contatti : pierluigi18faber@libero.it

ing.Pierluigi Carnesecchi

indice generale : http://www.carnesecchi.eu/indice.htm

 

Storia dei Carnesecchi 1

Storia dei Carnesecchi 2

Storia dei Carnesecchi 3

Storia dei Carnesecchi

 

Stemmi matrimoniali

 

 

Lo stemma dell'uomo sta a sinistra di chi guarda ( destra araldica ) e lo stemma della donna a destra di chi guarda ( sinistra araldica )

Utilissima indicazione

Ma quando e' nata questa convenzione ?

Sul forum IAGI vi e' un thread assai interessante

Stemma Famiglia De Procopiis Falconi

Stemma De Procopiis Falconi : Buongiorno a tutti vorrei chiedere un aiuto per identificare meglio la datazione dello stemma e la storia delle famiglie; si tratta di uno stemma scoperto sotto gli intonaci, durante i lavori di restauro, in un palazzo nobiliare in Giovinazzo (BA), posizionato al centro di quello che probabilmente doveva essere l'antico portale di accesso esterno. Il palazzo è appartenuto alla Famiglia Chiurlia, le notizie documentarie più antiche del palazzo si riferiscono al testamento, di Simeone Chiurlia sposato con Carella De Procopiis, redatto dal notaio Marianus de Cristofaro nel palazzo nel 1506. L'epigrafe ARMA PATRIS (De Procopiis) ARMA MATRIS (Falconi) sembra in carattere gotico; della famiglia De Procopiis non ho alcuna notizia se non lo stemma della famiglia rappresentato nel "mortuale" del canonico Giovannello Sasso (anni 1495-1524), mentre della famiglia Falconi o Falcone rilevo lo stemma dalle tombe di questa famiglia presenti nella chiesetta romanica di Santa Margherita in Bisceglie (BA) e dal libro della cronotassi dell'episcopato pugliese. Una particolarità deriva dal fatto che il falco nello stemma trovato a Giovinazzo porta in bocca una spiga di grano, a differenza degli altri della stessa famiglia. Rappresentava una modalità per associare i due stemmi dato che quello della famiglia De Procopiis ha la spiga di grano al centro dello stemma?...........LU20

 

La specificazione sottostante agli stemme depone per la mancanza di una convenzione conosciuta

Non so quando nasce la codifica sulla posizione degli stemmi . Io ne ho trovato traccia da inizio 400 ( anche se una codifica non impone necessariamente l'artigiano o le famiglie la conoscano ) ed inoltre puo' mettere del tempo a diffondersi

Quando le prime tracce di una codifica ? Non so dare una risposta

 

 

 

by sito https://www.gentedituscia.it/pieri-buti-famiglia/ Scheda di Giancarlo Breccola – Ibimus

Pieri Buti – Famiglia (Montefiascone, secc. XIX-XX)

 

Ramo dell’aristocratica famiglia Pieri di Montefiascone, ivi costituitosi agli inizi dell’Ottocento a seguito dell’unione di un elemento femminile di questa casata con uno maschile im­migrato della famiglia Buti. Tra i membri della fa­miglia Pieri si era in precedenza distinto France­sco Maria, autore de La situazione trasciminia de­gli antichi Falisci e della loro metropoli Falerio, studio storico sulla civiltà falisca non scevro da fan­tasiose suggestioni, pubblicato postumo, nel 1788, dalla tipografia del Seminario di Montefiascone.

by sito https://montefiascone.artecitta.it/palazzo-cernitori-pieri-buti/

Il palazzo fu fatto costruire verso la fine dell’Ottocento dal notaio Francesco Cernitori e dalla moglie che apparteneva alla famiglia Renzi.

( uomo a dx araldica e donna sx araldica )

Palazzo Cernitori-Renzi poi Pieri Buti-----Montefiascone

 

 

 

 

un matrimonio dei Duranti/Carnesecchi coi Peruzzi

 

 .

 

Ricevo dalla dottoressa Cecilia Scalella la notizia dell’esistenza di una piccola tavola d’altare, raffigurante la Madonna con Bambino e Santi, conservata al Museo dell’Ospedale degli Innocenti, su cui compaiono gli stemmi dei Carnesecchi e dei Peruzzi

 

Le invio una foto dell'opera attribuita da Federico Zeri e da Richard Offner nel 1968 al cosiddetto "Maestro del Cristo docente" alias "Maestro Francesco", un anonimo artista attivo a Firenze negli anni 1350 - 1390. L'opera in questione è una piccola tavola d'altare raffigurante la Madonna con Bambino e i Santi Caterina, Giovanni Battista, Maria Maddalena e Giovanni Evangelista ed è conservata al Museo dell'Ospedale degli Innocenti. Ai lati estremi della predella sono ben visibili e due stemmi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non ho alcuna notizia su questo matrimonio Duranti Peruzzi : Bernardo di Cristofano aveva sposato Cosa Peruzzi ma ritengo il quadro si riferisca ad un matrimonio di molto anteriore per via dello stemma Duranti

 

 

 

 

 

 

ANNO 1423

 

 

La madonna Boni - Carnesecchi o Madonna di Brema di Masolino porta la data del 1423 e sulla sinistra di chi guarda si vede lo stemma dei Carnesecchi

Per la cortesia della dot.ressa Cecilia Frosinini Opificio delle Pietre Dure--Firenze )

 

Possiamo considerare il quadro come legato ad un matrimonio

A sinistra di chi guarda lo stemma maschile ( Carnesecchi ) e a destra quello femminile ( Boni )

 

 

 

 

 

 

 

La madonna Boni - Carnesecchi o Madonna di Brema porta la data del 1423 e sulla sinistra di chi guarda si vede lo stemma dei Carnesecchi

 

 

 

 

 

 

Giovanni di ser Giovanni di Mone detto lo Scheggia  Matrimonio Carnesecchi - Lanfredini : Un cassone di Giovanni di ser Giovanni di Mone detto lo Scheggia

 

 

ANNO 1467 : Lo Scheggia : Cassone per il matrimonio di Giuliano Carnesecchi e Cassandra Lanfredini--stemmi Carnesecchi-Lanfredini

 

 

 

 

Lo Scheggia : Cassone per il matrimonio di Giuliano Carnesecchi e Cassandra Lanfredini--stemmi Carnesecchi-Lanfredini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Attributed to Giovanni di Ser Giovanni Guidi, Lo Scheggia (San Giovanni Valdarno, nr. Arezzo 1406-1486 Florence)

A Cassone: central panel: The Triumph of David; testate (end panels): Hercules and the Lernaean Hydra; and Hercules saving Deianeira from Nessus, all three panels inset into an Italian Baroque-style polychrome-painted, parcel-gilt cassone, probably 19th Century and incorporating earlier elements, with restorations and additions; and the arms of Carnesecchi and Lanfredini families tempera and silver on gold ground panel

central panel: 15 5/8 x 51¼ in. (39.7 x 130.2 cm.); end panels: 15 7/8 x 19¾ in. (40.3 x 50.2 cm.); the Cassone overall: 27¼ in. (69.2 cm.) high, 74 1/8 in. (188.3 cm.) wide, 27 5/8 in. (70.2 cm.) deep

Provenance

The central panel possibly supplied for the marriage of Giuliano Carnesecchi and Cassandra Lanfredini, in 1467.

[Presumably] Sir Francis Cook, 1st Bt., Visconde de Monserrate (1817-1901) and by descent in the Smoking Room at Doughty House, Richmond, Surrey, to Sir Francis Cook, 4th Bt. (1907-1978), the late husband of Brenda, Lady Cook.

