contatti : pierluigi18faber@libero.it
ing.Pierluigi Carnesecchi
indice generale : http://www.carnesecchi.eu/indice.htm
Passare alla storia per un servizio di piatti
Fra Timoteo Carnesecchi
Al secolo : Alessandro Michele Carnesecchi nato il 7 maggio 1489 da Zanobi di Simone di Paolo
La madre e' Picchina Maria Gondi sposata da Zanobi di Simone nel 1477
Albero genealogico ………discendenza di Piero e Zanobi di Simone di Paolo di Berto Grazini
Non avrebbe di certo immaginato Timoteo che il suo nome sarebbe stato ricordato in modo particolare per alcune stoviglie che probabilmente aveva fatto gettare
Molti vendono l'anima al diavolo per dare fama al proprio nome e questo tranquillo abate se la trova a poco costo in saccoccia
Vediamo di conoscerlo meglio
Intanto lo sappiamo fratello di Lorenzo l'intrepido commissario protagonista della resistenza nella Romagna fiorentina ai tempi dell'assedio, l'uomo che aveva messo la taglia sulla testa di Papa Clemente VII
Le notizie che ho raccolto sono veramente scarne
Si parla di Timoteo nell'Epistolario di fra Vincenzo Mainardi da San Gimignano
Epistolario di fra Vincenzo Mainardi da San Gimignano, domenicano, ...
Vincenzo Mainardi, Armando Felice Verde ,Elettra Giacconi.- 1992 - 841 pagine
A pagina 700 fr Timoteus Zenobii [Carnesecchi de Florentia]
... fr Iohannes Maria [ser Antonii] de Valle [de Florentia] fr Timoteus Zenobii
[Carnesecchi de Florentia] fr Antonius [Francisci Michaelis Fabroni] de ...
Visualizzazione frammento
Timoteus Carnaridicus dovrebbe trattarsi di fra Timoteo di Zanobi Carnesecchi. Questa identificazione (suggerita dalla latinizzazione del cognome puo' suscitare qualche perplessita' perche' nella ordinazione generale del 3 marzo 1508………. ... rimanda facilmente a " Carnesecchi ". Questi [al secolo Alessandro] prese l'abito domenicano in San Marco il 13. I.1509 [10] (S. Marco, c. l0\v). Nell'Ordinazione generale del 3.III. 1508 [09], citata a proposito di fra Timoteo Carnesecchi, fu ordinato ...
Thimoteus Zenobii Ordinis S. Dominici de Fesulis secondo fra Vincenzo Mainardi da San Gimignano e' ordinato diacono il 3 marzo 1508
Timoteo di Zanobi Carnesecchi era pero' del convento di San Marco di Firenze e non di quello di Fiesole
Si parla di Fra Timoteo anche in
Archivum fratrum praedicatorum, Volume 73 - Pagina 251
Istituto storico domenicano S. Sabina (Rome, Italy) - 2003... P. Timoteo Carnesecchi e consultino [?] di F Gio. ... Vallombrosa nel IX
centenario della morte del fondatore Giovanni Gualberto (12 luglio 1073), ...
Un documento proveniente da Vallombrosa ci dice che Timoteo divenne abate in Santa Reparata in salto nel periodo 1520-1524
L'abbazia di Santa Reparata in Salto dipendeva da Vallombrosa
devo chiarire chi sia questo :
Domnus Michaele Zenobii
di C Von Fabriczy - 1902 -
Domnus Michaele Zenobii de Carnesecchis et I nasterii sancti Salvatoris de Sep. Domnus. Innocentius Qualterotti de Riccialbanis. ) timo ordinis Cistercensis ...
www.jstor.org/stable/25167460 -
STORIA DI UN RITROVAMENTO DI UN SERVITO NELL'ABBAZIA DI SANTA REPARATA IN SALTO
Erano diversi anni che sentivo parlare di un servizio di piatti ritrovato a Santa Reparata in salto a Marradi;un servizio molto incompleto con lo stemma dei Carnesecchi di Firenze
Un servito appartenuto all'abate Timoteo Carnesecchi.
