, e sentendo già la cavalleria di Federigo imperadore in Firenze, entrato già lo re Federigo con sua gente la domenica mattina, sì si tennero i Guelfi infino al mercolidì vegnente. Allora non potendo più resistere a la forza de' Ghibellini, si abandonarono la difenza, e partirsi della città la notte di santa Maria Candellara gli anni di Cristo MCCXLVIII. Cacciata la parte guelfa di Firenze, i nobili di quella parte si ridussono parte nel castello di Montevarchi in Valdarno, e parte nel castello di Capraia; e Pelago, e Ristonchio, e Magnale, infino a Cascia per gli Guelfi si tenne, e chiamossi la Lega; e in quelli faceano guerra a la cittade e al contado di Firenze. Altri popolani di quella parte si ridussono per lo contado a·lloro poderi e di loro amici. I Ghibellini che rimasono in Firenze signori colla forza e cavalleria di Federigo imperadore sì riformaro la cittade a·lloro guisa, e feciono disfare da XXXVI fortezze de' Guelfi, che palagi e grandi torri, intra le quali fu la più nobile quella de' Tosinghi in su Mercato Vecchio, chiamato il Palazzo, alto LXXXX braccia, fatto a colonnelli di marmo, e una torre con esso alta CXXX braccia. Ancora mostraro i Ghibellini maggiore empiezza, per cagione che i Guelfi faceano di loro molto capo a la chiesa di San Giovanni, e tutta la buona gente v'usava la domenica mattina, e faceansi i matrimoni. Quando vennero a disfare le torri de' Guelfi, intra l'altre una molto grande e bella ch'era in sulla piazza di San Giovanni a l'entrare del corso degli Adimari, e chiamavasi la torre del Guardamorto, però che anticamente tutta la buona gente che moria si soppelliva a San Giovanni, i Ghibellini faccendo tagliare dal piè la detta torre, sì·lla feciono puntellare per modo che, quando si mettesse il fuoco a' puntelli, cadesse in su la chiesa di Santo Giovanni; e così fu fatto. Ma come piacque a Dio, per reverenza e miracolo del beato Giovanni, la torre, ch'era alta CXX braccia, parve manifestamente, quando venne a cadere, ch'ella schifasse la santa chiesa, e rivolsesi, e cadde per lo diritto della piazza, onde tutti i Fiorentini si maravigliaro, e il popolo ne fu molto allegro. E nota che poi che·lla città di Firenze fu rifatta, non v'era disfatta casa niuna, e allora si cominciò la detta maladizione di disfarle per gli Ghibellini. E ordinaro che della gente dello 'mperadore ritennero VIIIc cavalieri tedeschi al loro soldo, onde fu capitano il conte Giordano. Avvenne che infra l'anno medesimo che' Guelfi furono cacciati di Firenze quegli ch'erano a Montevarchi furono assaliti da le masnade de' Tedeschi che stavano in guernigione nel castello di Gangareta nel mercatale del detto Montevarchi, e di poca gente fue aspra battaglia, infino nell'Arno, dagli usciti guelfi di Firenze a' detti Tedeschi; a la fine i Tedeschi furono sconfitti, e gran parte di loro furono tra morti e presi; e ciò fu dì..., gli anni di Cristo MCCXLVIII.

 

 

 

 

Governo del primo popolo 1250--1260

 

22 giugno 1251 lega dei fiorentini ghibellini con Siena, Pisa , Pistoia contro Firenze :

( conti Alberti da Certaldo , conti Alberti da Mangona , conti Guidi , Uberti , Lamberti , Caponsacchi , Brunelleschi , conti da Gangalandi , da Sommaia , Amidei , Ubriachi , Scolari , Migliorelli , Ponzetti , Gualterotti

 

29 settembre 1252 (ASSi diplomatico Riform . )

parte dei ghibellini fiorentini si riappacifica col Primo Popolo giurano e sottoscrivono un atto di riammissione in citta' Guido Novello dei conti Guidi ,un Pazzi , Farinata degli Uberti , un Lamberti , due Amidei ,un Brunelleschi ,un Ubriachi , un Mannelli , un Gualterotti

I governanti fiorentini valutarono piu' vantaggioso non dichiarare una guerra ad oltranza e correre il rischio di accettare in citta' dei possibili suscitatori di discordie

 

 

 

 

 

Battaglia di Montaperti 1260

Come gli usciti ghibellini di Firenze ordinaro d'ingannare e fare tradire il Comune e popolo di Firenze.