 

 

 

 

 

uno stemma a Firenze nella chiesa di San Francesco a Paola

Stemma matrimoniale strozzi Carnesecchi

 

 

Da Wikipedia (by Francesco Bini )

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

cassone attribuito al matrimonio tra Giovanni Strozzi e Maria Carnesecchi

 

 

 

 

 

 

 

 

interno chiesa San Francesco di Paola : stemma Mozzi e Carnesecchi

stemma matrimonio uomo Mozzi donna Carnesecchi

 

cortesia Francesco Bini

 

 

 

 

 

Carnesecchi-Velluti Book of Hours. Manuscript illuminated by Attavante degli Attavanti and workshop. Italy, Florence, c. 1490. 127 x 88 mm, 248 leaves, complete, vellum. 5 (inserted) full-page miniatures for double-page openings surrounded by full floral borders, including a large historiated initial and medallions.

 

 

Santa Maria Maggiore Firenze

Cappella di Zanobi Carnesecchi di Bartolomeo

Stemma Carnesecchi Velluti : matrimonio del senatore Bartolomeo di Zanobi Carnesecchi e Maddalena Velluti di Messer Luigi di Piero d'Andrea Velluti

Descrizione: Pannello rettangolare incorniciato.

Stato di conservazione: buono

Soggetto: stemma gentilizio delle famiglie Carnesecchi e Velluti

Indicazioni sul soggetto: Oggetti: scudo araldico. Decorazioni: drappo cornice a volute cherubino mascherone.

Materia e Tecnica: marmo/ scultura

Misure: 99 x 55

Data di creazione: 1584 - 1584, sec. XVI (Motivazione cronologia: bibliografia)

Ambito geografico: FI

 

 

 

 

 Santa Maria Maggiore Firenze

Cappella di Zanobi Carnesecchi di Bartolomeo

 Stemma Carnesecchi Capponi: matrimonio tra Zanobi di Bartolomeo Carnesecchi e Violante di Piero di Gino Capponi

 

Descrizione: Pannello rettangolare incorniciato. Oggetti: scudo araldico. Decorazioni: mascherone, drappo, volute accartocciate, cherubino.

Stato di conservazione: buono

Soggetto: stemma gentilizio delle famiglie Carnesecchi e Capponi

Materia e Tecnica: marmo/ scultura

Misure: 99 x 55

Data di creazione: 1584 - 1584, sec. XVI (Motivazione cronologia: bibliografia)

Ambito geografico: FI

 

 

 

 

 

 

 

 

gli stemmi di Santa Maria Maggiore sono caratterizzati dallo stemma dell'uomo a destra di chi guarda

La regola vale anche per il matrimonio Giuliano Carnesecchi Cassandra Lanfredini

e suppongo che la regola valga anche per lo stemma Carnesecchi-Strozzi dove il matrimonio e' probabilmente di una donna Carnesecchi ( sono molte le donne Carnesecchi al matrimonio con gli Strozzi )

Debbo reperire lo stemma Carnesecchi Del Rosso : facendo attenzione che mi potrei trovare di fronte al matrimonio Francesco Carnesecchi con Sestilia Del Rosso o anche al matrimonio di Rosso del Rosso con Ginevra(?) Carnesecchi

 

 

 

 

 

Stemma a Vaiano

 

 

 

Nel libro di Bruno Casini : " I Cavalieri di Pistoia,Prato e Pescia membri del sacro militare ordine di S.Stefano papa e martire " edizioni ETS pagine 361-363

487

Giovanni Francesco Buonamici di Prato discese, da parte del padre, dal cavaliere Pietro del cavaliere Buonamico Buonamici, e, da parte della madre, da Lucia, figlia di Lorenzo di altro Lorenzo Carnesecchi e di Dianora di Niccolaio Neretti di Firenze.Il detto Giovan Francesco supplicò il granduca di concedergli di fare le provanze de vita et moribus oltre a quelle dei quarti materni per ottenere l'abito di cavaliere milite dell'Ordine di S. Stefano e per essere investito della commenda di suo padronato, vacata a seguito della morte di suo padre cavaliere Pietro. Il 4 maggio 1624, si svolse il processo della vita e dei costumi davanti a Ridolfo Landi, vicario generale del cardinale Medici, proposto di Prato, e al cavaliere Giovanni Battista Bicicci; testimoni furono: Alberto Bizzi, gonfaloniere di Prato, Giovanni Benintendi, dottore di legge, Vannozzo Rocchi, Ferrante Ferracani e Lazzero Migliorati.Il 12 e 14 giugno 1624, si svolse il processo per le provanze di nobiltà delle famiglie Carnesecchi e Neretti, per disposizione dell'auditore Niccolò dell'Antella, davanti ai notai Andrea di Filippo Valentini e Agostino Cerretesi; testimoni furono: Agnolo di Carlo Niccolini, senatore fiorentino, Orazio di Giovanni Battista Gianfigliazzi, senatore fiorentino, e Piero di Lionardo Pescioni, nobile fiorentino.

I dodici cavalieri del consiglio elessero commissari i cavalieri Giovanni Battista Bandinelli ed Enrico Oltrana per vedere le risultanze processuali e riferire al consiglio quello che sarebbe dovuto essere rappresentato al granduca. Il 9 luglio 1624, i detti dodici inviarono una informazione al granduca, nella quale esposero che il supplicante aveva giustificato, per mezzo di testimoni esaminati dal vicario generale della terra di Prato, che discendeva legittimamente; che era di vita cristiana e di costumi onorati; che era dottore di belle lettere; che aveva l'età di anni 32; che allora era in Germania segretario di monsignor Carlo Carafa, nunzio presso la Maestà Cesarea; che aveva sposato una donna dei Bocchineri; che, per altri testimoni esaminati in Firenze, aveva provato che discendeva, per madre, dalla famiglia Carnesecchi e, per ava materna, da quella dei Neretti, ambedue famiglie nobili in detta città; che i Carnesecchi avevano avuto 11 gonfalonieri e 49 priorí dal 1297 al 1530 e dal 1532 fino ad allora 7 senatori che i Neretti avevano avuto 9 persone che in tempi diversi (1447-1530) avevano riseduto 15 volte tra i priorí; che egli supplicante aveva servito in Roma per segretario dell'ambasciata il marchese Guicciardíni e che allora serviva in Germania come segretario del nunzio apostolico. Il 1 settembre 1624, con un rescritto granducale fu disposto: "Diasegli l'abito di cavaliere milite et sia investito della commenda".Il 4 ottobre 1624, il detto Giovanni Francesco prese l'abito di cavaliere milite dell'Ordine di S.Stefano, come successore in commenda di suo padronato, in Firenze, per mano del gran priore Armeni.

 

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Un libro d'ore Carnesecchi Capponi conservato alla Trivulziana di Milano

spett.le Società Storica Lombarda

Trovo sul vostro sito :

 

– Persone, Luoghi, Materia, anni XCI – C (1964 - 1973), serie IX, Vol. I-VI , Milano, Cisalpino, 386 pag.

Carnasecchi ( famiglia fiorentina - libro d'ore - III91)……………………………

……………..avrei bisogno di conoscere di quali materiali disponete relativamente a questa famiglia

 

 

le indicazioni da Lei riportate sono tratte dagli indici della nostra rivista "Archivio Storico Lombardo" .

