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ing.Pierluigi Carnesecchi
indice generale : http://www.carnesecchi.eu/indice.htm
I CARNESECCHI A BIBBIENA
Anche a Bibbiena troviamo un individuo con il soprannome Carnesecca che pero' alla fine non pare aver niente a che fare con la nascita di un cognome autoctono
Ma e' giusto ricordare questo
Nel libro del dr Marco Bicchierai :" Ai confini della Repubblica di Firenze : Poppi dalla signoria dei conti Guidi al vicariato nel Casentino " compare marginalmente un umile personaggio : Giovanni del Carnesecca.
(segnalazione che devo al dr. Duccio Baldassini )
........Tutto ciò fu commesso da Maso, come ladro e falso nel mese di dicembre nel castello di Bibbiena a danno di Federigo e soprattutto a infamia e danno di Giovanni del Carnesecca .
Ai confini della Repubblica di Firenze : Poppi dalla signoria dei conti Guidi al vicariato del Casentino(1360-1480) .............dr Marco Bicchierai
Capitolo VII.
Regesto del processo per furto e falsa accusa condotto dal vicario di Poppi fra dicembre
1455 e gennaio 1456 contro Maso di Giovanni di Piero di Sacco di Bibbiena.
(Estratto da AVP, 4878, c. 104 r-v e cc. 140r-141v, tradotto in italiano dal latino e riassunto, sono mantenute
come nell’originale le espressioni in latino o in volgare virgolettate).
L’inchiesta è condotta dal vicario ex officio della curia contro Maso di Giovanni di Piero di Sacco di Bibbiena.
Nel mese di dicembre 1455 Maso, con l’intenzione di rubare, entrò nella taverna di Gingo di Bibbiena taverniere, posta nel castello di Bibbiena, di notte, mentre c’erano molti che giocavano a carte al gioco detto "alla condepnata", gioco a cui stava assistendo anche Federigo di ser Giovanni di Chiusi. A questi si avvicino Maso "et de carnifero seu charnaiuolo quem dictum Federighus cinctum portabat" furtivamente "de quodam marsupio existentis in dicto carnaiuolo astulit et furatus fuit florenos duos larghos et solidos quinquagintasettem inter grossos et monetam, et marsupio in charnerio remisso, de dicta taberna recessit" portando i soldi con sé per farne suo uso. Quindi dopo tre giorni, sempre di notte, ritornò alla stessa taverna e prese a giocare con altri "ad ludum condepnate". Poiché teneva in mano come moneta un grosso pisano con il conio della Vergine Maria che aveva rubato fra le altre al detto Federigo, tale moneta fu vista da Filippo da San Piero che subito gli chiese per quanto lo avrebbe cambiato, ma Maso si rifiuto di scambiarlo. Era presente al gioco anche Paolo di Francesco di ser Guglielmo speziale che stava perdendo i suoi soldi e chiese a Maso che gli prestasse dei soldi che aveva per continuare a giocare, Maso prestò a Paolo quel grosso pisano e altra moneta, in tutto 4 grossi. Filippo visto che il grosso pisano era nelle mani di Paolo chiese a lui di scambiarlo offrendogli 17 quattrini e dicendo: "Io vo’ in devotione portarlo al collo" e allora Paolo accettò di cambiarlo per 17 quattrini.