Li usciti di Firenze, per cui trattato e opera il re Manfredi avea mandato il conte Giordano con VIIIc cavalieri tedeschi, si pensarono ch'elli aveano fatto niente, se non attraessono i Fiorentini fuori a campo, imperciò che' sopradetti Tedeschi nonn-erano pagati per più di tre mesi, e già n'era passato più d'uno e mezzo colla loro venuta; né moneta nonn-aveano da più conducergli, né attendeano da Manfredi; e passando il tempo di loro soldo, sanza fare alcuna cosa si tornavano in Puglia, con grande pericolo di loro stato. Ragionaro che ciò non si potea fornire sanza maestria e inganno di guerra, la quale industria fu commessa in messer Farinata degli Uberti e messer Gherardo Ciccia de' Lamberti. Costoro sottilemente ordinarono due savi frati minori loro messaggi al popolo di Firenze, e innanzi gli acozzaro con VIIII de' più possenti di Siena, i quali infintamente feciono veduta a' detti frati come spiacea loro la signoria di messer Provenzano Salvani, ch'era il maggiore del popolo di Siena, e che volentieri darebbono la terra a' Fiorentini, avendo Xm fiorini d'oro, e che venissono con grande oste sotto cagione di fornire Monte Alcino, e andassono infino in sul fiume d'Arbia; e allora co la forza di loro e di loro seguaci darebbono a' Fiorentini la porta di Santo Vito, ch'è nella via d'Arezzo. I frati, sotto questo inganno e tradimento, vennero a Firenze con lettere e suggegli de' detti, e feciono capo agli anziani del popolo, e profersono che recavano gran cose per onore del popolo e Comune di Firenze; ma la cosa era sì sagreta, che si volea sotto saramento manifestare a pochi. Allora gli anziani elessono di loro lo Spedito di porte San Piero, uomo di grande opera e ardire, ed era de' principali guidatori del popolo, e co·llui messer Gianni Calcagni di Vacchereccia; e fatto il saramento in su l'altare, i frati discopersono il detto trattato, e mostrarono le dette lettere. I detti due anziani, che gli portava più volontà che fermezza, diedono fede al trattato, e incontanente si trovaro i detti Xm fiorini d'oro, e si misono in diposito, e raunarono consiglio di grandi e di popolo, e misono innanzi che di nicessità bisognava di fare oste a Siena per fornire Monte Alcino, maggiore che nonn-era stata quella di maggio passato a Santa Petornella. I nobili de le gran case guelfe di Firenze, e 'l conte Guido Guerra ch'era co·lloro, non sappiendo il falso trattato, e sapeano più di guerra che' popolani, conoscendo la nuova masnada de' Tedeschi ch'era venuta in Siena, e la mala vista che fece il popolo a Santa Petornella quando i cento Tedeschi gli asaliro, non parea loro la 'mpresa sanza grande pericolo. E ancora sentendo i cittadini variati d'animi, e male disposti a fare più oste, rendero savio consiglio, che per lo migliore l'oste non procedesse al presente per le ragioni di su dette, e ancora mostrando come per poco costo si potea fornire Monte Alcino, e prendeallo a fornire gli Orbitani, e assegnando come i detti Tedeschi non aveano paga per più di tre mesi, e già aveano servito mezzo il tempo, e lasciandogli stentare sanza fare oste, tosto sarebbono straccati e tornerebbonsi in Puglia, e' Sanesi e gli usciti di Firenze rimarrebbono in peggiore stato che di prima. E 'l dicitore fu per tutti messer Tegghiaio Aldobrandi degli Adimari, cavaliere savio e prode e di grande autoritade; e di largo consigliava il migliore. Il sopradetto Spedito anziano, uomo molto prosuntuoso, compiuto il suo consiglio, villanamente il riprese, dicendo si cercasse le brache, s'aveva paura. E messer Tegghiaio gli rispuose ch'al bisogno non ardirebbe di seguirlo nella battaglia colà ov'egli si metterebbe. E finite le dette parole, poi si levò messere Cece de' Gherardini per dire il simigliante ch'avea detto messer Tegghiaio: gli anziani gli comandaro che non dicesse, e era pena libbre C, chi aringasse contra il comandamento degli anziani. Il cavaliere le volle pagare per contradire la detta andata: non vollono gli anziani, anzi raddoppiarono la pena; ancora volle pagare, e così infino libbre CCC; e quando ancora volle dire e pagare, fu comandamento pena la testa; e così rimase. Ma per lo popolo superbo e traccurato si vinse il peggiore, che la detta oste presentemente e sanza indugio procedesse.

 

Libro di Montaperti 

 

 

 

Dopo Montaperti : secondo esilio dei guelfi

 

Come i Guelfi di Firenze dopo la detta sconfitta si partirono di Firenze, e andarsene a Lucca.