Nell""Archivio Storico Lombardo" 1968 all'interno dell'Articolo di C. Santoro Biblioteche di Enti e di Bibliofili attraverso i codici della Trivulziana alla pag. 91 sotto la voce bibliofili si trova la seguente frase:

"... CARNASECCHI e CAPPONI. Per queste due famiglie fiorentine venne eseguito un grazioso libro d'ore, quattrocentesco, con fregi ed iniziali miniate di scuola fiorentina (n. 464) . Porro 330; Santoro p. 90 n. 150 ..."

 

Mentre nell'"Archivio Storico Lombardo" 1971-72-73 all'interno della recensione realizzata da M. Bendiscioli relativa al libro di A. D'Addario Aspetti della controriforma a Firenze (- Pubblicazioni degli Archivi di Stato, LXXVII, Roma 1972) alla pag. 451 compare la seguente frase:

"... La terza serie (nn. XXIII -LXV, p. 413-446) si riferisce a Figure di credenti e associazioni religiose nella Firenze del 1500 e costituisce il maggiore contributo del volume della Storia della spiritualità fiorentina: qui figurano, tra l'altro, copia d'una lettera del Carnasecchi ai "Cardinali dell'Inquisizione" del 9 luglio 1567 ed un dispaccio del residente fiorentino a Roma del 21 sett. 1567 sull'autodafé per la condanna dello stesso Carnasecchi (p. 419) . ...".

 

Restando a Sua disposizione le porgiamo distinti saluti.

Società Storica Lombarda

 

Avete la possibilita' di dirmi dove e' conservato questo libro d'ore ( e a chi posso rivolgermi per saperne di piu' )

cosa vuol dire N.464 ?

cosa vuol dire Porro 330 ?

cosa vuol dire Santoro P90 n.150 ?

Questo libro potrebbe essere un pezzo assai interessante e pochissimo conosciuto !

 

siamo lieti di poterle essere utili, il manoscritto dovrebbe essere conservato presso la biblioteca Trivulziana alla quale consigliamo di rivolgersi. (02.884.63690 / 02.884.63696 Fax 02.884.63698 e-mail: ASCB.Trivulziana@comune.milano.it)

Per "Libro d'ore" si intende un manoscritto di preghiere per la meditazione individuale, il n. 464 dovrebbe corrispondere al numero di inventario della Trivulziana.

 

 

 

Milano, Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana, Trivulziano, Triv.464

 

 

Pagine iillustrate (cc. 13r, 87r, 139r, 171r, 198r) con fregio illustrato (putti che sorreggono sul margine inferiore uno stemma a c. 13r) e grande iniziale illustrata; iniziali medie vegetali su fondo d'oro con fregio sul margine; iniziali piccole rosse o azzurre filigranate in viola o in rosso; rubriche; maiuscole e segni di paragrafo in rosso o in azzurro. Miniatura attribuita a Littifredi Corbizzi.

Littifredi : Corbizzi

Miniatore, nato a Firenze nel 1465 e morto a siena dopo il 1515. Figlio illegittimo di Filippo Corbizzi, nacque a Firenze nel 1465 e fu avviato alla vita religiosa; dopo essere entrato in lite col padre a causa dell'eredità della nonna paterna che lo aveva dotato, nel 1488, di una casa in piazza S. Piero Maggiore, si trasferì definitìvamente a Siena.

Da DBI, 28 (1983); Dizionario biografico dei miniatori italiani, a cura di M. Bollati, Milano, Sylvestre Bonnard, 2004, pp. 174-175 (voce a cura di D. Galizzi)

 

 

Libro di preghiere con stemma Carnesecchi .uomo e Capponi donna

Io lo attribuirei al matrimonio di Andrea di Paolo di Simone Carnesecchi e Caterina di Mico di Uguccione Capponi

Questo per i contatti di Andrea e di suo padre Paolo con l’universo milanese

Sposato in prime nozze con Caterina di Mico di Uguccione Capponi , da cui ebbe vari figli, ed essendo rimasto vedovo in eta' ancora giovanile , si uni di nuovo in matrimonio con Ginevra di Agnolo di Iacopo Tani , gia' direttore della filiale di Bruges del banco Medici , la quale aveva sposato in prime nozze Giovanbattista Dovizzi, fratello del celebre cardinale Bernardo Dovizzi (il cardinale Bibbiena )

 

Andrea Carnesecchi era stato al servizio del Duca di Milano

Pietro Carnesecchi ( figlio di Andrea e di Ginevra Tani ) ricordera' questo periodo milanese per giustificare i suoi rapporti col cardinal Morone che imputera' alle gentilezze tra i padri in quel periodo

Essendo il padre del cardinal Morone uomo di fiducia del Duca e pieno di cortesie verso Andrea Carnesecchi

 

 

 

 

 

SAN MINIATO

 

 

Notar quindi si vuole, come il Comune di Samminiato l' anno 1491 concedè a Matteo di Manetto Carnesecchi, e suoi figliuoli, e discendenti di poter portare 1' Arme stessa della Leonessa per in riguardo dei buoni portamenti fatti da esso Matteo stato Vicario sei mesi di detta Terra e dei meriti di Zanobi Carnesecchi stato Vicario ivi 1' anno 1410. e di quelli ancora di Manetto padre di esso Matteo statone Vicario 1' anno 1440.

 

by Domenico Maria Manni

Matteo , Manetto suo padre, Zanobi di Berto di Grazino suo nonno

 

Albero genealogico   ………Discendenza di Manetto di Zanobi di Berto Grazini

 

 

http://books.google.it/books?id=QI5YAAAAMAAJ&pg=RA1-PA103&dq=matteo+manetto+carnesecchi&hl=it&sa=X&ei=mQIHVI7MI87b7Aa1t4HADA&ved=0CCQQ6AEwAA#v=onepage&q=matteo%20manetto%20carnesecchi&f=false

 

Domenico Maria Manni, Osservazioni Istoriche sopra i sigilli antichi de' secoli bassi, Vol. XIV, Firenze, 1743, Sigillo n. IX, pp. 95-103.

 

 

Il Sigillo dei Signori Dodici del Comune di San Miniato

 

OSSERVAZIONI ISTORICHE SOPRA IL SIGILLO IX.

"Dal Sig. Abate Gio. Paolo Ombrosi, giovane di ottima aspettazione, sono stato favorito d'alcune reflessioni d'Amico suo sopra il Sigillo de' Dodici del Popolo della nobile Terra, ed ora Città, di S. Miniato, alle quali alcun'altra cosa di mio mi è paruto di dovere aggiungnere, come in appresso; il tutto per dar luce, e chiarezza al Sigillo stesso.

L'antica Repubblica di Samminiato faceva per Arme come fa anco di presente una Leonessa con stocco (un tipo di spada a lama lunga e sottile, adatta ai colpi di punta, n.d.r.), come si vede appunto nell'impresso sigillo.

In un altro Sigillo posseduto dal Sig. Canonico Innocenzio Buonamici di Prato la Leonessa sembra essere senza lo stocco, bensì coronata, avente attorno le parole SIGILLUM · IMPERIALIS · CASTRI SANCTI · MINIATIS.

Ciò premesso, chiaramente si vede, ch'esso non era Sigillo particolare d'alcun Magistrato, ma proprio del Comune, il qual era governato a vicenda, e secondo l'estrazioni, da dodici Persone, chiamati i dodici Difensori del Popolo, e dipoi vi aggiunsero CAPITAN PARTIS GUELFE.