Come Filippo ebbe fra le mani quel grosso disse a quelli che giocavano: "Questo grosso farà andare chichesia al vicario" al che Maso subito rispose: "Io non ò facto chosa abbi andare al vicario", e comunque subito si alzò ed uscì e sapendo di poter essere accusato. Quindi si fabbricò una falsa storia per potersi discolpare ed accusare
Giovanni del Carnesecca, raccontando per la terra di Bibbiena che Giovanni era andato a casa sua a dirgli: "O Maso tu m’ai pericolato et ami posto sulle forche in però ai cambiato il grosso pisano mi vinciesti iersera, ché l’avevo con altri denari furato a Federigho di ser Giovanni de lo carnieri", cosa a cui Maso diceva di aver risposto: "Io non l’arei chanbiato, avendomelo prima detto l’avessi furato a Fedrigho" e Giovanni allora avrebbe detto: "Tu puoi esser cagione io non vado sulle forche" a cui lui sosteneva di aver risposto: "Io non vorrei nettare te per imbrattare me", ma Giovanni: "Non avere pensieri di nulla che quando ti fusse detto alcuna chosa il chattivo voglio esser io et non voglo sia tu et questo confesserò in presentia d’ognihuomo", quindi Giovanni avrebbe risposto "Se tu vuoi fare cotesto io voglo fare ogni bene ch’io posso". In tal modo Maso, come mentitore oltre che ladro, andava in giro recitando la sua cantilena credendo di potersi discolpare. La sera seguente Federigo di ser Giovanni andò dal pievano di Bibbiena e si lamentò con lui dei soldi che gli erano stati rubati, dicendo: "E’ mi sono stati tolti certi denari de lo charnieri che sono stati riconosciuti a Maso di Piero di Saccho, in servigio vi priegho gli ritroviate". Il pievano mandò allora a chiamare Maso e quando arrivò a casa sua gli disse: "Federigho di ser Giovanni m’à detto gli sono stati tolti due fiorini et grossi et moneta et ch’egl’à riconosciuti a te", al che Maso rispose raccontando la storia che aveva inventato e accusando Giovanni del Carnesecca dicendo: "Io non gl’ò auti, ma ben so chi gl’à tolsi. Egl’è stato Giovanni del Carneseccha", proseguendo a raccontare al pievano tutto ciò che falsamente aveva costruito ed aggiunse anche che: "Giovanni del Carneseccha venne a me et dixemi "il piovano à mandato per me et io non vi sono voluto andare, se dovesse avere bando delle forche te portagli questi due fiorini"" e che dopo quattro giorni Giovanni sarebbe tornato da Maso e gli avrebbe dato S. 57 residuo di quanto rubato a Federigo perché li consegnasse al pievano. Detto questo, mentendo su tutto, Maso consegnò al pievano perché lo restituisse a Federigo quanto ancora aveva con sé di ciò che gli aveva rubato. Così Federigo riebbe dal pievano il suo denaro, ma restava la falsità contro Giovanniche il pievano, Federigo e altri del castello di Bibbiena credevano ora essere un ladro.Tutto ciò fu commesso da Maso, come ladro e falso nel mese di dicembre nel castello di Bibbiena a danno di Federigo e soprattutto a infamia e danno di Giovanni del Carnesecca .
Il 27 dicembre è chiusa l’inchiesta. Lo stesso giorno Maso spontaneamente confessa che quanto contenuto nell’inchiesta è vero, quindi il vicario dà ordine che sia ricondotto in carcere. Nella sentenza di condanna, pronunciata il 5 gennaio, Maso viene condannato in L.100 da pagare al camarlingo generale della manutenzione delle mura del castello di Poppi entro un mese, e inoltre a stare a una distanza dalla terra di Bibbiena di almeno due miglia per un tempo di sei mesi a partire dal giorno in cui avesse pagato la condanna. Con il patto che se avesse pagato L. 30 entro 15 giorni sarebbe stato assolto dal resto della pena, sempre rimanendo valido il confino per sei mesi. Se non avesse pagato o avesse rotto il confino, se e quando fosse capitato nelle mani della giustizia avrebbe dovuto essere fustigato e quindi gli sarebbe stato amputato il piede destro. Lo stesso giorno Maso paga a ser Giovanni camarlingo delle mura di Poppi L. 30.