Venuta in Firenze la novella della dolorosa sconfitta, e tornando i miseri fuggiti di quella, si levò il pianto d'uomini e di femmine in Firenze sì grande, ch'andava infino a cielo; imperciò che non avea casa niuna in Firenze, piccola o grande, che non vi rimanesse uomo morto o preso; e di Lucca e del contado ve ne rimasono gran quantità, e degli Orbitani. Per la qual cosa i caporali de' Guelfi, nobili e popolari, ch'erano tornati dalla sconfitta, e quegli ch'erano in Firenze, isbigottiti e impauriti, e temendo degli usciti che venieno da Siena colle masnade tedesche; e' Ghibellini ribelli e confinati ch'erano fuori della cittade cominciarono a tornare nella terra; per la qual cosa i Guelfi, sanz'altro commiato o cacciamento, colle loro famiglie piagnendo uscirono di Firenze, e andarsene a Lucca, giuovedì a dì XIII di settembre, gli anni di Cristo MCCLX. Queste furono le principali case guelfe ch'uscirono di Firenze: del sesto d'Oltrarno, i Rossi, e' Nerli, e parte de' Mannelli, i Bardi, e' Mozzi, e' Frescobaldi; gli popolani del detto sesto case notabili, Canigiani, Magli, e Machiavelli, Belfredelli, e Orciolini, Aglioni, Rinucci, Barbadori, e Battimammi, e Soderini, e Malduri, e Amirati. Di San Piero Scheraggio, i nobili: Gherardini, Lucardesi, Cavalcanti, Bagnesi, Pulci, Guidalotti, Malispini, Foraboschi, Manieri, quelli da Quona, Sacchetti, Compiobbesi; i popolani: Magalotti, Mancini, Bucelli, e quelli della Vitella. Del sesto di Borgo, i nobili: i Bondelmonti, Scali, Spini, Gianfigliazzi, Giandonati, Bostichi, Altoviti, i Ciampali, Baldovinetti e altri. Del sesto di San Brancazio, i nobili: Tornaquinci, Vecchietti, e' Pigli parte di loro, Minerbetti, Becchenugi, e Bordoni e altri. Di porte del Duomo: i Tosinghi, Arrigucci, Agli, Sizii, Marignolli, e ser Brunetto Latini e' suoi, e più altri. Di porte San Piero: Adimari, Pazzi, Visdomini, e parte de' Donati; dal lato delli Scolari rimasono que' della Bella, i Carri, i Ghiberti, i Guidalotti di Balla, i Mazzocchi, gli Uccellini, Boccatonde; e oltre a questi molti confinati grandi e popolani per ciascuno sesto. E della partita molto furono da riprendere i Guelfi, imperciò che·lla città di Firenze era molto forte di mura e di fossi pieni d'acqua, e da poterla bene difendere e tenere; ma il giudicio di Dio per punire le peccata conviene che faccia suo corso sanza riparo; e a cui Idio vuole male gli toglie il senno e l'accorgimento. E partiti i Guelfi il giuovidì, la domenica vegnente a dì XVI di settembre, gli usciti di Firenze ch'erano stati a la battaglia a Monte Aperti, col conte Giordano e colle sue masnade de' Tedeschi, e cogli altri soldati de' Ghibellini di Toscana, arricchiti delle prede de' Fiorentini e degli altri Guelfi di Toscana, entrarono nella città di Firenze sanza contasto neuno. E incontanente feciono podestà di Firenze per lo re Manfredi Guido Novello de' conti Guidi dal dì a calen di gennaio vegnente a due anni; e tenea ragione nel palagio vecchio del popolo da San Pulinari, ed era la scala di fuori. E poco tempo appresso fece fare la porta Ghibellina, e aprire quella via di fuori, acciò che per quella via che risponde al palagio potesse avere entrata e uscita al bisogno, per mettere in Firenze i suoi fedeli di Casentino a guardia di lui e della terra; e perché si fece al tempo de' Ghibellini, la porta e la via ebbe sopranome Ghibellina. Questo conte Guido fece giurare tutti i cittadini che rimasono in Firenze la fedeltà del re Manfredi, e per patti promessi a' Sanesi fece disfare cinque castella del contado di Firenze ch'erano alle loro frontiere; e rimase in Firenze per capitano di guerra, e vicario generale per lo re Manfredi, il detto conte Giordano colle masnade de' tedeschi al soldo de' Fiorentini, i quali molto perseguitarono i Guelfi in più parti in Toscana, come innanzi faremo menzione; e tolsono tutti i loro beni, e disfeciono molti palagi e torri de' Guelfi, e misono in comune i loro beni. Il detto conte Giordano fu gentile uomo di Piemonte in Lombardia, e parente della madre del re Manfredi; e per la sua prodezza, e perch'era molto fedele di Manfredi, e di vita e di costumi così mondano com'egli, il fece conte e li diè terra in Puglia, e di piccolo stato il mise in grande signoria.

 

Come gli usciti guelfi di Firenze mandarono loro ambasciadori in Alamagna per sommuovere Curradino contra Manfredi.

 

In questi tempi veggendosi gli usciti guelfi di Firenze, e dell'altre terre di Toscana, esser così perseguiti da la forza di Manfredi e de' Ghibellini di Toscana, e veggendo che nullo signore si levava contra la forza di Manfredi, e eziandio la Chiesa avea piccolo podere contra·llui, sì·ssi pensarono di mandare loro ambasciadori nella Magna a sommuovere lo picciolo Curradino contro a Manfredi suo zio, che falsamente gli tenea il regno di Cicilia e di Puglia, profferendogli grande aiuto e favore. E così fu fatto, ché de' maggiori usciti di Firenze v'andarono per ambasciadori con quegli del Comune di Lucca; e per gli usciti guelfi di Firenze v'andò messer Bonaccorso Bellincioni degli Adimari e messer Simone Donati. E trovarono Curradino sì piccolo garzone, che la madre in nulla guisa acconsentìo di lasciarlo partire da sé, con tutto che di volere e d'animo era grande contro a Manfredi, e avealo per nimico e ribello di Curradino. E tornando i detti ambasciadori d'Alamagna, per insegna e arra della venuta di Curradino, si feciono donare la sua mantellina foderata di vaio, la quale recata a Lucca, grande festa ne fu fatta per gli Guelfi, e mostravasi in San Friano di Lucca com'una santuaria. Ma non sapeano il futuro distino i Guelfi di Toscana, come il detto Curradino dovea esser loro nemico.