Tutto era molto confuso fino a che non ho avuto modo di contattare epistolarmente il ceramologo prof. Alessandro Alinari
L'ordine monastico di Vallombrosa fu fondato da S. Giovanni Gualberto nei primi decenni dell'XI secolo. Il giovane santo, dopo aver vissuto alcuni anni all'interno della abbazia cluniacense di S. Miniato al Monte di Firenze, se ne allontanò scontento delle condizioni di ricchezza, degrado dei costumi ed abbandono del rispetto del rigore della regola benedettina (principale protagonista del monachesimo occidentale) da parte della gran parte dei monasteri benedettini della sua epoca, divenuti dei veri e propri centri di potere più che vita religiosa. Ma la sua vivace ed infiammata polemica era anche rivolta contro la Chiesa secolare dell'epoca, il cui clero ed episcopato era non raramente dedito alla pratica della simonia e lontano dai principi del Vangelo. Desideroso quindi di allontanarsi da tale situazione, dare un contributo al ripristino dell'originario spirito della regola di S. Benedetto, e richiamare la Chiesa al rispetto del messaggio evangelico, Giovanni Gualberto raggiunse i folti boschi del Pratomagno, dove, in località Vallombrosa fondò una piccola comunità monastica, riunita sotto il rigoroso rispetto della Regola benedettina. Dopo pochi anni il nuovo Ordine di Vallombrosa conobbe un notevole sviluppo e si distinse sempre di più nel proprio impegno nella riforma della vita della Chiesa.
Nel territorio del Mugello e Alto Mugello si trovano alcune tra le più antiche abbazie appartenenti all'ordine di Vallombrosa: S. Pietro a Moscheta, S. Paolo a Razzuolo, S. Maria a Crespino e S. Reparata in Salto. Le ultime tre, addirittura, si trovano lungo il tracciato della via Faentina, tra Borgo S. Lorenzo e Marradi, a distanza di pochi chilometri l'una dall'altra. Appare subito evidente che un tale straordinario raggruppamento di antiche abbazie dell'Ordine vallombrosano nel territorio mugellano, non solo non può essere un evento casuale, ma costituisce di per sé un fatto di notevole rilevanza storica
Foto aerea sullo antico Convento della Badia Del Borgo ( Santa Reparata in salto) a Marradi ora in parte adibito a complesso residenziale: resta la Chiesa ed il Campanile Romanico e qualche "resede" della Curia, adibito ad ospitalità per i pellegrini od escursionisti. Foto da Fotogramma di Sartoni Luca (architetto) e Katia.
http://www.fotografieitalia.it/foto.cfm?idfoto=30570
In una pubblicazione di Anna Moore Valeri si parlava del ritrovamento in una fossa biologica di pezzi di un servito con lo stemma dei Carnesecchi
Il ritrovamento non avrebbe niente di eccezionale se non fosse che queste ceramiche provenivano da Cafaggiolo
Cioe' erano pezzi di notevole interesse storico per appartenere ad una manifattura scarsamente testimoniata
L'abbazia di Santa Reparata in Salto dipendeva da Vallombrosa
Un documento ,appunto proveniente da Vallombrosa come abbiamo visto ci dice che l'unico frate della famiglia Carnesecchi che dimoro' in Santa Reparata in salto fu Timoteo Carnesecchi , che fu abate nel periodo 1520-1524
Questo rendeva attribuibile il servito alla sua committenza e permetteva una datazione
2003
... a Cafaggiolo un vasaio di Deruta, esperto del lustro metallico, un vasaio da
Faenza, ... 187-192; per Timoteo Carnesecchi, si veda Moore Valeri 2000, p. ...
Sono conservati a Faenza nel museo internazionale delle ceramiche 21 pezzi di un servito ora composto da 19 piatti piccoli , 1 frammento di piatto grosso , 1 piccolo boccale tutti in maiolica prodotta a Cafaggiolo e tutti con lo stemma dei Carnesecchi fiorentini.
Provengono dall'abbazia di Santa Reparata in Salto che dipendeva da Vallombrosa
Un documento ,appunto proveniente da Vallombrosa ci dice che l'unico frate di questa famiglia che dimoro' in Santa Reparata in salto fu Timoteo Carnesecchi , che fu abate nel periodo 1520-1524
MI SCRIVE IL DR PAOLO PICCARDI
( Paolo Piccardi e' anche autore di una tesi sui vasai di Montelupo )
Allego degli appunti su Cafaggiolo, propedeutici a un mio studio sulle maioliche di Montelupo. dr Paolo Piccardi
La maiolica, che aveva goduto di grande apprezzamento nel corso del Rinascimento, competendo, grazie alle sue vivaci decorazioni, con altri materiali più nobili, quali il peltro ed altri metalli, più o meno preziosi, fu relegata ad un ruolo ben più modesto con il diffondersi in Europa della produzione di porcellane, fino ad allora esclusivamente importate dal mitico Oriente,
Solo nello scorso secolo, la sensibilità ed il gusto di accorti studiosi e collezionisti seppero riscoprire il perduto fascino delle maioliche, iniziandone lo studio ed avviandone la classificazione su base organica, tentando di individuarne il luogo di produzione e l'origine.