Il governo di quella allora Repubblica fu or di Parte Guelfa, ed or di Ghibellina, secondo che l'una prevaleva all'altra, o che cos' richiedevano i reflessi politici: Comecchè Samminiato era residenza de' Vicari Imperiali, che vi aprirono il lor Tribunale fino al tempo d'Ottone I, come attestano i Bonincontri, Malespini, Boninsegni, Villani, Ammirati ec. E de fatto per esser così benemerito dell'Imperio, a principio inclinò il governo a Parte Ghibellina.

Del 1202. lo dice chiaramento il Bonincontri nel Lib. 4 de' suoi Annali.

Del 1240. attesta Giovanni Villani, che Federigo II. molti prigioni Guelfi mandò a Samminiato.

Cosa simile riferisce nel suo Viaggio il chiarissimo Sig. Giovanni Lami sotto l'anno 1249 di alcuni Fiorentini Guelfi da Federigo messi in progione in S. Miniato, ove i più morirono di miseria; e ciò coll'autorità degli Annali del Bonincontri.

E nel 1281 il medesimo Villani, poiché riceverono il Vicario Imperiale, che venne in Toscana in favore de' Ghibellini.

Nel 1320 i Samminiatesi erano uniti con Castruccio contro i Fiorentini; eccoli Ghibellini. Nel 1324 in lega co' Fiorentini contro Castruccio; ed eccoli Guelfi.

Contro la volontà dei Fiorentini si dettero all'Imperator Carlo IV da cui riceverono cortesie straordinarie, come racconta Matteo Villani nel Libro 4 Cap. 63 ed accettarono il Vicario Imperiale, che iusdicebat in tutta la Toscana, ed a lui, ed alla sua Curia si devolvevano le Cause d'appello anco criminali, come si riconosce dal fatto riferito dal medesimo Matteo Villani al Libro 5 Cap. 26 che quei tre Cittadini di Firenze, accusati di offesa maestà, benchè di essi noino sospetto cadesse nel petto dell'Imperatore, nondimeno convenne, che si appresentassero in giudicio a Samminiato, ove furono dichiarati non colpevoli.

In altri tempi non mi pare, che il Governo di Samminiato fosse Ghibellino, con tutto che questo paese fosse per antico la Residenza degli Imperatori, e de' loro Vicari nel luogo sopraccitato: vedo bene, che in molte congiunture favorì i Guelfi, e prima.

Nel 1251 i Fiorentini convennero co' Lucchesi, che si sarebbero adoprati di tirar dalla loro i Samminiatesi, così l'Ammirato il giovane: tal promessa mi fa credere, che i Samminiatesi o fussero, od inclinassero a Parte Guelfa, perché se fossero stati pretti Ghibellini, a tanto non si sarebbe avanzato il Comune di Firenze.

Nel 1260 è chiaro, che di quivi li mandò le genti all'Arbia, e fu di gran giovamento ai fuggitivi.

Nel 1276 nella pace conclusa alla Fossa Arnonica i Samminiatesi erano collegati co' Fiorentini, che si governavano a Parte Guelfa; così l'Ammirato il giovane.

Nel 1289 i Samminiatesi spedirono soccorso contro i Ghibellini d'Arezzo, dove il franco ed esperto valore d'un Cavaliere Samminiatese fu causa della vittoria di Campaldino: così raccontano le Croniche di Dino Compagni.

Nel 1297 racconta il sopraccitato Scipione, che nell'esercito spedito in favor del papa non solo vi erano le milizie di quivi, ma di più era Capitan Generale di tutto l'esercito Bertoldo Malpigli da Samminiato.

Nel 1301 il medesimo Scipione afferma che si confermò la taglia de' Guelfi in Toscana, alla quale comandava come Generale Barone de' Mangiadori da Samminiato.

Nel 1308 nelle Croniche del nostro Ser Giovanni di Lelmo si narra, che i Fiorentini, Sanesi, Samminiatesi, Lucchesi, ed altri Gulefi andarono coll'esercito contro gli Aretini.

Nel 1313 nelle suddette Croniche si fa menzione che, perché i Pisani ruppero guerra a' Samminiatesi, furono confinat nelle loro Ville molti Samminiatesi di Parte Ghibellina.

Nel 1318 nelle dette Croniche si narra che nella pace fatta in Napoli colla mediazione del Re Ruberto, i Samminiatesi come Guelfi ec.

Nel 1325 dopo la rotta d'Altopascio dice il Villani Libro 9 Cap. 303 che da nullo Guelfo ebbono subito aiuto, se non da Samminiato.

Nel 1343 raccontano l'Ammirato, ed il Boninsegni, che vedendosi alle strette i Fiorentini al tempo della cacciata del Duca d'Atene, chiesero aiuto ai Samminiatesi, i quali in meno di ventiquattro ore sperirono loro duemila uomini in soccorso, che molto ricreò, ed incoraggì lo sbigottito popolo di quella Città, la quale governandosi a Parte Guelfa, è credibile, che ricorresse agli amici, che se in Samminiato fosse stato governo Ghibellino, certamente non gli si sarebbe spedito così valido soccorso.

Nel 1347 mi do a credere, che in questo tempo visi vivesse a Parte Guelfa, per la lega fatta tra i Fiorentini, e' Samminiatesi, nella quale fra l'altre convenzioni si legge, che i Grandi di Samminiato fossero Grandi di Firenze, ed i Grandi di Firenze fossero Grandi di Samminiato. Vi è lo strumento riferito anco dall'Ammirato, e da altri. Ed in questo anno, io poco dopo vado pensando, che fatto il Sigillo, di che si discorre, perché quei Gigli pare, che denotino la stretta unione, che si fece in quest'anno tra i due Comuni, e poteasi dare che anco in Firenze si facesse un Sigillo coll'Arme propria del Comune di Firenze, con accanto, o sopra la Leonessa di Samminiato (lo che per altro non si crede) per denotare, che si viveva fra loro in concordia, ed aleanza.

Mè qui disdice l'aggiungere per maggiore schiarimento del Sigillo, come si trovano alcuni Ricordi MSS, circa gli affari di Samminiato, che nominano opportunamente i Dodici del Sigillo stesso; l'uno sotto l'anno 1309 ed è che: Piglio di Mess. Ridolfo Ciccioni feì nel viso Ser Fredi di Ser Ruggieri Bertacci della Contrada di Pancoli con un coltellaccio il dì primo di Maggio, il quale Ser Fredi usciva detto dì de0 Signori Dodici del Popolo di S. Miniato, e tutti i giurati per tal cosa con il Gonfalone incontanente consero alla Casa di detto Piglio, e quella per la parte li toccava spianarono fino a' fondamenti, essendo Capitano del Popolo Mess. Leuccio de' Guazzalotri da Prato, il quale dipoi condannò detto Piglio per detta ferita, e maleficio commesso in l. 1500 i suoi beni applicando alla Camera del Comune la metà, ed all'offeso il resto.