(Il libro contiene un prezioso elenco delle cariche fiorentine a Poppi)
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Nei miei spogli sulle fedi di battesimo del Battistero di Firenze ho trovato questi due battesimi di Carnesecchi di Bibbiena
Rg 242 Fg 160 13 10 1595 Laura di Polito di Luca Carnesecchi da Bibbiena e di Maddalena
Rg 23 Fg 221 21 11 1601 Giovan Battista di Giovan Battista di Guglielmo Carnesecchi da Bibbiena e Caterina
E' evidentissimo il legame di questi Carnesecchi con Firenze come indicano alcuni battesimi ed alcune sepolture
Ippollito di Luca e' riconoscibile nelle linee genealogiche del ramo di Luca di ser Filippo
Giovan Battista di Giovan Battista di Guglielmo non e' facilmente identificabile , anche se sembra occorra rifarsi alla linea di quel vecchio Guglielmo di Simone che aveva una bottega di Seta insieme col fratello Piero di Simone intorno al 1470 e citato dal DEI
La prima idea e' che la presenza dei Carnesecchi in questi luoghi sia dovuta al rapporto di parentela traverso venutosi ad instaurare uterinamente tra i Dovizi del Cardinal Bibbiena e i Carnesecchi di Andrea di Paolo di Simone attraverso GINEVRA TANI VEDOVA DOVIZI sposata in seconde nozze da Andrea
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RICEVO DAL DR ANGELO GRAVANO BARDELLI alcune informazioni che vedono alcuni Carnesecchi in ruoli pubblici secondari ma comunque che attirano l'attenzione
Le invio infine un piccolo elenco di ufficiali locali
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Da "L'Archivio Preunitario del Comune di Bibbiena (AR)
a cura di Roberta Menicucci e Valeria Catelli, revisione di Augusto Antoniella Arezzo 1991"
MASO di GENI CARNESECCHI ( piu' probabile Geri )
camerlengo di Soci 1.9.1613/31.8.1614
>
ANTONIO di LUCA CARNESECCHI
camerlengo del Comune di Campi 1.9.1622/31.8.1623
ANTONIO CARNESECCHI
camerlengo del Comune di Gressa 1.9.1622/31.8.1623
LEANDRO CARNESECCHI
camerlengo Comune di Gressa 1.9.1623/31.8.1626
Soci è una frazione del comune di Bibbiena, nella provincia di Arezzo. Dista 3,62 chilometri dal medesimo comune di Bibbiena e sorge a 400 metri sul livello del mare. Nella frazione o località di Soci risiedono 3733 abitanti.
Campi fa parte del comune di Bibbiena, in provincia di Arezzo, nella regione Toscana.
La frazione o località di Campi dista 3,27 chilometri dal medesimo comune di Bibbiena di cui essa fa parte
Il castello di Gressa si trova a circa cinque chilometri da Bibbiena, nel cuore del Casentino, nei presi della località Tripoli. Dalla strada che porta al santuario Francescano della Verna troviamo sulla sinistra una deviazione, segnalata, che ci conduce su una stradina selciata fin sotto al castello.
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ATTIRO L'ATTENZIONE SU UNA QUESTIONE CHE RITENGO NON MARGINALE
poveriocontadini
trovo dei Carnesecchi contadini o comunque poveri : In periferia Oltrarno a Firenze A Quinto fiorentino A Bibbiena A San Gimignamo A Fucecchio
In tutti questi luoghi si parla di rettori di ragionieri di camarlinghi di piccolissimi centri
Solo a Fucecchio con Salvestro ed i suoi discendenti non avviene questo A Quinto stante gli studi del prof direi che e' quasi certo il collegamento coi Carnesecchi aristocratici. E lo stesso direi e' possibile dire dei Carnesecchi di Bibbiena che sono probabilmente collegati a piu' rami dei Carnesecchi di Firenze |
A Bibbiena troviamo anche questo frate domenicano
FRA DONATO CARNESECCHI
Fra Donato Carnesecchi Domenicano fu di Bibbiena professo di S. Maria in Gradi di Viterbo ove morì priore nel 1661 di anni 46 dopo essere stato compagno del maestro del sacro palazzo Capizzucchi. Nel 1654 stampò in Palermo un panegirico in onore di S. Rosalia vergine palermitana.
Quindi Donato sarebbe nato intorno al 1615 a Bibbiena
CARNESECCHI (Donato) Fìorentino dell'Ord. de Predicatori. S Rosalia Vergine Palermitana , Panegirico del Padre Maestro Fra Donato Carneseccbi Fiorentino dell'Ordine dei Predicatori, detto dal medefimo in San Domenico di Palermo 1'anno 1654. Palermo anno detto in 4. Palermo per Bisagni 1654
Citato in :
Pietro Prezzolini - 1859
Fra Donato Carnesecchi Domenicano fu di Bibbiena professo di S. Maria in Gradi
di Viterbo ove morì priore nel 1661 di anni 46 dopo essere stato compagno del
...