 

 

 

messere Forese degli Adimari.

Come gli usciti guelfi di Firenze e gli altri usciti di Toscana cacciarono i Ghibellini di Modona, e poi di Reggio.

Venuti nella città di Bologna i miseri Guelfi cacciati di Firenze e di tutte le terre di Toscana, che niuna se ne tenea a parte guelfa, più tempo stettono in Bologna con grande soffratta e povertà, chi a soldo a piè, e chi a cavallo, e chi sanza soldo. Avenne in quegli tempi che quegli della città di Modona, la parte guelfa co' Ghibellini, vennono a disensione e battaglia cittadinesca tra·lloro, com'è usanza delle terre di Lombardia di raunarsi e di combattersi in su la piazza del Comune: più dì stettono afrontati l'uno contra l'altro sanza soprastare l'una parte l'altra. Avenne che' Guelfi mandarono per soccorso a Bologna, e spezialmente agli usciti guelfi di Firenze, i quali incontanente, come gente bisognosa e che per loro facie guerra, sì v'andarono a piè e a cavallo, come meglio ciascuno potéo. E giunti a Modona, per gli Guelfi fu data loro una porta, e messi dentro; e incontanente, venuti in su la piazza di Modona, come gente virtudiosa, e disposta ad arme e a guerra, si misono a la battaglia contro a' Ghibellini, i quali poco sostennero, che furono sconfitti, e morti, e cacciati della terra, e rubate le loro case, e beni; delle quali prede i detti usciti di Firenze guelfi e dell'altra Toscana molto ingrassaro, e si forniro di cavagli e d'arme, che n'aveano grande bisogno; e ciò fu gli anni di Cristo MCCLXIII. E stando in Modona, poco tempo appresso, per simile modo come fece Modona, si cominciò battaglia nella città di Reggio in Lombardia tra' Guelfi e' Ghibellini; e mandato per gli Guelfi di Reggio per soccorso agli usciti guelfi di Firenze ch'erano in Modona, incontanente v'andarono, e feciono capitano di loro messere Forese degli Adimari. E entrati in Reggio, furono in su la piazza a la battaglia, la quale molto durò, imperciò che' Ghibellini di Reggio erano molto possenti, e intra gli altri v'avea uno chiamato il Caca da Reggio, e ancora per ischerne del nome di lui si fa menzione in motti. Questi era grande quasi com'uno gigante, e di maravigliosa forza, e con una mazza di ferro in mano, nullo gli s'ardiva ad appressare che non abbattesse in terra o morto o guasto, e per lui era ritenuta quasi tutta la battaglia. Veggendo ciò i gentili uomini di Firenze usciti, si elessono tra·lloro XII de' più valorosi, e chiamaronsi gli XII paladini, i quali colle coltella in mano si strinsono adosso al detto valente uomo, il quale dopo molto grande difesa, e molti de' nimici abattuti, sì fu aterrato e morto in su la piazza; e sì tosto come i Ghibellini vidono atterrato il loro campione, si misono in fuga e in sconfitta, e furono cacciati di Reggio. E se gli usciti guelfi di Firenze e dell'altre terre di Toscana arricchirono delle prede de' Ghibellini di Modona, maggiormente aricchirono di quelle de' Ghibellini di Reggio; e tutti s'incavallaro, sicché in poco tempo, standosi in Reggio e in Modona, furono più di CCCC a cavallo di buona gente d'arme bene montati, e vennono a grande bisogno e sussidio di Carlo conte d'Angiò e di Proenza, quando passò in Puglia contra Manfredi, come innanzi faremo menzione.

Lasceremo alquanto de' fatti di Firenze e degli usciti guelfi, e torneremo alle novitadi che ne' detti tempi furono tra la Chiesa di Roma e Manfredi.