La maggior parte delle maioliche appariva priva di marche od altri contrassegni che ne consentissero una sicura collocazione. Questa insufficienza, unita ad un certo spirito campanilistico, portò alla esaltazione di alcuni luoghi di produzione, a scapito di altri, favorita anche dalla uniformità delle decorazioni e dei materiali impiegati sulla maggior parte dei reperti.
Alcuni pezzi, tuttavia, spiccavano per l' inconfondibile livello qualitativo delle pitture e dei materiali impiegati, ma le marcature sul loro retro riportavano una non meglio precisata bottega o località, indicata, di volta in volta, con bizzarria ortografica, come Chafagguolo, Chafaggiuolo, Chafagiuollo, Cafagiollo, Gafaciolo, Gafagiollo, località, comunque, non individuabile fra i centri di produzione conosciuti.
Nel 1880, Carlo Malagola, pubblicando le "Memorie sulle maioliche di Faenza", nell'intento di attribuire alla sua città il primato della produzione di maiolica, inserì tali belle, ma misteriose, maioliche fra quelle uscite dalle botteghe faentine, tentando di avvalorare l'esistenza della bottega di un certo Guido Faxolus, che un documento del 1530 indicava come lavorante ad exercitium figuli de terra super rotam, ossia un lavorante al tornio, dal cui nome il Malagola ipotizzava l'origine della marca Ca faxolo oppure Ca fasolo.
Tale teoria apparve immediatamente indifendibile e suscitò un turbine di polemiche fra numerosi studiosi, fra i quali Luigi Frati, che nello stesso 1880 pubblicò un articolo su "Nuova Antologia" e A. Genolini, che, nel 1882, scrisse "Le maioliche di Cafaggiolo e della casa Fasoli", ambedue confutando la teoria del Malagola, solo in forza di logica, senza poter contrapporre teorie alternative suffragate da prove.
Negli anni seguenti, iniziò a diffondersi la notizia che Gaetano Milanesi, Accademico della Crusca, esaminando documenti dell' Archivio di Stato fiorentino, aveva potuto risolvere l'enigma dell'origine delle maioliche di Cafaggiolo, ma i documenti probatori non venivano messi a disposizione degli altri studiosi, in attesa della definitiva stesura del libro che il Milanesi aveva intenzione di pubblicare.
Nel 1888, durante lavori di assestamento di una scaletta segreta nella villa medicea di Cafaggiolo (nel Mugello fiorentino), vennero rinvenuti frammenti di ceramica, che il proprietario dell'epoca, il principe Marcantonio Borghese, affidò allo studio del prof. Piancastelli, che ritenne opportuno farli pervenire al conservatore della pinacoteca di Faenza, Federigo Argnani,
Nel 1889 l' Argnani pubblicò una ponderosa opera, corredata da sue pregevoli riproduzioni: "Le ceramiche e maioliche faentine dalla loro origine fino al principio del secolo XVI". Benché avesse potuto esaminare i frammenti rinvenuti a Cafaggiolo, l' Argnani riprese la teoria del Malagola, insistendo sull'esistenza della faentina Ca' Fagioli e dichiarandosi disposto a sostenere tali tesi fino a quando non fossero state rivelate le fantomatiche prove documentali di Gaetano Milanesi.
Fra il 1890 ed il 1893, Fortnum, Rossi, Funghini e Darcel dettero alle stampe le loro ipotesi sulle maioliche di Cafaggiolo, opponendosi nettamente agli assunti di Malagola ed Argnani.
Purtroppo, nel 1895, Gaetano Milanesi morì, senza aver potuto neppure riordinare i suoi appunti. Il lavoro interrotto fu ripreso da Gaetano Guasti, che, finalmente, nel 1902, poté rivelare i documenti che provavano inconfutabilmente l'esistenza della fabbrica nella villa medicea di Cafaggiolo.
Le ricerche condotte da Milanesi avevano fatto venire alla luce anche altri importanti documenti, che testimoniavano l'esistenza di numerose botteghe ceramiche sia a Firenze che nel contado fiorentino, tanto che il libro del Guasti si intitolò "Di Cafaggiolo e d'altre fabbriche di ceramiche in Toscana".