L'altro: i Ciccioni, e Mangiadori, e gli altri Nobili di S. Miniato adì 14 agosto 1309 roppero il Popolo di detta Terra, ed arsero tutti i Libri, e Statuti del Comune, e cacciarono li Signori Dodici del Palazzo, e così il Capitano del Popolo, e questo fecero perché s'era fatto uno Statuto, che i Nobili fossero tenuti sodare dinanzi al Capitano di lire 1000 di non offendere nessuno popolare, la qual cosa i Nobuli recusando, furono forzati combattere insieme. Vincendo i Nobili, come s'è detto di sopra molte Case de' Populari abbruciarono, e guastarono, e specialmente quelle di Bindo Vannucci, di Ser Matteo di Ser Arrigo Malederrate, e di Ser Giunta da Brusciana, e molte altre messe a scacco. E dopo questo il giorno seguente ad ora di Vespro detti Ciccioni, e Mangiadori con altro Nobili fecero consiglio per riformare la Terra, e dettero autorità, e potestà, e balia a Mess. Betto Tagliameli da Lucca in quel tempo Podestà di S. Miniato; e Mess. Barone de0 Mangiadori, e Mess. Tedaldo de' Ciccioni furono eletti Capitani, e Riformatori a riformar la Terra; i quali abitavano, e facevano residenza nel Palazzo nuovo del Popolo, dove elessero li Signori Dodici; dipoi con detti Signori s'elesse il Consiglio del Popolo, e della Guardia, e così d'accordo fu riformata la Terra, ed il Podestà per vigor dell'arbitro datoli fortemente puniva con aspezza, e specialmente Cinello di Bardo Bonfigli della Contrada di Pancoli, il quale avea morto Vanni di Ser Piero il Giovedì a' 22 d'Agosto, e volendolo ricomprare gli amici suoi lir. 1500 non ottenne la grazia, ma il dì seguente gli fu mozza la testa. Molte cose di Samminiato sono riferite dal soprallodarto Sig. Dottor Giovanni Lami nel suo Viaggio.

Ma per dire qualche cosa della Divisa di tal Luogo, ella, come è stato accennato di sopra, si è una Leonessa bianca in campo rosso avente uno stocco nella branca destra, sebbene poco nel Sigillo si conosce. In altro Sigillo parimente antico della Terra, oggi Città medesima, si legge attorno: SANTTUS · MINIATUS · FIGURAM · DAT · LEONINAM.

Notar quindi si vuole, come il Comune di Samminiato l' anno 1491 concedè a Matteo di Manetto Carnesecchi, e suoi figliuoli, e discendenti di poter portare 1' Arme stessa della Leonessa per in riguardo dei buoni portamenti fatti da esso Matteo stato Vicario sei mesi di detta Terra e dei meriti di Zanobi Carnesecchi stato Vicario ivi 1' anno 1410. e di quelli ancora di Manetto padre di esso Matteo statone Vicario 1' anno 1440. Ciò, che in varj luoghi in altri tempi a diverse Famiglie è stato fatto, full'esempio di quel che ha praticato talvolta il Comune di Firenze verso gli Ufficiali loro forestieri, che hanno fra noi amministrato la giustizia."

 

 

E' la linea genealogica di Manetto :

 

Zanobi di Berto di Grazino 1410

Manetto di Zanobi di Berto 1440

Matteo di Manetto di Zanobi 1491

 

 

 

è una Leonessa bianca in campo rosso avente uno tocco nella branca destra , sebbene poco nel Sigillo si conosce. In altro Sigillo parimente antico della Terra, oggi Città medesima, si legge attorno: SANTTVS- MINIATVS FIGVRAM DAT LEONINAM.

 

San Miniato (Leonessa d'argento in campo rosso),

 

 

 

 

OGGI il Comune di San Miniato al tedesco utilizza questo stemma diverso dall'antico:

 

 

Un leone rampante con testa coronata, che tiene nella zampa destra una daga in ferro, inscritto in uno scudo contornato da due rametti di alloro intrecciati, sovrastato da una torre circolare merlata con il sottostante motto virgiliano "sic nos in sceptra reponis"

 

Quindi uno stemma diverso dall'antico con un leone anziche' una leonessa bianca rampante con lo stocco nella mano destra

Credo che recentemente si sia tornati all'antico cioe' alla magnifica leonessa bianca

 

 

I Carnesecchi che godono ancora del privilegio del 1491 sono del ramo di Matteo di Manetto di Zanobi

 

 

Credevo sbagliando non fosse mai stato utilizzato invece forse :

PRIMA EDIZIONE A STAMPA DELLA DIVINA COMMEDIA FOLIGNO 1472

Editio Princeps della Divina Commedia, stampata a Foligno per la prima volta al mondo l’undici aprile del 1472

fu stampata in 800 esemplari di cui ne rimangono 33

 

 

 

 

 

 

 

 

DA NOTARE CHE INVECE CHE DI BANDE ARALDICHE SIAMO STRANAMENTE IN PRESENZA DI BARRE ARALDICHE

NON SO SE ERRORE O DISTINZIONE VOLUTA PER UN MOTIVO A ME IGNOTO

Nonostante cio' penso sia lo stemma Carnesecchi senza dubbio : non ne conosco uno simile

Secondo il Gargani anche Alamanno Carnesecchi ( del ramo di Bernardo di Cristofano quindi non del ramo di Matteo ) presento' un arma con le barre

 

l'opera e' stampata per la prima volta nel 1472 la concessione e' del Comune di San Miniato e' del 1491

Quindi l'apposizione dello stemma ( ove si trattasse dei Carnesecchi ) deve essere posteriore a questa data ( e la distanza temporale mi fa dubitare )

Il possesso dell'opera e' sicuramente compatibile con gli interessi letterari di Matteo di Manetto di Zanobi che vediamo intento a copiare un manoscritto mentre era a Castrocaro nel 1474

PERO'

la data della concessione 1491

il leone/leonessa mi pare impugnare piu' una mazza che uno stocco

mi fa pensare ad una diversa possibilita' e cioe' che lo stemma non rappresenti la leonessa di San Miniato ma lo stemma sia uno stemma matrimoniale

Ad esempio un uomo Carnesecchi(sx araldica) con una donna dei Bonaccorsi corazzai (dx araldica) anch'essi di San Giovanni , Drago a Firenze

ipotesi tutta da verificare perche' al momento non ho notizia di un tale matrimonio

Matrimonio che dovrebbe aver avuto progenie intorno al 1473--1476 e comunque forse lasciato traccia nel catasto 1480

 

 

 

COMUNQUE

dal sito del Comune di Foligno :

L'11 aprile del 1472 viene stampata a Foligno dal prototipografo maguntino Giovanni Numeister insieme ad Evangelista Angelini di Trevi e con la preziosa collaborazione dello zecchiere folignate Emiliano Orfini, l'editio princeps della Divina Commedia di Dante Alighieri.

La diaspora dei primi tipografi tedeschi dopo il sacco di Magonza del 1462 porta molti di essi a percorrere l'Italia, ricca e culturalmente avanzata, alla ricerca di mecenati, principi, vescovi, comunità, imprenditori che potessero finanziare la nuova, rivoluzionaria artem artificialiter scribendi.

Uno di questi prototipografi, Johann Neumeister, allievo di Johann Gutemberg, con alcuni compagni, è a Foligno, sembra nel 1463, come copista di manoscritti. L'arte segreta trova i suoi mecenati nei fratelli Mariotto ed Emiliano Orfini, nobili imprenditori folignati. Emiliano, orafo e zecchiere pontificio, presta le sue alte qualità di incisore al disegno delle lettere per la stampa.

La società tipografica folignate imprime nel 1470 il De bello italico adversus Gothos dell'aretino Leonardo Bruni, l'anno seguente le Epistolae ad familiares di Cicerone e, l'11 aprile 1472, la prima edizione della Divina Commedia in cui si sottoscrive anche Evangelista Angelini di Trevi, abitante in Foligno, ultimo apporto alla società editoriale.