 

 

 

 

Per proteggersi contro eventuali incursioni ghibelline dalla Romagna, Firenze si fece, nel giugno del 1274, dagli abitanti di diciannove località del suo territorio di confine, prossime agli Appennini e che dipendevano dagli Ubaldinì, giurare fedeltà e obbedienza. In rapporto certo con tali provvedimentì del Comune di Firenze sarà stata la disposizione testamentaria che il conte Alessandro degli Alberti aveva fatto l'anno precedente in favore della Parte Guelfa. Il conte infatti aveva disposto che i suoi castelli di Mangona nel Mugello, di Vernio nella Val di Bisenzio, sopra Prato, e di Montaguto, passassero alla Parte Guelfa dopo la morte sua e quella dei suoi figli Alberto e Nero, se questi non avessero lasciato figli maschi. Su ciò i capitani della Parte Guelfa si erano accordati col conte Alessandro prima della venuta del Papa a Firenze. Testi dell'atto di donazione nei limiti delle clausole suddette furono dieci cavalieri che erano i capi delle più potenti famiglie guelfe di Firenze, e cioè Buonaccorso Bellincioni, Buondelmonte de' Buondelmonti, Berto Frescobaldi, Guido Accoliti dei Bardi, Tomaso de' Mozzi, Simone Donati, Chierico de' Pazzi, Vieri de' Cerchi, Rosso della Tosa e Gherardo Ventraia de' Tornaquinci. Li abbiamo citati tutti, perché essi certamente costituivano l'oligarchia che, facendo professione d'indiscussa fede guelfa, governava allora Firenze nell'interesse proprio. Per accrescere poi la solennità della cerimonia dell'atto di donazione furono chiamati a far da testimoni anche i " donzelli ", cioè i giovani delle più nobili famiglie guelf e fiorentine I. L'atto stesso non aveva altro scopo che quello di affidare i beni degli Alberti alla protezione dei Guelfi; uno dei figli del conte infatti morì oltre cinquant'anni dopo. Ma quei castelli proteggevano i beni degli Alberti e le strade importanti che per i valichi appenninici conducevano in Romagna, ed erano perciò altrettante basi strategiche, ora che i Ghibellini dominavano in Romagna. Nel settembre del 1274 ì Bolognesi mossero contro Faenza insieme coi loro alleati e tra questi non saranno certo mancati i Fiorentìni. Il territorio di Faenza, allora luogo di rifugio principale dei fuorusciti, fu devastato, ma i Ghibellini al comando di Guido Novello e di Guido da Montefeltro, che era il condotticro più famoso dell'epoca, affrontarono vittoriosamente gli assalitori I. Forse fu in tale occasione che Guido Novello cedette al collega quei suo indovino, che poca fortuna aveva portato a lui e che poi morì al servizio di Guido. 1 contemporanei dissero che i successi riportati dal Montefeltro erano in gran parte dovuti a Guido Bonatti ' e alla sua astrologia.

 

' 1 Documento 1273, 2 maggio, A S S, Riform.; G. VILLANI, VI, 68.

* Ann. Plac. Ghib.. 560.

 

  1. FILIPPO VILLANI, Liber, p. 45; BENVEN. DE RAMBALDIS, Op. cit, II, 89.

 

 

Guelfi moderati Come il popolo rimise i Guelfi in Firenze, e come poi ne cacciarono i Ghibellini.

 

Giunto in Prato il conte Guido Novello con tutta sua cavalleria e con molti caporali ghibellini di Firenze, furono ravisati ch'egli aveano fatta gran follia a partirsi della città di Firenze sanza colpo di spada od essere cacciati; e parve loro avere mal fatto, e presono per consiglio di tornare a Firenze la mattina vegnente, e così feciono; e giunsono tutti armati e schierati in su l'ora di terza a la porta del ponte alla Carraia ov'è oggi il borgo d'Ognesanti, ch'allora non v'avea case, e domandarono che fosse loro aperta la porta. Il popolo di Firenze fu ad arme, e per tema che rientrando il conte colla sua cavalleria in Firenze non volesse fare vendetta, e correre la terra, s'accordarono di non aprire, ma di difendere la terra, la quale era molto forte di mura e di fossi pieni d'acqua alle cerchie seconde. E volendosi strignere alla porta, furono saettati e fediti; e dimorati infino dopo nona, né per lusinghe né per minacce non poterono tornare dentro. Si tornarono tristi e scornati a Prato, e tornando per cruccio diedono battaglia al castello di Capalle, e no·ll'ebbono. E venuti in Prato, ebbono tra·lloro di molti ripitii; ma dopo cosa male consigliata e peggio fatta invano è il pentere. I Fiorentini rimasi riformarono la terra, e mandarono fuori le dette due podestadi frati godenti di Bologna, e mandarono ad Orbivieto per aiuto di gente, e per podestà e capitano; i quali Orbitani mandarono C cavalieri alla guardia della terra: e messer Ormanno Monaldeschi fu podestà, e un altro gentile uomo d'Orbivieto ne fu capitano del popolo. E per trattato di pace il gennaio vegnente il popolo rimise in Firenze i Guelfi e' Ghibellini, e feciono fare tra·lloro più matrimonii e parentadi. Intra li quali questi furono i maggiorenti, che messer Bonaccorso Bellincioni degli Adimari diede per moglie a messer Forese suo figliuolo la figliuola del conte Guido Novello, e messer Bindo suo fratello tolse una degli Ubaldini, e messer Cavalcante de' Cavalcanti diede per moglie a Guido suo figliuolo la figliuola di messer Farinata degli Uberti, e messer Simone Donati diede la figliuola a messer Azzolino di messer Farinata degli Uberti; per gli quali parentadi gli altri Guelfi di Firenze gli ebbono tutti a sospetti a parte; e per la detta cagione poco durò la detta pace, ché tornati i detti Guelfi in Firenze, sentendosi poderosi della baldanza della vittoria ch'aveano avuta col re Carlo contro a Manfredi, segretamente mandarono in Puglia al detto re Carlo per gente e per uno capitano, il quale mandò il conte Guido di Monforte con VIIIm cavalieri franceschi; e giunse in Firenze il dì della Pasqua di Risoresso, gli anni di Cristo MCCLXVII. E sentendo i Ghibellini la sua venuta, la notte dinanzi uscirono di Firenze sanza colpo di spada, e andarsene a Siena, e chi a Pisa, e inn-altre castella. I Fiorentini guelfi diedono la signoria della terra al re Carlo per X anni; e mandatagli la elezione libera e piena con mero e misto imperio per solenni ambasciadori, lo re rispuose che de' Fiorentini volea il cuore e la loro buona volontà, e non altra giuridizione; tuttora a priego del Comune la prese simplicemente; al quale reggimento vi mandava d'anno in anno suoi vicarii e XII buoni uomini cittadini che col vicario reggeano la cittade. E puossi notare in questa cacciata de' Ghibellini che fu in quello medesimo dì di Pasqua di Risoresso ch'eglino aveano commesso il micidio di messere Bondelmonte de' Bondelmonti, onde si scoprirono le parti in Firenze, e se ne guastò la città; e parve che fosse giudicio d'Iddio, che mai poi non tornarono inn-istato.