E' la prima volta che appare Montelupo (e San Miniatello), come centro produttivo di maioliche, e, se si considera che proprio i primi ceramisti di Cafaggiolo provenivano da Montelupo, è incomprensibile che nessun altro studioso vi abbia mai fatto prima riferimento.
Basti pensare che uno studio del Genolini sulle maioliche italiane, del 1881, attribuisce solo delle "terre invetriate" a Montelupo, località che mezzo secolo dopo non verrà neppure nominata da Gaetano Ballardini nella sua fondamentale opera dedicata allo studio delle maioliche italiane._
Chompret, nel suo dettagliato esame dei vari luoghi di produzione della maiolica italiana, parla di Montelupo come di una recente acquisizione al mondo della ceramica e, in mancanza di ulteriori riferimenti, attingendo solo ai documenti di archivio pubblicati dal Guasti, enumera, come operanti nel corso dei secoli XV e XVI, solo 30 ceramisti a Montelupo, 60 in Firenze, e ben 15 a Cafaggiolo, che ospitava unicamente una fornace nei domini della famiglia Medici._
In realtà, proprio la produzione ceramica fu in quel periodo l'attività predominante a Montelupo, come risulta dalla seguente disposizione rinvenuta negli Statuti del Podestà del 1499: "Considerato che nel Castello di Montelupo sono la maggior parte degli uomini artefici, cioè orciolai", i venditori di frutta, che si recavano alcuni giorni la settimana nel Castello, "dovevano sostare 4 ore in sulla piazza prima di venderle all' ingrosso affinché quegli orciolai che non hanno arti possano comprarli"._
Per comprendere i motivi della sottovalutazione della produzione montelupina, dobbiamo considerare che i maestri maiolicari non avevano la consuetudine di firmare le loro opere e che, nonostante una presunta "segretezza" delle tecniche produttive, le maioliche dei vari centri ceramici italiani risultano caratterizzate da una notevole uniformità, che ci svela come la smania di primeggiare comportasse l'appropriazione dei progressi gradualmente raggiunti da altri.
In tale mancanza di certezze per l'attribuzione delle opere rimasteci, è stato naturale sopravvalutare alcuni centri produttivi, a scapito di altri, per motivi non del tutto razionali, quali, ad esempio, il fatto che né il Piccolpasso né il Vasari, abbiano mai fatto riferimento alle ceramiche prodotte a Montelupo. Al contrario, la presenza di argille e di abbondante legname per l'alimentazione del fuoco delle fornaci favorì il prosperare dell' attività ceramica a Montelupo, dove, alla fine del XV secolo, l'incremento di produzione coincise con la progressiva rarefazione dei produttori del capoluogo, Firenze, per i più vari motivi, dai maggiori costi di produzione, al fatto che risultavano fastidiosi i fumi delle fornaci, che costituivano anche una probabile causa di incendi._
In tutta la Toscana, i centri primitivi di produzione ceramica ripercorrono gli insediamenti etruschi, anche se non possiamo individuare una continuità fra i manufatti etruschi e le maioliche rinascimentali. Montelupo, una località situata su di un'altura a poche decine di chilometri a valle di Firenze, lambita dalla riva sinistra dell'Arno, che qui riceve le acque dell'affluente Pesa, ebbe certamente ascendenze etrusche, ma possiamo escludere che i vasai di cui ci occupiamo abbiamo usufruito della benché minima influenza di tale precedente esperienza. Il Castello di Montelupo, infatti, nucleo centrale ed in cui troviamo la maggior concentrazione di botteghe e fornaci di orciolai, fu iniziato a costruire solo a partire dal 1203. Anche se, probabilmente, nacque sulla base di un modesto nucleo fortificato preesistente, i documenti dell' epoca attestano che fu popolato mediante lo spostamento di popolazioni vicine._ Montelupo deve il suo nome all'intento di dileggiare gli antichi proprietari, i conti Alberti di Capraia, che avevano rifiutato la sottomissione a Firenze._ A parte la distruzione, avvenuta nel 1325 ad opera di Castruccio Castracani e la successiva ricostruzione ad opera della Repubblica di Firenze, che volle erigere anche le mura di difesa con due sole porte, la sua storia non presenta fatti salienti, come dovette constatare anche un descrittore della Toscana, che fu costretto a scrivere: "Non si ha memoria nelle storie di considerabili avvenimenti relativi a questo castello ... Le fabbriche son per lo più rusticane ed anzichenò di goffo e barbaro gusto"._ Fu un giudizio molto severo, che tralasciò di menzionare come Montelupo fosse il luogo natale di Bartolomeo di Giovanni Sinibaldi, detto Baccio da Montelupo, che acquistò fama di eccellente scultore a Firenze e a Lucca._ Tralasciò anche di illustrare il Palazzo Pretorio, la Pieve di San Giovanni, che conserva opere della bottega del Botticelli e, infine, l'ex villa medicea dell'Ambrogiana, edificata dal Buontalenti verso la fine del '500.