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Sulla sanità di mente del testatore Agostino Velis ancorché suicida, discorso,
in-8". Catania, 1847. CARNESECCHI (Donato) fiorentino dell'ordino de' ...
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CARNESECCHI (Donato) Fìrentino dell' Ord. de Pre- SMN dicatori. S Rofalia
Vergine Palermitana , Panegirico del Padre Maeftro Fra Donato ...
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8°. *BNR; EDIT, III, 1553; CCI, 68. 2.5.a 625. CARNESECCHI Donato, S. Rosalia
Vergine Palermitana panegirico del PMF Donato Carnesecchi Fiorentino ...
Anteprima limitata
Università cattolica del Sacro Cuore - 1972
... 271 CARNESECCHI Domenico: 68, 340 CARNESECCHI Donato: 68, 352 CARNESECCHI
Piero, o Pietro: 67, 1466; 78, 301 CAROCCI Orazio: 67, 1393 CAROCCI Francesco:
...
Visualizzazione frammento
Giuseppe Maria Mira - 1967
Pagina 181
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Questi dati ci permettono l'abbozzo di un molto scarno albero genealogico
la presenza di questi Carnesecchi a Bibbiena potrebbe ( potrebbe ) esser messa in relazione coll'esser Bibbiena legata ai Dovizi del cardinal Bibbiena
Andrea di Paolo di Simone si era agli inizi del 500 sposato in seconde nozze con Ginevra Tani
Ginevra era gia' stata sposata in prime nozza con Giovanbattista Dovizi fratello di Bernardo ( appunto il cardinal Bibbiena ) ed aveva avuto Angelo , Antonio , GiovanBattista ,Valeria ,Isabella , Elisabetta e Caterina
Dal matrimonio con Andrea Carnesecchi erano nati Pietro e Selvaggia
Piero poi accusato di eresia ed arso come eretico dovette gli inizi della sua folgorante carriera ecclesiastica appunto con questi strettissimi legami con la famiglia del cardinal Bibbiena per quell'essere fratelli uterini tra Pietro e i figli di GiovanBattista
( legami che inguaieranno anche Marcantonio Dovizi accusato di eresia come suo zio Pietro Carnesecchi )
legami che potrebbero legato altri membri delle due famiglie
Da tener presenti i forti legami dei Dovizi coi Medici e gli altrettanti forti legami di Andrea Carnesecchi coi Medici che portarono al suo imprigionamento durante l'assedio
secondo un'informazione che pero' non sono riuscito a confermare agli inizi dell'ottocento alcuni Carnesecchi sono ancora ancora presenti a Bibbiena (Censimenti napoleonici )
I controlli da parte mia non hanno dato ancora una conferma a questa informazione
ALCUNE ALTRE NOTE
Bernadetta Giordano - 1984 - 318 pagine - Visualizzazione snippet
... d'Arezzo 1638 - P. Martino Tesei 1641 - P. Alessandro Carnesecchi fiorentino 1644 - P. Michele Mazza fiorentino 1646 - P. Domenico ...