L'esemplare usato nella stampa della Commedia di Foligno è stato individuato nel manoscritto trecentesco conservato nella Biblioteca del Seminario di Belluno, il cosiddetto Lolliniano 35, appartenente ai Danti del Cento, un gruppo di manoscritti trecenteschi della Divina Commedia ascrivibili all'officina scrittoria di Francesco di ser Nardo di Barberino, di cui si narra che "con cento Danti ch'egli scrisse, maritò non so quante figliole".

La prima stampa della Commedia viene celebrata ogni anno a Foligno con le Giornate dantesche, solitamente tra aprile e maggio, con conferenze, letture, spettacoli e lavori delle scuole.

 

 

 

La stampa folignate produsse la prima edizione di un capolavoro della letteratura mondiale, la Divina Commedia, una delle tre edizioni di quell'anno (le altre due di Venezia e Mantova), ciascuna raccolta da un diverso manoscritto.

A fine wide-margined copy of the Foligno Dante, one of the three editions of the Commedia printed in 1472 (besides this one, there were also Mantuan and Venetian editions). The edition is commonly regarded as the first Commedia in print; in effect the volume printed by Johann Neumeister and Evangelista Angelini is the first to have a precise date in the colophon: the colophon of the Mantuan publication has only the year, and the Venetian one was printed later than Foligno, on 18 July.

La diaspora dei primi tipografi tedeschi, avvenuta dopo il sacco di Mainz (Magonza) del 1462, portò molti di loro ad attraversare le Alpi e a percorrere la penisola, alla ricerca di mecenati che potessero finanziare la nuova ‘artem-artificialiter-scribendi'.Uno di loro, Johannes Neumeister, allievo di Johann Gutemberg, giunse a Foligno nel 1463, come copista di manoscritti.

Costituì poi a Foligno una società con lo scopo di immettersi nell'avventura commerciale che stava impazzando in quegli anni: la produzione di opere a stampa.

Insieme a lui i fratelli Mariotto ed Emiliano Orfini, nobili imprenditori folignati. Emiliano, vista la sua attività di orafo e di zecchiere pontificio, con le sue capacità incisorie, disegnò le lettere e caratteri necessari per la stampa. Nacque così la prima società tipografica, che stampò, nel 1470, il ‘De bello italico adversus Gothos' di Leonardo Bruni e l'anno seguente, nel 1471, le ‘Epistolae ad familiares' di Marco Tullio Cicerone.

Unitosi a loro Evangelista Angelini di Trevi, abitante in Foligno, si dedicarono a stampare la prima edizione della Divina Commedia di Dante Alighieri, il che avvenne nei locali della casa dell'Orfini, che esiste ancora nella piazza principale di Foligno.

Neumeister fa riferimento nel colophon al suo subordinato, “Evangelista meo”, che può essere identificato come un notaio folignate, Evangelista Angelini. La loro impresa tipografica terminò con il Dante, e Neumeister partì indebitato con il suo mecenate originario Emiliano Orfini, che lo fece imprigionare a Roma. Neumeister scompare poi dalla documentazione storica fino al 1479, quando stampa a Magonza, passando ad Albi in Linguadoca nel 1481, ea Lione nel 1488, dove muore povero.

L'opera fu edita in 800 copie,numero piuttosto impegnativo per l'epoca, e a testimonianza della loro impresa furono aggiunte due terzine:

Fu questo il terzo ed ultimo incunabolo che vide la luce l'11 aprile del 1472.

Era un'edizione piuttosto rudimentale, piena di errori, refusi, ripetizioni, salti di righe, anche a causa del manoscritto di riferimento dal quale fu copiata. E pur se nell'intera opera è assente ogni forma di punteggiatura. fu comunque un'impresa titanica che resta nella storia della tipografia.

The text of the Commedia is given here without commentary. It was prepared by Neumeister's partner Angelini, on the basis of a manuscript belonging to the renowned Florentine series known as the Dante del Cento, identified asmsLolliniano 35 of the Biblioteca del Seminario in Belluno, which has identical vernacular rubrics prefacing each canto, and the same lacunae in the third cantica (Paradiso,xx49-54 andxxi 46-48). The copy presents, among others, the variant ‘puro et dispostto a salire alle stelle |soli deo gloria' in the final verse of the Purgatorio. The variants are also pointed out in the catalogue, published in 1885, of the outstanding library of the great bibliophile Horace de Landau, to whom this handsome copy then belonged: “Probablement on corrigea le texte dans le cours du tirage, car il y a des variantes entre l'un et l'autre exempl. Le premier vers du 8ef. p.e. contient dans le nôtre la forme mercede, tandis que dans d'autres il y a mercedi”.

Dal punto di vista commerciale, fu un'impresa fallimentare. Sommersi dai debiti, Neumeister e Orfini furono dapprima incarcerati e poi costretti a vendere perfino gli strumenti del lavoro e gli inchiostri.

Their printing enterprise ended with the Dante, and Neumeister departed in debt to his original patron Emiliano Orfini, who had him imprisoned in Rome. Neumeister then disappears from historical record until 1479, when he printed in Mainz, moving on to Albi in Languedoc in 1481, and to Lyons in 1488, where he died a pauper.

 

 

This masterpiece of early typography, of great historical and philological importance, was produced in the thriving commercial ambience of late fifteenth-century Foligno (in Umbria) by Johann Neumeister, a former employee of Gutenberg. He had arrivedfrom Germany in 1463-1464 to work as a scribe and in around 1470 had established the first printing press in the city, in partnership with Evangelista Angelini from Trevi. The neat types employed – an antiqua similar to the font used for the Subiaco Lactantius printed in 1465 by Conradus Sweynheym and Arnoldus Pannartz – were designed and cut by the goldsmith and official in the Papal Mint Emiliano di Piermatteo degli Orfini. After printing only three books – De bello Italico adversus Gothos gesto by Leonardo Bruni (1470), the Epistolae ad familiares by Cicero (about 1471) and the Dante – the partnership dissolved, and Neumeister returned to Mainz. No other edition was published in Foligno during the rest of the fifteenth century and the early decades of the following.

 

Johannes Numeister, o Neumeister (Treysa, prima metà del XV secolo – Lione, 1512), è stato un tipografo tedesco, ricordato come uno dei primi stampatori in Italia.

La prima notizia certa della sua biografia lo vede immatricolato all'Università di Erfurt nel 1454[1]. Secondo una tradizione non confermata da fonti scritte, Johannes Numeister fu discepolo di Johannes Gutenberg e aiutò il maestro nella stampa del Catholicon (1460). Dopo il sacco di Magonza del 1462 si recò a Vienna e quindi scese in Italia, stabilendosi a Foligno[1]. Qui fece società con il fonditore Stefano di Magonza, che lo aveva preceduto a Foligno, e con Giovanni Papa, e nell'abitazione di Emiliano degli Orfini nel biennio 1470-1472 stampò il De bello Italico adversus Gothos di Leonardo Bruni, le Epistolae ad familiares di Cicerone e nel 1472, col finanziamento di Evangelista Angelini di Trevi, la famosa editio princeps della Divina Commedia[2]. Nel 1473 Johannes Numeister, che non fu mai un uomo ricco, fu messo in prigione per debiti.