Recenti campagne di scavo hanno potuto riconoscere a Montelupo una tradizione ceramica di antica data. Guasti arriva ad ipotizzare che i piatti "votivi" murati nella facciata della cattedrale di San Miniato, risalente al secolo XIII, possano essere stati prodotti nelle fornaci della vicina Montelupo._
Come vedremo, nel corso di questo studio è stato possibile identificare ben 574 ceramisti operanti a Montelupo nell'arco dei secoli XVI e XVII. E' un numero rilevante, se si considera che nel 1552 il castello contava solo 102 famiglie con 469 abitanti, nel 1562 131 famiglie con 562 abitanti e, nel 1661, le famiglie risultavano essere 135._
Il livello qualitativo raggiunto nella loro professione non deve essere stato secondo ad altri se i Medici, nonostante la presenza di numerosi ceramisti in Firenze, per il laboratorio ceramico situato a Cafaggiolo, ingaggiarono due fratelli montelupini, Pietro e Stefano, figli di Filippo di Dimitri. La documentazione di questo fatto appare in un atto del 1506, redatto dal notaio Boccianti "... Una casa con fornace da stariglie (stoviglie) dirietro posta in sulla piazza di Chaffaggiuolo nel filare delle case di detta piazza. Tienla a pigione Pietro e Sthefano di Philippo da Monte Lupo". _
L'affermazione "tienla a pigione" ha recentemente fatto sorgere dubbi sulla validità dei precedenti assunti, in base ai quali la fornace di Cafaggiolo veniva considerato il laboratorio nel quale si manifestava il mecenatismo dei Medici nei confronti della ceramica. Comunque sia, il livello qualitativo delle maioliche di Cafaggiolo è altissimo, per impianto pittorico, perfezione dell'esecuzione nonché utilizzo di tecniche, smalti, e colori sconosciuti in altri insediamenti produttivi contemporanei, quali la finitura a lustro, ed è altrettanto certo che i ceramisti provenivano da Montelupo.
Questo e' un articolo di Marco Pinelli nel sito http://www.ilfilo.net/arte/ceramichecafaggiolo.htm sulla bottega di Cafaggiolo
Probabilmente intorno al 1495 Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici, ritiratosi a vivere nella quiete della villa di Cafaggiolo, che aveva ricevuto in proprietà dal cugino Lorenzo il Magnifico, è seguito da due vasai di Montelupo che avevano lavorato per lui a Firenze, ai quali concede in affitto alcuni ambienti ed una preesistento fornace, annessi all'edificio della villa. Si tratta dei fratelli Piero e Stefano di Filippo Schiavon (cioè proveniente dalla Schiavonia, più o meno l'attuale Croazia). Negli ultimissimi anni del XV secolo i due fratelli di Montelupo si stabiliscono in alcuni locali annessi alla villa medicea di Cafaggiolo, forse il luogo delle attuali scuderie, dando così inizio alla produzione delle maioliche di Cafaggiolo che raggiunse il proprio culmine nella prima metà dei Cinquecento.
I pezzi certamente provenienti dalla bottega di Cafaggiolo sono contrassegnati dal monogramma composto dalle lettere S e P intrecciate (probabile riferimento alle iniziali dei nomi dei due vasai fondatori della fabbrica Stefano e Piero, anche se alcuni vi hanno voluto leggere una contrazione della parola latina SEMPER, motto della famiglia medicea, volendo con ciò accentuare i legami con la illustre fami glia). All'inizio la produzione di albarelli, vasi, boccali, piatti, coppe, ecc. è caratterizzata dalla decorazione cosiddetta "porcellana antica toscana", costituita da motivi floreali azzurri (caratteristico è il tipo dei fiore a mezzaluna dentata) su fondo bianco, unita spesso alla raffigurazione di stemmi nobiliari; particolare importanza possono rivestire le armi matrimoniali (composte dall'unione fra quelle delle due famiglie unitosi in matrimonio), che consentono talvolta una preziosa e precisa datazione dell'oggetto su cui sono raffigurate. Si trattava di una produzione di notevole qualità ma ripetitiva nelle tipologie decorative, derivate da quelle in uso a Montelupo, ove certamente i due fratelli le avevano apprese, circostanza che avrebbe rischiato di appiattire la maiolica mugellana in una produzione di comune diffusione.