books.google.it
Padre Alessandro fiorentino priore del convento
nell'Archivio
Niccolini di Camuglianovedi sito
http://www.archivistorici.com/archivi/ns.asp?wci=home&lng=1040&cur=3057 Brogi Maddalena nata Poltri
ALCUNE NOTE PER UNA PICCOLA STORIA DI BIBBIENA ( in lavorazione )
http://www.paginesi.it/arezzo/bibbiena/storia.htm
Bibbiena è posta su un colle dominante una fertile pianura ove il torrente Archiano confluisce nell'Arno, circonadat dai gioghi del Pratomagno e di Camaldoli e dai monti della Verna e di Catenaia. Bibbiena, la cui origine sembra risalire al periodo etrusco, apparteneva fin dal X secolo ai vescovi di Arezzo. Nel 1289, dopo la battaglia di Campaldino, fu conquistata e devastata dai fiorentini. Passò quindi sotto il controllo del Vescovo Guido Tarlati di Arezzo nel XIV secolo e, dopo la sua morte, del fratello Pier Saccone, il quale, cedendo Arezzo ai Fiorentini nel 1237 ottenne di mantenere il dominio di Bibbiena. Il territorio fu quindi conquistato dai fiorentini nel 1360, che ne fecero sede di podesteria. In passato Bibbiena incentrava la sua economia sulla produzione agricola: cereali, vino, olio e ortaggi erano oggetto di attivo e fiorente commercio. Nell'Ottocento si sviluppò la manifattura dei panni lani e l'artigianato del legno.
Santuario di Santa Maria del Sasso
Convento di San Lorenzo
Chiesa di San Lorenzo
Oratorio di San Francesco
Propositura dei Santi Ippolito e Donato
Chiesa di San Giorgio a Contra
Chiesa di San Jacopo
Pieve di San Biagio
Pieve di Santa Maria Assunta
Chiesa di San Matteo e San Bartolomeo
Chiesa di Serravalle in Casentino, ricostruita da Egisto Paolo Fabbri
SANTUARIO SANTA MARIA DEL SASSO
Il Santuario, l’unico esemplare rinascimentale nel Casentino, ha grande valore storico, artistico e religioso, tanto che nel 1899 è stato dichiarato Monumento nazionale. Il Santuario deve il proprio nome ad un grande masso sul quale durante l’ anno 1347, i contadini della zona notarono più volte una colomba bianca che si lasciava avvicinare solo dai bambini e da un eremita camaldolese, Martino da Poppi, che sostava nei dintorni. Il 23 giugno, verso sera, una bambina di 7 anni, Caterina, vide una "bellissima donna biancovestita", che la esortò all’ amore di Dio e alla purezza e le diede dei baccelli, che poi la sera a casa furono trovati pieni di sangue. Questo episodio fu un presagio della terribile peste del 1348, da cui Bibbiena e dintorni rimasero immuni. L’incendio del 1486 distrusse la chiesetta, successivamente ampliata, fatta costruire dall’ eremita Martino. Quello stesso anno, iniziarono i lavori per la costruzione dell’ attuale santuario, sostenuti, nel 1495 da Padre Giorolamo Savonarola, ritenuto il fondatore di S. Maria: la nuova chiesa fu consacrata nel 1507. Il santuario fu costruito su disegno di Giuliano da Maiano, nella lunetta sopra il portale si trova un affresco di Gherardino del Fora datato 1486. Il campanile rialzato nel 1851, custodisce un’ antica campana del 1362. Il loggiato, di antico stile fiorentino del 400, è decorato con affreschi settecenteschi. La chiesa superiore a croce latina con volte a botte e cupola racchide un tempietto, opera di Bartolomeo Bozzolini da Fiesole, in cui è conservato l’affresco della "Madonna del Sasso" di Bicci di Lorenzo (1430-1440). Ai piedi dell’ altare è stato collocato il masso dell’apparizione e a ridosso dello stesso si trova l’ "Annunciazione" del Brina (1567), dietro l’altare invece si trova l’organo di Fra Tommaso da Cortona (1525) con di fronte il ritratto del Savonarola. Nelle cappelle adiacenti è possibile vedere "la Natività di Maria" di Jacopo Ligozzi datata 1607 e "S. Giacinto" del Buti risalente al XVII secolo. La chiesa inferiore è il cuore del santuario. Qui la Vergine apparve alla piccola Caterina. Sull’altare è posta la "Madonna del Buio", un’imponente statua lignea dei primi del 500 (sembra essere di scuola di Donatello). La terza chiesa fu costruita a sostegno del coro (1513-1523) con al suo interno un crocefisso, una deposizione di Baccio Bacci e una Madonna con Santi del Lappoli (1492-1552). Infine il chiostro, unico esemplare di chiostro cinquecentesco nel Casentino, con al centro un pozzo del 1502-1504.