 

 

 

Lotte tra i grandi guelfi e pace del cardinale Latino

Come il cardinale Latino per mandato del papa fece la pace tra' Guelfi e' Ghibellini di Firenze, e tutte l'altre della città.

In questi tempi i grandi Guelfi di Firenze riposati delle guerre di fuori con vittorie e onori, e ingrassati sopra i beni de' Ghibellini usciti, e per altri loro procacci, per superbia e invidia cominciarono a riottare tra·lloro, onde nacquero in Firenze più brighe e nimistadi tra' cittadini, mortali, e di fedite. Intra l'altre maggiori era la briga tra·lla casa degli Adimari dall'una parte, ch'erano molto grandi e possenti, e dall'altra parte i Tosinghi, e la casa de' Donati, e quella de' Pazzi legati insieme contro agli Adimari, per modo che quasi tutta la città n'era partita, e chi tenea coll'una parte e chi coll'altra; onde la città e parte guelfa n'era in grande pericolo. Per la qual cosa il Comune e' capitani della parte guelfa mandarono loro ambasciadori solenni a corte a papa Niccola, che mettesse consiglio e 'l suo aiuto a pacificare i Guelfi di Firenze insieme; se non, parte guelfa si dovidea, e cacciava l'uno l'altro. E per simile modo gli usciti ghibellini di Firenze mandarono loro ambasciadori al detto papa e pregarlo e richiederlo ch'egli mettesse a seguizione la sentenzia della pace data per papa Ghirigoro nono tra·lloro e' Guelfi di Firenze. Per le sopradette cagioni il detto papa provide e confermò la detta sentenzia, e ordinò paciato e legato e commise le dette questioni a frate Latino cardinale, ch'era in Romagna per la Chiesa, uomo di grande autorità e scienza, e grande apo il papa, il quale per lo mandamento del papa si partì di Romagna, e giunse in Firenze con CCC cavalieri della Chiesa a dì VIII del mese d'ottobre, gli anni di Cristo MCCLXXVIIII, e da' i Fiorentini e dal chericato fu ricevuto a grande onore e processione, andandogli incontro il carroccio, e molti armeggiatori; e poi il detto legato il dì di santo Luca Vangelista, nel detto anno e mese, fondò e benedisse la prima pietra della nuova chiesa di Santa Maria Novella de' frati predicatori, ond'egli era frate; e in quello luogo de' frati trattò e ordinò generalmente le paci tra tutti i cittadini, Guelfi con Guelfi, e poi da' Guelfi a' Ghibellini. E la prima fu tra gli Uberti e' Bondelmonti (e fu la terza pace), salvo che' figliuoli di messer Rinieri Zingane de' Bondelmonti no·llo assentiro, e furono scomunicati per lo legato, e isbanditi per lo Comune. Ma per loro non si lasciò la pace; che poi il legato bene aventurosamente del mese di febbraio vegnente, congregato il popolo di Firenze a parlamento nella piazza vecchia della detta chiesa, tutta coperta di pezze, e con grandi pergami di legname, in su' quali era il detto cardinale, e più vescovi, e prelati, e cherici, e religiosi, e podestà, e capitano, e tutti i consiglieri, e gli ordini di Firenze, e in quello per lo detto legato sermonato nobilemente e con grandi e molte belle autoritadi, come alla materia si convenia, sì come quegli ch'era savio e bello predicatore; e ciò fatto, sì fece basciare in bocca i sindachi ordinati per gli Guelfi e per gli Ghibellini, pace faccendo con grande allegrezza per tutti i cittadini; e furono CL per parte. E in quello luogo presentemente diede sentenzia de' modi, e de' patti, e condizioni che si dovessono oservare intra l'una parte e l'altra, fermando la detta pace con solenni e vallate carte, e con molti idonei mallevadori. E d'allora innanzi poterono tornare e tornarono i Ghibellini in Firenze e le loro famiglie, e furono cancellati d'ogni bando e condannagione; e furono arsi tutti i libri delle condannagioni e bandi ch'erano in camera; e detti Ghibellini riebbono i loro beni e possessioni, salvo che alquanti de' più principali fu ordinato per più sicurtà della terra che certo tempo stessono a confini. E ciò fatto per lo legato cardinale, fece fare le singulari paci de' cittadini; e la prima fu quella ond'era la maggiore discordia, cioè tra gli Adimari e' Tosinghi, e' Pazzi e' Donati, faccendo più parentadi insieme; e per simile modo si feciono tutte quelle di Firenze e del contado, quali per volontà e quali per la forza del Comune, datane sentenzia per lo cardinale con buoni sodamenti e mallevadori; delle quali paci il detto legato ebbe grande onore, e quasi tutte s'osservarono, e la città di Firenze ne dimorò buono tempo in pacifico e buono e tranquillo stato. E fece e ordinò il detto legato al governamento comune della città XIIII buoni uomini grandi e popolani, che gli VIII erano Guelfi e VI Ghibellini, e durava il loro uficio di due in due mesi con certo ordine di loro elezione; e raunavansi in su la casa della Badia di Firenze sopra la porta che va a Santa Margherita, e tornavansi a dormire e a desinare alle loro case. E ciò fatto, il detto cardinale Latino con grande onore si tornò in Romagna alla sua legazione. Lasceremo alquanto de' fatti di Firenze, e diremo d'altre novità ch'avennero in questi tempi, e spezialmente della rubellazione dell'isola di Cicilia al re Carlo, la quale fu notabile e grande, onde poi seguì molto male, e fu quasi cosa maravigliosa e impossibile, e però la tratteremo più distesamente.