Ma un decisivo ed eccezionale salto di qualità si verifica quando inizia a lavorare all'interno della bottega (che sarà sempre condotta dagli eredi di Piero e Stefano) il figlio di Stefano (quest’ultimo muore nel 1532 circa, mentre Piero scompare nel 1507), Jacopo, che firma pezzi di livello veramente alto
Alcuni suoi piatti figurati, come quello raffigurante il pittore maiolicaro (probabilmente un auto- ritratto), quello con Giuditta e Betulia, o quello con Diana che osserva il sonno di Endimione (vedi foto), mostrano in tutta evidenza le notevolissimo qualità del loro realizzatore, tanto vicino ai modi del Botticelli da far sospettare che la sua formazione sia avvenuta proprio all'interno della bottega del grande pitttore fiorentino. Ma le raffinate ed eleganti linee botticelliane sono magnificamente unite a riferimenti precisi ad artisti come Filippino Lippi e Donatello. Un altro splendido esempio delle possibilità di Jacopo è costituito dal grande boccale col ritratto di papa Leone X, realizzato a Cafaggiolo nell'autunno del 1515, quando il primo pontefice appartenente alla famiglia Medici sostò alcuni giorni nella villa mugellana. Lo straordinario e potente profilo di Leone, un vero e proprio ritratto, sembra quasi richiamare l'energia dei Pollaiolo. Inoltre, una ulteriore caratteristica tipologica dell'arte di Jacopo è costituita dall'utilizzo della decorazione a grottesche, che egli realizza con freschezza, fantasia e vivacità. Quindi, le sue straordinarie qualità stilistiche e pittoriche nonché la sua tendenza a considerare la superficie del pezzo da decorare come un campo totalmente libero e disponibile per la narrazione di storie, fanno sospettare una sua opera di pittore di dipinti o affreschi, tanto che non riuscirebbe sorprendente se un giorno si riuscisse a ricostruire e riconoscere anche una sua attività in tal senso, attività che certamente deve aver praticato e conosciuto nel caso di una sua presenza all'interno della bottega del Botticelli. In seguito, sempre per rimanere aggiornati e commercialmente competitivi, i vasai di Cafaggiolo si avvalsero della collaborazione di decoratori provenienti da importanti e famosi centri di produzione di ceramiche come Faenza, Deruta ed Urbino. Dall'opera di costoro scaturiscono lavori di assoluto prestigio e di grande fascino cromatico, ispirate spesso allo stile ed alle opere dei maggiori artisti dei Cinquecento italiano, che venivano conosciute attraverso la loro riproduzione e diffusione attraverso le incisioni che ne venivano tratte. I vasai di Cafaggiolo ebbero però una fornace anche nella vicina località di Galliano, che aveva sede presso la villa Il Monte (tuttora esistente), la quale è raffigurata sopra un bel piatto custodito al museo dei Bargello. Nel corso della seconda metà del XVI secolo (Jacopo rimane attivo almeno fino al 1576) la qualità della produzione di Cafaggiolo sembra declinare progressivamente verso prodotti di uso comune, fino a scomparire già nei primi anni dei Seicento per causa sconosciute, ma che forse possono essere identificate nella mancanza di personalità artistiche in grado di rinnovare le tipologie e di mantenere il livello qualitativo della produzione. La manifattura, dunque, scompare dopo aver vissuto per poco più di un secolo, lasciando, però, una splendida eredità alla storia dell'arte ed alle genti del Mugello.
Questo e' un articolo di Marco Pinelli nel sito http://www.ilfilo.net/arte/ceramichecafaggiolo.htm
Il servito di Timoteo deve essere inquadrato nel periodo di attivita' di Piero e di Stefano
Infatti i pezzi sono contrassegnati dal monogramma composto dalle lettere S e P intrecciate
La presenza dello stemma Carnesecchi permette di datare all'intervallo la manifattura del servito in coincidenza alla presenza dell'abate
Secondo Anna Moore Valeri i pezzi rimanenti del servito dovevano essere conservati a Faenza:
Sono conservati a Faenza nel museo internazionale delle ceramiche 21 pezzi di un servito ora composto da 19 piatti piccoli , 1 frammento di piatto grosso , 1 piccolo boccale tutti in maiolica prodotta a Cafaggiolo e tutti con lo stemma dei Carnesecchi fiorentini.