Ritornò in Germania: una preziosa edizione illustrata delle Meditationes di Torquemada del 1479 reca il nome di Numeister e sembra essere stata stampata a Magonza; in questa edizione erano utilizzate in metallo le stesse incisioni preparate in legno per l'edizione romana di Ulrich Han del 1466. La stessa edizione delle Meditationes apparve ad Albi (Francia) nel 1489. Evidentemente Numeister si trasferì in Francia. Oltre ad alcune altre opere stampate ad Albi, il nome di Numeister si ritrova su altre due opere stampate a Lione fra cui un Messale, commissionatogli dall'arcivescovo Carlo II di Borbone, considerato fra i capolavori dell'arte tipografica. L'ultima edizione che porta il suo nome è il cosiddetto Messale d'Uzès stampato a Lione nel 1495.

wikipedia

 

 

Il testo che segue è tratto dal sito medioevoinumbria.it

•••

Il giorno 11 Aprile 1472, viene stampata a Foligno la prima copia della Divina Commedia di Dante Alighieri, dal prototipografo maguntino Giovanni Numeister, insieme ad Evangelista Angelini di Trevi, con la collaborazione dell’orafo folignate Emiliano Orfini. La stampa avvenne, pare accertato, nella casa di questo orafo, che esiste tuttora nella piazza principale di Foligno. Questa edizione principe della «Commedia » in 800 copie, fu dunque stampata a Foligno nel 1472. Negli esemplari completi, che sono rari (9 + 16 rintracciabili in Italia e all’estero) il volume è composto di quinterni così da dare venti pagine, e quaterni. In tutto 252 carte; di queste sono bianche la prima e l’ultima, nonché le carte 84 e 168 terminali della prima e della seconda Cantica. Il disegno delle minuscole romane rappresenta un’evoluzione verso le forme più accurate ed eleganti : l’incisione nitida e, al tempo stesso, sensibile ai valori del chiaroscuro, dà alle lettere, una per una, una sottile individualità, il cui merito spetta all’Orfini. [...]

La carta fu fornita dai monaci benedettini che, dal 1256 al 1484, gestirono in proprio le cartiere di Pale e Belfiore. Carte che il Neumeister esaminò più volte e fece produrre in tipo apposito. La pagina ha dimensioni medie, è divisa in tre colonne verticali, di cui la composizione di trenta righe (10 terzine) occupa circa la terza parte. Le spaziature e le interlinee strette danno alla gabbia delle minuscole una decisa solennità e inamovibilità, come di un muro di pietra ben connesse e ben incastrate.

 

 

 

SEMBRA DI POTER CAPIRE CHE IL LIBRO ERA DATO ALLE STAMPE IN MODO DA POTER ESSERE MINIATO SUCCESSIVAMENTE A VOLONTA DELL'ACQUIRENTE

E QUINDI LE COPIE PULITE DEBBANO CONSIDERARSI INVENDUTE

 

All'epoca l'acquirente concepiva il libro anche come oggetto prezioso

spesso indipendentemente dal contenuto

Ed era la leggibilita del testo e le miniature ed i disegni a farlo prezioso

çon l'invenzione della stampa non ci si slego' da questo concetto e gusto di far miniare il libro

La Bibbia di Gutenberg aveva i capolettera assenti, con relativo spazio nel testo per poterli miniare.

Quindi agli inizi la stampa erano un succedaneo del testo manoscritto, ma non della parte miniata, che rimaneva eseguita a mano (e a carico dell'acquirente del libro, il quale si rivolgeva ad artigiani specializzati).

Il primo libro a stampa aveva pertanto spessissimo tale impostazione: non era incompleto, era semplicemente predisposto per essere miniato (cosa che per l'acquirente era - in quegli anni - totalmente naturale e quasi scontata).

Di lì a pochissimi anni, il gusto cambiera radicalmente, e il libro comincerà ad essere stampato sempre nella forma "completa" che oggi ci sembra ovvia.

(vedi topic su forum IAGI)

 

 

 

Qui vediamo alcune delle copie rimaste con miniature molto semplici

 

Una delle 33 copie superstiti dell’Editio Princeps della Divina Commedia, e' custodita dalla Biblioteca Angelica di Roma.

 

 

 

una ristampa anastatica di 200 copie dei primi del 900

 

 

AZZARDANDO E' POSSIBILE CHE ALCUNE COPIE SIANO STATE ACQUISTATE DA MINIATORI .MINIATE LASCIANDO BIANCO LO STEMMA E SUCCESSIVAMENTE PROPOSTE ALL'ACQUISTO

 

 

 

Text in one column, 30 lines. Type: 1:124R. Inked foliation in a seventeenth-century hand in the upper margin. Later binding in antique vellum. A fine wide-margined copy. Old repairs to the inner margin of the first leaf of text; a few pale finger-marks. Numerous marginal notes in a contemporary hand, referring to leaves misbound in this copy; some annotations in a seventeenth-century hand.

Provenance: a seventeenth-century ownership inscription on fol. a2r, barely legible (‘Barth' ?); Baron Horace de Landau (1824-1903; ex-libris on the front pastedown; Catalogue des livres manuscrits et imprimés composantla bibliothèque de M. Horace de Landau. Première partie, Florence 1885, p. 154, “2 ff. refaits”); Livio Ambrogio collection.

 

 

Quella con il presunto stemma Carnesecchi sembra avere questa storia

proprietari

CARNESECCHI

.......................

Sunderland, Charles Spencer, Earl of, 1674-1722

Crawford, William Horatio, 1815?-1888

Murray, Charles Fairfax, 1849-1919

Castlecraig Library

WHS copy has provenance: Earl of Sunderland, W. H. Crawford, Fairfax Murray, Castlecraig Library.

WHS copy acquired 6/26/35 from Rosenbach

 

252 leaves ; 28.3 x 20 cm.

https://dpul.princeton.edu/gutenberg/catalog/9s161b505

http://www.dantecollection.com/index.php?id=1496&tx_ttnews%5Bcat%5D=23231&tx_ttnews%5Btt_news%5D=6391&tx_ttnews%5Btag%5D=1012&cHash=647545608ae7b1b0c51c6396635cb544

 

 

Tornando allo stemma che mi ha spinto a queste considerazioni :

Mi ha colpito per via delle barre al posto delle bande che mi portava ad escludere che l'autore dello schizzo fosse un Carnesecchi ( a meno che lo stemma non sia di un'altra famiglia )

Ho pensato ad un regalo di nozze alla fine non concretizzatosi ( ma i motivi della bozza possono essere i piu' disparati )

 

I redattori della scheda del CERL sull'incunabolo pensano ai Carnesecchi e alla leonessa di San Miniato per via di una concessione fatta a Matteo Carnesecchi nel 1491.

Ma la cosa che mi disturba e' la distanza cronologica 1472--1491 ed il fatto che la leonessa di San Miniato impugna uno stocco (nella bozza mi pare piu' una mazza)

E propendo per uno stemma matrimoniale Ad esempio un uomo Carnesecchi con una donna dei Bonaccorsi corazzai anch'essi di San Giovanni / Drago con data vicina al 1472

Matrimonio di cui al momento non ho pero' conoscenza ma che dovrebbe comunque prevedere nascite 73..76 ed il nome della moglie forse potrebbe essere presente nel catasto 1480

 

 

 

 

 

 

Orcio con gli stemmi Galli e Carnesecchi< ……………………………… matrimonio tra Maddalena Carnesecchi e Angelo Galli

 

Pandolfini è la più antica Casa d'Aste italiana, dalla fondazione avvenuta nel 1924 ha via via consolidato il suo ruolo nel mondo dell’arte mantenendo il passo con il mercato e il collezionismo, attraverso nuovi criteri di valutazione e la costante evoluzione della metodologie d’offerta.