CHIESA DI SAN LORENZO
La chiesa fu costruita sui resti di un antico oratorio nel 1474 secondo il disegno dei Frati architectori addetti alla sovrintendenza di tutte le chiese e conventi della Provincia Minoritica della Toscana. L’ edifico è composto da tre navate, le laterali con volta a crociera, la centrale coperta a capriate da arcate a tutto sesto. All’ interno sono raccolte numerose opere d’ arte tra le quali vanno ricordate due terracotte invetriate attribuite ad Andrea della Robbia rappresentanti la "Deposizione" e l"Adorazione".
ORATORIO SAN FRANCESCO
L'origine dell’ Oratorio risale al 1580, anno in cui i componenti della Compagnia delle Sacre Stimmate acquistarono una casa di proprietà dei Monaci camaldolesi per costruirci la propria chiesa. I lavori per la costituzione dell'Oratorio iniziarono nel 1736 e terminarono nel 1782. La facciata è completamente in stile neoclassico, ripartita tra quattro colonne che sorreggono un piccolo timpano. L’interno, invece è un raro esempio di architettura in stile rococò. Il soffitto composto da cassettoni in legno intagliato e finemente decorato in oro, risale alla fine del 1600. Nella parte centrale dello stesso è inserito un ovale formato da una cornice in legno e da una tela raffigurante S. Francesco che riceve le Stimmate. Le pareti sono decorate da quattro grandi affreschi della prima metà del 1700 che descrivono alcuni episodi della vita di Gesù opera del pittore fiorentino Parenti.
PIEVE DEI SANTI IPPOLITO E DONATO
Sorge sul luogo della cappella del castello dei Tarlati, distrutto dopo la battaglia di Campaldino (1289). L'attuale edificio conserva nei portali e nelle finestre elementi dell'impianto gotico. Ricca è la presenza di opere, tra le quali la grande Croce dipinta attribuita al Maestro di San Polo in Rosso (XIV secolo), una scultura lignea policroma raffigurante la Madonna in trono con Bambino (XIV secolo), la quattrocentesca Madonna con Bambino in trono e angeli di Arcangelo di Cola da Camerino, la Madonna in trono con i Santi Ippolito, Giovanni Battista, Iacopo e Cristoforo di Bicci di Lorenzo (1435) e la Madonna con Bambino e i Santi Michele e Antonio Abate di Iacopo Ligozzi (1600). L'organo di Onofrio Zeffirini è datato 1542.
La chiesa, adibita in origine a cappella del castello, risale agli inizi del XII secolo. Anticamente la chiesa era con pianta a croce greca, è stata successivamente ampliata, con l’allungamento della navata sud, dopo l’assedio fiorentino del 1289. Sono tuttora conservate alcune strutture originarie come gli arconi in cotto che separano i bracci del transetto e dell’abside della navata. All’ interno si possono ammirare opere d’ arte di noti autori tra cui la "Madonna in trono con Bambino ed Angeli" di Arcangelo Di Cola da Camerino; la Croce dipinta del Maestro di S. Polo in Rosso; la "Madonna con Bambino e i Santi Michele e Antonio Abate" di Iacopo Ligozzi; la "Madonna in trono con Bambino e Santi" di Bicci di Lorenzo; la "Madonna con Bambino e Santi, un affresco del XV secolo, del "Maestro di Bibbiena"; l'Annunciazione, della seconda metà del XIV secolo di Giovanni Balducci detto Il Coscie e la "Madonna in trono con Bambino, una pregevole scultura lignea del XIV secolo.
Palazzo Martellini
Teatro dei Dovizi
Palazzo Dovizi
Palazzo Niccolini (municipio)
Torre campanaria (campanone)
Fattoria di Marena
Villa La Mausolea
Villa Fonte Farneta
TEATRO DOVIZI
PALAZZO DOVIZI
PALAZZO NICCOLINI
Edificato nella prima metà del 1600, ed antico possedimento dei marchesi Niccolini e della famiglia Ducci, è divenuto sede del Palazzo Comunale. Acquistato dai frati francescani nel 1905, fu ceduto in permuta al Comune di Bibbiena in cambio del Convento di San Lorenzo che era stato requisito nel 1866 con la soppressione dei beni ecclesiastici.