 

 

 

 

Lotte politiche tra Grandi guelfi e il popolo grasso

Qui comincia il VIIII libro: conta come nella città di Firenze fu fatto il secondo popolo, e più grandi mutazioni che per cagione di quello furono poi in Firenze, seguendo dell'altre novitadi universali che furono in que' tempi.</I>

Negli anni di Cristo MCCLXXXXII, in calen di febbraio, essendo la città di Firenze in grande e possente stato e felice in tutte cose, e' cittadini di quella grassi e ricchi, e per soperchio tranquillo, il quale naturalmente genera superbia e novità, sì erano i cittadini tra·lloro invidiosi e insuperbiti, e molti micidii e fedite e oltraggi facea l'uno cittadino all'altro, e massimamente i nobili detti grandi e possenti, contra i popolani e impotenti, così in contado come in città faceano forze e violenze nelle persone e ne' beni altrui, occupando. Per la qual cosa certi buoni uomini mercatanti e artefici di Firenze che voleano bene vivere si pensarono di mettere rimedio e riparo alla detta pestilenzia; e di ciò fu de' caporali intra gli altri uno valente uomo, antico e nobile popolano, e ricco e possente, ch'avea nome Giano della Bella, del popolo di Sa·Martino, con séguito e consiglio d'altri savi e possenti popolani. E faccendosi in Firenze ordine d'arbitrato in correggere gli statuti e le nostre leggi, sì come per gli nostri ordini consueto era di fare per antico, sì ordinarono certe leggi e statuti molto forti e gravi contro a' grandi e possenti che facessono forze o violenze contro a' popolari, radoppiando le pene comuni diversamente, e che fosse tenuto l'uno consorto de' grandi per l'altro, e si potessono provare i malificii per due testimoni di pubblica voce e fama, e che·ssi ritrovassono le ragioni del Comune: e quelle leggi chiamarono gli ordinamenti della giustizia. E acciò che fossono conservati e messi ad esecuzione, sì ordinarono che oltre al novero de' VI priori i quali governavano la città fosse uno gonfaloniere di giustizia di sesto in sesto, mutando di II in II mesi, come si fanno i priori, e sonando le campane a martello, e congregandosi il popolo a dare il gonfalone della giustizia nella chiesa di San Piero Scheraggio, che prima non s'usava. E ordinarono che niuno de' priori potesse essere di casa de' nobili detti grandi, che 'mprima ve n'avea sovente de' buoni uomini mercatanti, tutto fossono de' potenti. E la 'nsegna del detto popolo e gonfalone fu ordinato il campo bianco e la croce vermiglia. E furono eletti M cittadini partiti per sesti con certi banderai per contrade, con L pedoni per bandiera, i quali dovessono essere armati, e ciascuno con soprasberga e scudo della 'nsegna della croce, e trarre ad ogni romore e richesta del gonfaloniere a casa, o a palazzo, de' priori, e per fare esecuzione contro a' grandi; e poi crebbe il numero de' pedoni eletti in MM, e poi in IIIIm. E simile ordine di gente d'arme per lo popolo e colla detta insegna s'ordinò in contado e distretto di Firenze, che·ssi chiamavano le leghe del popolo. E 'l primo de' detti gonfalonieri fu uno Baldo de' Ruffoli di porte del Duomo; e al suo tempo uscì fuori gonfalone con arme a disfare i beni d'uno casato detti Galli di porte Sante Marie, per uno micidio che uno di loro avea fatto nel reame di Francia nella persona d'uno popolano. Questa novità di popolo e mutazione di stato fu molto grande alla città di Firenze, e ebbe poi molte e diverse sequele in male e in bene del nostro Comune, come innanzi per gli tempi faremo menzione. E questa novità e cominciamento del popolo non sarebbe venuta fatta a' popolani per la potenzia de' grandi, se non fosse che in que' tempi i grandi di Firenze non furono tra·lloro in tante brighe e discordie, poi che' Guelfi tornarono in Firenze, com'erano allora ch'egli avea grande guerra tra gli Adimari e' Tosinghi, e tra i Rossi e' Tornaquinci, e tra i Bardi e' Mozzi, e tra i Gherardini e' Manieri, e tra i Cavalcanti e' Bondelmonti, e tra certi de' Bondelmonti e' Giandonati, e tra' Visdomini e' Falconieri, e tra i Bostichi e' Foraboschi, e tra' Foraboschi e' Malispini, e tra' Frescobaldi insieme, e tra la casa de' Donati insieme, e più altri casati.