Provengono dall'abbazia di Santa Reparata in Salto che dipendeva da Vallombrosa
Museo internazionale delle ceramiche (Faenza, Italy) - 2004
... al centro lo stemma della famiglia Carnesecchi di Firenze. ... dall'Abbazia
di Vallombrosa l'unico abate di questo nome, Timoteo Zanobi Carnesecchi, ...
Mi sono interessato presso il Museo di Faenza ed ho avuto un gentilissimo riscontro
Gent.mo Sig. Carnesecchi,
purtroppo la notizia che il servizio Carnesecchi sia conservato al Museo di Faenza non risponde al vero. Ricordo che ne aveva parlato Anna Moore Valeri in un saggio su "CeramicAntica".
La credenza dell'abate Carnesecchi, che resse il monastero di Santa Reparata in Salto (Marradi) fra 1520 e 1524 (ora trasformato in condominio di abitazioni estive), mi risulta dispersa fra collezionisti di Faenza, Firenze, Filadelfia; un piatto è anche al Bargello.
Questo è quanto ricordo di quel rinvenimento.
Cordiali saluti
Carmen Ravanelli Guidotti
LA MOSTRA DI BORGO SAN LORENZO E IL PROF ALESSANDRO ALINARI
Una buona affluenza di pubblico ha caratterizzato il secondo week end di apertura della mostra "Ceramiche Medicee in ricamo", a Villa Pecori Giraldi, organizzata dalla Scuola di Ricamo di Borgo San Lorenzo in collaborazione con il Comune, la Comunità Montana Mugello e i gestori della Villa. Un week end lungo, quello che si è intrecciato con il ponte dell’Immacolata, che ha visto la frequentazione della mostra da parte di gruppi di ogni età ma anche di turisti, amanti del ricamo e con la voglia di ammirare le affascinanti sale della Villa Pecori Giraldi decorate dai Chini.
Notevole interesse hanno suscitato ovviamente gli splendidi ricami esposti ed eseguiti dalla scuola di ricamo a trapunta fiorentina, a punto ombra, ma anche a punto croce e a punto antico ma anche i tessuti lavorati a mano dalla Fondazione Lisio che in diretta si è cimentata nella dimostrazione pratica dell’antica tessitura detta a "buratto".
Grande apprezzamento hanno ricevuto i rari e preziosi pezzi ceramici esposti a titolo di prestito temporaneo da Alessandro Alinari e dall’antiquario Giuseppe Margheri, vera perla di questo evento. Grande curiosità per la storia delle cinque maioliche e il frammento che fanno parte di un servizio da tavola di 21 pezzi realizzato tra il 1520 e il 1524 nelle fornaci di Cafaggiolo e destinato all’Abate don Timoteo Carnesecchi dell’Abazia Vallombrosana di Santa Reparata in Salto, a Marradi. I pezzi hanno incuriosito non poco i visitatori: essi sono stati ritrovati durante il recente restauro e la trasformazione in residenze dei locali dell’Abazia in una fossa biologica in cui erano stati gettati forse a causa di una pestilenza O DI UN TERREMOTO.
Particolarmente interessante la conferenza tenuta dal ceramologo Alessandro Alinari che ha confrontato i ricami eseguiti con le maioliche prodotte dalle Fornaci di Cafaggiolo, luogo di elaborazione e realizzazione di ceramiche di alta qualità, dedicate ad una elite.