PALAZZO POLTRI (ex pretura)
Il palazzo, di origine cinquecentesca, conserva pienamente il suo aspetto influenzato in maniera evidente dalla tradizione fiorentina contemporanea. Di notevole importanza artistica è l'ampia sala d’ingresso, rettangolare, coperta da un’ ampia volta ad unghie, apprezzabile soprattutto per l’inserimento dell’ ampio scalone che conduce ai piani superiori.
PALAZZO MARCUCCI (ora Palazzo Mazzoleni)
Accanto a palazzo Niccolini sorge Palazzo Marcucci, altro simbolo dell’ architettura civile bibbienese. L'esterno dell'edificio è decorato dall'elegante portale fogginiano sovrastato dall’ emblema dei vecchi proprietari e nelle finestrelle del primo ordine arricchite da curiosi mascheroni riferibili al primo seicento. Da un lato della scala si giunge all’ alcova, interamente affrescata con temi del Vecchio Testamento, mentre dall’ altra parte delle scale si susseguono cinque ambienti tra loro comunicanti interamente affrescati con rappresentazioni mitologiche.
PALAZZO FERRI
La facciata del palazzo è costituita da tre ordini di finestre che fanno risalire la sua costruzione al XI secolo. Al primo piano si collocano gli ambienti più ineterssanti tra cui una serie di sale di varie dimensioni i cui soffitti e le pareti, sono decorate in stile ottocentesco.
PORTA DEI FABBRI
L’imponente Porta dei Fabbri rappresenta oggi l’unico punto di accesso alla cerchia murata, dalla quale si esce dal centro storico di Bibbiena.
PIAZZA PIER SACCONE TARLATI
PALAZZO MARCUCCI POLTRI
Il palazzo è articolato in vari ambienti suddivisi ora tra i vari propietari degli appartamenti in cui lo stesso è stato diviso. In uno di essi si apre un ricco salone interamente rivestito di affreschi con scene di ispirazione mitologica. Nella sala principale sono rappresentati paesaggi campestri racchiusi da cornici dorate separate da elementi di stile tardo barocco.
PALAZZO NATI POLTRI (ora palazzo Conti)
Il palazzo presenta un prospetto cinquecentesco scandito da due ordini di finestre di tradizione fiorentina. Un ampio vestibolo permette di accedere agli ambienti più ricchi della casa: tre sale con soffitti lignei, decorati a cassettoni dipinti e con le pareti ricche di affreschi.
LE FRAZIONI
Banzena - Bibbiena Stazione - Campi - Camprena - Casamicciola - Farneta - Freggina - Gello - Giona - Gressa - La Fossa - Marciano - Partina - Pian del Ponte - Poggiolo - Pollino - Santa Maria del Sasso - Serravalle - Soci - Terrossola
GRESSA
PARTINA
Piccolo abitato di antica origine etrusca. Del castello medioevale restano pochi elementi originari inglobati nella moderna ricostruzione.
SERRAVALLE
SOCI
Nel medioevo aveva un castello con relativo borgo di cui rimangono solo una porta del recinto esterno delle mura e una torre quadrata che aveva funzione di punto di segnalazione nel sistema difensivo. La grande villa della Mausolea, antica proprietà del Monastero di Camaldoli, situata a nord di Soci, è un notevole esempio di architettura seicentesca.
Sebastiano Calderini
Bernardo Dovizi da Bibbiena (Cardinale)
Antonio Galli da Bibbiena (Architetto scenografo)
Carlo Galli da Bibbiena (Architetto scenografo)
Ferdinando Galli da Bibbiena (Architetto scenografo)
Luigi Biggeri (Ex Presidente Istat)
Pietro Nati (Medico e naturalista, Prefetto dell'Orto botanico di Pisa)
Giovanni Giovannini (Giornalista e scrittore)
Enrico Caselli (Scrittore del 800)
Bernardo Dovizi da Bibbiena (Bibbiena, 2 agosto o 4 settembre 1470 – Roma, 9 o 11 novembre 1520).