 

Tra i lotti presentati nel catalogo CERAMICA. MAIOLICHE E PORCELLANE DAL XVI AL XX SECOLO, per i quali sarà possibile effettuare offerte online fino al 16 dicembre, potrete trovare un orcio di Montelupo dalle imponenti proporzioni. La sua destinazione originaria doveva essere non tanto quella di contenitore per lo stoccaggio di acque medicinali e odorose, ruolo spesso destinato a questa tipologia di oggetti e sottolineato dalla presenza di cartigli dipinti sulle superfici, ma di contenitore di vino, e in particolare di quella dolce e liquorosa varietà chiamata in Toscana “vin santo”. A confermare questo tipo di impiego è non solo la particolare forma “a fiasco”, ma anche l’esuberante decorazione con pampini e grappoli d’uva, che nel nostro orcio è posta a incorniciare uno stemma araldico entro cornice sagomata. E proprio lo stemma, riferibile alle famiglie Galli e Carnesecchi, ci consente di ricondurre il nostro orcio a un avvenimento preciso: nel 1631, infatti, viene celebrato a Firenze il matrimonio tra Agnolo Galli e Maddalena Carnesecchi, in occasione del quale il nostro orcio potrebbe essere stato donato come beneaugurale dono di nozze

 

 

sedi della casa d'aste Pandolfini< ……………………………… sedi della casa d'aste Pandolfini

 

Interessante lo stemma dei Galli infatti il Ceramelli Papiani dice :

 

Famiglia GALLI (fasc. 2209) Luoghi - Firenze, Santa Maria Novella, Lion rosso- Fiesole

Troncato: nel 1° d'argento, a due galli fermi affrontati di nero, crestati e barbati di rosso; nel 2° di verde pieno.

 

Troncato: nel 1° d'argento, alla pianta di grano sradicata d'oro, spigata di tre pezzi dello stesso, accostata da due galli arditi affrontati di nero, crestati e barbati di rosso; nel 2° di verde pieno.

 

Note Si trova anche il cognome «Galli Tassi»: con sentenza del Magistrato Supremo del 1731, Angiolo Galli assunse l'eredità e unì il cognome della famiglia Tassi. Nelle Filze di giustificazioni, in riferimento all'ammissione al patriziato fiorentino del conte Angiolo Galli nel 1759, è riportata come arma dei Galli «antichi», uno stemma d'oro, al gallo ardito di nero, attraversato da una banda di..., caricata di cinque gigli di..., stemma attribuito alla famiglia Redditi. Stanislao Galli e fratelli, figli di Luigi Antonio, furono ammessi alla nobiltà fiesolana nel 1839, con lo stesso stemma del 2° tipo. Il 1°tipo invece è riportato solo dal Manoscritto 471.

 

 

 

 

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stemma che sormonta la cappella di Zanobi Carnesecchi di Bartolomeo di Francesco

 

http://www.culturaitalia.it/pico/

 

Lo stesso stemma : Fotografia per la cortesia di Francesco Bini

 

 

Lo stesso stemma : BeWeB - Beni Ecclesiastici in web

 

 

 

 

La volta della cappella di Zanobi di Bartolomeo dipinta dal Poccetti : Fotografia per la cortesia di Francesco Bini

 

 

 

 

 

 

Fotografia per la cortesia di Francesco Bini

 

>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Santa Maria Maggiore Firenze

Cappella di Zanobi Carnesecchi di Bartolomeo di Zanobi

http://www.panoramicearth.com/5408/Florence/Chiesa_di_Santa_Maria_Maggiore_Church

 

 

 

 

Fotografie per la cortesia di Francesco Bini

Le due statue di san Zanobi e san Bartolomeo, secondo quanto ci riporta il Borghini, furono collocate nella cappella di Zanobi Carnesecchi nel 1584 subito dopo i lavori di ristrutturazione che avvennero tra il 1570 e 1580 (Morini A.). Tutte le antiche fonti ricordano le statue del Caccini collocate ai lati dell'altare e le riferiscono alla sua attivitá giovanile (Bocchi-Cinelli; Del Migliore; Baldinucci; Richa; Fantozzi). Anche il Venturi ritiene valida la datazione fornitaci dal Borghini. La Caneva conferma la datazione giovanile delle statue, ponendole in un momento di recupero da parte del Caccini della compostezza della statuaria del primo Cinquecento. Il soggetto si riferisce al nome del committente.( Zanobi Carneseccchi figlio di Bartolomeo )

http://www.polomuseale.firenze.it/catalogo/avanzata.asp

 

 

 

 

 

 

Santa Maria Maggiore Firenze

Cappella di Zanobi Carnesecchi di Bartolomeo

Stemma Carnesecchi Velluti : Ricorda il matrimonio di Bartolomeo con Maria Velluti madre quindi di Zanobi

Descrizione: Pannello rettangolare incorniciato.

Stato di conservazione: buono

Soggetto: stemma gentilizio delle famiglie Carnesecchi e Velluti

Indicazioni sul soggetto: Oggetti: scudo araldico. Decorazioni: drappo cornice a volute cherubino mascherone.

Materia e Tecnica: marmo/ scultura

Misure: 99 x 55

Data di creazione: 1584 - 1584, sec. XVI (Motivazione cronologia: bibliografia)

Ambito geografico: FI

 

 

Il senatore Francesco Carnesecchi morto nel 1691 senza figli lascia tutto il suo consistente patrimonio a sua moglie Sestilia Del Rosso

Sestilia Del Rosso muore nel 1724 cioe' 33 anni dopo il marito

Buonaventura Carnesecchi molto probabilmente tenta di recuperare parte dell'eredita' senza grande successo .

Recupera solo il Castello di Fiano legato ai Carnesecchi da un antico fidecommisso (vedi )

 

I beni Carnesecchi del ramo di Francesco discendente dai banchieri Bartolomeo e Zanobi passano cosi ai Del Rosso tramite Sestilia

 

E passa ai Del Rosso anche il patronato della cappella di Zanobi Carnesecchi in Santa Maria Maggiore

 

ALLA MEMORIA

DI GIOVAN FRANCESCO DEL ROSSO

CANONICO METROPOLITANO

FIORENTINO

MANCATO AI VIVI

IN ETA' DI ANNI 82

IL DI 20 SETTEMBRE 1837

ULTIMO

DELLA SUA PATRIZIA FAMIGLIA

AI CARNESECCHI

NEL PATRONATO DI QUEST'ALTARE

SUCCEDUTA

AZZOLINO CAV. BERTOLINI

AL QUALE EGLI CEDEVA

TALE DIRITTO

P.Q.M.

 

BeWeB - Beni Ecclesiastici in web

 

 

Santa Maria Maggiore Firenze

Cappella di Zanobi Carnesecchi di Bartolomeo di Zanobi

 

 

 

 

 

 Santa Maria Maggiore Firenze

Cappella di Zanobi Carnesecchi di Bartolomeo

 Stemma Carnesecchi Capponi : matrimonio di Zanobi con Violante di Piero Capponi

 

Descrizione: Pannello rettangolare incorniciato. Oggetti: scudo araldico. Decorazioni: mascherone, drappo, volute accartocciate, cherubino.

Stato di conservazione: buono

Soggetto: stemma gentilizio delle famiglie Carnesecchi e Capponi

Materia e Tecnica: marmo/ scultura

Misure: 99 x 55

Data di creazione: 1584 - 1584, sec. XVI (Motivazione cronologia: bibliografia)

Ambito geografico: FI

 

 

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CHIESA SANTA FELICITA ( sepoltuario di Stefano Rosselli )

 

 

 

 

 

 

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  ing. Pierluigi Carnesecchi La Spezia anno 2003