Ne sono esempi i rari e preziosi pezzi esposti a titolo di prestito temporaneo da Alessandro Alinari e dall’antiquario Giuseppe Margheri. La storia dei pezzi ha sorpreso gli stessi organizzatori. Le cinque maioliche e il frammento fanno parte di un servizio da tavola di 21 pezzi realizzato tra il 1520 e il 1524 nelle fornaci di Cafaggiolo. Il servizio, destinato all’Abate don Timoteo Carnesecchi dell’Abazia Vallombrosana di Santa Reparata in Salto, situata a Marradi, sulla strada che conduce verso San Benedetto in Alpe, è stato ritrovato durante il recente restauro e la trasformazione in residenze dei locali dell’Abazia. Ritrovato per altro nella fossa biologica in cui, probabilmente, era stato gettato a causa di una pestilenza. Il raro piatto con le palle dei Medici in rilievo è riferibile alla presenza presso le Fornaci di Cafaggiolo di un "esperto" proveniente da Deruta, dove era in auge la costosa lavorazione della maiolica con il lustro metallico, che obbligava ad una terza cottura dei pezzi ceramici. Lo stemma mediceo non riporta i gigli di Francia, onorificenza concessa solo a Piero di Cosimo de’ Medici detto il Gottoso e ai suoi discendenti: potrebbe riferirsi al figlio di Lorenzo di Pierfrancesco de’Medici che viveva nella Villa di Cafaggiolo, dove il padre aveva concesso in affitto a due vasai di Montelupo alcuni ambienti ed una preesistente fornace, annessi all’edificio. I pezzi esposti sono contrassegnati dal monogramma composto dalle lettere "S" "P" "R" intrecciate, probabile riferimento alle iniziali dei due vasai fondatori della fabbrica: Stefano e Piero
Il contatto col prof . Alessandro Alinari mi ha ora permesso di conoscere con sicurezza il destino dei 21 pezzi ritrovati
le maioliche da lei viste alla mostra di Borgo San Lorenzo sono in effetti porzione di un servizio a destinazione monastica trovate durante i lavori di trasformazione dell'abbazia di ordine vallombrosano detta di Santa Reparata in Salto, presso Marradi. Sono state eseguite a Cafaggiolo, come è certificato anche dalla sigla sul roverscio, ed erano destinate ad un 'abate mitrato' della famiglia Carnesecchi (don Timoteo di Zanobi), come attestato dallo stemma.
Una cronotassi degli abati del monastero informa che un abate della famiglia resse l'istituzione fra il 1520 ed il 1524, subito dopo che l'incarico a vita dei presuli era stato mutato in nomina temporanea.
La composizione in 21 pezzi del corredo monastico è in realtà ciò che rimane ma non sappiamo quale consistenmza avesse. Un frammento di vassoio rotondo, che fa ipotizzare un ampio diametro, può rappresentare uno dei numerosi elementi di 'presentazione del cibo sulla mensa' . Si suppone che la dotazione comprendesse almeno una saliera e forse le ampolle per i condimenti oltre che numerosi altri piatti di più misure.
Altro non saprei dire, salvo che l'intero gruppo di maioliche sarà presto pubblicato in una trattazione riguardante la maiolica di Cafaggiolo.
I reperti ceramici trovati nel monastero furono messi sul mercato poco più di 15 anni or sono.
Feci in modo da farne acquisire un esemplare per il Bargello. Tre esemplari (con la brocca) e due frammenti li acquistai per me. Il resto fu venduto a Faenza; alcuni capi sono a Filadelfia, a Borgo San Lorenzo, a Firenze, un piatto è stato venduto ad un'asta parigina, altri forse sono rimasti a Faenza. Io ho le foto di tutti.
Non avrei difficoltà a passarle le foto ma sto per pubblicare e preferisco che questa documentazione, che le avrei mostrato volentieri di persona, rimanga per ora inedita. Credo che mi potrà capire.
Dal punto di vista araldico tutti i pezzi sono identici: lei conosce l'esemplare pubblicato per mia concessione dalla Moore Valeri, dunque sa di cosa si tratta.
Non ci resta che attendere la pubblicazione del nuovo studio del prof .Alinari
Museo internazionale delle ceramiche (Faenza, Italy) - 2004 - Visualizzazione snippet
The find included maiolica from Montelupo, Faenza and Cafaggiolo, and incised slipware from Borgo San Lorenzo, ... dated quite precisely on the basis of the arms of Timoteo Carnesecchi, who was abbot of Santa Reparata from 1520 to 1524. ... |
Come al solito si fanno considerazioni genealogiche sbagliate se e' vero che Timoteo era Alessandro Michele fratello del commissario Lorenzo e' anche vero che Bernardo di Andrea di Bernardo non e' sicuramente figlio di Andrea di Paolo di Simone .
E' un errore commesso dal conte Passerini il famoso genealogista e che ha indotto all'errore molti che hanno scritto dopo di lui
ECCO POCHE FOTO DEL SERVITO
ECCO LA DESCRIZIONE DELLA DR.SSA MOORE
Ecco la fotografia del piatto oggi conservato al museo del Bargello
per la cortesia di Francesco Bini
ECCO LA CERTIFICAZIONE SU UNO DI QUESTI PIATTI FORNITAMI DA UN ACQUIRENTE
Come si puo' notare in questa certificazione troviamo riferimenti a questo sito
Anche l'albero genealogico allegato e' tratto da questo sito ( da me elaborato con l'aiuto del dr ANGELO GRAVANO )
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|