Bernardo nacque dalla famiglia dei Dovizi, signori di Bibbiena, capoluogo del Casentino aretino, per questo fu chiamato anche Cardinal Bibbiena o più semplicemente il Bibbiena. Potente uomo della corte medicea, legò il suo destino alla famiglia ducale di Firenze anche quando Piero de' Medici, primo figlio di Lorenzo il Magnifico, venne esiliato da Firenze nel 1494 al tempo della calata del re di Francia Carlo VIII in Italia, anche per la politica di Girolamo Savonarola che spinse i fiorentini alla costituzione di una repubblica che meglio si adattava al controllo del potere da parte del partito savonaroliano sulla città.
Bernardo seguì, come segretario, il cardinale Giovanni de' Medici, futuro papa Leone X, nell'esilio presso la corte di Guidobaldo da Montefeltro a Urbino. Proprio ad Urbino, passata sotto la signoria di Francesco Maria I della Rovere, il Bibbiena ebbe l'occasione di conoscere e frequentare i maggiori artisti di quella corte come Francesco di Giorgio Martini, il Laurana, ma soprattutto stringere amicizia fraterna con Baldassarre Castiglione che contribuì alla buona riuscita scenica della sua unica commedia La Calandria recitata ad Urbino nel 1513.
Il Bibbiena compare anche nell'opera più importante di Castiglione "Il Cortegiano" come uno degli interlocutori principali.
Dopo l'elezione di Leone X, il Bibbiena seguì il Papa a Roma. Fu investito della porpora cardinalizia nel concistoro del 23 settembre 1513, ricevendo la berretta e la diaconia di Santa Maria in Portico il 29 settembre successivo. Come amico e collaboratore di Leone X (che lo chiamava scherzosamente Alter Papa), al Bibbiena furono affidate la corrispondenza papale e delicate missioni diplomatiche. Fu, tra le altre responsabilità che tenne, Legato in Francia dal 1515 al 1518, e di nuovo nel 1520.
Di ritorno da Parigi, Bernardo Dovizi da Bibbiena morì a Roma, forse avvelenato, nel 1520. Fu sepolto nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli.
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Carnevale Storico della Mea a Bibbiena - Arezzo
Le origini della festa risalgono al 1337, quando la potente famiglia dei Tarlati era signora di Bibbiena.
Sembra che la festa sia nata a seguito della vittoria, nella battaglia all'Olmo di Arezzo, alla quale aveva preso parte, l'ormai vecchio Pier Saccone Tarlati.
Un altra ipotesi vuole che sia nata a seguito di uno dei tanti assedi subiti da Bibbiena a causa dei Fiorentini: erano gli anni 1359/60 e signore di Bibbiena era Marco Tarlati; che, per dimostrare agli assediati che all'interno del paese non vi era carestia, fece bruciare sulle mura un grosso ginepro assieme alle più svariate vettovaglie. Bibbiena fu ugualmente espugnata dai Fiorentini, per il tradimento di alcuni cittadini, capeggiati da un certo ser Uccio.
L'ipotesi più probabile, è che Pier Saccone abbia voluto imitare le feste che venivano allestite in quegli anni a Firenze.
Comunque, da allora, il Martedì grasso, i due rioni di Bibbiena, organizzavano la festa: i piazzolini colori bianco e celeste, avevano al proprio interno la società del "bello ballo". I fondaccini, colori giallo e rosso, avevano al loro interno la società del "bello pomo"; si trova scritte che gruppi di giovani con merli vivi legati al cappello con dei nastri, andavano di porta in porta, cantando antiche canzoni, raccogliendo cibo e vino per la festa.
Alle ore 5 del pomeriggio, al suono della campana della torre principale del castello (campanone), i Piazzolini e i Fondaccini si portavano nella piccola piazza che divide i due rioni, chiamata appunto "piazzolina", dove il più anziano dei fondaccini dava fuoco ad un ginepro detto "bello pomo" e la festa continuava poi frà canti, balli ed abbondanti libagioni.
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