 

 

 

Come i grandi di Firenze misono la città a romore per rompere il popolo.

A dì VI del mese di luglio, l'anno MCCLXXXXV, i grandi e possenti della città di Firenze veggendosi forte gravati di nuovi ordini de la giustizia fatti per lo popolo, e massimamente di quello ordine che dice che l'uno consorto sia tenuto per l'altro, e che·lla pruova della piuvica fama fosse per due testimoni; e avendo in sul priorato di loro amici, sì procacciarono di rompere gli ordini del popolo. E prima sì·ssi pacificarono insieme de' grandi nimistà tra·lloro, spezialmente tra gli Adimari e' Tosinghi, e tra' Bardi e' Mozzi; e ciò fatto, feciono a certo dì ordinato raunata di gente, e richiesono i priori che' detti capitoli fossono corretti; onde della città di Firenze fu tutta gente a romore e a l'arme, i grandi per sé a cavalli coverti, e co·lloro séguito di contadini e d'altri masnadieri a piè in grande quantità; e schierarsi parte di loro nella piazza di Santo Giovanni, ond'ebbe la 'nsegna reale messer Forese degli Adimari; parte di loro a la piazza a Ponte, ond'ebbe la 'nsegna messer Vanni Mozzi; e parte in Mercato Nuovo, ond'ebbe la 'nsegna messer Geri Spini, per volere correre la terra. I popolani s'armarono tutti co' loro ordini e insegne e bandiere, e furono in grande numero, e asserragliarono le vie della città in più parti, perché i cavalieri non potessono correre la terra, e raunarsi al palagio della podestà e a casa de' priori, che stavano allora nella casa de' Cerchi dietro a San Brocolo; e trovossi il popolo sì possente, e ordinati di forza e d'arme e di gente, e diedono compagnia a' priori, perch'erano sospetti, de' maggiori e de' più possenti e savi popolani di Firenze, uno per sesto. Per la qual cosa i grandi non ebbono niuna forza né podere contra loro, ma il popolo avrebbe potuto vincere i grandi, ma per lo migliore e per non fare battaglia cittadinesca, avendo alcuno mezzo di frati di buona gente dall'una parte a l'altra, ciascuna parte si disarmò, e la cittade si racquetò sanza altra novità, rimagnendo il popolo in suo stato e signoria, salvo che, dove la pruova de la piuvica fama era per II testimoni, si mise fossono per III; e ciò feciono i priori contra volontà de' popolani, ma poco appresso si rivocò e tornò al primo stato. Ma pur questa novitate fue la radice e cominciamento dello sconcio e male istato della città di Firenze che ne seguì apresso, che da indi innanzi i grandi mai non finarono di cercare modo d'abattere il popolo a·lloro podere; e' caporali del popolo cercarono ogni via di fortificare il popolo e d'abassare i grandi, fortificando gli ordini della giustizia; e feciono torre a' grandi le loro balestra grosse, e comperate per lo Comune; e molti casati che nonn erano tiranni e di non grande podere trassono del numero de' grandi e misono nel popolo, per iscemare il podere de' grandi e crescere quello del popolo. E quando i detti priori uscirono dell'uficio, fu loro picchiate le caviglie dietro, e gittati de' sassi, perch'erano stati consenzienti a favorare i grandi; e per questo romore e novitadi si mutò nuovo stato di popolo in Firenze, onde furono capo Mancini, e Magalotti, Altoviti, Peruzzi, Acciaiuoli, e Cerretani, e più altri.

 

 

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  ing. Pierluigi Carnesecchi La Spezia anno 2003